Intervento alla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti degli Stati membri del Consiglio d''Europa e del G8 in occasione del 50° anniversario della prima seduta del Bundesrat e del Bundestag


Bonn, 09/06/1999


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Quella di oggi è una celebrazione che non riguarda soltanto la storia democratica della Germania, il suo popolo e la sua classe politica, ma tutta l’Europa.

Noi europei siamo qui, orgogliosi per quello che abbiamo costruito.


Non ignoriamo i problemi che si agitano attorno a noi.

Tuttavia siamo consapevoli che la maggior parte di questi problemi si possono risolvere meglio con l’Europa piuttosto che restando chiusi nelle frontiere nazionali.



Perciò il futuro è nell’allargamento dell’attuale Unione Europea fino a far coincidere i confini politici con quelli geografici.

La consapevolezza delle difficoltà ci induce alla prudenza. Abbiamo bisogno di una profonda riforma delle nostre istituzioni politiche, non per rinviare l’allargamento, ma perché esse possano essere adeguate a governare un’Europa più grande e perciò più complessa.



Molti ci dicono che l’allargamento presenta rischi. Ma il rischio maggiore è dimenticare che senza una grande Europa politica, i nostri popoli avranno meno futuro e meno sicurezza, le giovani generazioni avranno meno cultura e meno opportunità, i nostri Paesi saranno meno competitivi.



Intendo riferirmi alla necessità di costruire una grande Europa, che vada dall’Atlantico alla Russia, se questo fondamentale Paese lo vorrà.

Ogni generazione ha una sfida da affrontare. Questa è la sfida della nostra generazione. Saremo giudicati dalla capacità di vincerla.



Mi permetto di ribadire qui queste necessità perché proprio l’ammirevole impegno che ha profuso la Germania per superare le divisioni del passato deve esserci di insegnamento.



La caduta dei muri tra mondo comunista e mondo occidentale, che proprio a Berlino, ha vissuto il suo momento di più alto valore simbolico, ha portato vantaggi incommensurabili.

Tuttavia il crollo dei sistemi comunisti non ha segnato ancora l’inizio della costruzione di nuovi valori civili unanimemente condivisi. Anzi ha accelerato la crisi delle grandi idee.

Ciascuna grande idea esprime il meglio di se’ e delle proprie ragioni nel confronto con l’idea antagonista.

Quando l’avversario ha ceduto di schianto, come e’ accaduto appunto ai regimi del blocco sovietico, la cultura europea, a differenza di quella degli Stati Uniti d’America, si e’ cullata nella vittoria, si e’ intorpidita nella sicurezza, sembra aver perso la capacita’ di lottare per il primato delle sue idee e dei suoi valori .

Si è indebolita l’idea stessa del contrapporsi per valori e rischiamo di contrapporci soltanto per interessi.

E’ un processo particolarmente pericoloso. La globalizzazione economica, infatti, rischia di creare nuove oppressioni senza una parallela globalizzazione dei grandi valori sui quali si è fondato il progresso civile dell’umanità e che traggono origine proprio dall’esperienza europea. L’Europa non può subire la sovranità intellettuale di un ordine puramente economico.

Se tutto diventa comprabile e vendibile, valgono solo i rapporti di forza, economica o militare.

Molte cose possono essere ragionevolmente comprate e vendute. Ma e’ necessario che sia altrettanto chiaro il limite della compravendita.

Ci deve essere un confine al di là del quale non si tratta più perchè entrano in giuoco valori non mercificabili .

Quando questo limite viene meno, viene meno il senso del sacro e del tragico. L’interesse economico diventa misura di tutte le cose. I valori dei deboli non costituiscono piu’ il confine delle azioni dei forti.

Anche nei paesi di salde tradizioni democratiche ed occidentali, le ragioni economiche rischiano di prevalere su quelle democratiche. Soprattutto perchè l’economia è globale mentre la politica è rimasta nazionale.

E le ragioni dell’economia, da sole, sono miopi davanti alle ragioni dei valori.

I valori dell’attuale identità europea nascono e si sviluppano attraverso l’affermazione di tre principi chiave:

a) l’intangibilità dei diritti fondamentali della persona umana e della sua libertà politica;

b) l’affermazione della coscienza personale e la conseguente reciproca autonomia dello Stato e della sfera religiosa;

c) la garanzia dei diritti della donna e della loro uguaglianza rispetto ai diritti dell’uomo.

Nessuno di noi ha in mente nuovi colonialismi culturali; conosciamo i nostri limiti e le nostre tragedie e conosciamo il valore di altre tradizioni culturali.

Tuttavia non possiamo rinunciare, in un confronto aperto e pacifico con le altre culture, a batterci per una globalizzazione dei grandi valori della tradizione europea.

Anche per evitare di essere a nostra volta colonizzati da altre concezioni della vita e del mondo.

Ed è tuttavia evidente che questo impegno potrà essere vincente solo se sarà profondamente condiviso da tutti i paesi che fanno parte di questo continente, e cioè quelli che aderiscono al Consiglio d’Europa, e solo se sarà accompagnato da strutture politiche adeguate.

L’unificazione di tutti i Paesi d’Europa in una grande e pacifica Europa politica si rivela così indispensabile non solo per ragioni economiche, ma anche per rendere più forti alcuni valori di civiltà, per ridurre le diseguaglianze nel mondo, per contenere i rischi della attuale globalizzazione e svilupparne le virtù.



La Germania definisce oggi, nella continuità democratica, la propria identità civile e politica, e lo fa partendo dal Parlamento. Anche l’Europa, attraverso i suoi parlamenti nazionali, con il Parlamento europeo e con l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, potrebbe avviare un lavoro comune per rendere più forti nel mondo i valori costitutivi della sua identità e per segnare nel modo più nobile il significato di questo incontro.