Cerimonia di inaugurazione della Piazza Sandro Pertini


Collegno (To), 01/29/2000


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Sandro Pertini fu uomo di grande rigore morale, di pensiero lucido e lungimirante, pienamente consapevole del nesso inscindibile tra gli obiettivi di eguaglianza e di giustizia sociale ed il valore universale delle regole democratiche e dei diritti di libertà.
Il suo esempio costituisce un punto di riferimento essenziale per tutti coloro che sono impegnati a costruire una moderna democrazia, che fa della coesione sociale, della costruzione del futuro delle giovani generazioni e del primato dei valori della persona umana le sue grandi priorità strategiche.

Pertini era un uomo per molti versi antico, nel senso nobile che ha questa parola, che ci ha però lasciato una concezione moderna della politica e dell’impegno politico.
Egli fu capace di interpretare quello che cambiava nella societa’ italiana e di colmare il vuoto che si andava creando tra istituzioni e societa’ negli anni che furono prima del terrorismo e poi della questione morale.

Poiche’ la politica in quegli anni comincia a manifestare una sorta di incapacita’ di agire, di decidere, di sciogliere nodi, Pertini spinge ancora di piu’ l’acceleratore sulla sua concezione della politica, legata non alla meditazione metafisica ma alla costruzione di rapporti, allo spostamento di forze, al fare, all’agire, al trasformare.
In lui l’azione prevale sulla elaborazione teorica.
Ma la sua forte formazione democratica gli fa evitare i rischi dell’azione-testimonianza, del gesto fine a se’ stesso. Il suo concetto di azione mira a costruire e, insieme, ad esprimere valori ideali. Per lui, socialista storico, questi valori non possono che essere quelli dell’eguaglianza, della liberta’, del progresso civile. Per questi valori egli sacrifica in carcere gli anni della sua giovinezza e della sua prima maturita’.
Pertini interviene ripetutamente sul terrorismo, sul problema della disoccupazione, sulla criminalità organizzata, sul dilagare della corruzione.
Su questo punto fu inflessibile.
Definì la corruzione “nemica della Repubblica.” Nessun giustizialismo quindi, ma una lucida visione politica che guardava alla corruzione come fenomeno che corrompe la democrazia oltre che le persone. Se la politica e’ un servizio per i cittadini, l’uso del potere politico per fini di arricchimento tradisce i cittadini e la funzione stessa della democrazia.

Il suo punto di vista non solo si lega immediatamente al sentire dei cittadini comuni, ma ha anche la capacita’ di orientare l’opinione pubblica.
Molti nelle parole del Presidente sentiranno l’eco dei propri pensieri, delle proprie preoccupazioni e delle proprie speranze.
Pertini cerca di costituire un raccordo permanente tra cittadini e istituzioni.
Egli, avendo concorso a costruirle, ha un radicatissimo attaccamento verso le istituzioni repubblicane. Considera la democrazia e la repubblica come componenti essenziali dell’unico sistema in grado di consentire la realizzazione congiunta di due fondamentali valori della civiltà: la libertà dell’uomo e la giustizia sociale.
Per questi motivi non può accettare che molti cittadini italiani sentano le istituzioni repubblicane come qualcosa di estraneo.

Nel discorso pronunciato in occasione dell''elezione a Presidente della Camera disse: “noi dobbiamo pensare di lavorare in una casa di cristallo. Da noi deve partire l’esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l’esempio di onestà e rettitudine. Perché il popolo italiano ha sete di onestà”. Si comporto’ conseguentemente.
Pertini seppe dirigere la Camera con fermezza ed equilibrio, valorizzando costantemente il ruolo del Parlamento, la cui vitalità egli considerava indispensabile per la ricchezza della vita democratica.
Nei suoi interventi come Capo dello Stato scelse un eloquio diretto, forte, incisivo, privo di mediazioni.
Questa scelta non si può spiegare soltanto con la schiettezza del suo carattere. Esiste in lui una precisa volontà di rinnovare il linguaggio della politica, di dare una nuova funzione e un nuovo destinatario al discorso politico, facendone un efficace mezzo di comunicazione non più solo tra partiti, ma tra rappresentanti delle istituzioni e cittadini.

Durante il periodo di Presidenza della Camera avvia un rapporto intenso con migliaia di studenti, rapporto che consolidera’ durante gli anni della Presidenza della Repubblica. “Noi crediamo nei giovani -disse in piu’ di un’occasione- e ad essi affidiamo il patrimonio morale e politico dell’antifascismo e della Resistenza, perché ne facciano norma di vita e perché traggano da esso gli ideali della loro lotta”.
E’ un impegno straordinario non solo per il numero degli incontri, ma anche e soprattutto per il modo con cui egli vuole che questi incontri avvengano. Pertini non tiene mai discorsi ai giovani. Li sollecita a porre domande, su qualsiasi argomento. Privilegia il dialogo, il confronto di idee.
Esorta instancabilmente i giovani a scegliere, senza condizionamenti, una fede politica, un ideale, qualunque esso sia, purché sorretto dal principio di libertà e, proprio negli anni del terrorismo, dal ripudio della violenza come mezzo di affermazione delle proprie opinioni e dei propri bisogni.
Per formazione politica e culturale Pertini concepisce il lavoro, anche il più umile, come la dimensione che consente all’uomo di affermare la propria autonomia, la propria libertà, la propria dignità personale e sociale. Sente lacerante il problema della disoccupazione giovanile. “I giovani senza lavoro si sentono emarginati, depressi, demoralizzati, mal consigliati. Sono terreno fertile per droga e terrorismo”.
Oggi alcuni dei problemi che Pertini si trovò ad affrontare come uomo politico e come uomo delle istituzioni sono stati risolti o sono in via di risoluzione.
Abbiamo sconfitto il terrorismo ed inferto colpi durissimi alla mafia.
Abbiamo conseguito gli obbiettivi, che molti in Italia e in Europa giudicavano impossibili, del risanamento finanziario del Paese e dell’ingresso nella moneta unica.
Il sistema formativo e di crescita della conoscenza per le generazioni più giovani è stato profondamente rinnovato, avviando nel contempo programmi di formazione permanente per la qualificazione e l’aggiornamento dei lavoratori.
Nell’ultimo anno sono stati creati 700.000 nuovi posti di lavoro.
Ma tanti altri rimangono aperti.
L’esperienza e l’insegnamento di Sandro Pertini, ed innanzitutto il messaggio che egli ci ha lasciato sul valore e sul significato dell’impegno politico, costituiscono un punto di riferimento indispensabile della nostra azione.
Il principale dovere degli uomini che hanno responsabilità pubbliche è quello di alimentare nei cittadini la fiducia nelle istituzioni e nella politica. Per far questo è necessario dare risposte concrete ai problemi degli italiani. Occorre dimostrare che le istituzioni democratiche sono convenienti, vantaggiose per i cittadini.
Alcuni passi importanti sono stati fatti con la semplificazione normativa e la riforma dell’amministrazione pubblica, l’avvio del federalismo fiscale, la devoluzione di compiti e nuove responsabilità ai Comuni, alle Province ed alle Regioni che sono gli interlocutori diretti dei bisogni e delle domande dei cittadini.
La modernizzazione degli apparati pubblici è un passaggio essenziale per realizzare un’amministrazione che sia effettivamente fondata sulla concezione del potere pubblico non come apparato burocratico ed autoreferenziale, ma come funzione per la vita quotidiana dei cittadini.
Prima della fine della legislatura queste riforme, approvate in via ordinaria, devono essere ancorate ad una riforma dell’ordinamento repubblicano.
L’approvazione della riforma federale – che l’Assemblea della Camera riprenderà ad esaminare nel mese di febbraio - costituirà una spinta formidabile per la loro concreta attuazione, mettendole al riparo da qualunque tentazione neocentralistica.
Occorre inoltre proseguire nell’azione riformatrice ed affrontare con determinazione due priorità cruciali per il futuro del Paese: la stabilità politica dei governi nazionali e la liberazione dell’Italia dai vincoli che ne frenano lo sviluppo e la competitività.
Dobbiamo garantire al governo nazionale quella stabilità politica che Comuni, Province e ora anche le Regioni hanno acquisito, con l''elezione diretta dei presidenti dei governi regionali.
Una nuova legge elettorale da sola non basta. Ad essa vanno affiancate misure legislative quali la sfiducia costruttiva o “norme antiribaltone”, capaci di garantire maggioranze parlamentari stabili nel rispetto del voto decidente dei cittadini.
Ogni Governo, espressione della maggioranza degli elettori del Paese, deve poter contare su un periodo certo di azione per realizzare i suoi programmi e presentarsi poi, sulla base dei risultati raggiunti, al giudizio dei cittadini.
Ma non c’è stabilità dei Governi se non c’è stabilità dei gruppi parlamentari.
I passaggi di gruppo e di schieramento da parte dei parlamentari si sono manifestati sin dalla scorsa legislatura e si sono moltiplicati nella legislatura in corso.
Oggi questo è formalmente legittimo, ma il moltiplicarsi di questi passaggi non giova alle istituzioni rappresentative, non giova alla loro credibilità, mina la stabilità degli Esecutivi.
Per questo la Giunta del Regolamento della Camera sta discutendo una riforma delle norme regolamentari capace di rendere stabile il quadro parlamentare uscito dal voto dei cittadini.
La seconda, fondamentale, priorità riguarda l’eliminazione di tutti i vincoli che non risultano strettamente necessari alla garanzia della legalità, per liberare le energie e le competenze diffuse che sono cresciute nel nostro Paese e che costituiscono il motore dello sviluppo e del benessere.
Nella società contemporanea il cittadino riconosce come fondamentali i valori dell’autonomia, del merito, della competenza e dell’autorealizzazione e percepisce giustamente come un peso l’eccesso di regolazione giuridica con i vincoli ed i costi che ne derivano.
I cittadini e la società hanno bisogno di più libertà dalla legge perché la legge possa garantire di più le libertà e i diritti di cittadinanza.
La modernizzazione e la completa democratizzazione del Paese passano non solo attraverso la riforma dello Stato, ma soprattutto attraverso il cambiamento di ruolo del cittadino, da controllato a garantito, da suddito a sovrano, con i diritti e le facoltà, ma anche con le responsabilità ed i doveri che questo cambiamento comporta.
In questo modo potrà radicarsi quella moderna concezione della politica che Pertini indicava nella responsabile e coerente congiunzione tra battaglia ideale e impegno concreto per la soluzione dei problemi del nostro Paese.
L’Italia deve uscire dalla “gabbia”, dal rischio che dopo gli anni della Guerra fredda, nei quali siamo stati un Paese a sovranità limitata, l’Italia rimanga un Paese a sovranità frenata da quello specifico tipo di conflitto politico basato sulla lotta per il passato e non sulle strategie per il futuro.
Quali altri traguardi potremmo raggiungere se la vita politica non fosse così avvelenata? Quanto lavoro per i giovani, quanta scuola, quanto sviluppo in più? Ma sinora l''Italia è stata ciclicamente frenata da scontri basati sulla "riscoperta" di pezzi di storia, usati per annientare l''avversario.
Questo stato di cose separa la politica, tutta la politica, dalla società, che ha ben altri problemi e che si aspetta ben altre risposte. Perciò è necessario un progetto per superare questa condizione di autoimprigionamento.
Abbiamo bisogno di una conciliazione civile che non significa né rinuncia all''identità né confusione di valori. Conciliazione significa rinuncia all''uso della storia di ieri per combattere i conflitti di oggi.
La conciliazione non esclude il conflitto politico di oggi, anzi lo presuppone, ma ne determina i confini. E la delimitazione del campo dello scontro è ciò che distingue la politica dalla guerra.
L''unico modo per raggiungere la verità e la chiarezza é che in una sede adeguata per la sua dignità e il suo peso nella vita del Paese, come la sede parlamentare, ciascuno dica la sua verità e sia disposto ad ascoltare quella degli altri.
Ogni parte politica indicherà direttamente le sue chiavi di lettura, le sue verità; poi gli italiani ricostruiranno la propria verità, sulla base di quanto avranno ascoltato, e giudicheranno con lo strumento della democrazia: il voto.
La lotta politica dopo la conciliazione civile resta, ma è fatta sul futuro non più sul passato, è fatta sui programmi e sulle soluzioni da dare ai problemi del Paese; su come si intende dirigere il Governo e riformare lo Stato. Non sulle miserie di ieri, ma sulla nostra capacità di costruire il futuro.

La storia e la figura di Sandro Pertini possono aiutarci. Non si esce dalla fase di transizione senza un fermo ricorso al principio di responsabilita’, non si esce senza concepire i ruoli istituzionali come raccordo permanente tra societa’ e istituzioni, non si esce se non si considera che il popolo italiano, come diceva Pertini, ha bisogno di giustizia sociale, non si esce se non si rispettano i diritti delle generazioni future, quelle generazioni alle quali il presidente partigiano aveva dedicato tanta parte della sua attenzione di presidente della Camera e di Capo dello Stato.
Tante volte appariamo alla ricerca del nuovo ad ogni costo e non ci rendiamo conto che occorre continuamente ripensare al rapporto con la storia, che la politica deve intrecciare un dialogo permanente con le grandi figure del passato per costruire futuro, che e’ la sua fondamentale missione
Pertini, con il suo pragmatismo, con la sua dignita’, con la sua vita difficile, con le sue asprezze, con la sua straordinaria umanita’ ristudiato oggi e’ in grado di aiutarci a uscire da quel labirinto che nei suoi anni cominciava a comporsi, a testa alta e con la sensazione di saper riallacciare il filo della continuita’ con i momenti piu’ alti della storia del nostro Paese.