Commissione Parlamentare Consultiva
in materia di riforma fiscale

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Il Sole 24 Ore 12.6.99

Salvatore Biasco

Recentemente, il Presidente del Consiglio ha prospettato l’opportunità di evitare interventi draconiani sul sistema pensionistico, ma al tempo stesso di rimuovere le "nicchie di privilegio" che lo caratterizzano ed eliminare le anomalie. Una strada non dissimile era stata indicata da Fazio nell’audizione dello scorso marzo alla Camera.

Condivido questa impostazione a condizione che essa eviti di sostanziarsi in interventi, che pur incidendo qua e là, risultino scoordinati ed empirici, o in interventi generali che non abbiano, però, riferimenti nella diversità delle situazioni di partenza. La correzione deve essere di tipo sistemico, riferibile in tutti i suoi aspetti ad un principio ordinatore.

Quando parliamo di "privilegi" in un sistema che vede più di uno schema di calcolo delle pensioni, dobbiamo avere per essi un parametro di misurazione. Alla fin fine, il parametro non può che consistere nel rapporto in termini attuariali tra versamenti previsti dallo schema pensionistico e vitalizio, vale a dire nel rendimento implicito dei contributi versati. Non vi è dubbio che i rendimenti che si pongano nella scala alta costituiscano privilegi.

Come è noto, la riforma Dini simula un sistema contributivo e determina le pensioni sulla base dei contributi versati; ad esse corrisponde un rendimento legato al saggio di incremento di lungo periodo del reddito nazionale. Per avere un confronto da utilizzare nelle argomentazioni successive, supponiamo, per brevità, che il rendimento reale di sistema sia pari all’1,5% composto.

A questo schema, tuttavia, aderiscono solo coloro che oggi hanno ventidue anni contributivi, cioè coloro che ne avevano diciotto nel 1995. Gli altri mantengono il sistema precedente.. Quindi, quando si parla di intervento sul sistema pensionistico, ci si riferisce a costoro. Non si parla né di chi ha meno di 22 anni di contribuzione, né di chi è già in pensione, i cui diritti sono acquisiti.

Molte proposte vanno nella direzione di portare questi lavoratori all’interno del sistema di calcolo contributivo valido per i lavoratori più giovani con un sistema che riconosca pro rata quanto maturato nel sistema precedente. Un passagggio di questo tipo potrebbe, però, essere un forte salto perché riferito a lavoratori che per età anagrafica hanno difficoltà a costruire una pensione complementare.

Ciononostante, il complesso dei lavoratori che è sfuggito alla riforma Dini ha ora un sistema "privilegiato". Volendo misurare quel privilegio, esso è costituito dal rendimento in più che è implicito nel monte pensioni che questi lavoratori complessivamente percepiranno, una volta usciti dal mercato del lavoro, rispetto al rendimento dei contributi stabilito per i lavoratori all’interno della riforma Dini. Calcoli di prima approssimazione (quelli precisi sono molto complessi, ma possibili) mi portano a ritenere che il rendimento implicito di sistema per questo gruppo di lavoratori sia fra il 2 e il 2,5%; poniamolo, per semplicità, al 2,3%. Ciò vuol dire che applicando il 2,3% ai contributi che essi complessivamente versano, si avrebbe nel tempo lo stesso monte pensionistico corrisposto attraverso una miriade di schemi. Essendo una media, quel 2,3% riflette ovviamente sia schemi pensionistici con rendimenti impliciti più elevati sia schemi che sono al di sotto. Supera certamente il 2,3% (ma direi che superi abbondantemente il 3%) il rendimento implicito dei contributi versati in relazione alle pensioni di anzianità.

Un intervento sistemico porterebbe innanzitutto ad uniformare i rendimenti di coloro che sfuggono alla Riforma Dini, e ad inserirli in essa (pro-rata) con il tasso medio uniforme che attualmente percepiscono (e che lascerebbe sostanzialmente inalterato il monte pensioni che avrebbero complessivamente percepito). In pratica: gli stessi parametri dei più giovani più un'addizionale. Si tratta di calcolare bene il rendimento di invarianza, ma poi il sistema potrebbe funzionare bene su questo doppio binario per lavoratori giovani e anziani.

Ma, se il rendimento di invarianza è veramente tale qual'è il vantaggio in termini di risparmi pensionistici? Premetto che, quand’anche non ve ne fosse alcuno, adotterei ugualmente tale metodo per la pulizia e trasparenza e perequazione che conferisce al sistema. Fuori da esso, permarrebbe l’eterna diatriba sui parametri da tenere in considerazione per interventi selettivi, la polemica su casse (apparentemente) attive e passive, la polemica sui contributi figurativi, e sulle peculiarità in singoli schemi. Rimarrebbe almeno stabilito che tra pensione corrisposta e contributi versati vi è una stretta corrispondenza.

Vi sono, però, tre accorgimenti che possono costituire altrettante aree di risparmio. In primo luogo, si può stabilire che nessuna categoria possa con l’entrata in vigore della nuova riforma migliorare il proprio schema pensionistico rispetto a quello che era previsto precedentemente: il principio è che sia sempre l'importo minore a far premio. Migliorerebbero altrimenti la prospettiva pensionistica coloro che hanno un rendimento implicito dei contributi inferiore alla media, del 2,3%. Per gli altri, si avrà invece una perequazione effettiva, nel senso che vedranno regredire (dalla riforma in poi) il loro rendimento a quello medio che comunque era implicito nel vecchio sistema prima e dopo la riforma Dini.

Si potrebbe, in secondo luogo, stabilire, come fatto perequativo, che le pensioni superiori ad un determinato ammontare lordo - che può essere fissato anche molto in alto, diciamo 150 milioni - debbano comunque avere un rendimento pari a quello delle nuove generazioni (sarebbero quindi inserite pienamente, pro-rata, nella riforma Dini). È bene che non vi siano equivoci. Qui non si tratta qui di stabilire dei tetti pensionistici, ma di evitare che le pensioni più alte godano di un eccesso di rendimento rispetto a quello riconosciuto alle nuove generazioni (che è poi quello di equilibrio di lungo periodo del sistema).

Stabilito che per chiunque il rendimento dei contributi non può eccedere quello medio implicito nel vecchio sistema "privilegiato", una terza area di risparmio è rappresentata dalle pensioni di anzianità. Se si stabilisse anche che i criteri per la pensione di anzianità sono quelli della riforma Dini (di fatto il criterio è anagrafico, vale a dire da 57 anni in poi), la pensione anticipata verrebbe calcolata pro-rata con una parte strettamente legata ai contributi versati. La questione delle pensioni di anzianità si risolverebbe da sola con gradualità. La penalizzazione sarebbe tanto più alta, quanto è più lontano il numero di anni necessari per raggiungere i requisiti di anzianità, in questo caso, quanto più giovane è il lavoratore.

L'intero disegno prevede quindi risparmi che diventano via via più elevati con il passare del tempo, ma che comunque corrispondono a un modo molto morbido di fare entrare tutti nel nuovo sistema contributivo. Anzianità o no, esso soddisferebbe la raccomandazione del Governatore Fazio nella Relazione di quest'anno di non deludere le aspettative di coloro che sono più vicini al raggiungimento della pensione. La penalizzazione per questi ultimi, sia in caso di anzianità che di vecchiaia, sarebbe minima. Non dimentichiamo, poi, che metà dei lavoratori sfuggiti alla riforma Dini non avrebbe comunque, in questo schema d’intervento, alcuna penalizzazione.

Nulla vieta, da ultimo, che dal confronto e consenso delle forze sociali possano essere inseriti nello schema ulteriori interventi: è possibile, cioè, stabilire un percorso che progressivamente, in un congruo numero di anni, porti il rendimento dal 2,3% all’1,5%, uniformandolo per tutti.

In ogni caso, il sistema è dotato di una trasparenza e di parametri di confronto molto semplici. Se una disparità di rendimento dei contributi versati per le pensioni si manterrà nel tempo di fronte al vaglio dell’opinione pubblica e delle generazioni più giovani, vuol dire che il Paese vuole questo, lo conosce con precisione e lo accetta; se non regge a quel vaglio dovrà necessariamente subire le dovute correzioni.

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