La povertà a Roma alla vigilia del Giubileo: Chiesa - Volontariato - Istituzioni


Roma, 10/05/1999


***Convegno promosso dalla Società di San Vincenzo de'' Paoli***


Nei decenni successivi alla ricostruzione postbellica, anche in Italia, come nel resto dell''Europa, la questione della povertà è stata affrontata attraverso un sistema di assistenza diretta che funzionava come un meccanismo di provvidenze temporanee erogate in attesa dell''inclusione del singolo nel mercato del lavoro. Accanto a questo sistema la società tollerava l''esistenza di una sacca di povertà permanente che era la destinataria di una quota residuale di sussidi e di beneficenze.
Per molti anni la "certezza" dell''espansione economica e il crescente sviluppo di reti di protezione sociale erano parsi costituire dei potenti fattori di sicurezza ed insieme gli strumenti ideali per debellare un fenomeno che pareva destinato a ridursi in modo progressivo.

Le profonde trasformazioni dell''economia e la globalizzazione dei mercati, accentuatesi prepotentemente alla fine degli anni Ottanta con il crollo del sistema sovietico e la conseguente fine del bipolarismo internazionale hanno messo in discussione in modo radicale, prima ancora che i sistemi di intervento per combattere l''emarginazione, la concezione stessa della povertà e dell''esclusione.

In Francia nel 1974 i lavoratori che potevano contare su un impiego stabile erano erano il 76%; vent’anni dopo nel 1994 poco più della metà della popolazione attiva (58%).

Negli Stati Uniti il 90% dei posti di lavoro offerti nel 1993 erano lavori part-time, che non avevano valore ai fini assicurativi e pensionistici.

I dati Eurostat sulla mobilità dei redditi, considerata come fattore di mobilità sociale, ci dicono che in Italia chi è nella prima classe, cioè al vertice della scala reddituale, rimane abbastanza facilmente a quel livello. Nelle due classi intermedie, invece, la possibilità di subire un peggioramento delle condizioni economiche aumenta progressivamente. Il 18% degli appartenenti alla seconda classe ha peggiorato la propria situazione rispetto all''anno precedente mentre l''ha migliorata il 21,5%. Di contro il 22, 5% degli appartenenti alla terza classe ha avuto un peggioramento e solamente il 17% ha potuto migliorare la propria situazione.

Accanto alla gravità di queste cifre che riguardano indistintamente tutti i Paesi del Mondo Povertà c’è un altro fenomeno, quello dell’inabissamento del povero. Il mondo dei lustrini non da voce ai poveri che si vedono di più ma i sentono molto di meno.



Tutti oggi parlano di libertà, ma povertà vuol dire non solo diritti negati, vuol dire anche impossibilità di godere di quelle libertà che sono riconosciute dall''ordinamento democratico ad ogni persona.

La paura della povertà e dell''indigenza sottrae al cittadino, ancor prima che egli si trovi in quella condizione, la fiducia e la determinazione che sono il fondamento della sua capacità di fare e di sentirsi libero.

E questo costituisce anche un fattore di indebolimento complessivo della coesione sociale nel Paese.



Nel mondo si sta passando dal capitalismo postbellico iperregolato, che andava a braccetto con una concezione paternalistica dello Stato sociale, ad una sorta di turbocapitalismo che tenta di imporre un mercato sciolto da ogni regola. Questa forma di capitalismo promette un''economia più dinamica, capace di generare più ricchezza e maggiore occupazione. Ma occorre riflettere sui dati concreti di questo modello.

Il tasso di disoccupazione statunitense presenta un valore assai positivo, intorno al 5%, ma la retribuzione media dei lavoratori dipendenti ammonta in quel Paese a poco più di 7 dollari l''ora a fronte di una paga oraria di 20 dollari percepita dai lavoratori tedeschi e di circa 12 dollari in Italia.



Sarebbe tuttavia inutile contrapporre a questa nuova forma di capitalismo sovralimentato il vecchio modello sorto nel dopoguerra che ha potuto funzionare solo nell''ambito di economie nazionali che contavano su una totale autonomia dei processi di acquisizione e distribuzione delle risorse.

Ancora qualche settimana fa da Elk il Papa, richiamando tutti gli Stati alle responsabilità verso gli esclusi, è tornato con forza a chiedere che il capitalismo selvaggio ceda il passo ad uno stato sociale sorretto dall''economia di mercato.

Occorre ripartire da alcuni principi teorici che debbono costituire il timone della nostra azione: l''impegno per la libertà dal bisogno, per la riaffermazione del primato della persona umana in sé nei confronti dei valori di mercato.

Per questo occorre riaffermare con forza il primato dell''uomo sui valori del profitto, operando per un capitalismo temperato dalla forza dei valori umani.



La sfida che hanno davanti le istituzioni, la politica, il mondo del volontariato e le stesse istituzioni di più antica tradizione caritativa come la vostra consiste oggi nella capacità di rispondere con efficacia a questa nuova dimensione molto più complessa e dinamica della povertà e dell''esclusione.

Ma deve essere chiaro che uno dei compiti prioritari di una moderna politica sociale è la lotta per smantellare lo zoccolo duro dell''emarginazione e dell''indigenza.

Gli ultimi dati sulla povertà nel nostro Paese mettono in evidenza una situazione di luci e di ombre.

La stabilità del numero di persone che vive in condizione di povertà relativa, il 13% sia nel 1997 che nel 1998, ci dice che le manovre di finanza pubblica per il riequilibrio dei conti pubblici e per entrare in Europa, non sono state manovre inique.

Tuttavia il numero di famiglie che vive in una condizione di povertà assoluta, cioè che non può permettersi di spendere la cifra necessaria a due persone per vivere con un minimo vitale di 1.012.000 lire mensili, è stato nello scorso anno pari a 950.000.

Si tratta di un numero troppo alto di cittadini che staziona al fondo della scala sociale, fortemente distaccati e scarsamente attrezzati per riguadagnare da soli una base accettabile da cui ripartire.

Un paese civile deve trovare le risorse anche morali per affrontare con determinazione questo problema; ridurre la disperazione sociale è una grande sfida democratica.

Credo che questo sia un obiettivo fondamentale nell''ambito di quella riforma del welfare che vogliamo realizzare. Le dimensioni economiche dell’impegno non sono impossibili. Basterebbe utilizzare, per ipotesi, lo 0.4% della spesa sociale annua, pari allo 0.1% del PIL, per portare quelle 950.000 famiglie al di sopra della soglia di povertà assoluta.

Bisogna evitare che la necessaria maggiore flessibilità nell’ingresso nel mercato del lavoro crei ulteriori incertezze. Perciò è necessario creare per tutti un solido pavimento di garanzie indisponibili per i diritti minimi di coloro che per mancanza di danaro o di salute o di forza contrattuale rischiano l’emarginazione.

In questa legislatura l''impegno comune del Governo e dell’intero Parlamento si è tradotto in risultati concreti.

Credo che possiamo essere soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto sinora e che si possa guardare con fiducia al futuro.

Sono stati approvati importanti provvedimenti basati su una nuova e moderna concezione dell''assistenza che realizza programmi ed impegna risorse finalizzandoli all''inserimento della persona.

L''obiettivo strategico complessivo della riforma è quello di trasformare l''assistenza passiva, che lascia chi ha bisogno nelle trappole della povertà, in una nuova forma di intervento che valorizza le responsabilità e mette in rete le esperienze dello stato, del volontariato e del privato sociale per fare in modo che l''assistenza diretta divenga una misura transitoria, cioè il primo passo per riportare chi non ce la fa a riconquistare quel minimo di risorse materiali e formative da cui ripartire con le proprie gambe.

Penso in particolare alla legge del 1997 per l’infanzia e l’adolescenza che può contare su un Fondo di 312 miliardi annui per finanziare progetti finalizzati al contrasto della povertà ed alla promozione dei diritti e delle opportunità per i minori.

La legge del 1998 a sostegno delle persone con handicap gravi ha stanziato 203 miliardi in un triennio ed ha introdotto forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale per garantire a questi cittadini il diritto ad una vita indipendente.

Dallo scorso anno stiamo inoltre sperimentando il reddito minimo di inserimento in 39 comuni di tutto il Paese. A questo scopo sono stati sinora erogati 336 miliardi ad oltre 40.000 nuclei familiari per consentire a queste persone non solo di raggiungere condizioni di esistenza dignitose, ma la possibilità concreta di inserirsi nel mondo del lavoro attraverso la realizzazione di progetti specifici di istruzione e formazione professionale.

Il successo concreto di questi tre importanti provvedimenti, che si affiancano a quelli che hanno istituito l''assegno di maternità e per il terzo figlio per le famiglie a basso reddito, è ora affidato in misura rilevante al senso di responsabilità e alla capacità progettuale di Regioni e Comuni chiamati a gestire le risorse assegnate loro.

Su questo terreno è necessario che si affermi un metodo di lavoro comune tra istituzioni locali ed il mondo dell''associazionismo laico e religioso per mettere al servizio dei cittadini il loro straordinario patrimonio di competenze e di impegno.

La sinergia è un valore aggiunto che non può essere disperso. Questo lo dico anche come presidente della Camera, che conosce il valore del costruire insieme perché questo è il senso proprio del lavoro parlamentare.

Questo convegno ha già prodotto un primo risultato concreto poiché è divenuto l’occasione per porre le basi di un impegno comune di tutte le forze politiche che hanno scelto di presentare un progetto di legge per l’istituzione di centri di accoglienza destinati a tutti coloro che nel nostro Paese sono senza fissa dimora.

Si tratta di un impegno significativo non solo per quanto riguarda il merito della proposta, ma per il metodo di lavoro che ne è all’origine. Credo infatti che la lotta alla povertà e all’emarginazione costituisca uno dei punti fondamentali per realizzare la coesione sociale del Paese e su questo tema è indispensabile costruire uno sforzo comune di tutte le forze politiche e di tutti i cittadini impegnati nelle associazioni laiche e religiose.

La Camera, subito dopo la finanziaria, riprenderà l''esame della legge-quadro che riforma per la prima volta in modo organico l''intero comparto dell''assistenza. All''interno di questo provvedimento vi è anche la previsione di estendere l''istituto del reddito di inserimento all''intero territorio nazionale dopo una verifica dei risultati raggiunti con la sperimentazione in corso.

Vi invito a seguire con attenzione i lavori parlamentari perché abbiamo bisogno non solo dello stimolo ma anche della competenza che vi viene dalla vostra specifica esperienza.