Il problema della sovranità nella prospettiva dell''integrazione europea: rapporti tra Parlamento Europeo e Parlamenti nazionali


Roma, 10/19/1999


***Lezione tenuta alla Facoltà di Scienze politiche dell''Università degli Studi-Roma Tre***



INDICE


1. Il problema della sovranità nazionale

2. Il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo

3.Il ruolo dei Parlamenti nazionali

3.1 Il "Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali"

3.2 La cooperazione interparlamentare



4.Le procedure di collegamento con l''Unione europea e il raccordo legislativo

4.1 Il ruolo del Governo nel processo di integrazione comunitaria



5. La costituzionalizzazione del processo di integrazione europea





1. Il problema della sovranità nazionale



L''Unione europea è l’unica organizzazione internazionale di cooperazione che ha dato vita ad un proprio ordinamento giuridico.

Si tratta di un ordinamento che ha caratteristiche particolari, in quanto è al tempo stesso autonomo e complementare rispetto ai singoli ordinamenti nazionali.

Le istituzioni dell''Unione europea hanno infatti il potere di emanare norme giuridiche vincolanti per gli Stati membri, che possono avere la natura di regolamenti o di direttive.

I regolamenti sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri.

Le direttive, invece, impegnano gli Stati membri a perseguire determinati risultati, lasciando salva la competenza nazionale per la scelta della forma e dei mezzi.

Questo processo di progressiva integrazione fra ordinamenti diversi si è inserito all’interno di due macrotendenze, una di carattere globale e l’altra di carattere nazionale.

La prima, quella di carattere globale, riguarda la ridefinizione delle sovranità nazionali alla luce di due fenomeni, la globalizzazione dei mercati ed il cosiddetto interventismo umanitario.

La globalizzazione ha reso i processi economici largamente indipendenti dai singoli Stati nazionali; conseguentemente i singoli Stati nazionali hanno perso una fetta rilevante della loro sovranità che si estrinsecava proprio nella capacità di influenzare e governare i processi di produzione della ricchezza. Le vicende del Kossovo, di Timor Est, la richiesta spagnola di estradizione del generale Pinochet e la conseguente decisione inglese, la costituzione di una Corte penale internazionale dimostrano che esiste una diffusa tendenza ha limitare la sovranità territoriale degli Stati in nome dei fondamentali diritti dell’uomo. Insomma la sovranità nazionale non è più un tabù indiscutibile e si assiste costantemente ad un processo di ridefinizione dei suoi antichi contenuti per ricollocarla in un contesto internazionale caratterizzato dalla globalizzazione, dall’interdipendenza, e dal lento emergere di una interpretazione che potremmo definire democratica della sovranità che prende il posto della precedente versione totalitaria in base alla quale uno Stato all’interno dei propri confini non aveva né controllori né limiti. La seconda macroquestione quella di carattere nazionale riguarda il mutato rapporto tra Parlamento e Governo in ordine alla produzione legislativa. In questa legislatura il campo dell’attività del Parlamento è tenuto dalla legge delega e dai processi di delegificazione. E’ caduto un altro totem quello del totalitarismo parlamentare in materia di legislazione e si sta lentamente sviluppando una forma di produzione legislativa concertata tra Parlamento e Governo che in sostanza riduce l’onnipotenza legislativa del parlamento ed estende invece i suoi poteri di controllo sul Governo.

Come si inserisce l’integrazione europea all’interno di queste due macrotendenze?

Innanzitutto l’integrazione europea poiché mira nel tempo alla costituzione di qualcosa che somigli agli Stati Uniti d’Europa costituisce una risposta alla crisi della vecchia idea di sovranità nazionale e, parallelamente, all’esigenza di individuare forti sedi sovranazionali per il governo dei processi economici, troppo grandi per essere influenzati da decisioni politiche nazionali.

Per quanto riguarda poi la macrotendenza interna, la limitata partecipazione del Parlamento alla fase ascendente delle direttive comunitarie, almeno per quanto riguarda l’Italia, s’inserisce nel tentativo del Governo di acquisire un ruolo nuovo, nel management della legislazione, con evidenti risvolti sul piano della divisione dei poteri.

Peraltro la scommessa su cui si gioca la validità della scelta europeista, è che il trasferimento della sovranità dal livello nazionale al livello comunitario assicuri ai popoli europei un "plusvalore" in termini di crescita e di sviluppo, altrimenti non troverebbe alcuna giustificazione.

Troppo spesso la questione della sovranità dell''Unione europea viene impostata prescindendo da questo obiettivo.

Sarebbe invece opportuno connetterla con l''esigenza della funzionalità dei meccanismi istituzionali.

Il processo di integrazione europea si presenta senz''altro come un modello di evoluzione in senso federale, ma con una sostanziale differenza rispetto ai precedenti esempi storici. Il potere politico centrale non si è ancora affermato compiutamente, a causa del preponderante peso degli Stati membri. A fronte dell''indebolimento delle singole sovranità nazionali, non ne è nata una nuova forma piena, ma piuttosto una forma condivisa, nell''ambito di un processo di decomposizione della sovranità in "poteri di sovranità".

In realtà, i veri protagonisti di questo processo, più che gli Stati membri, sono i Governi. Il principio della sovranità popolare, su cui si fonda il costituzionalismo democratico, risulta così intaccato su due fronti.

Da un lato, il diritto comunitario prevale sul diritto nazionale sino a lambire il nucleo dei principi supremi dell''ordinamento costituzionale. Dall''altro, nel relativo processo decisionale il circuito rappresentativo rischia di essere spesso eluso.

Sino al Trattato di Amsterdam, è stato sottovalutato il contributo che dalla rappresentanza parlamentare può giungere non solo al quadro istituzionale dell''Unione europea, ma anche al successo delle politiche comunitarie. Il combinato disposto Parlamento europeo-Parlamenti nazionali può, infatti, sviluppare significative sinergie, al fine di conseguire i seguenti obiettivi, sui quali intendo soffermarmi:

1) il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo;

2) il ruolo dei Parlamenti nazionali nell''attività dell''Unione Europea, anche attraverso le forme di cooperazione interparlamentare;

3) la trasparenza nelle procedure di collegamento con l''Unione europea, e in specie in quelle di raccordo legislativo;

4) la costituzionalizzazione del processo di integrazione europea.





2. Il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo

La questione del rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo - e di riflesso anche dei Parlamenti nazionali - nasce dalla denuncia di quel deficit dell''Unione europea che è correntemente definito come "democratico", ma che in realtà andrebbe definito come “rappresentativo”.

Questo deficit ha due facce: da un lato, i limitati poteri del Parlamento europeo e la limitata incidenza dei Parlamenti nazionali nei processi decisionali; dall''altro, la scarsa partecipazione dei cittadini alle vicende politiche dell’Unione europea, come emerge dalla partecipazione al voto nelle recenti elezioni del Parlamento europeo.

L''ordinamento comunitario ha assunto, specie con i trattati di Maastricht e di Amsterdam, dimensioni man mano più ampie, a seguito dei sempre più estesi trasferimenti di "sovranità legislativa" dalle istituzioni nazionali a quelle dell''Unione europea. Si è verificata pertanto una diminuzione della sfera di competenza dei Parlamenti nazionali, senza che ad essa corrispondesse un adeguato accrescimento dei poteri del Parlamento europeo.

Il potere legislativo comunitario, infatti, si sviluppa essenzialmente attorno a tre istituzioni: la Commissione europea, che ha il potere dell''iniziativa legislativa; il Parlamento europeo, con funzioni all''origine essenzialmente consultive; il Consiglio dei ministri dell''Unione europea, che è il vero titolare della decisione legislativa. Ciò ha causato, complessivamente, una progressiva marginalizzazione dei Parlamenti dai circuiti decisionali comunitari a vantaggio dei Governi, che, fino a poco tempo fa, avevano in via esclusiva la possibilità di determinare le decisioni comunitarie nell''ambito del Consiglio dei ministri, vera camera legislativa dell''Unione.

Contro questo eccesso di potere dei Governi si è mosso da tempo un ampio movimento riformatore.

Il primo importante risultato è stato il trattato di Amsterdam che ha posto le premesse per una valorizzazione del ruolo del Parlamento europeo e per una più intensa cooperazione fra le istituzioni comunitarie. Il trattato, infatti, ha esteso notevolmente, nell''ambito delle procedure legislative, il campo della codecisione, che prevede una partecipazione paritaria del Parlamento europeo con il Consiglio nella determinazione della decisione legislativa.

Per quanto attiene alla cooperazione istituzionale, il trattato si apre alla prospettiva di una riforma più ampia delle istituzioni comunitarie, in particolare dei modi di funzionamento del Consiglio e della Commissione europea. Sono i temi ancora aperti del cosiddetto "triangolo di Amsterdam": la revisione della ponderazione dei voti in seno al Consiglio dei ministri dell''Unione; l''estensione delle votazioni a maggioranza qualificata; la revisione della composizione della Commissione europea. Su questi temi, sarà chiamata a trovare una soluzione la prossima Conferenza intergovernativa.

L''allargamento del mandato della Conferenza intergovernativa è tuttavia in discussione, per iniziativa sia del Parlamento europeo sia della Commissione.

Proprio ieri è stato presentato il rapporto del comitato dei saggi incaricato dal Presidente Prodi di avanzare proposte in tal senso. L''ex primo ministro belga Dehaene, l''ex Presidente della Repubblica Federale Tedesca Von Weizsäcker è l''ex ministro britannico Lord Simon of Highbury hanno sottolineato l''opportunità di avviare fin d''ora uno sforzo per procedere a una riforma complessiva.





3. Il ruolo dei Parlamenti nazionali

3.1. Il "Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali".

Il ruolo dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale relativo alla legislazione dell''Unione europea è oggi limitato all''indirizzo e al controllo che essi esercitano sulle posizioni dei rispettivi governi in seno al Consiglio dei ministri dell''Unione. I Parlamenti nazionali hanno un ruolo più attivo nella fase del recepimento delle direttive comunitarie nei rispettivi ordinamenti nazionali. Peraltro, anche questo compito si svolge in un ambito sostanzialmente limitato, poiché le direttive lasciano sovente margini di attuazione normativa assai ridotti.

E'' dunque generalmente avvertita l''esigenza di rinvigorire la funzione dei Parlamenti nazionali. Il trattato di Amsterdam reca interessanti novità anche a questo fine, sia sotto il profilo di un rafforzamento diretto del ruolo dei Parlamenti nazionali, sia sotto il profilo del potenziamento della cooperazione interparlamentare. Al trattato è allegato un "Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali" che è inteso a facilitare l’informazione dei Parlamenti, di modo che questi possano, secondo i rispettivi ordinamenti, influire sull’azione dei governi per una più compiuta tutela dell’interesse nazionale.

Il Protocollo prevede che:

- tutti i documenti di consultazione della Commissione siano trasmessi ai Parlamenti degli Stati membri;

- le proposte legislative della Commissione siano disponibili con un anticipo sufficiente a far sì che ogni Parlamento nazionale le riceva in tempo utile;

- le proposte legislative siano messe all''ordine del giorno del Consiglio dopo sei settimane dalla loro presentazione da parte della Commissione, salvo eccezioni motivate da ragioni di urgenza.

Il Protocollo contiene inoltre alcune disposizioni specifiche sulla Conferenza degli organismi parlamentari specializzati negli affari comunitari (COSAC), che si riunisce ogni semestre. In particolare, la COSAC potrà:

- indirizzare alle istituzioni dell''Unione europea qualsiasi contributo che ritenga opportuno, basandosi, in particolare, sui progetti di testi giuridici che i rappresentanti dei governi degli Stati membri decidano di trasmetterle di comune accordo;

- esaminare qualunque proposta o iniziativa legislativa concernente la costituzione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che possa incidere direttamente sui diritti e le libertà dei singoli;

- presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione qualsiasi contributo ritenga utile sulle attività legislative dell''Unione, in particolare per quanto riguarda l''applicazione del principio di sussidiarietà, lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, o questioni relative ai diritti fondamentali.

Nella sua ventunesima sessione, tenutasi ad Helsinki la scorsa settimana, la COSAC ha approvato un nuovo regolamento interno, dotandosi dei meccanismi procedurali necessari ad adempiere alle nuove funzioni attribuitele dal Trattato di Amsterdam.



3.2. La cooperazione interparlamentare.

La natura dell''ordinamento comunitario richiede inoltre che alcune questioni non possano essere affrontate né isolatamente dal Parlamento europeo, né dai singoli Parlamenti chiusi nei loro circuiti nazionali.

A questo proposito assume significativo rilievo anche il rapporto «Legiferare meglio 1998», pubblicato dalla Commissione. Esso sottolinea la necessità di intensificare la collaborazione non solo tra le istituzioni dell''Unione, ma anche fra queste e le istituzioni degli Stati membri, in particolare i Parlamenti nazionali.

I singoli Parlamenti sono in grado, con maggiore o con minore efficacia, di controllare l''operato dei rispettivi governi e quindi di influire, seppure indirettamente, sull''attività del Consiglio dei ministri dell''Unione europea. L''azione di ciascun Parlamento rimarrebbe però assai parziale e condizionata da un''ottica necessariamente nazionale - non andando così ad intaccare la sostanza del deficit rappresentativo presente nell''Unione europea - se non si raccordasse con quella degli altri Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo.

Il rapporto tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo non va inteso come un rapporto di tipo gerarchico o piramidale, non solo perché una tale impostazione sarebbe sbagliata, ma anche perché ciò provocherebbe una serie di reazioni nazionali che paralizzerebbero il già debole Parlamento europeo.

La cooperazione tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo si svolge, pertanto, secondo il modello del partenariato. Essa si sta in particolare concentrando:

- sul controllo parlamentare dell''applicazione del principio di sussidiarietà;

- sull''associazione dei Parlamenti nazionali alla definizione del programma legislativo annuale dell''Unione europea;

- sulla semplificazione della legislazione.

Quest''ultimo tema è stato al centro della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell''Unione europea e del Parlamento europeo, che si è svolta a Lisbona il 21 e 22 maggio 1999. La Conferenza dei Presidenti è stata la prima forma di cooperazione interparlamentare, e rappresenta ancora oggi la massima espressione di tale cooperazione. A Lisbona si è raccolto il frutto del lavoro avviato nella Conferenza di Helsinki del giugno 1997, in particolare in materia di qualità della legislazione. L''argomento è stato sviluppato da un gruppo di lavoro da me personalmente coordinato, che ha prodotto un documento, nel quale sono analizzati i molteplici aspetti della complessità normativa e le possibili linee di azione per migliorare la qualità della legislazione. Fra tali linee vanno evidenziate:

- la previsione di tempi di decisione minimi, per garantire le opposizioni, e massimi, per garantire la maggioranza;

- la valutazione dell''effettiva necessità dell''intervento legislativo;

- la presentazione di documenti programmatici o la predisposizione da parte del Governo di programmi legislativi;

- il rafforzamento da parte dei Parlamenti degli strumenti atti a valutare l''efficacia e la coerenza delle proposte di nuovi interventi normativi.

Al fine di raggiungere tali obiettivi, il documento raccomanda - oltre all''intensificazione degli scambi di informazione tra tutti i Parlamenti interessati - il metodo della cooperazione interistituzionale tra i Parlamenti e l''insieme degli altri poteri secondo le modalità proprie di ciascun ordinamento. Insieme con la Danimarca, l''Italia è il solo Paese che abbia concretamente dato avvio a questa cooperazione. A fine giugno si è infatti svolta, presso la Camera dei deputati, una conferenza sulla qualità della legislazione alla quale hanno partecipato i Presidenti dei due rami del Parlamento, il Presidente del Consiglio, il Presidente della Corte costituzionale, rappresentanti della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, del CNEL, dei Consigli regionali e di alcune autorità amministrative indipendenti, oltre ad alcuni componenti del Comitato per la legislazione, il nuovo organo recentemente istituito dal regolamento della Camera con il compito di dare pareri alle Commissioni permanenti sulla qualità dei testi normativi.

Accanto all''attività della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell''Unione europea e della COSAC - che hanno una loro veste istituzionale - hanno assunto rilievo anche altre forme di cooperazione. Mi riferisco agli incontri tra parlamentari europei e nazionali, alle audizioni di membri del Parlamento europeo nei Parlamenti nazionali, alle conferenze e tavole rotonde tra commissioni omologhe dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. Anche lo svolgimento di tali attività richiederebbe un''opera di programmazione e di raccordo da parte della Conferenza dei Presidenti, al fine di evitare il rischio di duplicazioni e di contraddizioni.

Particolare rilievo, inoltre, va dato alla integrazione tra il Parlamento italiano e la delegazione italiana al Parlamento europeo. I due organismi non hanno sinora avuto, anche per responsabilità del Parlamento nazionale, tutti gli scambi e gli incontri che sarebbe stato utile avere nell’interesse del Paese. Sarebbe utile superare ora la vecchia incomunicabilità. Gioverebbe, a questo scopo, l''acquisizione della consapevolezza che la logica di contrapposizione fra schieramenti non trova spazio in quest''ambito. Uno spirito di collaborazione fra le forze politiche, sia di maggioranza che di minoranza, può contribuire a rendere più efficace il peso del nostro Paese nelle istituzioni europee.





4. Le procedure di collegamento con l''Unione europea e il raccordo legislativo

Il maggiore ruolo del Parlamento europeo e la crescita della cooperazione istituzionale fra Parlamenti presuppongono un rafforzamento e un miglioramento qualitativo delle procedure di collegamento legislativo fra le istituzioni europee e quelle nazionali.

Ciascun Parlamento ha riformato i propri regolamenti per incidere il più possibile sui contenuti della normativa comunitaria, secondo le proprie tradizioni e le proprie responsabilità. In generale, esiste una forte tendenza a controllare l’azione del Governo ed a stabilire forti rapporti tra i diversi Parlamenti e tra essi ed il Parlamento europeo.

Anche il Parlamento italiano è fortemente impegnato nella costruzione di più efficaci canali di collegamento con le istituzioni europee e con la loro attività:

- intervenendo nella fase ascendente del procedimento legislativo comunitario, quando i ministri stanno costruendo la direttiva comunitaria;

- intervenendo nella fase discendente del procedimento legislativo comunitario, quando la direttiva entra nell’ordinamento nazionale;

- valutando la legislazione nazionale sotto il profilo della compatibilità con la normativa dell''Unione europea.

In passato le Camere si sono concentrate essenzialmente sul profilo della fase discendente del procedimento comunitario. Solo a partire dall''attuale legislatura il controllo parlamentare si sta sviluppando con maggiore attenzione anche sul versante della fase ascendente. Sia pure progressivamente sta emergendo, infatti, la consapevolezza che un attivo intervento nella fase ascendente è assolutamente necessario per tutelare in maniera adeguata gli interessi nazionali.

Un maggiore controllo sull''attività del Governo nelle sedi comunitarie facilita, inoltre, la stessa successiva trasposizione del diritto comunitario nell’ordinamento interno. Una più attenta presenza parlamentare nella fase ascendente consente di prevenire ostacoli e difficoltà di coordinamento tra la normativa nazionale e il diritto comunitario e garantisce pertanto, in ultima analisi, una più piena e corretta attuazione di quest''ultimo. Il ruolo di un Parlamento nazionale nella fase ascendente del procedimento legislativo comunitario si presenta così fortemente connesso con lo stesso intervento nella fase discendente.

Oltre alle norme dei regolamenti parlamentari, specifiche disposizioni di legge mirano inoltre a promuovere l''azione del Parlamento nella fase ascendente attraverso il rafforzamento degli obblighi di comunicazione e di informazione posti a carico del Governo. In particolare, l''articolo 14 della legge comunitaria 1995-1997 prevede che il Governo comunichi alle Camere non solo i progetti di atti normativi e di indirizzo all''esame dei competenti organi ed istituzioni dell''Unione europea, ma anche gli atti "preordinati alla formulazione degli stessi". Inoltre, un articolo della legge di ratifica del Trattato di Amsterdam impegna il Governo a mettere tempestivamente a disposizione delle Camere, delle regioni e delle province autonome le proposte di natura legislativa e quelle relative alle misure da adottare in materia di affari interni e di giustizia.

Gli organi parlamentari dispongono, quindi, di un vasta panoplia di strumenti intesi a garantirne le possibilità di intervento nella fase ascendente della formazione del diritto comunitario. L''utilizzazione di questi strumenti risulta peraltro ancora limitata e complessivamente inferiore a quanto sarebbe necessario. Si tratta - come è evidente - di un processo, anche concettuale, di adeguamento a nuove metodologie di lavoro, che dovrà comunque compiersi in tempi ragionevolmente ridotti.

A sua volta, la fase discendente del procedimento legislativo comunitario si incentra essenzialmente, nell''ordinamento italiano, sulla "legge comunitaria" annuale, presentata dal Governo alle Camere. Tale legge assicura il periodico adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento comunitario.

L''adeguamento dell''ordinamento nazionale a quello dell''Unione europea non si esaurisce nella fase discendente del procedimento legislativo comunitario. E'' necessario, infatti, anche intervenire nel momento di formazione della legislazione nazionale, per garantirne la costante armonizzazione con il diritto comunitario. I regolamenti di entrambe le Camere prevedono, a tal fine, che gli organi rispettivamente competenti esprimano parere sui progetti di legge sotto il profilo della loro compatibilità con la normativa comunitaria.

Nel corso della presente legislatura, la valutazione di questo profilo ha assunto, presso la Camera dei deputati, un rilievo del tutto peculiare nell''ambito del procedimento legislativo. E'' stata infatti rafforzata l''efficacia dei pareri espressi dalla Commissione politiche dell''Unione europea in materia di compatibilità con la normativa comunitaria: pareri che hanno adesso acquisito lo stesso peso procedurale, assai rilevante, di quelli resi dalla Commissione affari costituzionali e dalla Commissione bilancio. La Camera, inoltre, ha approvato nel 1997 una riforma regolamentare di vasto respiro, il cui obiettivo principale è quello di promuovere il miglioramento della qualità delle leggi. Nel quadro di tale riforma, la compatibilità della disciplina proposta con la normativa dell''Unione europea è esplicitamente menzionata fra gli aspetti che debbono essere presi in considerazione dalle Commissioni nel corso dell''istruttoria legislativa. L''eventuale ritardo del Governo nel fornire tali elementi da'' luogo ad un differimento del termine per la conclusione dell''esame in sede referente.

Sono state altresì introdotte nello scorso luglio ulteriori modifiche al Regolamento della Camera. Una di esse prevede che la Commissione bilancio, nell''esprimere il parere su tutti i progetti di legge implicanti entrate o spese, abbia riguardo ai principi contenuti nei trattati dell''Unione europea. Un''altra proposta mira a sua volta a rafforzare ulteriormente il ruolo della Commissione politiche dell''Unione europea, facendo venir meno ogni residua differenza fra i poteri ad essa attribuiti nel procedimento legislativo e quelli propri delle altre Commissioni permanenti.

Per rendere possibile al Parlamento una concreta partecipazione all''elaborazione della normativa comunitaria, sia nella fase della sua formazione che in quella della sua attuazione, è comunque essenziale uno stretto raccordo informativo con il Governo. Permangono purtroppo difficoltà da parte di quest''ultimo ad assolvere in maniera soddisfacente e tempestiva a questo compito.



4.1. Il ruolo del Governo nel processo di integrazione comunitaria.

Il grado di complessità normativa, che è ineliminabile negli ordinamenti contemporanei, richiede la definizione di un chiaro indirizzo politico e di una effettiva funzione di governo, che svolga un ruolo di organizzazione e di coordinamento fra ordinamento nazionale e comunitario. Nelle materie comunitarie questa azione di organizzazione e di coordinamento del Governo è fino ad oggi largamente mancata.

Inoltre non si può dimenticare che anche l’instabilità politica ha sinora ostacolato una partecipazione incisiva alla fase ascendente della normativa comunitaria.

Il processo di formazione e di attuazione della normativa comunitaria chiarisce bene che i nostri limiti non sono nelle procedure, né nei ritardi parlamentari, ma nella mancanza di una organizzazione istituzionale e amministrativa in grado di sostenere tale processo, in grado cioè di sostenere adeguatamente la modernizzazione politico-costituzionale.

L''esigenza primaria, alla quale si sta lodevolmente mettendo mano, è quella di costruire centri direzionali e apparati idonei ai compiti di coordinamento e di definire un metodo per far valere tali funzioni unificatrici.

In assenza di metodi di organizzazione dell''intero Governo e di apparati adeguati, anche la proposta di introdurre strumenti di ulteriore semplificazione per l''attuazione delle direttive comunitarie (il ricorso alla delegificazione e all''attuazione per via amministrativa o regolamentare) rischia di aumentare l''incapacità di governare in modo unitario e responsabile questo importante settore della normazione.

La seconda esigenza è quella di costruire un rapporto diverso fra Parlamento e Governo: per la migliore attuazione della normativa comunitaria e per una migliore tutela dei nostri interessi nella fase ascendente è necessaria la cooperazione istituzionale. Questa cooperazione è tanto più essenziale quanto più rilevante è il trasferimento di quote della sovranità decidente dalle istituzioni nazionali a quelle comunitarie. La necessità di questo raccordo investe perciò ancora una volta la massima questione della sovranità popolare e la necessità di conciliare le esigenze della rappresentanza con quelle della decisione.

E’ necessario infatti garantire quella che potremmo definire sovranità di controllo, propria delle istituzioni rappresentative, al fine di tutelare più compiutamente gli interessi del Paese.

Sinora il Parlamento ha esercitato poco e male questa sua sovranità, anche perché soltanto da poco si sta facendo strada nella cultura parlamentare il rilievo di questa nuova funzione.

Occorre pertanto sviluppare in maniera adeguata l''istruttoria legislativa per garantire la partecipazione parlamentare alla formazione del diritto comunitario, riportando entro il confronto politico questioni che sino ad oggi sono state di fatto delegate al rapporto diretto tra apparati ministeriali, gruppi di pressione e organi comunitari.





La costituzionalizzazione del processo di integrazione europea

L''Unione europea è oggi ad un bivio decisivo per l''evoluzione in senso costituzionale. La prospettiva dell''ampliamento, che appare sempre più largo e vicino, rappresenta una sfida ulteriore. L''avvio dell''Unione economica e monetaria sta sempre più ponendo l''opportunità di un controllo politico integrato. Si fa incalzante l''esigenza di adeguare le strutture decisionali ai nuovi equilibri continentali, sotto il profilo della politica estera, della sicurezza, della lotta alla criminalità, dell''immigrazione.

La costituzionalizzazione del processo di integrazione europea può consentire il salto di qualità necessario perché l''Unione europea esca dallo "stato di minorità" che ancora la caratterizza dal punto di vista della sovranità.

Il problema sta infatti nella mancanza di un''autonoma fonte di legittimazione. L''Unione europea non è padrona del suo processo di revisione. Le conseguenze di tale eteronomia si vedono nella complessa procedura delle Conferenze intergovernative per la revisione dei trattati, i cui frutti sono spesso insoddisfacenti.

Una costituzione europea non offrirebbe soltanto la cornice istituzionale al processo di integrazione, ma si rivolgerebbe direttamente ai cittadini europei. Come ci ha insegnato Habermas, il patriottismo costituzionale potrebbe rafforzare la coesione politica e sociale.

Un primo passo è oggi possibile grazie al progetto di elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali, che è stato avviato dal Consiglio europeo di Colonia dello scorso giugno, e ribadito dal Consiglio europeo straordinario, che si è appena svolto a Tampere. L''iniziativa proviene ancora una volta dalla sfera governativa. Ma sarà un banco di prova per la capacità di incidere del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, i cui rappresentanti saranno chiamati a far parte della speciale assemblea che curerà la redazione della Carta. Non si tratta soltanto di reclamare un''adeguata quota nella composizione di questo organismo, né di condizionarne meramente i lavori. Il circuito della rappresentanza può invece assumere la guida di questo processo costituente, essendo il luogo di naturale raccordo con le autonomie locali e la società civile, dalla cui mobilitazione potrebbe venire un importante contributo.

Anche il mondo universitario può, in tale ottica, impegnarsi e sentirsi un interlocutore. E'' significativo che l''Associazione italiana dei costituzionalisti abbia dedicato il suo congresso annuale, che si è appena tenuto a Perugia, alla costituzione europea. Questa Facoltà ha in corso un articolato programma di tesi di laurea di argomento europeo, da cui potremo senz''altro ricevere utili approfondimenti.

La costituzione europea è ancora un traguardo, ma si è aperto un processo costituente, che per poter procedere positivamente deve necessariamente connettersi alle sedi della sovranità popolare e cioè ai Parlamenti.