Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

Estratto dal documento UE sul "Piano di convergenza" italiano

Versione italiana non ufficiale

19 gennaio 1998

 

La riforma del sistema fiscale

La legge di Bilancio per il 1997, approvata nel Dicembre 1996, comprende dodici deleghe parlamentari al governo per una totale riforma del sistema fiscale, ispirata ai principi del decentramento fiscale, della semplificazione, dell’allargamento della base imponibile e di una più marcata neutralità economica del sistema fiscale. I mandati riguardano in particolare le aree della fiscalità locale, dell’imposta sul reddito, della tassazione d’impresa, delle imposte sui redditi da capitale, delle procedure e degli oneri amministrativi, l’adesione e le sanzioni, e includono le maggiori linee guida per la riforma.

Dall’inizio del 1997, una serie di decreti governativi hanno concretizzato le deleghe conferite dal Parlamento, un processo che è stato recentemente concluso con la promulgazione, il 10 dicembre, dei decreti che introducono la nuova tassa regionale (Imposta regionale sulle attività produttive, IRAP), aboliscono una serie di tasse nazionali e locali, modificano la tassa sul reddito (Imposta sul reddito delle persone fisiche, IRPEF) e introducono la dual income tax (DIT). I punti chiave della riforma fiscale italiana sono riassunti nell’Appendice 2.

Le disposizioni contenute nei decreti fiscali promulgati nel 1997 hanno trasformato ad ampio raggio il sistema fiscale italiano. Tutte insieme, queste misure rappresentano la più importante riforma fiscale realizzata in Italia dall’inizio degli anni Settanta. Da un punto di vista amministrativo, la riforma fiscale avrà importanti conseguenze sulle relazioni tra l’amministrazione centrale e locale, tra l’amministrazione fiscale e i cittadini privati, tra l’amministrazione fiscale e le imprese. Sotto l’aspetto economico, la riforma darà luogo ad una vasta redistribuzione del peso fiscale assicurando una più ampia neutralità del sistema di tassazione rispettando le scelte di allocazione delle risorse.

Per ciò che attiene al decentramento, la riforma avvia un nuovo capitolo nelle relazioni tra Stato e amministrazione regionale. Il sistema sanitario sarà quasi interamente finanziato al livello in cui è gestito, cioè a livello regionale, e dal 1998 i prestiti straordinari dallo Stato alle regioni per le spese di gestione del sistema sanitario cesseranno definitivamente. Inoltre, alle regioni sarà dato il potere di fissare una addizionale sulle imposte di reddito, una possibilità che introdurrà un elemento di competizione tra regioni. Lo stesso schema sarà applicato alle relazioni tra le regioni e i minori enti locali (comuni e province), che riceveranno una addizionale sulla tassa regionale e di cui sarà rinforzata l’indipendenza nel fissare tasse locali.

Anche le relazioni tra l’amministrazione fiscale e i contribuenti saranno cambiate grazie alla riduzione e semplificazione degli oneri, all’estensione delle procedure accelerate di verifica e di liquidazione delle dispute fiscali, e all’introduzione di un sistema di sanzioni più flessibile e meno oppressivo. Infatti, le nuove regole non solo riducono l’ammontare delle sanzioni, ma rendono anche le sanzioni proporzionate alla gravità della violazione. Sono state cancellate le sanzioni per errori formali che non implicano una riduzione nell’assolvimento di pagamenti fiscali.

I cambiamenti più importati riguarderanno probabilmente il sistema di imposizione sulle imprese. Oltre alla semplificazione dovuta alla riduzione del numero delle tasse relative agli oneri amministrativi, la tassazione delle imprese diventa più omogenea e trasparente. In realtà, la riforma allarga la base imponibile e armonizza il peso fiscale imposto a differenti industrie e settori. Innanzitutto molte imprese hanno diritto a parziali o complete sanzioni da pagamenti di alcune tasse o contributi sanitari. In particolare, le attività di investimento delle imprese trarranno verosimilmente beneficio dal nuovo regime fiscale. Per gli investimenti finanziati dal capitale azionario, l’abolizione dell’ILOR e della tassa sul patrimonio netto dell’impresa, e la combinata applicazione della nuova tassa regionale con la dual income tax ridurrà sostanzialmente il "cuneo fiscale" e quindi agevolerà il ricorso al capitale. La revisione delle tasse societarie e le nuove regole di tassazione dei redditi da capitale contribuiranno a eliminare l’inclinazione del sistema fiscale ad agevolare l’indebitamento, aiuteranno il consolidamento finanziario del sistema di produzione e sosterranno il processo di modernizzazione del mercato di capitali.

La riforma implica un’ampia redistribuzione del carico fiscale fra le regioni, i settori, le imprese e gli individui. Mentre da un punto di vista geografico gli effetti della riforma non dovrebbero alterare consistentemente la struttura regionale, gli effetti potranno essere più pronunciati per la distribuzione settoriale. L’agricoltura, per esempio, sarà certamente penalizzata dalla riforma, mentre il settore finanziario registrerà sostanzialmente una consistente riduzione del peso fiscale. L’impatto economico sulla singola industria o artigiano deve essere accertato caso per caso. In generale, le industrie con un grande numero di impiegati, che non beneficiano di speciali detrazioni sui contributi sociali, trarranno benefici dall’abolizione dei contributi sanitari. Le industrie che godono di trattamenti fiscali speciali, ci perderanno, poiché i regimi fiscali speciali spariranno. Le imprese fortemente indebitate saranno penalizzate, in quanto gli interessi sono inclusi nella base della nuova tassa regionale, ma erano esclusi dalle precedenti tasse locali sui redditi. La posizione fiscale degli individui a basso reddito o delle casalinghe migliorerà grazie a più alte detrazioni, e gli individui con maggiori entrate beneficeranno di più basse imposte sul reddito. D’altro canto, la vasta classe medio-alta, probabilmente sosterrà più elevato peso fiscale.

Dal punto di vista della politica di bilancio, il maggiore rischio sembra precisamente legato a questa vasta redistribuzione dell’onere fiscale, che potrebbe alimentare o esacerbare i fenomeni di conflitti e disobbedienza fiscale in alcune aree. In più, è ben noto che i governi spesso sottostimano l’abilità dei contribuenti nell’adattare i propri comportamenti ai nuovi regimi fiscali e trovare soluzioni per evadere le tasse. Questa è una delle ragioni per le quali le estese riforme fiscali sono spesso associate a significative perdite di entrate fiscali nel primo periodo di attuazione. Il governo italiano ha previsto un numero di misure per prevenire questo rischio (il più importante è la possibilità di una revisione dell’IRAP e delle aliquote d’imposta durante il 1998), ma queste possono dimostrarsi insufficienti se l’azione di ristrutturazione e rafforzamento dell’amministrazione finanziaria non sarà sufficientemente rapida ed adeguata. Deve anche essere considerato che l’andamento del gettito fiscale del 1998 sarà fortemente influenzato dalla riforma. Il gettito mensile derivante dai contributi sanitari scomparirà, e questo peggiorerà il deficit di circa 12 miliardi di lire fino a giugno, quando la prima rata della tassa regionale sarà pagata. Quindi il tempo a disposizione per possibili aggiustamenti sarà piuttosto ristretto.

A parte i rischi per il bilancio nel breve periodo, le misure introdotte nella tassazione riflettono un grande sforzo di razionalizzazione del sistema fiscale e tracciano la strada per guadagni di rendimento, che diventeranno chiaramente visibili nel medio e lungo periodo.

Infatti, la riforma affronta un numero di distorsioni che ha caratterizzato il sistema fiscale nelle ultime decadi e favorisce la competitività del sistema economico. Due principali aspetti meritano una speciale considerazione in questa cornice: l’attenuazione delle tasse sugli utili, estremamente elevate, che hanno indotto le società finanziarie italiane alla sottocapitalizzazione e all’eccesso di indebitamento, e la riduzione dell’eccessivo peso dei contributi sociali, che ha significativamente inciso sul costo del lavoro. Come menzionato precedentemente, la riforma fiscale delinea un sistema di tassazione che favorirà di più le imprese capitalizzate, aumenterà la competitività delle istituzioni bancarie e finanziarie italiane e aiuterà un più regolare e funzionale mercato di capitali. D’altra parte, sebbene la base imponibile per la nuova tassa regionale include la totalità dei salari, l’abolizione dei contributi sanitari che erano applicati al fattore lavoro ridurrà il costo del lavoro specialmente per le imprese sottoposte a regime ordinario di tassazione (l’effetto sarà lievemente o perfino negativo per le imprese con speciali facilitazioni). In questo quadro, la riforma fiscale sembra totalmente in accordo con gli orientamenti espressi di recente dalla Commissione in campo di politiche fiscali.

Un’ultima considerazione sulla riforma fiscale sembra opportuna. Nella sua attuale formulazione, la riforma non mitiga l’alto livello delle imposte dirette che caratterizza il sistema economico italiano. I rischi per il bilancio, insiti nella riforma, hanno probabilmente giustificato il cauto approccio alla questione, sebbene la vastità della base imponibile e le migliori prospettive per la riduzione dell’evasione fiscale potrebbero aver creato le condizioni per un abbassamento della pressione fiscale. Questa cautela sembra appropriata solamente in questa fase. In ogni modo, all’obiettivo della sostanziale riduzione delle imposte dirette, reso sostenibile principalmente attraverso una strutturale riduzione delle spese correnti e, più marginalmente attraverso qualche rimodulazione delle imposte indirette, dovrebbe essere riservato un ruolo prioritario nell’agenda delle autorità fiscali italiane, per l’anno entrante.

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