Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

PARERE APPROVATO AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996 N. 662 SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE RIORDINO DELLA DISCIPLINA TRIBUTARIA DEI REDDITI DI CAPITALE E DEI REDDITI DIVERSI 

 

La Commissione parlamentare consultiva in materia di riforma fiscale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662, 

esaminato lo schema di decreto legislativo, concernente il riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi in attuazione dell’art. 3, comma 160, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, lo ritiene conforme alle norme di delega e ne apprezza la normativa introdotta, ispirata a semplificazione, razionalizzazione, trasparenza ed innovazione. 

Si tratta di caratteristiche apprezzate non solo e non tanto dagli intermediari, quanto dai mercati finanziari che hanno già scontato positivamente "l’effetto annuncio". Le norme contenute nello schema di decreto legislativo sottoposto all’esame della Commissione rafforzano i mercati, stabilizzano gli investimenti e stimolano un miglior comportamento degli investitori. Inoltre, i provvedimenti esaminati contribuiscono al risanamento ormai avviato della finanza pubblica ed a indirizzare flussi consistenti di risorse in direzione degli investimenti produttivi, pur permanendo alcuni limiti relativi alla incentivazione fiscale del merchant banking.  

La Commissione rileva che il forte contenuto innovativo presente nella riforma sottolinea ancora più efficacemente la necessità di una armonizzazione fiscale nell’ambito dell’Unione Europea. L’introduzione dell’Euro, l’eliminazione delle barrire costituite dal rischio di cambio, il sostanziale allineamento dei tassi di interesse, favoriranno una grande volatilità del mercato. In questa situazione è necessario evitare la "concorrenza fiscale" tra i paesi della Unione, per cui si richiede una politica attiva e determinata da parte del governo italiano volto ad armonizzare a livello europeo quanto meno la tassazione delle rendite finanziarie. L’armonizzazione fiscale in ambito U.E. è di fondamentale importanza, ma non può certamente ritardare l’intervento del legislatore per il riordino della materia, in attesa di accordi comunitari allo stato di fatto alquanto aleatori. L’assetto che viene disegnato con questa legge potrebbe, per la sua completezza, essere una base seria su cui fare convergere tale armonizzazione. 

Il riordino del regime fiscale di tassazione delle rendite finanziarie richiederà notevoli investimenti sia in aggiornamento professionale e promozione che in procedure organizzative, hardware e software. Non paiono però accettabili le richieste relative al concorso dello Stato ai costi relativi sia all’adeguamento dei sistemi informativi che all’adempimento dei sostituti d’imposta, poiché questi costi risultano più che compensati da un assetto normativo che svilupperà e qualificherà le attività finanziarie. 

E neppure possono trovare riscontro positivo le richieste di fare slittare i termini di avvio del nuovo sistema fiscale al 1° gennaio 1999, anziché al 1° luglio 1998, poiché questa eventualità è impedita dal rispetto della delega, che alla lettera r) del comma 160 prevede la possibilità di disporre l’entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione, fino a 9 mesi dalla loro pubblicazione. E’ vero che una decorrenza infrannuale complica le questioni organizzative, e gli adempimenti a carico dei sostituti di imposta contabile; pur tuttavia sia la probabile entrata in vigore dell’EURO dal 1 gennaio 1999 con le relative procedure informatiche che l’avvento degli anni 2000, richiedono una complessiva ristrutturazione e riorganizzazione dei sistemi informativi che può partire dalla parte fiscale per estendersi sugli altri adempimenti.

La Commissione infine 

esprime parere favorevole

con alcune considerazioni di carattere generale, che riguardano l’orizzonte della legge, e con le successive osservazioni.

 

CONSIDERAZIONI:

  1. La Commissione sottolinea la necessità di arrivare entro termini di tempo ravvicinati, dettati inevitabilmente dalle condizioni della finanza pubblica, alla introduzione di una aliquota unica per i redditi di capitale, i redditi diversi ed i redditi finanziari derivanti dal patrimonio netto delle imprese, (secondo le norme che saranno introdotte dalla Dual Income Tax), le plusvalenze da ristrutturazioni societarie. E’ indispensabile, anche ai fini dell’armonizzazione fiscale nell’U.E., realizzare quanto prima la completa neutralità del fisco nella scelta di allocazione delle risorse. I termini della delega impedivano di arrivare a questo risultato, ma la stessa evidente difficoltà che ha la relazione a giustificare un sistema di doppia aliquota testimonia che la razionalità e la semplificazione dell’intero sistema richiedono che si pervenga a tale soluzione.
  2. Norme organiche di riordino della tassazione delle plusvalenze finanziarie avrebbero potuto essere l’occasione, accoppiate ad altri provvedimenti di carattere normativo, per favorire lo sviluppo del merchant banking e del venture capital, selezionando tali intermediari come intermediari speciali e adottando per essi provvedimenti fiscali maggiormente incentivanti.
  3. In particolare, il trattamento fiscale previsto per i partecipanti ai Fondi chiusi è eccessivamente oneroso per i soggetti istituzionali, in quanto supera in modo considerevole l’impostazione fiscale relativa agli investimenti diretti.
  4. Se si considera che la prospettiva di sviluppo dei Fondi chiusi è legata in ogni parte del mondo alla partecipazione dei soggetti istituzionali, con particolare riferimento ai Fondi Pensione, occorre ripristinare la neutralità fiscale tra investimento diretto ed investimento tramite Fondo chiuso, se si vuole veramente promuovere questo strumento. D’altra parte: nel momento in cui la riforma fiscale in atto penalizzerà le imprese sottocapitalizzate, occorre che uno dei pochi strumenti per la capitalizzazione delle piccole e medie impresa possa decollare. In caso contrario quella parte di risorse che i Fondi Pensione destineranno all’investimento azionario saranno dirottate verso la Borsa e l’avvio della previdenza complementare comporterà un forte drenaggio di liquidità dalle imprese piccole e medie verso le società quotate, che sono una esigua minoranza e non riguardano certamente, almeno nel breve – medio periodo, le piccole e medie imprese.  Pare opportuno quindi alleggerire il carico fiscale dei soggetti investitori istituzionali partecipanti ai Fondi chiusi, attraverso un adeguato aumento del credito di imposta (dal 15 al 20%), oppure riconsiderare la materia in sede di ridefinizione della disciplina fiscale dei fondi Pensione, di cui al successivo punto d).

  1. Il comma 160 della legge delega (23.12.96 n. 662) è inspiegabilmente carente per quanto attiene la disciplina dei Fondi Pensione.
  2. E’ necessario che il Governo provveda in tempi rapidi a colmare questa lacuna, alla luce anche di considerazioni contenute nella relazione accompagnatoria allo schema di decreto legislativo, relative ai certificati di deposito ed ai depositi in c/c. Entrambi questi strumenti finanziari, opportunamente vincolati a lungo termine (es. 10 anni) potrebbero essere considerati risparmio previdenziale, entrare a pieno titolo nella previdenza complementare ed essere conseguentemente sottoposti ad una diversa tassazione.

  1. Pur considerando innovative le opzioni di cui agli articoli 6 e 7, la Commissione dà mandato al Governo di valutare se esistono le condizioni per introdurre in sostituzione un’ulteriore semplificazione, che preveda un regime ordinario da un lato e un regime intermediato dall’altro. Un’unificazione dal punto di vista tributario dei regimi amministrati e gestiti, entrambi tassati su quanto maturato dai titoli in possesso del contribuente, consentirebbe di eliminare il meccanismo dell’equalizzatore e incentiverebbe un maggior dinamismo nelle decisioni di portafoglio, in quanto sparirebbe un disincentivo nel passaggio da una rapporto di risparmio amministrato a un rapporto di risparmio gestito, costituito dalle necessità di saldare la posizione fiscale. Il vantaggio fiscale che l’assenza di un meccanismo di equalizzazione determinerebbe per il regime ordinario appare come un premio per la perdita dell’anonimato.
  2.  

OSSERVAZIONI:

1. All’articolo 1, comma 1, lettera f), dopo le parole: "plusvalenze derivanti dalla cessione" inserire le seguenti "a titolo oneroso", coerentemente alle disposizioni contenute all’articolo 81 del TUIR, come parzialmente riformulato dall’articolo 3 dello schema di decreto;

2. Nell’articolo 1, la modifica della lettera f) dell’articolo 20 del Testo unico delle imposte sui redditi, dovrebbe chiarire quali sono i mercati regolamentati presso i quali non opera la presunzione di territorialità per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate.

3. Relativamente alla formulazione della lettera g-bis) del comma 3 dell’articolo 1, si segnala che essa potrebbe determinare problemi di ordine applicativo per quanto concerne i contratti in cui il reddito è conseguito dal soggetto che acquista a pronti e rivende a termine, ed è costituito dall’importo retrocesso dalla controparte. In questo caso, infatti, potrebbe determinarsi l’eventualità di una doppia tassazione, da evitare per evidenti ragioni di equità di trattamento. Si invita pertanto il Governo a valutare l’opportunità di consentire la deducibilità delle somme retrocesse al soggetto venditore a pronti e acquirente a termine, e, comunque, ad apportare le correzioni necessarie ad escludere il rischio di doppia imposizione.

4. Relativamente alle disposizioni di chiusura di cui alla lettera h), si rileva che l’espressione: "utili e perdite" si può propriamente riferire al reddito di impresa, ai sensi dell’articolo 52 del TUIR, e non anche alle altre tipologie di redditi. Conseguentemente, si propone di sostituire le suddette parole con le seguenti: "differenziali positivi o negativi".

5. Relativamente all’articolo 3, comma 1, lettera c), si raccomanda l’inserimento di una disposizione diretta ad escludere dal computo dei limiti stabiliti ai fini dell’individuazione di una partecipazione qualificata le azioni di risparmio, alle quali si dovrebbe riconoscere un trattamento tributario in termini di aliquota da applicare ai relativi dividendi corrisposti a soggetti non residenti tali da evitare il rischio di disincentivare l’afflusso del risparmio di fonte estera.

6. Sempre con riferimento all’articolo 3, comma 1, lettera c), va sottolineata la necessità di provvedere al coordinamento delle relative disposizioni con quelle di cui al comma 16 dell’articolo 7 che dispongono l’obbligo per i soggetti gestori che "dovessero constatare" l’avvenuto superamento delle soglie indicate, di darne immediata comunicazione al contribuente. Infatti, soprattutto nell’eventualità che il contribuente si avvalga di più intermediari, si potrebbero determinare situazioni di incertezza e favorire manovre elusive. Allo scopo di evitare tale eventualità e di assicurare la certezza del trattamento tributario da applicare, si invita il Governo a valutare la possibilità di stabilire che dalla data in cui la partecipazione ha superato le soglie indicate alla lettera c), tutte le cessioni effettuate nei successivi 12 mesi, sempre che complessivamente superino le predette soglie, devono essere considerate come cessioni di partecipazioni qualificate.

7. Dalla disposizione precedente occorrerebbe escludere quelle società che abbiano concluso con la società di gestione della Borsa contratti tesi ad assicurare la liquidità dei titoli quotati ( i cosiddetti titoli sottili), per le quali la soglia del 2% dovrebbe intendersi come media annua al netto degli acquisti.

8. All’articolo 3, comma 1, lettera c-bis), si sostituiscano le parole da: "società od enti" fino a : "di cui all’articolo 5, lettera c), con le seguenti: "società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui alla lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 87, lettere a), b), c) e d)", in modo da assicurare l’omogeneità con la formulazione della lettera c). Si raccomanda, per quanto concerne gli enti di cui alla lettera c) dell’articolo 87, di assicurare il coordinamento con il regime da adottare in attuazione della delega di cui all’articolo 3, comma 187, della legge 23.12.1996, n. 662.

9. Relativamente alla lettera c-quinquies) dell’articolo 3, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di prevedere l’inserimento di una norma di chiusura analoga a quella introdotta con la lettera h) dell’articolo 41 del TUIR, diretta a stabilire che fra le plusvalenze e i proventi diversi da quelle indicati alle lettere precedenti, debbano essere comunque inclusi quelli derivanti da rapporti aventi per oggetto la negoziazione del capitale. In questo modo, si darebbe piena attuazione al dettato del principio di delega di cui alla lettera c) del comma 160 dell’articolo 3 della legge n. 662/96.

10. Relativamente all’articolo 4, si segnala che la formulazione del comma 9 per quanto concerne il cosiddetto "equalizzatore" risulta eccessivamente generica. Si raccomanda pertanto al Governo di fornire ulteriori elementi circa i criteri da adottare ai fini della determinazione dei coefficienti di rettifica allo scopo di assicurare ai risparmiatori la necessaria certezza dei trattamenti tributari da applicare, stabilendo comunque che per la definizione dell’ammontare entro cui le plusvalenze concorrono a formare il reddito imponibile in ciascun anno si applicano i coefficienti stabiliti dal Ministero delle finanze entro il mese di marzo dell’anno precedente.

11. Per quanto concerne l’articolo 5, si segnala che la disposizione di cui al comma 3, potrebbe risultare pleonastica in considerazione delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 8.

12. Relativamente alle sanzioni stabilite al comma 7 del medesimo articolo 5, si invita il Governo a procedere, ai fini della determinazione della loro entità, al coordinamento con le disposizioni da adottare ai fini della revisione del sistema sanzionatorio tributario non penale, in attuazione della delega conferitagli al comma 133 dell’articolo 3 della legge n. 662/96. Le medesime considerazioni valgono relativamente agli articoli 6 e 7.

13. Nell’articolo 6, andrebbe chiarito che il trasferimento conseguente ad un atto di cessione a titolo gratuito costituisce comunque presupposto di applicazione dell’imposta in capo al soggetto che dispone il trasferimento, considerato che in linea generale solo le cessioni al titolo oneroso sono considerate suscettibili di produrre plusvalenze imponibili.

14. Riguardo all’articolo 6, va rilevato che al comma 10 non è prevista alcuna esplicita disposizione circa il momento in cui l’imposta deve essere concretamente applicata dall’intermediario.

15. Per quanto riguarda l’articolo 7, occorre considerare che la previsione dell’obbligo del versamento a titolo di acconto del 75% dell’imposta sostitutiva sul risultato maturato fino al 30 settembre secondo le modalità indicate al comma 12 potrebbe determinare notevoli difficoltà per gli intermediari. Pur essendo comprensibili le esigenze di cassa che hanno suggerito di introdurre l’acconto, peraltro non esplicitamente previsto nei criteri di delega, si invita il Governo a valutare l’ipotesi di una parziale riformulazione del comma 12, eventualmente prevedendo l’effettuazione di versamenti su base semestrale ovvero stabilendo il progressivo superamento del regime di acconto entro un arco temporale ragionevole.

16. Nell’articolo 7, comma 3, occorre chiarire se l’inapplicabilità della ritenuta di cui all’articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti, riguardi solo i rapporti tra le banche ed i propri clienti o anche i conti correnti aperti presso le banche da altri gestori ed alimentati dalle somme destinate all’esecuzione dell’incarico ricevuto o da esso derivante.

17. Nell’articolo 7, comma 12, occorre inserire una disposizione che consenta di prelevare le somme necessarie al pagamento dell’acconto dell’imposta anche attraverso il disinvestimento, nel caso il contribuente non fornisca la provvista così come previsto dal precedente comma 11.

18. Sempre riguardo all’articolo 7, si rileva che non risulta chiara nell’ambito della stessa norma la qualificazione giuridica del gestore incaricato di applicare e versare l’imposta, in considerazione della possibilità che il rinvio alle disposizioni di cui al DPR n. 600 del 1973, e di cui al DPR n. 602 del 1973, si possa intendere nel senso che il gestore stesso assumerebbe il ruolo di sostituto d’imposta a tutti gli effetti, a differenza di quanto è previsto per gli intermediari dell’articolo 6, meri incaricati d’imposta.

19. Per quanto concerne l’articolo 12, valuti il Governo l’opportunità di circoscrivere, relativamente alle cosiddette operazioni conduit, l’applicazione delle disposizioni ivi previste ai soli contratti di mutuo per i quali si pone l’esigenza di introdurre misure anti elusive, evitando le possibili penalizzazioni che potrebbero derivare da un eccessivo ampliamento dell’ambito di applicazione del regime prospettato.

20. Si raccomanda il coordinamento delle disposizioni contenute nei commi 4 e 5 dell’articolo 12 per quanto concerne le obbligazioni e gli altri titoli di cui all’articolo 31 del DPR n. 601/73, ivi compresi quelli emessi da enti pubblici economici trasformati in S.p.A., allo scopo di evitare l’eventualità di una doppia imposizione.

21. Relativamente al comma 10 del medesimo articolo 12, si invita il Governo a verificare se la disposizione che si intende sostituire è quella di cui all’articolo 8 del DL n. 512/83, e non all’articolo 5, comma 1, già sostituita dal comma 8 dello stesso articolo 12.

22. Sempre in riferimento all’articolo 12 si invita il Governo a verificare la possibilità di introdurre modalità semplificate di applicazione dell’imposta dovuta sui dividendi dei titoli azionari da corrispondere a soggetti non residenti, qualora siano in deposito accentrato, coerenti con le disposizioni del decreto legislativo 23.7.96 n. 415 (EUROSIM).

23. Riguardo all’articolo 13, valuti il Governo se non si possano indicare meccanismi più semplici ai fini della determinazione dell’equalizzatore per i titoli obbligazionari senza cedola, i cosiddetti zero coupon, stante la notevole complessità del sistema indicato.

24. Occorrerebbe specificare a chi compete la responsabilità di certificare la natura qualificata o meno della cessione di partecipazioni, evitando che tale responsabilità ricada sugli intermediari.

25. Da ultimo, si consiglia un attento coordinamento del provvedimento con la disciplina vigente ed inoltre, per gli aspetti tecnico formali relativi alle nuove disposizioni introdotte, la correzione di eventuali imprecisioni di formulazione tecnica.

ritorno alla home della Commissione riforma fiscale