Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

PARERE APPROVATO AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996 N. 662 SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E CORRETTIVE DEI DECRETI LEGISLATIVI 9 LUGLIO 1997, N. 237 E N. 241, 15 DICEMBRE 1997, N. 446, 4 DICEMBRE 1997, N. 460, E 18 DICEMBRE 1997, N. 472.

 

La Commissione parlamentare consultiva in materia di riforma fiscale, istituita ai sensi della legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha esaminato lo schema di decreto legislativo correttivo ed integrativo dei decreti legislativi n. 237 - 241 - 446 - 460 e 472 del 1997, sottoposti dal Governo, ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge 23/12/96, n. 662, che prevede la possibilità di presentare, entro i due anni successivi alla loro entrata in vigore, provvedimenti legislativi integrativi e correttivi dei decreti fiscali emanati.

La Commissione valuta positivamente l’impegno del Governo a compiere quegli interventi correttivi ed integrativi che, alla luce dell’esperienza compiuta nell’applicazione dei decreti legislativi fiscali, si rendono necessari per adeguare e perfezionare le norme.

La Commissione, pur nella valutazione positiva del processo di riforma avviato, rileva tuttavia che sono ancora necessari molti aggiustamenti per dare soluzione ad una serie di problemi emergenti nell’impatto dei decreto legislativi di riforma con la realtà economica e sociale, per assicurare principi di equità e di neutralità concorrenziale e per dare concretezza e visibilità agli obiettivi generali dell’azione di Governo.

La Commissione ha ritenuto di continuare nell’opera di approfondimento dei decreti varati in esecuzione della riforma concentrando la sua attenzione, oltre che sulle modifiche legislative inserite nel provvedimento in esame, sulla legge riguardante il regime fiscale delle organizzazioni non commerciali e delle ONLUS. Ha ritenuto quindi di dividere il parere in due parti. La prima più strettamente attinente ai punti inseriti nel decreto correttivo in esame, la seconda riferita al decreto legislativo 460/97 che in questa occasione è stato fatto oggetto di attenzione specifica. La Commissione ha ritenuto di includere anche una terza parte inerente ad alcune questioni che, pur non costituendo materia di competenza del decreto legislativo in esame, richiedono un intervento del legislatore delegato.

 

 

La Commissione, dopo aver rilevato che lo schema di decreto legislativo è conforme alle deleghe, conferite con la legge 662 del 1996,

 

esprime parere favorevole

 

con le seguenti osservazioni:

 

PARTE PRIMA

 

Decreto legislativo 237/97: Disciplina in materia di servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari

 

1) L’articolo 1 dello schema di decreto legislativo, correttivo del decreto legislativo n. 237/97, affronta solo un aspetto, per quanto importante, dei servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari. Si rende necessaria una semplificazione delle procedure che creano grandi disagi ai contribuenti, poiché richiedono un doppio accesso agli uffici del registro:

- prima per fare liquidare il tributo dovuto;

- poi per presentare il documento rilasciato dalla banca, dalla posta o dal concessionario della riscossione, attestante il versamento. Al fine di semplificare il pagamento dell’imposta di registro sugli atti giudiziari si richiede il seguente emendamento aggiuntivo alla fine del primo comma, articolo 37, del Decreto del Presidente della Repubblica 26/4/86, n. 31: "2. Gli uffici del registro devono comunicare alle parti, nel domicilio eletto, gli importi dovuti per la registrazione degli atti giudiziari. I termini decorrono dal ricevimento della comunicazione. La registrazione si assolve con il pagamento negli uffici di cassa competenti. L’ente esattore trasmette all’ufficio del registro competente la ricevuta del pagamento effettuato".

 

2) Sarebbe opportuno anche consentire al contribuente l’"autoliquidazione" di alcuni tributi.

Prima della riforma, ad esempio, per la semplice proroga di un contratto di locazione, era sufficiente versare l’imposta dovuta, su apposito c/c postale, senza dover presentare tale attestazione all’ufficio del registro, quale fosse nuova registrazione.

 

3) Sembrerebbe opportuno che lo schema di decreto legislativo relativo ai servizi di cassa degli uffici finanziari, modificasse le vigenti regole in materia di competenza territoriale dei concessionari della riscossione, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 237/97, secondo il quale le entrate sono riscosse dal concessionario nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio finanziario competente. Un miglior servizio al contribuente richiederebbe la possibilità di fare i versamenti indifferentemente presso uno qualsiasi degli sportelli della riscossione dislocati sul territorio nazionale. Valuti il Governo se una tale modifica comporti una conseguente revisione (ed in che misura) dei termini di riversamento delle somme riscosse dai concessionari per conto degli enti territoriali diversi dallo Stato.

 

  1. Si richiede di integrare il punto 1) della lettera b) del comma 5 dell’articolo 52 del decreto legislativo 15.12.97, n. 446 (Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni), che disciplina l’affidamento della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali a terzi, ad alcune condizioni, tra cui la convenzione con aziende speciali (articolo 22, comma 3 lettera c) legge 142/90), l’affidamento alle società per azioni od a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale (articolo 22, comma 3, lettera e) ed i cui soci privati siano iscritti all’Albo di cui all’articolo 53, e tramite procedure di evidenza pubblica.

Si tratta di accordare la possibilità alle province ed ai comuni di mantenere affidato il servizio, fino alla scadenza della convenzione, anche a società non in possesso dei requisiti sopra descritti, purchè siano già costituite prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo in discussione; abbiano già stipulato la convenzione con l’ente di appartenenza ed abbiano come oggetto sociale l’esclusività della gestione delle entrate. Aggiungere quindi il seguente comma al punto 1 della lettera b) del comma 5 dell’articolo 52 del decreto legislativo 15.12.97, n. 446, dopo le parole: "all’Albo di cui all’articolo 53" aggiungere le seguenti parole: "oppure siano già costituite prima dell’entrata in vigore del presente decreto, abbiano già stipulato la convenzione con l’ente di appartenenza e abbiano come oggetto sociale l’esclusività della gestione delle entrate".

Inoltre,

si ritiene indispensabile ed urgente emanare una espressa norma di legge che consenta ai comuni di rinnovare per un anno i contratti in corso alla scadenza del 31 dicembre 1998. Si propone al Governo il seguente emendamento all’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446: "I Comuni possono prorogare fino al 31 dicembre 1999, a condizioni da stabilire tra le parti, i contratti di gestione relativi all’affidamento in concessione del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta di pubblicità, i diritti sulle pubbliche affissioni e la TOSAP, aventi scadenza entro il 31 dicembre 1998."

 

5) Si rende opportuno procedere, nell’ambito di una integrazione dell’articolo 1 lett. a), b) e f), alla semplificazione dell’impianto normativo eliminando i tributi a gettito netto zero e trasformando i tributi "bagatellari" in diritti di segreteria.

 

 

 

Decreto legislativo 241/97: Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’IVA, nonché di modernizzazione del sistema delle dichiarazioni.

 

6) Alla luce dei criteri di "solvibilità" e di "correttezza" fiscale introdotti dall’articolo 3, contenente modifiche alla normativa sull’imposta sul valore aggiunto, in materia di rimborsi, pare errato limitare l’importo del rimborso erogabile senza garanzia, al 100% della media dei versamenti affluiti nel conto fiscale nel corso del biennio precedente. Tale formulazione appare oscura poiché non appare chiaro il riferimento al 100% della media dei versamenti affluiti nel conto fiscale nel corso del biennio precedente. Esso infatti può voler significare:

- la media annua del totale dei versamenti effettuati nel biennio dal contribuente;

- la media di ogni singolo versamento;

- la media del totale dei versamenti effettuati nel biennio precedente, depurata del totale dei rimborsi incassati dal contribuente nel corso del biennio precedente, includendo, non solo i rimborsi effettuati tramite procedura accelerata con conto fiscale, ma anche quelli richiesti con procedura ordinaria, come i rimborsi infrannuali (che sono effettuati in tempi più lunghi e con prestazione di garanzia fideiussoria).

Appare evidente che la seconda interpretazione non avrebbe alcun senso e la terza è singolare dato che, qualora si affermasse, comporterebbe la quasi totale inutilità del provvedimento. La terza interpretazione, tuttavia, è quella sostenuta dalle esattorie.

Ragioni di equità fiscale e la necessità di superare gli impedimenti al raggiungimento effettivo dell’obiettivo che l’articolo 3 si prefigge di raggiungere e cioè il rimborso in tempi rapidi e senza garanzie, dei crediti IVA vantati da aziende strutturalmente a credito, solvibili e fiscalmente virtuose, suggerisce di riformulare l’articolo 3 del decreto, che aggiunge un ultimo comma all’articolo 38-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 nel seguente modo:

"l’ammontare del rimborso erogabile senza garanzia non può eccedere il cento per cento della media annuale dei versamenti affluiti al conto fiscale nel corso del biennio precedente, al lordo dei rimborsi effettuati".

 

  1. Chiarisca il Governo se la previsione di esonero dalla prestazione di garanzie per le società a "fisiologico" credito IVA, nel rispetto delle condizioni previste, si applichi anche per le garanzie prestate in caso di partecipazione alla procedura di liquidazione di "gruppo" di cui all’articolo 73 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  2.  

  3. Provveda il Governo a stabilire, nell'ambito del decreto legislativo n. 313/97, che le norme di cui all'articolo 74 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72, per quanto concerne il regime IVA da applicare, in deroga a quello ordinario alle cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli, di carta da macero, stracci e di scarto di produzioni si riferiscono anche ai ritagli tessili derivanti dall'industria della confezione, e a precisare che l'obbligo di esibire la garanzia prevista nell'articolo citato comporta l'esonero di presentare ulteriori garanzie per il periodo di cinque anni, nonché a parametrare l'entità della medesima garanzia all'effettivo volume d'affari realizzato.
  4.  

  5. Per corrispondere ad esigenze equitative si propone di estendere a tutti i produttori agricoli la possibilità, in precedenza prevista soltanto per le cooperative agricole, di separare le attività svolte nell’ambito della stessa impresa agricola fino al 1° gennaio 2000. Si propone pertanto di inserire il seguente emendamento al comma 5-bis dell’articolo 11 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, come modificato dall’articolo 1, comma 3 del decreto legislativo 23 marzo 1998, n. 56: le parole: "alle cooperative agricole" sono sostituite dalle seguenti "ai produttori agricoli".
  6.  

  7. La Commissione chiede al Governo di valutare l'opportunità di estendere ai non titolari di partita IVA il sistema dei versamenti unitari con compensazione, previsto dal decreto legislativo n. 241/1997, allo scopo di compiere un ulteriore passo nel processo di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di riscossione delle entrate fiscali e contributive avviato con lo stesso decreto legislativo n. 241.
  8. In questo modo tutti i contribuenti utilizzerebbero una procedura di versamento uniforme che ha già dato ottimi risultati per i titolari di partita IVA e che consentirebbe agli enti impositori di avere immediata disponibilità dei flussi informativi relativi alle somme versate dai contribuenti. Si eviterebbe, inoltre, sia all'amministrazione finanziaria che al sistema bancario di dover non solo mantenere, ma anche adeguare alla normativa sui pagamenti in euro, due differenti procedure di versamento.

     

  9. La Commissione ritiene che il Governo, in considerazione delle esigenze di ulteriore razionalizzazione e semplificazione degli adempimenti e della conseguente opportunità di evitare cesure troppo rigide con le fattispecie sorte in pendenza del precedente regime, debba estendere anche alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore del D.P.R. 10/11/97 (7/1/98) nuove disposizioni in tema di opzione e revoca per la determinazione dell'imposta o di regimi contabili, al fine di potere adeguatamente valorizzare i comportamenti concludenti tenuti dai contribuenti anche anteriormente all'entrata in vigore del citato D.P.R. n. 442/97.
  10.  

  11. Il Governo valuti se non sia opportuno armonizzare la legislazione relativa agli obblighi contabili in materia di IVA (articolo 19-ter del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72) con quella in materia di imposte sui redditi (articolo 109, comma 4-bis, del T.U.I.R) per gli enti soggetti alle norme di contabilità pubblica, ai quali non è consentito la tenuta di una contabilità separata.

 

 

13)In occasione dell’esame del decreto legislativo 23/3/98 n. 56, correttivo del decreto legislativo (2/9/97 n. 313) in materia di IVA, veniva sottolineato il problema del regime IVA relativo al patrimonio immobiliare abitativo.

Le imprese che effettuano istituzionalmente un’attività promiscua di locazione di immobili ad uso abitativo e ad uso commerciale, non possono detrarre l’IVA assolta per gli immobili abitativi sia in fase di acquisto che in fase di successiva gestione, ed inoltre, l’attuale impostazione del calcolo del pro-rata provoca effetti distorsivi sul mercato delle case in affitto. Infatti il decreto legislativo 2/9/97 n. 313 ha confermato che per i soggetti che esercitano congiuntamente attività esenti ed attività imponibili la detrazione deve essere effettuata in base ad una percentuale (pro-rata) di detrazione IVA, alla cui formazione partecipano, influenzandola negativamente, le operazioni attive (locazioni esenti) riferite ad immobili ad uso abitativo, provocando l’indetraibilità non solo dell’IVA relativa a beni e servizi ad uso promiscuo, ma anche dell’IVA acquisti relativa ad immobili che generano operazioni attive soggette ad imposta (locazioni imponibili).

La conseguenza, in termini socio-economici, è che anziché incoraggiare l’investimento degli investitori istituzionali nel patrimonio abitativo, tale investimento viene disincentivato, contribuendo così ad aggravare le condizioni socio-economiche di chi cerca la casa in affitto.

Anche in termini strettamente tecnici vi è da rilevare che l’intento di armonizzare la nostra IVA con i contenuti della VI Direttiva CEE, in tal caso, è disatteso.

Infatti la Direttiva comunitaria stabilisce che la detrazione dell’IVA compete nella misura in cui i beni e servizi acquistati o importati sono impiegati per realizzare operazioni soggette ad imposta, ciò che non accade nella fattispecie più sopra illustrata.

Per ovviare a questa situazione si dovrebbe, alternativamente:

- modificare il comma 5 del summenzionato articolo 19-bis, come sostituito dall’articolo 2, del decreto legislativo 2/9/97 n. 313, nel senso di prevedere in caso di svolgimento contemporaneo di attività esenti ed attività soggette, l’applicazione del pro-rata di detrazione unicamente sull’IVA acquisti dei beni e servizi ad uso promiscuo (riferibili cioè contemporaneamente sia ad operazioni imponibili che esenti) e non sull’IVA acquisti dell’intera attività;

- Abrogare l’applicazione dell’articolo 19-bis 1 lett. i) relativamente all’indetraibilità IVA dei costi di gestione, manutenzione e recupero per i soggetti "investitori istituzionali immobiliari";

- Separare, ai fini della contabilità IVA, l’attività di locazione immobiliare in due distinte sezioni:

- la locazione di immobili commerciali;

- la locazione di immobili ad uso abitativo.

 

Ciò consentirebbe di evitare gli effetti distorsivi derivanti dall’utilizzo di un pro-rata generale per la determinazione dell’imposta detraibile, in quanto si applicherebbero i criteri di detrazione propri, nell’ambito di ognuna delle due attività separate.

- la sostituzione della lettera i) dell’articolo 19-bis 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 633/72, con la seguente: "non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa non locati, né quella relativa alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o porzioni di fabbricato".

Si invita il Governo ad emanare un provvedimento legislativo integrativo del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, relativo all’IVA, sulla base della delega a suo tempo conferita dal Parlamento.

 

14) Affinchè l’amministrazione finanziaria possa efficacemente adempiere ai compiti delineati sulla scorta del nuovo sistema fiscale, è necessario che possa disporre con rapidità di tutti i dati informativi necessari a garantire, tra l’altro, la corretta redistribuzione delle addizionali alle imposte sui redditi.

A tal fine, appare opportuno che il Governo valuti:

 

- la predisposizione di una rete informativa telematica che consenta alle Regioni ed agli Enti locali di ricevere informazioni tempestive e precise dell’andamento dei dati relativi alle dichiarazioni del sostituto di imposta e che ponga le basi, mediante opportune soluzioni organizzative, per attrarre nella stessa rete la conservazione ed il trattamento dei dati relativi alla fiscalità locale.

Onde evitare ulteriori aggravi burocratici ed amministrativi a carico delle imprese private.

 

15) La Commissione invita il Governo a valutare l'opportunità di anticipare dall'anno 2004 al 31 dicembre 1998 la fine del periodo transitorio del sistema dei versamenti unitari con compensazione previsto nella sezione II del capo III del decreto legislativo n. 241/97, durante il quale i versamenti delle imposte, pur se effettuati presso le banche e le agenzie postali, transitano obbligatoriamente attraverso i concessionari che, a loro volta, li riversano in Tesoreria.

Tale innovazione sarebbe funzionale al conseguimento dell'obiettivo di specializzare i concessionari della riscossione nell'attività di riscossione coattiva, in linea con le disposizioni della legge 28 settembre 1998, n. 337.

Inoltre, l'eliminazione del "passaggio" dei tributi attraverso i concessionari permetterebbe di rimodulare i termini di versamento e riversamento delle imposte, anche a beneficio dei contribuenti.

 

 

Decreto legislativo 446/97: Istituzione dell’IRAP, revisione degli scaglioni delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF ed istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali

 

16) E’ opportuno consentire ai consorzi e società consortili, che costituiscono fondi di garanzia collettiva fidi per il credito sia a breve che a medio termine, di determinare la base imponibile dell’IRAP, in ogni caso, come gli enti non commerciali privati secondo le regole dettate nel comma 1 dell’articolo 10 del citato decreto legislativo. Si propone pertanto di apportare le seguenti modificazioni all'articolo 10 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446: a) al comma 1, dopo le parole, "esclusivamente attività commerciale", sono aggiunte le seguenti: "e in ogni caso per i consorzi di garanzia collettiva fidi, di primo e di secondo grado, anche costituiti sotto forma di società cooperativa o consortile, previsti dagli articoli 29 e 30 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, iscritti nell'apposita sezione dell'elenco previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.

 

  1. Sarebbe opportuno coordinare con le disposizioni in materia di IRPEF relative agli assegni di studio, che mirano ad una detassazione degli stessi, le disposizioni in materia di IRAP, aggiungendo il seguente comma all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, aggiungere infine le seguenti parole ", nonché le somme da chiunque corrisposte ai sensi dell’articolo 47, comma 1, lettera c), del T.U. approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e a titolo di assegno di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449".
  2.  

  3. L’articolo 4 del decreto legislativo 15/12/97, n. 446 dovrebbe contenere esplicitamente la deduzione degli interessi passivi dalla base imponibile dell’IRAP, per le imprese di assicurazione. Infatti, il decreto legislativo 173/97, che disciplina il bilancio di tali imprese, prevede (sub II.9.a) dei conti rami vita e III.5.a) del conto non tecnico tra gli oneri patrimoniali e finanziari, "gli oneri di gestione degli investimenti ed interessi passivi". Si segnala infatti che, dagli interessi attivi che concorrono a formare il valore netto della produzione sono deducibili "gli oneri di gestione degli investimenti" e non gli interessi passivi, così come prevista dall’erronea formulazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 15/12/97, n. 446. L’asimmetria del trattamento riservato a tali componenti appare evidente solo avendo riguardo agli interessi relativi ai depositi che intercorrono tra impresa che cede i rischi in riassicurazione ed impresa di riassicurazione: detti interessi sarebbero tassati, in quanto interessi attivi, per l’impresa depositante che acquisisce i rischi in riassicurazione, e indeducibili, in quanto interessi passivi, per l’impresa depositaria che cede detti rischi, pur costituendo un onere tipico dell’attività assicurativa. Si propone pertanto di emendare l’articolo 4 dello schema di decreto legislativo, sottoposto all’esame della Commissione nel modo seguente: "2. Nell’articolo 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, concernente la determinazione del valore della produzione netta delle imprese di assicurazione, al comma 1, lettera e), dopo le parole "degli oneri di gestione degli investimenti" vanno aggiunte le seguenti "e interessi passivi".
  4.  

  5. La Commissione ritiene che il Governo, considerata l'esigenza di verificare costantemente che dall'attuazione delle riforme non discendano effetti distorsivi per taluni settori, debba valutare, alla luce dell'andamento del gettito derivante dall'IRAP, se, per il settore agricolo si è determinato un aumento di carico superiore al previsto, provvedendo, in caso positivo, ad adottare i provvedimenti conseguenti.
  6.  

  7. La Commissione ritiene che il Governo debba valutare gli argomenti, che non sembrano privi di fondamento, relativi alla non imponibilità degli utili portati a riserva indivisibile, sancita dall’articolo 12 della legge 16.12.97, n. 904, per le cooperative e loro consorzi dotate dei requisiti mutualistici, comporti conseguenze anche ai fini della determinazione dell’imponibile IRAP. La non imponibilità ai fini IRPEG, infatti, non si presenta come una semplice agevolazione fiscale, ma si collega al riconoscimento della mutualità e rappresenta espressione coerente di una esigenza di patrimonializzazione che coinvolge l’intero settore cooperativo, dotato dei requisiti mutualistici, stante i limiti massimi di capitale sociale che il socio può detenere nella cooperativa. La Commissione rileva che non può considerarsi non imponibile, ai fini IRAP quella parte di utile d’esercizio che, ancorché destinato alle riserve indivisibili, è influenzata nella sua formazione da poste economiche non rilevanti ai fini del tributo in oggetto. Occorre considerare che l’utile d’esercizio delle cooperative e dei loro consorzi, trova nel conto economico civilistico un suo processo di progressiva/scalare formazione, la quale - per esempio per le cooperative ex 2425 C.C. - partendo dalla "differenza A-B" vede operare delle rettifiche aumentative o diminutive nelle successive aree finanziaria e straordinaria. E’ di tutta evidenza come una quota dell’utile di esercizio trovi la sua formazione nella gestione caratteristica ed accessoria, altrimenti definibile come "area IRAP". La destinazione alle riserve indivisibili, da parte dell’assemblea, dell’utile di esercizio in parola, e, quindi, la politica di patrimonializzazione indivisibile adottata dalla cooperativa, determina fatalmente la destinazione a riserva anche di una eventuale quota di utile, formatasi nella cosiddetta "area IRAP". Stanti le condizioni di mutualità fiscale enunciate e la funzione svolta dall’articolo 12/904 nella direzione di strumento di sistema a garanzia dell’accumulazione mutualistica indivisibile delle cooperative, è sicuramente conforme ai criteri di tassazione previsti dall’IRAP, individuare la percentuale di incidenza della gestione caratteristica ed accessoria ("A-B" del conto economico, per le cooperative che adottano lo schema del C.C.) sull’intero utile di esercizio delle cooperative; tale percentuale applicata poi all’utile destinato alle riserve indivisibili, consentirà di individuare la quota di utile patrimonializzato, formatosi nell’"area IRAP", con conseguente applicazione di non imponibilità dello stesso.
  8.  

  9. Valuti il Governo l’opportunità di prevedere anche per le organizzazioni non governative (ONG) le stesse agevolazioni soggettive già introdotte per le cooperative sociali ai fini della riduzione dell’IRAP in relazione al costo del lavoro e la possibilità di determinare, ai fini della base imponibile IRAP, il costo del lavoro riferito a persone svantaggiate con criteri analoghi a quelli previsti in proposito per le cooperative sociali.
  10.  

  11. Appare necessario verificare con attenzione la conformità delle disposizioni recate dagli interventi che risultano incidenti in ambiti di interesse comunitario, al fine di evitare possibili procedure di infrazione a carico dell’Italia, e comunque per realizzare il pieno allineamento della normativa nazionale con le prescrizioni comunitarie. All’interno di tale prospettiva occorre esaminare, in particolare, la compatibilità dell’attuale versione dell’articolo 17, comma 3 del decreto legislativo 15/12/97, n. 446, concernente la fiscalizzazione degli oneri sociali. Appare, infatti, definito un ambito territoriale della disposizione non integralmente coerente con le delimitazioni consentite sulla scorta dei più recenti interventi comunitari.

 

 

23) Appare necessario che il Governo verifichi con attenzione gli effetti distorsivi

eventualmente prodotti dall'applicazione della normativa IRAP; in particolare se, a ragione della modalità di determinazione del valore della produzione netta contenuta nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997, si possano avere nel breve e medio periodo, seri riflessi sull'occupazione nonché fenomeni di riduzione della dimensione media delle imprese italiane (downsizing).

Infatti, la detraibilità dei costi di decentramento delle funzioni produttive ad imprese esterne può rappresentare un incentivo a fenomeni di outsorcing. In questo caso si produrrebbero conseguenze sfavorevoli per l'occupazione.

 

Decreto legislativo 472/97: Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie (articolo 3, comma 133, legge 23-12-96, n. 662)

 

24) All'articolo 13 del decreto legislativo n. 472/97, come sostituito dal decreto legislativo 203/98, è necessario apportare le seguenti ulteriori integrazioni e modifiche di carattere formale:

 

25) In particolare occorre evitare l’applicazione delle sanzioni per errori formali commessi nella predisposizione della dichiarazione dei redditi e del modello unico presentato nell’anno 1998 tenuto conto dei problemi e delle difficoltà derivanti dalle nuove modalità di compilazione delle dichiarazioni dei redditi aggiungendo il seguente comma:

"nei casi di omissioni e di errori relativi alla dichiarazione dei redditi, comprese quelle unificate presentate nell’anno 1998, e che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo, non si applicano le sanzioni previste se l’autore delle violazioni provvede alla loro regolarizzazione nel termine di 30 giorni dall’invito dell’ufficio."

 

26) Per consentire una maggiore adesione da parte degli interessati, agli effetti di conseguire benefici sia in termini di entrate che di deflazione del contenzioso, è opportuno prorogare il termine del 10 agosto 1998, per la definizione delle controversie in materia di sanzioni tributarie pendenti alla data del 1° aprile 1998.

Poiché la definizione riguarda esclusivamente i procedimenti in corso al 1° aprile 1998, le eventuali decisioni intervenute successivamente a tale data non modificano l'ammontare delle somme dovute ai fini della definizione. Si propone, pertanto, di prorogare i termini contenuti nell'articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, attualmente previsti in sessanta giorni dall'emanazione dei decreti di cui all'articolo 28, alla data del 31 dicembre 1998, estendendo tale facoltà anche a tutte le tipologie di illeciti tributari amministrativi comunque sanzionati.

 

27) La Commissione ritiene che in considerazione dell'entrata in vigore di riforme normative strutturali del sistema impositivo, o che comunque incidano in maniera sensibile sugli adempimenti a carico dei contribuenti e sulle relative procedure per i versamenti dovuti e l'adempimento degli altri obblighi stabiliti dalla legislazione, appare opportuno prevedere che, con l'ipotesi di ravvedimento prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sia consentita la regolarizzazione spontanea per tutte le irregolarità che si possano registrare nel primo periodo di applicazione e che siano riscontrate dall'amministrazione finanziaria, in termini tali da poter escludere possibilità di danno effettivo per l'erario.

In particolare, tenuto conto delle esigenze dei contribuenti nei periodi caratterizzati da sensibili modifiche normative, per le violazioni di carattere esclusivamente formale, può consentirsi la regolarizzazione, nei termini previsti, sulla scorta dei rilievi degli uffici, mentre, per le violazioni incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, come emerso per il pagamento della prima rata di acconto IRAP, appare percorribile la soluzione che, analogamente a quanto previsto con il D.L. 12 giugno 1998, convertito in legge 3 agosto 1998, n. 271, in tema di proroga dei termini per il versamento delle somme dovute in base alle dichiarazioni relative all'anno 1997, consenta la regolarizzazione spontanea, entro un termine congruo, con il solo pagamento degli interessi."

 

PARTE SECONDA

 

Decreto legislativo 460/97: Riordino della disciplina tributaria degli Enti non commerciali e delle ONLUS

 

La Commissione ha esaminato in modo sistematico il decreto 460 relativo al regime fiscale delle attività non profit e delle ONLUS, peraltro oggetto di norma correttiva nel presente decreto. In merito a tale decreto la Commissione ritiene di dover ribadire i punti espressi nel parere precedente. Ritiene anche di dover esprimere alcune considerazioni generali e alcune osservazioni specifiche.

 

Le considerazioni generali si riferiscono ad alcuni aspetti problematici della legge:

 

A) Pur rappresentando l’aspetto fiscale uno degli elementi importanti della materia, ed anzi costituendo un forte strumento di promozione del non profit, rimane del tutto carente nell’ordinamento giuridico una definizione civilistica organica di questi soggetti che si accompagna al vuoto legislativo in merito ai problemi del lavoro volontario ed al rapporto tra lavoro volontario e lavoro professionale.

Si tratta di lacune da colmare, ampliando con una adeguata iniziativa legislativa i contenuti della delega e traendo dal provvedimento in esame uno stimolo a legiferare, a colmare il vuoto normativo che caratterizza il settore del non profit. Ciò per sostenere, premiare e promuovere le numerose esperienze di solidarietà e di utilità sociale, che molto possono contribuire allo sviluppo del mercato del welfare e all’incremento occupazionale, in un quadro di certezze normative che tuteli le organizzazioni, i singoli partecipanti, i terzi.

 

B)La normativa relativa alle ONLUS, non prevede alcun controllo preventivo di legittimità relativo alla sussistenza dei requisiti per potere usare nella ragione sociale, nella comunicazione od in altri segni distintivi rivolti al pubblico, la denominazione di ONLUS, organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Tale infatti non appare l’istituzione della anagrafe delle ONLUS, prevista dall’articolo 11, tramite l’obbligo di comunicare alla direzione regionale delle entrate di rispettiva competenza, l’intrapresa dell’esercizio delle attività dall’articolo 10 del decreto legislativo 460/97. Il controllo preventivo di legittimità, senza tradursi in un regime autorizzativo, non è opportuno solamente per evitare ex-ante possibili strumentalizzazioni e deformazioni delle ONLUS, ma anche e, soprattutto, per sollevare, almeno in ordine ai problemi di legittimità, le responsabilità dei rappresentanti legali e degli amministratori in buona fede, così come previsto dall’articolo 28 del decreto legislativo 460/97.

Occorre comunque provvedere, anche intervenendo per legge, affinché il riconoscimento di diritto di cui articolo 10, comma 8 del decreto legislativo n. 460/97, come previsto dalla legge delega, non porti nel sistema ONLUS organizzazioni con prevalenza dell’attività commerciali o con statuti non compatibili con l’indirizzo "democratico" cui devono adeguarsi gli altri enti non commerciali.

E’ necessario inoltre individuare forme di controllo sostanziale che possano portare a relazioni periodiche rivolte ad integrare o modificare la legge per adeguarle all’effettiva volontà del legislatore, sulla base delle esperienze emerse dai controlli stessi. Non si può non sottolineare, infine, come il possibile camuffamento da organizzazioni non profit di organizzazioni speculative, comporterebbe l’inquinamento del settore, concorrenza sleale e distorsioni del mercato, perdita di gettito per l’erario, ma anche un effetto boomerang in termini di immagine e credibilità nei confronti delle organizzazioni del terzo settore regolari e trasparenti.

Si conviene che la personalizzazione delle responsabilità in capo agli amministratori e l’obbligo dell’adeguamento degli statuti sono deterrenti importanti.

Sembrerebbe, tuttavia, opportuno, a garanzia della correttezza e trasparenza dell’attività delle organizzazioni del terzo settore e di una più chiara individuazione dei soggetti che possono fruire delle cosiddette attività inerenti, prevedere adeguate ed esaurienti forme di pubblicità del bilancio o rendiconto annuale previsto dagli articoli 10 e 25 del decreto legislativo 460/97, nonché alcuni accorgimenti restrittivi inseriti nel precedente parere.

Solo in un contesto che assicuri controlli efficaci e volontà di rigore è possibile allargare il campo di fruibilità dei benefici concessi dalla legge e dare l’indispensabile flessibilità alle norme specie per ciò che concerne i parametri indicativi fissati dall’articolo 6 relativi alla prevalenza dell’attività commerciale, su cui la Commissione avanza alcune osservazioni.

Al fine di garantire questo doppio binario (rigore e flessibilità) occorre che l’amministrazione finanziaria si doti di un corpo di verificatori specificamente preparati ad affrontare le problematiche del settore.

 

C)E’ di fondamentale importanza la costituzione, con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, dell’organismo di controllo sugli enti non commerciali (articolo 3, comma 186) e sulle ONLUS (articolo 3, comma 188, legge 23/12/96, n. 662), onde potere assicurare, attraverso strutture fortemente decentrate, una adeguata vigilanza sulla permanenza e sussistenza dei requisiti previsti dagli articoli 1 e 10 del decreto legislativo 460/97. L’organismo di controllo deve operare sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministro delle finanze e deve garantire, anche con l’emissione di parere obbligatori e vincolanti e l’irrogazione di sanzioni, l’uniforme applicazione della normativa sui requisiti soggettivi e sugli ambiti delle attività svolte. L’organismo di controllo potrebbe essere agevolato rispetto ai compiti da una attività di vigilanza e certificazione dello status di organizzazione non profit affidata a associazioni nazionali a cui le stesse aderiscono. Tali associazioni dovrebbero essere riconosciute in tale funzione in virtù delle loro dimensioni, dell’entità della base associativa e dell’attività svolta.

L’organo di controllo potrebbe anche essere agevolato nei suoi compiti qualora fosse affiancato da un organo consultivo costituito dalle associazioni nazionali di rappresentanza del terzo settore.

E’ comunque opportuno che nell’organo di controllo siano rappresentati anche i soggetti commerciali implicati dall’articolo 5.

 

D) Si sottolinea, per gli enti non commerciali, aventi le caratteristiche di associazioni di promozione sociale, le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero degli Interni, la mancanza di una adeguata e trasparente definizione dei criteri per il riconoscimento, della pubblicità del rendiconto annuale economico finanziario e soprattutto la verifica della permanenza dei requisiti in base ai quali è stato effettuato il riconoscimento. La mancanza di regole e criteri (o la difformità degli stessi sul territorio) per il riconoscimento di associazione di promozione sociale, avente finalità assistenziali, di norme relative alla pubblicità degli atti, e, soprattutto, di una adeguata vigilanza, rischia di mettere l’intero sistema fuori controllo e di creare effetti distorsivi della libera concorrenza, oltre a fenomeni di evasione fiscale. L’occasione per quest’opera di trasparenza, e ricognizione potrà essere il trasferimento, nell’ambito della riforma della Pubblica Amministrazione, di queste funzioni dal Ministero degli Interni a quello degli Affari Sociali; funzioni per le quali è opportuno venga previsto un coinvolgimento sistematico del Ministero delle Finanze.

 

OSSERVAZIONI SPECIFICHE

 

1) Nonostante l’osservazione già espressa dalla Commissione, in merito alla mancanza, nel decreto legislativo 460/97, di una normativa fiscale in ordine al trattamento dei rimborsi delle spese sostenute da coloro che prestano lavoro volontario a favore delle ONLUS, questo vuoto normativo non è stato ancora colmato. La legge 266/91 (associazioni di volontariato) rileva che: "l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro i limiti stabiliti dalle organizzazioni stesse". Questa formulazione non assicura, dal lato fiscale, neanche la non imponibilità del rimborso delle spese effettivamente sostenute, in quanto non c’è alcuna specificazione fiscale, né alcun rinvio a norme fiscali di favore. Il nostro ordinamento tributario, invece, affronta con apposita legge (n. 80/86), il trattamento tributario dei proventi derivanti dall’esercizio di attività sportive dilettantistiche. Per ovviare a questa carenza si possono formulare due ipotesi emendative: La prima, che assimila i volontari agli sportivi dilettanti, potrebbe essere così formulata: "Le indennità di trasferta, nel limite stabilito per i lavoratori dipendenti, ridotto della metà, ed al netto delle spese di vitto, alloggio e di viaggio documentate o delle indennità chilometriche, e i rimborsi forfettari di spese, corrisposti dagli Enti Locali e dalle ONLUS ai volontari, per le attività di volontariato prestate, non concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente". La seconda ipotesi potrebbe essere così formulata: "Il rimborso delle spese di vitto, alloggio e di viaggio documentate o delle indennità chilometriche, e i rimborsi forfettari di spese, nel limite giornaliero massimo di lire 13 mila, corrisposti dagli Enti locali e dalle ONLUS ai volontari per le attività di volontariato prestate, non concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente". In ogni caso occorre che il Governo, con provvedimenti adeguati, contribuisca a sollevare il velo di ipocrisia che copre la situazione esistente, che facilita il "sommerso" ed il "lavoro nero" e che, senza procurare una lira alle casse dello Stato, pone il volontariato, da un punto di vista fiscale, in una situazione di quasi clandestinità.

 

2) Occorre modificare la normativa in merito all’assoggettamento a IVA delle prestazioni socio-sanitarie e di assistenza, rese dalle ONLUS. Si è, infatti, creata una situazione paradossale in quanto le prestazioni rese dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale sono fiscalmente penalizzate (IVA 20%), rispetto agli analoghi servizi svolti da imprese e società lucrative. Le norme contenute nella legge 27/12/97 n. 449, collegato alla finanziaria ’98, hanno cercato di porre rimedio a questo contrasto, senza riuscirvi, poiché hanno esentato da IVA le sole prestazioni socio-sanitarie e di assistenza rese dalle ONLUS "direttamente" all’utente, mentre non hanno modificato la normativa fiscale riguardante le stesse prestazioni rese in esecuzione di contratti di appalto o di convenzioni. La conseguenza, oltre a creare una intollerabile sperequazione, nei confronti dell’impresa privata, influenza negativamente l’utilizzo delle prestazioni rese da organizzazioni di volontariato, condizionate da calcoli di convenienza fiscale. Senza l’intervento del legislatore, sarebbe confermato un triplice sistema di tassazione per le stesse prestazioni, rese da soggetti diversi; il che porta alquanto distante dalle disposizioni contenute nella VI Direttiva CEE. Secondo le disposizioni vigenti, infatti:

- sono esenti da IVA le prestazioni rese da ONLUS (escluso le cooperative sociali) svolte in modo diretto ed esclusivamente nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 10, n. 27-ter, del decreto sull’IVA;

- sono assoggettate all’IVA del 4% le prestazioni rese dalle cooperative e loro consorzi (comprese le cooperative sociali che sono ONLUS di diritto), in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale;

- sono assoggettate ad aliquota IVA ordinaria (20%) le prestazioni rese da ONLUS in esecuzione di contratti di appalto o di convenzioni, ovvero come precisato nella Circolare del Ministero delle Finanze (n. 168/E), nei confronti di persone svantaggiate non rientranti tra quelle elencate all’articolo 10, n. 27-ter.

Quest’ultimo caso va corretto ed assimilato al primo.

 

3) Rimane ciò nonostante, il problema dell’IVA passiva sui beni strumentali, con particolare riferimento all’aliquota IVA sulle autoambulanze che è passata, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 313/97, dal regime esente al 20%.

E’ di difficile comprensione inoltre mantenere assoggettati ad IVA l’acquisto di beni strumentali effettuato da associazioni aventi quale scopo statutario quello di dotare strutture pubbliche di attrezzature, tramite donazioni.

Si sollecita, al proposito, una decisa iniziativa del Governo in sede comunitaria. Valuti, tuttavia, il Governo se, nelle more di una revisione comunitaria della normativa IVA con riferimento alle organizzazioni di volontariato, non sia possibile attribuire alle ONLUS un credito d’imposta utilizzabile anche per le ritenute effettuate in qualità di sostituti d’imposta.

 

4) In caso di perdita della qualifica di ente non commerciale, va emendato il comma 3, dell’articolo 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, in relazione agli obblighi incombenti su detti enti in relazione alla effettuazione dell’inventario dei beni facenti parte del patrimonio dell’ente, secondo le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689. Esistono molte Fondazioni, fiscalmente assoggettate alla disciplina degli enti non commerciali, il cui patrimonio ha origine remote e diverse nel tempo, per le quali risulta problematico, se non impossibile, effettuare una netta classificazione ed attribuzione alle diverse attività svolte dall’ente. Pare consigliabile, a questo proposito, rendere obbligatoria la redazione dell’inventario, limitatamente ai beni acquisiti successivamente all’entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.

Per ciò che riguarda le fondazioni, va confermato inoltre l’orientamento già espresso dal Ministero delle Finanze secondo il quale, in caso di perdita dei requisiti di ente non commerciale e limitatamente all’attività di istruzione e formazione, dalla quale tali enti realizzino proventi che costituiscono attività economica produttiva di reddito, spetti loro, in ogni caso, il beneficio della riduzione a metà dell’IRPEG, ai sensi dell’articolo 6 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601".

La Commissione rileva che la legge 460/97 e le circolari interpretative nulla dicono sulla possibilità di un ente non commerciale, che ha perduto tale qualifica, di potere, ed a quali condizioni, riacquistare tale qualifica se successivamente se ne verificassero i presupposti.

 

  1. Valuti il Governo l'opportunità, ai fini della tutela dei terzi creditori, della delimitazione della responsabilità degli amministratori e della trasparenza degli atti sociali, di introdurre l'obbligo per gli enti non commerciali, diversi da quelli previsti dal comma 4 dell'articolo 5, che superino una determinata soglia di volume di affari (attività commerciale) e che non siano fondazioni, di assumere la forma giuridica societaria di capitali o cooperativa.
  2.  

  3. Si rende indispensabile una proroga del termine per la registrazione degli atti relativi al trasferimento, a titolo gratuito, di aziende o beni a favore di enti non commerciali e di ONLUS, disposto dall’articolo 9 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, in esenzione da imposte sulle successioni e donazioni, ipotecarie e catastali, sull’incremento di valore degli immobili e relative imposte sostitutive e da imposte sui redditi relative al realizzo o alla distribuzione di plusvalenze e minusvalenze. Tale proroga si rende indispensabile, affinché il processo di riordino e potenziamento del patrimonio degli Enti non commerciali e delle ONLUS (alle quali si applicano le stesse disposizioni in base alla norma di rinvio contenuta all’articolo 26 dello stesso decreto legislativo) si possa completare, poiché i processi deliberativi ed i conseguenti atti formali difficilmente potranno concludersi con la registrazione prima del 30 settembre ’98. Il termine, attualmente fissato al 30 settembre 1998, dovrebbe essere prorogato di almeno sei mesi, poiché le attuali scadenze subiscono le difficoltà di un termine fissato a ridosso delle ferie estive, laddove le cessioni richiedono un attento esame da parte di commercialisti e notai. Si propone pertanto di fissare il nuovo termine al 31 marzo 1999.
  4.  

  5. Si invita il Governo a chiarire cosa debba intendersi per "rendiconto economico e finanziario", previsto fra le condizioni per l’applicazione delle disposizioni agevolative; nel caso la norma volesse intendere una rendicontazione anche di natura patrimoniale, si invita il Governo ad esplicitare tale volontà.

 

8) Vanno regolamentati con la normativa primaria i contenuti della circolare ministeriale 26 giugno 1998, n. 168/E, per la parte che introduce termini di scadenza per la modifica degli atti costitutivi o statuti delle ONLUS, non previsti dalla legge. Tale ulteriore agevolazione è stata introdotta, limitatamente alle organizzazioni già operanti alla data del 1° gennaio 1998, le quali abbiano effettuato la comunicazione, entro il 31 gennaio 1998, all’anagrafe unica delle ONLUS, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 460/97. Tutto ciò premesso e considerato si propone, per gli stessi motivi addotti al punto precedente, di fissare la scadenza dei termini al 31 dicembre 1998.

Valuti il Governo l’opportunità di prorogare la scadenza dei termini anche per i soggetti indicati nel comma 4 dell’art. 5.

 

  1. Sempre in relazione all’articolo 9, si ritiene necessario ampliare le possibilità di applicazione delle agevolazioni previste alle associazioni non riconosciute, in relazione a lasciti ereditari o donazioni di valore contenuto e delimitato. Valuti il Governo la possibilità di introdurre una normativa estendibile a tutte le associazioni, che contenga le condizioni per la deroga dagli articoli 600 e 786 del C.C., analogamente a quanto già previsto per le associazioni di volontariato riconosciute dalla legge e limitatamente a lasciti ereditari o donazioni di importo contenuto.

 

10) E’ opportuno sancire sul piano legislativo che il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni a favore di Enti non commerciali ed ONLUS, oltre ad essere esente dalle imposte sulle successioni e donazioni, ipotecarie e catastali, INVIM e relativa imposta sostitutiva ed imposte sui redditi, non è considerato cessione di beni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Risulta scarsamente comprensibile la motivazione alla base dell’assoggettamento alla disciplina ordinaria dell’IVA di un atto che, ai fini delle altre imposte (dirette ed indirette) è oggetto di una disciplina agevolativa - straordinaria e temporanea - quale quella recata dall’articolo 9 del decreto legislativo 460/97. Si rileva, infatti, che l’esclusione dal campo di applicazione del tributo indiretto, non può comportare perdite di gettito di entità significativa per il bilancio dello stato, giacché proprio la sottoposizione alla disciplina ordinaria, per la sua eccessiva onerosità, rende sostanzialmente inattuabile - nella gran parte dei casi - le operazioni di assegnazione di cui si tratta. Al fine di non rendere vani gli obiettivi ai quali la norma è finalizzata, si propone dunque di inserire, all’articolo 9 del decreto legislativo 4/12/97, n. 460, il seguente comma:

"1-bis. I trasferimenti a titolo gratuito di beni a favore di enti non commerciali, di cui al comma 1, non sono comunque considerati cessioni di beni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto".

 

11)Si richiede la modifica della normativa contenuta all’articolo 111, comma 4-quinquies, lettera e) del T.U.I.R e all’articolo 4, comma 7, lettera e) del Decreto del Presidente della Repubblica 633/72, limitatamente alle associazioni di rilevanza nazionale con organizzazione centralizzata, con unica sede e con un numero di soci superiore ad una data soglia nelle quali si manifesta, di fatto, per il socio o partecipante l’impossibilità di esprimere il diritto di voto in assemblea. Si tratta di consentire ai soci delle associazioni nazionali prive di organizzazione a livello locale e con un determinato numero minimo di aderenti, la possibilità di esprimere il voto a norma dell’ultimo comma dell’articolo 2352 del codice civile.

 

  1. La Commissione rileva che, agli effetti dell’articolo 6 (perdita della qualifica di ente non commerciale), risulta estremamente difficile (se non impossibile) verificare la prevalenza delle attività istituzionali su quelle commerciali, quando l’ente non commerciale svolge istituzionalmente attività sociali, culturali, sportive, di formazione della persona, didattiche ed educative per l'infanzia non quantificabili in termini monetari, poiché il loro valore è valutabile solo in termini sociali. Rientra in queste fattispecie, ad esempio, la richiesta di decommercializzare le attività svolte da associazioni sportive dilettantistiche, complementari a quelle svolte in diretta attuazione dei fini istituzionali. Oltre alle quote associative, infatti, le associazioni sportive dilettantistiche vivono con i corrispettivi di prestazioni pubblicitarie, di contributi di terzi, che assumono la caratteristica di sponsorizzazioni, oppure con i proventi della somministrazione di alimenti e bevande nei locali delle associazioni. Le decommercializzazione, si ricorda, modificherebbe l’incidenza dei proventi commerciali rispetto alle entrate per quote associative (che sono irrisorie), dal momento che risulta impossibile attribuire un valore monetario ad attività svolte non suscettibili, per loro natura, di essere quantificate economicamente, agli effetti della verifica dei requisiti per la qualifica di ente non commerciale. Fermo restando il trattamento fiscale vigente per questi proventi, rimane il problema della "decommercializzazione", se risultasse di estrema difficoltà la definizione di criteri definiti per "quantificare" l’attività istituzionale, visto che produce risultati (la socializzazione) valutabili solo sul piano morale.

La circolare ministeriale 12 maggio 1998 n. 124/E ha attenuato gli automatismi contenuti all’articolo 6 (per la qualifica di ente non commerciale), tuttavia ha introdotto elementi generici (e discrezionali), che vanno corretti con qualche certezza in più.

Occorre pertanto definire due punti:

- un metodo per la quantificazione delle attività istituzionali non monetizzate (assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell’arte, di formazione della persona, didattiche ed educative per l'infanzia)

Oppure

- un metodo per determinare i limiti quantitativi di decommercializzazione dei ricavi in relazione all’attività istituzionale svolta eventualmente facendo riferimento ai parametri fissati dalla legge n. 381 del 1991.

- oppure alternativamente:

Subordinare l’attivazione del controllo ex articolo 6 alla verifica dell’oggetto sociale effettuata sulla base della conformità dell’attività sociale alle clausole ex articolo 111, comma 4 quinquies, inserite negli statuti. In tal caso va precisato se la perdita dello status di ente non commerciale si realizza in seguito al verificarsi di una o più condizioni.

 

13) Non può non rilevarsi una palese contraddizione, sfuggita al legislatore delegato, per gli enti non commerciali che esercitano attività di promozione della cultura e dell’arte, tra il pericolo di una possibile perdita di tale qualifica dovuta alla ricerca di fonti autonome di entrata (commesse di ricerca, corsi di formazione e/o perfezionamento, convenzioni con pubbliche amministrazioni) e la legge 534/96 che impone agli enti il perseguimento di una certa autonomia economica.

Il paradosso è tanto più evidente se si considera che, la perdita del riconoscimento di ente non commerciale è, di per sé, causa di esclusione dai finanziamenti della legge 534/96.

Ci si trova, in questo caso nella stessa situazione delle associazioni sportive non dilettantistiche - enti non commerciali.

Mentre i contributi pubblici, le sponsorizzazioni, la pubblicità, la gestione di attività commerciali, sono quantificabili in termini monetari, non lo sono parimenti le attività istituzionali svolte nel campo della promozione della cultura e dell’arte (e nel caso sopra descritto dello sport dilettantistico). Le soluzioni possibili appaiono le stesse già espresse al punto precedente.

 

14) In relazione ai contenuti dell’articolo 10, comma 1, lettera a) e comma 4, l’attività nel settore della promozione della cultura e dell’arte è considerata ONLUS, senza la condizione di operare a favore di persone "svantaggiate", solo in presenza di finanziamenti pubblici da parte dell’amministrazione centrale dello Stato.

Poiché il venir meno dell’apporto economico da parte dell’amministrazione centrale dello stato, può dipendere da cause diverse, è opportuno che il legislatore precisi che: - Solo la sospensione od eliminazione dalla tabella prevista dalla legge 534/96 derivante da "non provata attività" od "inattività" dell’ONLUS, comporta la perdita della qualifica ed il venire meno dei benefici fiscali previsti dalla legge.

Il mancato stanziamento del capitolo di spesa da parte dell’amministrazione centrale dello Stato per scelta connessa alla diversa valorizzazione del settore di intervento o per problemi di finanza pubblica, non comporta perdita della qualifica di ONLUS ed il conseguente venir meno dei benefici fiscali relativi. La Commissione ritiene che la gravità delle conseguenze della perdita di qualifica di ONLUS, non possano dipendere dal fatto del terzo (scelte amministrative e/o politiche, finanza pubblica) e che il riconoscimento attualmente condizionato da apporti economici da parte dello Stato, possa ritenersi, limitatamente alle attività di promozione della cultura e dell’arte, atemporale, salvo i casi di inattività o mutamento dell’attività svolta.

 

  1. Il divieto di distribuzione degli utili da parte delle ONLUS non può essere esteso, ad avviso della Commissione, al patrimonio di enti già esistenti anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 460/97 o di enti costituiti successivamente, ma qualificati ONLUS solo in un secondo momento. La legge delega ha introdotto il vincolo alla destinazione dei soli utili (legge 662/96, articolo 3, comma 189, lettera a), mentre il decreto legislativo estende la norma ha "utili e avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale". Deve ritenersi corretta tale diversa formulazione se inerente agli utili conseguiti in "regime ONLUS" che, non essendo ripartibili, generano fondi, riserve o capitali. Sarebbe eccedente i limiti della legge delega se riferita, invece, al patrimonio preesistente al riconoscimento di ONLUS. Inoltre per gli enti di pubblica utilità qualificati ONLUS, operanti nel campo della promozione della cultura e dell’arte, deve ritenersi privo di efficacia l’obbligo di devolvere il patrimonio ad altro ONLUS od ente di pubblica utilità.
  2.  

  3. Valuti il Governo se, alla luce del necessario riordino della normativa civilistica, non sia opportuno derogare, come si è fatto per gli enti riconosciuti dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, dalle disposizioni di cui alla lettera h) dell’articolo 10, legge 460/97, per le associazioni ed istituti che hanno ottenuto il riconoscimento giuridico e/o i cui statuti conferiscono poteri particolari di nomina di organi ad enti pubblici e/o privati o a persone insignite di particolare autorevolezza.
  4.  

  5. Occorre estendere le norme relativa alle cooperative sociali, che sono ONLUS di diritto, in base al disposto dell’articolo 10, comma 8, della legge 460/97, anche ai consorzi di cooperative sociali. Ancorchè la legge delega citi le sole cooperative sociali, in virtù dell’articolo 8 della legge 381/91 l’estensione ai consorzi con i requisiti è automatica, tant’è che anche questi ultimi vengono iscritti negli albi regionali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.

 

18) Occorre chiarire che qualora i soggetti cui sono riconosciuti apporti economici da parte dell’amministrazione centrale dello Stato (articolo 10, comma 4 ultimo periodo del decreto legislativo 460/97) svolgano attività di formazione e di istruzione (tenuta corsi di specializzazione, masters, ecc.) tali attività dovranno essere necessariamente rivolte alle categorie svantaggiate ed in alcun modo potranno essere considerate quali attività di promozione della cultura e dell’arte. In caso contrario, infatti, detti soggetti potrebbero tenere corsi di specializzazione anche esclusivamente nei confronti di categorie non svantaggiate.

La Commissione segnala, tuttavia, al Governo una contraddizione che va risolta: le condizioni previste dalla legge per il mantenimento della qualifica di ONLUS sono tali da richiedere fonti autonome di entrata. Tali fonti, nell’attività di formazione della cultura e dell’arte, non necessariamente vengono volte esclusivamente a favore di categorie svantaggiate e ciò fa perdere a tali enti la qualifica di ONLUS.

 

19) All’articolo 10 della legge 460/97 si segnala la necessità di un coordinamento del testo tra il punto 11, lettera a), comma 1 ed il successivo comma 4.

Dopo le parole: "della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni", aggiungere le parole "ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente,".

 

 

PARTE TERZA

 

Con la proposta emendativa che si propone si vuole porre rimedio ad una palese discriminazione nei confronti delle cooperative di produzione e lavoro e di servizi, i cui soci prestano attività lavorativa all’interno della società.

Come è noto il decreto legislativo 2/9/97, n. 314 - emanato in applicazione della specifica delega contenuta nella legge 23/12/96, n. 662 e recante disposizioni per la armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle norme fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente - prevede, tra l’altro, che non concorre a formare il reddito "il valore delle azioni, in caso di sottoscrizione di azioni ai sensi degli articoli 2349 e 2441, ultimo comma del C.C. anche se emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa; (articolo 48, secondo comma, lettera g), del T.U.I.R., come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 314/97).

 

Per il combinato disposto della previsione sopra richiamata e della norma contenuta nell’articolo 12, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (come sostituito dall’articolo 6 del decreto legislativo 314/97), il valore delle azioni sopra citate non concorre neppure a formare la base imponibile per il calcolo ed il versamento dei contributi di previdenza ed assistenza: le disposte esenzioni comportano un vantaggio per il lavoratore - con le mancate trattenute fiscali - ed un minor onere per l’impresa , il cui costo del lavoro non è gravato dagli oneri contributivi.

 

Il nuovo strumento - pur se limitato alle ipotesi di assegnazione straordinaria di utili mediante emissione di particolari categorie di azioni (articolo 2349 c.c.), e di azioni di nuova emissione offerte - limitatamente ad un quarto - in sottoscrizione ai dipendenti delle società (articolo 2441 c.c.) - incontrerà senza alcun dubbio in futuro un ampio consenso.

In questo fervore nei confronti di una nuova forma di "retribuzione variabile", che presenta forti connotati incentivanti e che amplifica gli spazi per l’azionariato dei dipendenti, non si può non sottolineare la grave lacuna che la norma in esame contiene e che penalizza e discrimina la cooperazione di lavoro e servizi.

 

Si pone pertanto una esigenza di equità: quella di consentire anche alle imprese cooperative di utilizzare uno strumento incentivante alle stesse condizioni previste per le imprese capitalistiche, con l’ulteriore risultato di agevolarne la capitalizzazione, nel rispetto delle specificità che presentano le disposizioni sul capitale sociale delle cooperative.

 

Si propone, infatti, che il trattamento fiscale e contributivo riservato al valore delle azioni di cui agli articoli 2349 e 2441, ultimo comma, del C.C., sia assicurato anche alle somme deliberate dalla Assemblea di Bilancio ed erogate ai soci lavoratori delle cooperative di lavoro e servizi, destinate ad aumento delle quote di capitale sociale od alla assegnazione di azioni di sovvenzione o di azioni di partecipazione cooperativa.

 

Questi due ultimi istituti, come è noto, trovano la loro regolamentazione negli articoli 4 e 5 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 - Nuove norme in materia di società cooperative.

 

Quanto sopra - come previsto esplicitamente nella proposta emendativa, riportata in calce - tiene conto e deve rispettare le disposizioni contenute nell’articolo 11 ultimo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29/9/1973, n. 601, e cioè anche le somme in questione - per i soci lavoratori - possono essere corrisposte ad integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti, aumentati del 20%.

 

Con i limiti e le condizioni esposte, come già enunciato, l’emendamento proposto garantisce alla cooperazione la fruizione dell’identico strumento di cui godono le imprese capitalistiche, applica il principio di eguaglianza ed equità, favorisce la capitalizzazione delle società cooperative, accresce l’attaccamento dei soci nei confronti della loro società e stimola il raggiungimento di risultati aziendali positivi, con effetti favorevoli per l’economia e per l’occupazione.

 

Si rammenta che il secondo comma dell’articolo 47 del T.U.I.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, assimila, a certe condizioni, i redditi erogati ai lavoratori soci, ai redditi di lavoro dipendente.

Per la decorrenza della norma si propone una soluzione identica a quella già adottata con il decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, e cioè attribuire efficacia dalla stessa data di entrata in vigore delle disposizioni del decreto legislativo 314/97 che si propone di integrare.

Si sollecita il Governo, pertanto, ad emanare un provvedimento legislativo, integrativo, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, relativo alla base imponibile dei redditi di lavoro dipendente, che contenga l’emendamento sotto riportato:

"alle somme erogate ai soci lavoratori, compatibilmente con quanto disposto dall’articolo 11, ultimo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, destinate ad aumento delle quote di capitale sociale o all’assegnazione dei titoli di cui agli articoli 4 e 5 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, si applica il trattamento di cui all’art. 48, comma 2, lettera g) del T.U.I.R. , approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni".

La Commissione rileva, infine, come già espresso nel suo precedente parere, che il valore delle azioni, in caso di sottoscrizione ai sensi degli articoli 2349 e 2351, ultimo comma, del codice civile, non concorre a formare la base imponibile del lavoro dipendente, solo ed esclusivamente, se il provvedimento viene adottato a favore di tutti i dipendenti della società e non solo di alcune categorie di essi.

Relativamente al decreto legislativo 467 per ciò che riguarda l'articolo 2, comma 1, punto 12, si evidenzia nuovamente al Governo che il meccanismo previsto per il riconoscimento delle agevolazioni su base territoriale per gli utili conseguiti, di fatto lo rende operante solo per percettori di dividendi con risultato in utile. Considerato che le agevolazioni in questione sono state soppresse ma che comunque hanno costituito un elemento nel calcolo di convenienza delle imprese, specie quelle che hanno operato in base alla legge 64/86, al momento dell'attuazione dell'investimento, il Governo si impegni a prevedere, con una apposita norma transitoria, che dette agevolazioni siano fruite anche dai soci in perdita fino alla naturale scadenza.

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