Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

PARERE APPROVATO AI SENSI DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 1996 N. 662 SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO IN MATERIA DI ACCERTAMENTO CON ADESIONE E DI CONCILIAZIONE GIUDIZIALE

 

La Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate previste dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernenti misure di razionalizzazione della finanza pubblica, 

esaminato lo schema di decreto legislativo in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale emanato in esecuzione dell’articolo 3, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, 

ritiene che l’esercizio della delega sia avvenuto per larga parte entro i limiti di cui all’articolo 3, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e che lo schema di decreto legislativo corrisponda in buona misura alle finalità della revisione organica della disciplina dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale indicate nel comma 120 dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Queste finalità sono la semplificazione, l’ampliamento dell’ambito applicativo, la depenalizzazione dei reati contravvenzionali, anche agli effetti della instaurazione di un clima di fiducia tra fisco e contribuente, un’azione di deterrenza nei confronti delle controversie fiscali, al fine di rendere più celere, trasparente e certa la giustizia tributaria e il gettito atteso dall’Erario. La Commissione, pertanto, 

esprime, complessivamente, parere favorevole 

con le seguenti osservazioni:

  1. All’articolo 4 comma 2 dopo le parole "che non aderiscono alla definizione" inserire "o che, benché ritualmente convocati secondo le precedenti modalità non hanno partecipato al contradditorio".
  2. Il ricorso all’accertamento con adesione non è limitato al solo ambito della rettifica delle dichiarazioni dei redditi già presentate. In conseguenza di ciò la lettera a), comma 1, dell’articolo 5, va così riformulata: "a) i periodi di imposta suscettibili di accertamento".
  3. L’invito a comparire che l’ufficio deve formulare entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza, si riferisce solo ai contribuenti nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica. Di conseguenza il comma 4 dell’articolo 6 va così riformulato: "entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza di cui al comma 2, l’ufficio, anche telefonicamente, formula al contribuente l’invito a comparire. Fino all’attivazione dell’ufficio delle entrate, la definizione ha effetto ai soli fini del tributo che ha formato oggetto di accertamento. All’atto del perfezionamento della definizione, l’avviso di cui al comma 2 perde efficacia".
  4. La competenza alla definizione con adesione del contribuente, riconosciuta all’ufficio delle imposte sul valore aggiunto, se la definizione ha ad oggetto esclusivamente fattispecie rilevanti, ai fini di tale imposta, e fino all’entrata in funzione dell’ufficio delle entrate, si intende limitata ai contribuenti nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento di rettifica non preceduto dall’invito a comparire. Di conseguenza il comma 3 dell’articolo 4 va così riformulato: "Fino all’entrata in funzione dell’ufficio delle entrate sono competenti l’ufficio distrettuale delle Imposte Dirette ovvero, nei casi disciplinati dall’articolo 6, comma 2, l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, se la definizione ha ad oggetto esclusivamente fattispecie rilevanti ai fini di tale imposta".
  5. Relativamente alla conciliazione giudiziale, si raccomanda la predisposizione di un regime transitorio, relativo alla definizione delle controversie pendenti presso le Commissioni Tributarie Provinciali per le cause per le quali si è già tenuta la prima udienza e presso le Commissioni Tributarie Regionali. La riforma del processo tributario richiede, per una affermazione dei principi di equità e di certezza del rapporto tributario cui si ispira, una riduzione strutturale del contenzioso che, attualmente, si stima in 3.200.000 controversie pendenti.
  6. E’ opportuno prevedere un versamento rateale maggiormente diluito nel tempo per la somma dovuta per effetto dell’adesione o della conciliazione. Per somme consistenti (superiori a 100 milioni) si potrebbe prevedere un pagamento fino a un massimo di 12 rate trimestrali, con la relativa corresponsione degli interessi. E’ superfluo aggiungere che comunque eventuali modifiche nel decreto legislativo, che tenessero conto di questa raccomandazione, non potrebbero non avere ripercussioni sulla relazione tecnica e sui conseguenti problemi di copertura di bilancio, dato che il gettito previsto con la legge finanziaria ‘97, è già stato appostato al fondo costituito nello stato di previsione del Ministero delle Finanze, in attuazione dell’articolo 3, comma 196, della legge n. 549 del 1995.
  7. L’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale riformate potranno affermarsi e corrispondere alle finalità per le quali sono stati predisposti attraverso una azione di qualificazione dell’Amministrazione Finanziaria volta ad una maggiore efficienza. Risulta fondamentale, a questo proposito, garantire la qualità dell’accertamento, come elemento basilare per ottenere i risultati attesi. L’accertamento deve avere una solida, seria ed attendibile base di riferimento per l’adesione e per agire da deterrente nei confronti delle controversie. La Commissione ritiene elementi fondamentali, a questo proposito, gli studi di settore, l’esercizio effettivo dell’autotutela da parte dell’Amministrazione Finanziaria che è stata di recente disciplinata (DMF 11/2/97 n. 373), la responsabilizzazione e l’incentivazione dell’attività di verifica, il conferimento di responsabilità al personale del proprio operato (art. 2-septies della legge 30 novembre 1994 n. 656) ed il riconoscimento di incentivi economici, non legati all’entità dell’accertato, bensì all’ammontare dell’incassato. Nella piena condivisione di una necessaria ed indispensabile azione di delegificazione, si ritiene che questi indirizzi, oltre alle tante questioni di carattere operativo che si aprono, siano da introdurre attraverso le apposite direttive del Ministero delle Finanze, redatte in modo chiaro e trasparente ed emanate in tempi utili, nell’esercizio delle funzioni di propria competenza, ai sensi della legge 400 del 1988.
  8. L’esclusione dei comuni dalla partecipazione all’accertamento dei redditi delle persone fisiche (articolo 4, comma 4) può essere giustificata solo dal fatto che ciò comporterebbe l’uscita dalla previsione di cui all’articolo 44 del DPR n. 600/73 (accertamento II.DD. e IVA) ed inoltre dalla incompatibilità dell’accertamento con adesione, così come configurato, con l’invio della proposta al Comune. E’ vero che questa facoltà dei Comuni è caduta nell’oblio, che i Comuni sono interessati ai tributi per i quali è prevista una partecipazione al gettito, che la dimensione comunale non è certamente quella più indicata, in tempi di mercato globale e di internazionalizzazione dell’economia, per accertare i redditi dei contribuenti medio-grandi. Tutto ciò premesso, motivi di opportunità avrebbero consigliato di sancire questa esclusione in un contesto di riforma della finanza locale e di provvedimenti volti a garantire l’autonomia impositiva degli enti locali.
  9. E’ opportuno espungere dal testo del decreto legislativo sottoposto all’esame della Commissione quelle norme procedurali meglio definibili ed integrabili attraverso regolamenti e rafforzando l’azione delegificatrice già prevista in merito alle normative dei versamenti (art. 8 comma 4, art. 14 comma 3, art. 15 comma 2) od alla integrazione o modificazione con regolamento del titolo 1°, capo 2° (Procedimento per la definizione degli accertamenti nelle imposte sui redditi e nell’imposta sul valore aggiunto) e capo 3° (Procedimento per la definizione di altre imposte indirette) L’invito telefonico a comparire, (art. 6 comma 4 e art 12 comma 3), a parte i dubbi e perplessità che solleva, è suscettibile di modifiche in relazione ai progressi delle tecnologie telematiche. Il comma 2 dell’art. 1, inoltre, andrebbe più propriamente inserito nel capo 3°, poichè si riferisce alla individuazione dei coobbligati cui spetta il diritto di ricorrere all’adesione. Si tratta quindi di una norma squisitamente procedurale e non ordinamentale.
  10. E’ opportuno che il Governo eserciti pienamente la delega di cui al punto 2 lettera h), nel senso di definire le cause ostative alla definizione dell’accertamento o conciliazione giudiziale. Esse debbono essere finalizzate alla esclusione di procedure che in determinate fattispecie di pericolosità fiscale rischierebbero di divenire premiali.
  11. Lo schema di decreto legislativo, a proposito delle sanzioni da applicare nella conciliazione giudiziale, fa riferimento a quelle irrogate dagli uffici e non al minimo previsto dalla legge attualmente in vigore. Si tratta di materia regolamentata nella riforma del regime sanzionatorio, come previsto dall’art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. la Commissione auspica un coordinamento con il decreto delegato sulla riforma delle sanzioni tributarie non penali.

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