Art. 66
(Funzioni e poteri del Presidente della Repubblica)

Il Presidente della Repubblica:

a) presiede il Consiglio Supremo per la politica estera e la difesa, istituito con legge approvata dalle due Camere, e ha il comando delle Forze armate;

b) nomina il Primo ministro, tenendo conto dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati;

c) su proposta del Primo ministro, nomina e revoca i ministri;

d) può chiedere al Primo Ministro di presentarsi alla Camera dei deputati, per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia;

e) autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo;

f) promulga le leggi. Può, prima della promulgazione, chiedere una nuova deliberazione, con messaggio motivato alle Camere. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata;

g) emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti del Governo. Può chiederne il riesame; se il Governo li approva nuovamente, il decreto o il regolamento deve essere emanato

h) indìce le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione;

i) indìce il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione;

l) può inviare messaggi alle Camere;

m) dichiara lo stato di guerra deliberato dal Parlamento in seduta comune;

n) può concedere grazia e commutare le pene

o) decreta le nomine previste dalla Costituzione e dalla legge, che indica i casi nei quali provvede su proposta del Governo;

p) accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorre, l'autorizzazione delle Camere.

Contenuto

L'art. 66 elenca il corpo principale delle funzioni e dei poteri del Presidente della Repubblica. La struttura letterale dell'articolo in esame non si discosta in modo significativo dall'art. 87 della Costituzione vigente, che disciplina i compiti del Presidente della Repubblica; anche in tale articolo, infatti, si prevede un'elencazione di alcuni tra i poteri presidenziali. Tuttavia, a differenza dell'attuale art. 87, vengono introdotte alcune innovazioni di merito, che modificano il ruolo generale del Capo dello Stato all'interno dell'ordinamento.

Tra i poteri presidenziali elencati dall'art. 66, è possibile distinguere due categorie:

I. poteri che incidono sul circuito dell'indirizzo politico di Governo;

II. poteri che incidono sul funzionamento dell'ordinamento.

Sotto il secondo profilo, che è quello che ha subito minori trasformazioni, vengono attribuiti al Presidente della Repubblica una serie di poteri che, in gran parte, già spettano al Capo dello Stato nel sistema costituzionale vigente. Molte di tali funzioni trovano pertanto un'esatta corrispondenza nell'attuale Costituzione (in particolare, nell'art. 87 Cost.):

Accanto a questi poteri, poi, l'art. 66 prevede altre competenze del Capo dello Stato, le quali, pur essendo legate al suo ruolo nel contesto dell'attività di Governo, sono comunque connesse al funzionamento dell'ordinamento costituzionale. Tali poteri sono:

Dal punto di vista dei poteri che incidono direttamente sul circuito dell'indirizzo politico, il testo proposto dalla Commissione introduce significative innovazioni, che contribuiscono a definire la nuova collocazione del Capo dello Stato nel sistema istituzionale. Una volta operata la scelta di fondo di non attribuire al Presidente della Repubblica la presidenza del Consiglio dei Ministri (per la relativa analisi si rinvia alla sezione dedicata alla discussione in Commissione), la Commissione ha infatti deciso di coinvolgere nel meccanismo dell'indirizzo politico il Capo dello Stato, eletto direttamente dal popolo, attraverso le seguenti previsioni:

Si segnala infine che altre funzioni sono assegnate al Presidente della Repubblica da differenti articoli della proposta di riforma:

- presta giuramento davanti al Parlamento in seduta comune (art. 67, co. 8);

- riceve il giuramento del Primo ministro e dei ministri (art. 74, co. 1);

- riceve le dimissioni del Primo ministro e del Governo (art. 74, co. 5-7);

- può convocare in via straordinaria ciascuna Camera (art. 82);

- presiede i Consigli superiori della magistratura ordinaria (art. 120, co. 2) e amministrativa (art. 120, co. 8);

- nomina cinque giudici della Corte costituzionale (art. 135, co. 1).

Dibattito in Commissione

Il dibattito in Commissione, anche nella seconda fase dei suoi lavori, ha sviluppato una generale riflessione sul complesso dei poteri del Capo dello Stato.

Una serie di funzioni attribuite al Presidente della Repubblica rimangono formalmente immutate rispetto al testo della Costituzione vigente. È tuttavia evidente che l'attribuzione di nuovi poteri e la nuova legittimazione politica conferita dall'elezione diretta determinano un mutamento del quadro generale del ruolo presidenziale. La trasformazione del ruolo del Presidente della Repubblica, determinata anche dalla necessità di garantirne l'elezione popolare, è elemento sconosciuto al vigente sistema costituzionale. Questo implica evidentemente una rifunzionalizzazione di alcuni poteri presidenziali, la cui portata è stata oggetto di analisi da parte della Commissione.

Il punto fondamentale di dibattito è stato quello relativo al rapporto tra Governo e Presidente della Repubblica. Nell'articolato originario relativo alla forma di governo semipresidenziale, la presidenza del Consiglio dei Ministri veniva infatti attribuita al Capo dello Stato, che poteva delegare il Primo ministro. Si delineava quindi un rapporto di stretta interdipendenza tra i due organi, sancendosi una figura di Presidente governante ben più incisiva di quella che emerge dal testo definitivo, e più vicina al modello francese inizialmente assunto come riferimento. La decisione di escludere il Presidente da una partecipazione diretta nel Governo è maturata nel contesto del processo di mediazione con le ragioni dei sostenitori dell'ipotesi del premierato e di adattamento del modello originario alle esigenze del sistema politico italiano. Nonostante l'accordo raggiunto, molti emendamenti hanno proposto di reintrodurre tale previsione nel testo definitivo, e i gruppi del Polo ne hanno chiesto la messa in votazione espressa in Commissione.

Dirette attribuzioni connesse con la funzione di governo sono state mantenute al Presidente della Repubblica solo nel campo della politica estera e della difesa, con l'attribuzione ad esso della Presidenza del consiglio supremo, di cui si è detto in precedenza. La scelta è stata motivata facendo riferimento al carattere tradizionalmente "bipartisan" di queste funzioni di governo, che comportano scelte di lungo periodo tendenzialmente sottratte al gioco delle alternanze politiche. L'affidamento al Presidente della Repubblica di un ruolo più incisivo in tali materie è apparso quindi opportuno in connessione alla sua posizione di soggetto rappresentativo dell'unità nazionale e di tutore degli interessi fondamentali dello Stato e dell'ordinamento. Sul punto non sono peraltro mancate le voci dissenzienti; in particolare, il gruppo Rifondazione comunista ha manifestato con molti emendamenti la propria contrarietà a conferire al Presidente concreti poteri in relazione alla funzione di governo, non solo in generale, ma anche in relazione allo specifico aspetto della politica estera (si veda da ultimo Cossutta, 2642-2643).

Tra gli altri aspetti che sono stati oggetto di discussione, si segnalano:

  1. il potere di richiedere al Parlamento il riesame delle leggi approvate, prima della loro promulgazione. Diversi emendamenti proponevano infatti di introdurre la previsione che l'opposizione del Presidente della Repubblica potesse essere superata solo con una seconda approvazione a maggioranza qualificata. Veniva in tal modo configurato, sia pure in forma attenuata, un sistema di "veto" presidenziale all'esercizio della potestà legislativa del Parlamento, analogamente a quanto avviene in altri paesi, specialmente a regime presidenziale;
  2. l'istituto dell'autorizzazione presidenziale alla presentazione dei disegni di legge governativi. Nella discussione relativa a tale argomento, si rilevava infatti che porre tale strumento nelle mani di un Presidente che è portatore di un proprio indirizzo politico potrebbe divenire un mezzo di indebita interferenza nell'esercizio della politica legislativa del Governo - tanto più ove si dovessero realizzare quelle condizioni di "coabitazione" tra un Presidente e un Governo di diverso segno politico che il nuovo sistema rende possibili. Il mantenimento di questa funzione è stato peraltro sostenuto con l'osservazione che essa avrebbe conservato il proprio ruolo tradizionale di garanzia costituzionale; infatti, ove il Presidente ne facesse un uso meramente politico, il Governo conserverebbe comunque la possibilità di attivare la propria potestà legislativa in via indiretta, facendo presentare i propri progetti ai propri sostenitori in Parlamento.


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