Qualità della legislazione e semplificazione legislativa nella democrazia europea


Lisbona, 05/21/1999


***Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell''Unione Eueopea***


1.Il lavoro svolto dalla Conferenza sul tema della legislazione (1997-1999)



La Conferenza dei Presidenti dei parlamenti appartenenti all’Unione europea ha discusso per la prima volta i temi della qualità della legislazione e della semplificazione normativa ad Helsinki nel giugno 1997. In quella sede si decise - al termine del dibattito - di costituire un gruppo di lavoro tra i Presidenti con l’incarico di approfondire la questione e di riferire alla successiva Conferenza di Lisbona. Il gruppo di lavoro, coordinato da chi vi parla, è stato composto dai colleghi: Antonio DE ALMEIDA SANTOS, Presidente Assembleia da Repùblica (Portogallo); Laurent FABIUS, Presidente Assemblèe Nationale (Francia); Heinz FISCHER, Presidente Nationalrat (Austria); Josè Maria GIL ROBLES, Presidente Parlamento Europeo; Raymond LANGEDRIES, Presidente Chambre des Représentants (Belgio); Rita SÜSSMUTH Presidente Bundestag (Germania) fino all’ottobre 98 e, successivamente, Wolfgang THIERSE; Federico TRILLO-FIGUEROA MARTINEZ-CONDE, Presidente Congreso de los Diputados (Spagna); Riitta UOSUKAINEN, Presidente Eduskunta (Finlandia).

Gli approfondimenti compiuti in questi due anni di impegnativo lavoro ci hanno portato a rilevare a) che il tema è all’attenzione delle istituzioni parlamentari e di governo di tutti i Paesi dell’Unione Europea, b) che nell’ambito della complessità normativa bisogna distinguere quella ineliminabile perché frutto della complessità sociale della nostra epoca da quella eliminabile perché frutto di disordine normativo o di mancata modernizzazione del sistema di produzione delle regole legislative e amministrative; c) che è opportuno fissare alcuni suggerimenti, che i singoli parlamenti, se lo riterranno, potranno seguire nel loro lavoro.

Con questo spirito il gruppo di lavoro ha infine messo a punto nella riunione di Roma dell’11 e 12 dicembre scorso il documento, che contiene i suggerimenti citati nella precedente lettera c), poi inviato a tutti noi dal Presidente De Almeida Santos, insieme alle altre relazioni scritte. Le diverse fasi del lavoro svolto per la sua elaborazione sono descritte nella nota allegata al documento stesso.

Compito di questa relazione è proporre e stimolare ulteriori riflessioni sulla base del documento, grazie ai contributi che verranno da questa Conferenza plenaria.

Va affidato alla Conferenza stessa il compito di trarre alcune conseguenze e di valutare la possibilità di un seguito di impegno su questi temi, che restano di permanente attualità e di non immediata soluzione. Ciò in sintonia con la riflessione oramai permanentemente in corso presso diversi organismi sovranazionali, a cominciare dall''Unione europea.





2.Il problema della complessità normativa



L’eccesso di regole, legislative ed amministrative e la moltiplicazione delle fonti caratterizzano in modo crescente gli ordinamenti delle società avanzate ed in particolare dei Paesi dell''Unione europea.

I loro effetti sono molto rilevanti e possono essere riassunti nel modo che segue :



1) L’eccesso di norme produce il disorientamento dei cittadini quando essi non sono più in grado di individuare agevolmente le regole dei rapporti sociali ed economici.



2) Nella formazione delle norme concorrono una molteplicità di centri dotati di poteri normativi sostanzialmente indipendenti e non coordinati tra loro, ciascuno dei quali è dominato dalla necessita’ di innovazioni continue per adeguarsi a condizioni esterne in permanente mutamento.



3) Si accrescono le normative “multisettoriali”, per effetto dell’interdipendenza che lega oggi settori ieri molto lontani tra loro: si pensi ad esempio alle politiche di controllo del deficit, alla tutela da nuovi rischi sociali in tema di ambiente, salute, sicurezza, privacy, etc. ). Tali normative sono estese, tecnicamente complesse e si accumulano in modo incontrollato sulle spalle degli stessi soggetti, in particolare delle imprese.



4) La formazione delle leggi e delle regole amministrative è affidata prevalentemente ad apparati tecnico amministrativi in diretto rapporto con i titolari degli stessi interessi oggetto di regolazione. Questi apparati, in genere, non tengono sufficientemente conto degli effetti generali degli interventi, soprattutto sulle categorie dei cittadini meno in grado di far sentire in modo organizzato la propria voce.



5) In questa situazione si accrescono enormemente gli effetti non voluti e dannosi delle norme, dovuti alle interdipendenze impreviste e alla mancata considerazione di circostanze concorrenti con quelle direttamente oggetto di normazione.





3.Gli effetti della complessità normativa pongono in crisi il rapporto fondamentale di cittadinanza e la sovranità dei parlamenti



L’attuale complessità normativa mette in discussione tanto il funzionamento degli ordinamenti giuridici quanto i diritti di cittadinanza e la stessa sovranità democratica, che sono alla base dei moderni sistemi costituzionali.

Questi fattori chiamano direttamente in causa il ruolo dei parlamenti come luoghi della sovranità e della rappresentanza popolare .

Alla base della nostra iniziativa non c’è pertanto una preoccupazione di difesa corporativa. D’altra parte la necessità di rafforzare la funzione di controllo e garanzia dei parlamenti sui sistemi legislativi è emersa in primo luogo nelle analisi svolte negli ultimi anni da altri grandi organismi sovranazionali, sempre più consapevoli della natura politica e istituzionale - e non meramente tecnica - del problema della semplificazione normativa.



4.La questione della legislazione nell''Unione Europea

Da questo punto di vista, l''Unione europea è l’istituzione che ha sperimentato nel suo ambito i problemi più acuti, ma anche quella che ha svolto la elaborazione più approfondita. E’ significativo infatti che i massimi principi dell’ordinamento comunitario attengano proprio al metodo della legislazione. Intendo riferirmi ai principi di proporzionalità, sussidiarietà e trasparenza fissati nei trattati.



Il trattato di Amsterdam, in particolare, e'' diretto al potenziamento del ruolo del Parlamento europeo e ad una più coerente applicazione dei principi di sussidiarietà, proporzionalità e trasparenza nel processo di formazione delle norme. Un apposito protocollo e’ dedicato al ruolo dei parlamenti nazionali nel medesimo processo.

Di recente, l’esigenza della semplificazione e del riordino normativo ha condotto le tre più importanti istituzioni dell''Unione (Commissione, Consiglio, Parlamento) a concludere un’importante intesa istituzionale su questo tema. Nell’ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione, per dare conto dei risultati conseguiti, si sottolinea la necessità di intensificare la collaborazione non solo tra le istituzioni dell’Unione, ma anche fra queste e le istituzioni degli stati membri, in particolare i Parlamenti.




5.Iniziative del FMI,OCSE, Banca mondiale

Contributi importanti sono giunti anche dalle maggiori organizzazioni sovranazionali su scala mondiale: l’OCSE, il Fondo Monetario internazionale, la Banca mondiale (v. in allegato le note sulle loro più recenti iniziative in materia).



In tutte queste sedi emerge la preoccupazione di un’inadeguatezza degli apparati istituzionali alle esigenze di funzionamento di una economia aperta e di una società complessa. In passato tali preoccupazioni hanno dato luogo a indicazioni di tipo principalmente tecnico e settoriale. Oggi prevale una considerazione più attenta ad aspetti globali e la richiesta di responsabilità al massimo livello istituzionale, che abbiano per oggetto proprio il funzionamento del sistema normativo e la verifica dei risultati delle politiche pubbliche.





6. Fattori eliminabili di complessità normativa.



Nel documento predisposto dal gruppo di lavoro sulla qualità della legislazione abbiamo rilevato che la complessità normativa deriva in parte da cause eliminabili ed in parte da fattori ineliminabili perché strettamente connessi allo sviluppo della società contemporanea.

Le massime istituzioni politiche, e in primo luogo i parlamenti e i governi, debbono attrezzarsi in via permanente per misurarsi con tale problema come parte essenziale del loro compito di governo.

Tra i fattori eliminabili della complessità ve ne sono alcuni per i quali una azione consapevole e continua dei parlamenti può giocare un ruolo decisivo. Fra di essi si possono annoverare:



1) Un uso troppo frequente dello strumento legislativo;

2) Una legislazione eccessivamente dettagliata;

3) La difficoltà di distinguere le questioni che per il loro alto rilievo vanno affrontate con legge da quelle, meno rilevanti, che possono essere regolate da diverse e meno impegnative fonti del diritto;

4) L’insufficiente attenzione posta da parte di ciascun nuovo intervento normativo ai problemi di coordinamento con la legislazione previgente e alla necessità di procedere contestualmente alla sua semplificazione;

5) La progressiva erosione dei criteri di competenza e di gerarchia tra i diversi tipi di fonti;

6) Il mancato coordinamento dei diversi centri provvisti di poteri normativi (Unione europea e , nel contesto nazionale, Parlamento, Governo, autorità indipendenti, autonomie funzionali e territoriali).



Tutti questi interventi non possono essere risolti da una sola istituzione, ma possono essere adeguatamente affrontati solo in chiave di massima cooperazione interistituzionale secondo il modello promosso in sede comunitaria dal Parlamento europeo. Le possibili linee d’azione - cui la cooperazione interistituzionale può essere indirizzata in ciascun ordinamento - sono riassunte di seguito.



7. Le possibili linee di azione



7.1. Verificare l’effettiva necessità dell’intervento con legge.



La legge è uno strumento normativo che comporta:

1) Tempi elevati per la sua approvazione e per ogni successiva modifica;

2) Alto grado di negoziazione e di compromesso politico;

3) Necessità di adeguamento a nuove prescrizioni da parte della pubblica amministrazione e dei cittadini;

4) Incertezza dei rapporti giuridici derivante dall’inserimento di ciascun nuovo intervento legislativo in sistemi giuridici già caratterizzati da inflazione legislativa.



Sono costi che vale la pena di pagare solo se hanno per oggetto scelte che coinvolgono effettivamente la comunità politica, in quanto

a) riguardano cambiamenti di indirizzo nell’affrontare problemi non marginali;

b) pongono questioni che coinvolgono grandi scelte politiche, etiche o civili o mediazioni di rilevanti conflitti sociali.



I Parlamenti debbono evidentemente pretendere che le scelte normative di questo livello siano oggetto della deliberazione legislativa e devono pertanto ottenere dagli esecutivi gli elementi di conoscenza necessari. Al tempo stesso essi dovrebbero farsi promotori di forti programmi di semplificazione per tutta la normativa di dettaglio favorendo, ovunque possibile, forme più flessibili di regolazione o, quando opportuno, la cosiddetta “opzione zero” e cioè politiche di intervento non legislative .





7.2 Garantire un livello adeguato alla progettazione legislativa



In tutti i Paesi europei i governi sono i maggiori responsabili della iniziativa legislativa. In tale veste essi debbono garantire ai parlamenti un livello adeguato della progettazione legislativa fornendo tutti gli elementi informativi necessari per dimostrare la necessità, efficacia, coerenza e, soprattutto, la fattibilità degli interventi normativi proposti.

A causa dell’attuale complessità normativa, la rilevanza politica di tali accertamenti e'' così alta che essi non possono essere confinati ad aspetti istruttori e tecnici, interni alle pubbliche amministrazioni. I parlamenti debbono essere posti in grado di valutare politicamente gli elementi forniti dagli esecutivi, attivando su di essi la dialettica tra maggioranza e opposizioni attraverso procedure di verifica, controllo e informazione.



In particolare i Parlamenti, come organi di massima legittimazione democratica, devono essere posti in grado di scoprire - nei processi di continuo adattamento dei sistemi normativi - i punti essenziali e politicamente più sensibili per farne oggetto di aperta conoscenza e di dibattito aperto al controllo della pubblica opinione: è su questi punti che i parlamenti debbono concentrare tutto il peso politico delle loro procedure.



Il confronto con gli esecutivi rappresenta il rapporto di massima intensità a questi fini: necessarie risultano tuttavia anche le relazioni che i parlamenti giungono ad intrattenere - in chiave meramente informativa - con altri centri, come le autorità indipendenti, gli organi della magistratura costituzionale e ordinaria, altri organi esterni, compresi gli istituti di ricerca. In tal modo le informazioni fornite dall''esecutivo possono essere integrate da quelle fornite da altre fonti.





7.3.Utilizzare razionalmente il tempo



Il tempo è la risorsa fondamentale dei Parlamenti.

Le procedure parlamentari hanno per loro natura bisogno di tempo perché devono rendere possibile un pieno confronto politico sulle proposte oggetto di esame. Per coniugare questa esigenza con quella della tempestività della decisione è evidente la necessità di concentrare sugli indirizzi essenziali tutte le procedure parlamentari, lasciando ad altre autorità il loro svolgimento nel dettaglio. Occorre pertanto svolgere i lavori parlamentari sulla base di una programmazione adeguata e consapevole delle priorità.

Un razionale impiego del tempo è fondamentale per la qualità della legge.

Nei sistemi parlamentari europei questo metodo è di fatto praticabile solo se gli Esecutivi sono in grado di presentare alle Camere programmi legislativi motivati e articolati per un sufficiente arco temporale.

I programmi rendono possibile da parte delle Camere la verifica delle priorità e consentono di definire tempi minimi e tempi massimi per l’esame di ciascun argomento.



Un segnale della importanza decisiva dei programmi sta nel dibattito in corso sul programma legislativo dell’unione europea e sul suo coordinamento con l''attività dei parlamenti nazionali, cui fa riferimento il Presidente Fischer nella sua relazione.



7.4. Ridefinire l’ordine delle fonti normative



I parlamenti sono stati definiti organi “metasovrani”. Perduto il monopolio delle regole applicabili ai comportamenti dei cittadini, ad essi spetta tuttora l’ultima parola sull’ordine dei poteri e sulle competenze dei diversi centri normativi.

Essi hanno perciò importanti responsabilità nello stabilire l’ordine più chiaro possibile tra le diverse fonti del diritto, stabilendo tra di esse chiari rapporti di gerarchia e competenza.



La complessità normativa, ad iniziare dal rapporto tra le fonti comunitarie e quelle nazionali, può essere da questo punto di vista se non eliminata almeno governata, con evidente vantaggio per tutti i cittadini.

Una possibile via per conseguire questo obiettivo può essere rappresentata dall’introduzione di apposite procedure parlamentari per la verifica delle proposte riguardanti l’introduzione di nuove fonti del diritto: alla Camera dei deputati italiana si sta valutando di attribuire una competenza di questo tipo al Comitato per la legislazione istituito con le modifiche regolamentari del 1997.





7.5 Avviare la collaborazione tra le istituzioni sui temi della legislazione



Legiferare meglio non può che essere una responsabilità comune all''insieme delle istituzioni democratiche. I parlamenti sono le istituzioni più interessate ad attivare la cooperazione tra di esse in quanto sono organi di massima sintesi che più rappresentano il popolo, inteso come entità costituzionale. In tale veste essi rappresentato la complessità sociale e sono la sede dove si esprimono e si mediano i conflitti sociali. I parlamenti potranno svolgere le loro funzioni fondamentali solo se riusciranno ad esercitare unitariamente una pressione politica sulle altre istituzioni nazionali e su quelle dell’Unione.

In pratica i Parlamenti debbono essere al centro di una vasta azione di collaborazione tra le istituzioni che coinvolga le istituzioni sovranazionali, i governi, le autonomie locali, le autorità indipendenti, lo stesso potere giudiziario, ferma l’autonomia di ciascuno.



Nelle analisi più recenti emerge infatti con chiarezza come non sia possibile affrontare i problemi della legislazione contemporanea senza considerare in modo integrato il funzionamento complessivo dei sistemi normativi, sia all’interno di ciascun paese, sia nelle dimensioni transnazionali caratteristiche dell’epoca della globalizzazione, sulle cui caratteristiche richiama la nostra attenzione la relazione di Federico Trillo.

Ho già citato a questo proposito l’intesa raggiunta su questi temi dalle tre più importanti istituzioni dell''Unione (Commissione, Consiglio, Parlamento). A livello nazionale, un esempio innovativo è rappresentato dalla conferenza sul miglioramento della qualità della legislazione indetta nell’ottobre 1998 dalla presidenza del Folketing danese. Alla conferenza hanno partecipato il primo ministro insieme ad altri sette membri del governo, esperti, rappresentanti delle organizzazioni di categoria e delle associazioni di utenti. In Italia abbiamo organizzato una conferenza di questo genere per il prossimo mese di giugno.





8) Proposte di sintesi per il miglioramento della qualità della legislazione



Propongo quindi alla vostra attenzione ed alle vostre valutazioni le seguenti conclusioni riassuntive, tratte dal documento del gruppo di lavoro:



1)Ricorrere all’intervento con legge solo previa dimostrazione della sua necessita’ : cosiddetta opzione zero.



2)Assicurare tempi minimi e tempi massimi per l’esame parlamentare dei singoli progetti di legge in modo da rendere possibile un effettivo confronto politico alimentato da una base informativa adeguata.



3)Definizione da parte del governo di programmi legislativi in cui siano chiaramente individuate le priorità e il coordinamento tra le diverse proposte di intervento legislativo.



4)Garantire la qualità della progettazione legislativa attraverso la predisposizione, al momento della presentazione dei progetti o nel corso del loro esame parlamentare, di analisi di impatto e basi di informazione tecnica verificabili che possano essere valutate in sede parlamentare.



5)Assumere la sistematica verifica degli effetti della normativa preesistente come metodo per la valutazione della necessita’ e delle condizioni di efficacia delle nuove norme.



6)Verificare la permanenza di chiari rapporti di gerarchia e di competenza tra le diverse fonti normative in via generale e nella adozione di strumenti normativi che istituiscono nuove fonti.



7)Coordinare ciascun intervento legislativo con il sistema normativo in cui esso si inserisce, attraverso l’abrogazione espressa delle norme incompatibili e il consolidamento della legislazione vigente.



8)Prevedere la definizione di strumenti per rendere possibile il controllo parlamentare sull’efficacia e la trasparenza dell’attività normativa del governo e delle pubbliche amministrazioni.



9)Assumere il principio della necessaria cooperazione tra le istituzioni, a cominciare dai parlamenti della unione europea, in favore della semplificazione e della qualità della legislazione nei diversi livelli di governo seguendo l’esempio dell’accordo interistituzionale adottato nell’ambito dell’Unione europea.





Per quanto riguarda l’ulteriore seguito da dare ai nostri lavori su questi temi, propongo infine di valutare l''opportunità che:



a) il documento predisposto dal gruppo di lavoro sia affidato ai Presidenti affinché decidano se portarlo alla conoscenza dei competenti organi parlamentari o dei singoli deputati.



b) il tema della legislazione divenga un oggetto permanente della conferenza dei presidenti e continui ad essere sviluppato all’interno di una apposito gruppo di lavoro, secondo il metodo che abbiamo sino ad oggi seguito.



c) si avvii un collegamento di reciproca informazione con alcuni parlamenti extraeuropei particolarmente impegnati su questi temi (penso in particolare ai parlamenti di USA, Australia, Canada e Nuova Zelanda, ad esempio) e con gli organismi sovranazionali, impegnati sul medesimo tema, inviando copia del documento e richiedendo di essere informati delle loro elaborazioni.


Allegato alla relazione

IL TEMA DELLA COMPLESSITA’ NORMATIVA NELLE ANALISI DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI



Note di sintesi





OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico)

L’OCSE ha seguito, a partire dagli anni ’80, un proprio percorso di percezione ed analisi del problema della complessità normativa, che ha attraversato diverse fasi tra loro distinte.

a.Dal disordine normativo alla deregolamentazione. Soprattutto nello scorso decennio, l’OCSE ha impostato il problema in termini prevalentemente quantitativi. In particolare, si riteneva che il sempre più imponente livello di regolamentazione dei sistemi contemporanei, soprattutto di quelli economici, alterasse il funzionamento del mercato. Tale analisi conduceva alla conclusione che l’eccessiva regolamentazione, nel favorire la crescita della complessità normativa, produceva una serie di inefficienze e distorsioni all’interno del sistema, quantificabili anche in termini di costi per l’economia.

Partendo dall’impostazione che consentiva di misurare i costi della decisione politica, l’OCSE ha dato vita ad iniziative mirate ad una forte richiesta di deregolamentazione del mercato, che si associava all’esigenza di semplificare i sistemi economici mediante lo “sfoltimento” (in termini sostanzialmente quantitativi) delle regole normative esistenti.

Agli inizi degli anni ’90, tuttavia, la stessa OCSE ha cominciato a riconoscere che, sebbene l’applicazione di questi principi avesse realizzato significativi progressi in molti settori economici e produttivi, il problema della complessità normativa manteneva comunque intatta la sua portata in relazione agli aspetti propri ed irrinunciabili dell’intervento dello Stato nell’economia.

b.Dalla deregolamentazione alla qualità della legislazione. Sulla base di tali premesse l’OCSE, preso atto dell’esistenza di una serie di elementi di complessità normativa connaturati a tutti i sistemi contemporanei, ha pertanto sviluppato la propria riflessione puntando su una nuova tipologia di intervento: il miglioramento della qualità della regolamentazione. Tale riflessione, che nasceva dal crescente disagio dei sistemi complessi nei confronti di una notevole quantità di regole di diversa origine, puntava a promuovere interventi di semplificazione normativa dei diversi settori economici e sociali.

Il punto di partenza di questa nuova impostazione è costituito dalla Raccomandazione adottata dal Consiglio dell’OCSE nel 1995, sul miglioramento della qualità della normazione pubblica. Obiettivo primario della raccomandazione è quello di favorire l’adozione, da parte dei paesi membri, di alcuni principi e criteri comuni, finalizzati al miglioramento dei processi politico-amministrativi attraverso cui si realizza la decisione politica.

Il documento contiene, in allegato, una checklist per l’adozione di decisioni normative, sotto forma di domande seguite da una breve illustrazione: esse costituiscono il parametro per incrementare la qualità e la trasparenza dei sistemi normativi considerati. La checklist, che ha avuto una significativa diffusione all’interno dei paesi membri, è stata citata anche nella circolare del Presidente della Camera sull’istruttoria legislativa.

Mediante un questionario impostato sulla base dei punti individuati nella checklist del 1995, il gruppo specializzato nei problemi della normazione del P.U.M.A. (Public Management Committee, organismo che opera nell''ambito dell''OCSE) ha condotto, nel 1998, una analisi della qualità della normazione nei 30 Paesi aderenti all''OCSE stesso. I primi risultati di tale analisi, che ha consentito di acquisire la base informativa e gli indicatori di una successiva analisi di dettaglio, sono stati presentati in un incontro presso l’OCSE nel marzo 1999.

c.Dalla qualità della legislazione alla gestione della complessità normativa. La riflessione avviata in seno all’OCSE (i cui punti essenziali sono contenuti nel documento sulla “Regulatory reform” del 1997) e i risultati delle analisi svolte hanno progressivamente determinato un ulteriore sviluppo nell’inquadramento del problema della complessità normativa.

Sulla base dei principi contenuti negli atti del 1995, infatti, si prevede che le iniziative di regolamentazione siano realizzate mediante l’adozione di una serie di tecniche: i processi di analisi di impatto della regolamentazione, le politiche di consultazione pubblica, la valutazione delle alternative alla regolamentazione, la verifica degli interventi mediante un sistema di analisi dei feedback.

Dopo l’avvio delle prime sperimentazioni, tuttavia, l’OCSE riconosce che, nell’applicazione dei principi di base (individuati nella stessa raccomandazione del 1995), “resta incerta l’appropriata collocazione degli interventi di regolamentazione”. Appare infatti necessario, accanto alla valutazione della sequenza tecnica degli interventi, sviluppare la prospettiva politica dell’intervento normativo.

In particolare, si percepisce la necessità che, alla base di tutte le iniziative di razionalizzazione della regolamentazione, vi debba essere una forte volontà politica: il problema della complessità dei sistemi contemporanei viene pertanto assunto in una visione più ampia rispetto al passato, per cui il momento politico della regolamentazione acquisisce un ruolo prioritario negli interventi normativi di riforma.

Il problema, tuttavia, non consiste soltanto nella individuazione della volontà politica, ma anche nella definizione degli strumenti necessari ad inserire tale volontà nei processi normativi in atto. Esistono infatti politiche generali che riguardano più settori; al riguardo, sono necessarie iniziative politiche capaci di mettere insieme tali settori e verificare che le politiche che li disciplinano funzionino in maniera integrata.

Per tali motivi, si afferma che non è sufficiente semplificare il sistema, ma occorre anche verificare la sua coerenza complessiva: in sostanza, è indispensabile un “governo della regolamentazione”. L’OCSE ritiene infatti che, “per costruire un efficiente sistema di regulation management, è prioritariamente richiesto che siano adottate iniziative di riforma della regolamentazione ai più alti livelli politici, al fine di organizzare e guidare gli sforzi di riforma che devono essere attuati dall’amministrazione”.

In questo contesto, tuttavia, l’OCSE sembra attribuire un ruolo di primo piano ai governi dei paesi membri, individuando per i parlamenti nazionali soltanto una generica funzione di partecipazione ai processi in atto. Pur essendo accennati alcuni principi essenziali, non trova sufficiente spazio, in questa analisi, la valutazione di come i parlamenti possano entrare, di fatto, nel governo della legislazione.

FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Il Fondo Monetario Internazionale ha affrontato, in tempi recenti, il problema della complessità delle società contemporanee, sviluppando alcune iniziative di studio e di analisi che contribuiscono agli sforzi avviati in tutte le sedi internazionali. Pur essendo caratterizzato da un ambito settoriale più ristretto rispetto ad altre organizzazione sovranazionali, il FMI si è interessato di recente allo sviluppo di politiche generali per la legislazione. Ciò è avvenuto sostanzialmente in due direzioni:

- L’approccio qualitativo. In primo luogo, si è cercato di contribuire al miglioramento della qualità della legislazione del vari paesi membri, mediante iniziative connesse prevalentemente ai profili di drafting e di qualità della normativa nel settore monetario e fiscale. Nel 1996 è stata pubblicata la Guida al drafting della legislazione tributaria, diretta principalmente ai paesi in via di sviluppo o in transizione, che raccoglie modelli pratici di legislazione nel settore dei tributi e delle tasse, nonché indicazioni di principio nella materia. La guida sarà seguita da un secondo volume, in corso di preparazione, che dovrebbe essere specificamente diretto ad analizzare aspetti comparativi tra i sistemi tributari dei vari paesi;

- Gli studi di settore sulle politiche di riforma. Più recentemente, il Fondo ha affrontato, con studi di settore o riflessioni contenute nei consueti rapporti annuali, il problema della organizzazione delle politiche di riforma in un contesto di globalizzazione internazionale. In questo quadro, l’assunto prevalente consiste nella constatazione che, oltre un determinato grado di sviluppo, le politiche istituzionali e, in particolare, quelle legislative diventano essenziali per un funzionamento efficiente dei sistemi economici e monetari.

Con una serie di analisi settoriali, in particolare, il FMI si è occupato di alcuni aspetti specifici:

1.la riforma delle politiche di intervento come azione collettiva. In un rapporto ad hoc, pubblicato nel 1997, viene centrata l’attenzione sulla preferenza per politiche che abbiano il supporto, anche propositivo, dei cittadini e vengano affrontate in un quadro integrato e coordinato di interventi ai vari livelli di governo;

2.la lotta alla corruzione come sistema per la semplificazione dei sistemi istituzionali. In un documento del 1998, denominato Corruzione, investimenti pubblici e crescita, si sottolinea come la corruzione, soprattutto a livello politico, distorce in modo particolarmente costoso per la collettività il processo decisionale, con particolare riferimento ai progetti di investimenti pubblici;

3.la necessità di trasparenza come metodo per il “buon governo”. Nel rapporto annuale per il 1998, una specifica sezione è dedicata al problema dell’individuazione di strumenti di garanzia per la trasparenza dell’azione dei governi, con particolare riguardo alle politiche di bilancio.

BANCA MONDIALE

Un contributo di grande rilievo sul ruolo della regolamentazione statale è stato fornito dalla Banca Mondiale, con il World Development Report del 1997, il cui tema di fondo è costituito dall’evoluzione dello Stato in un mondo in cambiamento. Con tale documento, infatti, la Banca Mondiale, seguendo in questo un percorso molto simile a quello dell’OCSE, abbandona l’approccio quantitativo al problema, per assumere una visione più complessa. I punti più significativi nei quali si articola la riflessione della Banca Mondiale sono i seguenti:

- Ambito di intervento del settore pubblico. Pur nella consapevolezza che è necessario ridurre, in primo luogo, l’intervento e l’espansione del settore pubblico nei sistemi economici, si osserva che “la sfida per gli Stati non è quella di contrarsi fino a diventare insignificanti, né di dominare i mercati”. Il problema della complessità dei moderni sistemi non può dunque essere letto esclusivamente secondo dati quantitativi, ma deve anche guardare al miglioramento qualitativo dell’intervento dello Stato. “Non si tratta soltanto di cosa fare, ma anche di come farlo: come gestire il settore finanziario, come regolare l’attività economica, come proteggere l’ambiente – tutte queste scelte dipendono in misura critica dalla capacità istituzionale dello Stato”.

- Nuovi modelli di azione per lo Stato. Attraverso l’analisi di una serie di fenomeni recenti, il rapporto individua le cause della crisi dei più diffusi modelli di Stati contemporanei: lo Stato non può e non deve occuparsi di tutti gli aspetti della società, ma deve comunque garantire un governo reale dei processi economici e sociali, “che non punti soltanto alla sopravvivenza”. Se è vero che lo “Stato minimalista non può fare molti danni”, è anche vero che esso “non può fare neanche molto bene”. La garanzia di uno “Stato funzionante” diventa quindi un obiettivo prioritario delle società contemporanee, che si persegue mediante una strategia in due parti:

1.Prima linea di intervento: lo Stato come creatore delle condizioni per il funzionamento del sistema. La prima parte della strategia per costruire questo nuovo ruolo dello Stato consiste nel migliorare l’effettività e l’efficienza dell’uso delle risorse pubbliche. Il rapporto propone pertanto che lo Stato divenga il creatore “delle appropriate fondamenta istituzionali” per i mercati, operando non soltanto una scelta sul numero e sul tipo di interventi da realizzare, ma anche sulle metodologie da seguire per realizzare gli interventi stessi. Il ruolo in evoluzione degli Stati moderni richiede “una nuova messa a fuoco dell’efficacia e dell’effettività dell’intervento pubblico”, consolidando le fondamenta economiche e sociali dei diversi sistemi e valutando gli effetti e la praticabilità delle scelte che si intende operare.

2.Seconda linea di intervento: il rafforzamento delle istituzioni. La seconda strategia indicata dal rapporto, immediatamente collegata alla prima, prevede un effettivo riconoscimento delle capacità di intervento delle istituzioni pubbliche, che sono chiamate a gestire la trasformazione dell’economia e della società. Il necessario rafforzamento delle istituzioni si ottiene, per un verso, mediante la creazione di regole e limiti efficaci all’azione dello Stato (in tal senso il rapporto sottolinea, come già fatto dal FMI, la necessità di porre un freno alle opportunità di corruzione e all’azione arbitraria dello Stato); per altro verso, tuttavia, è indispensabile costruire istituzioni che siano in grado di guidare efficacemente il settore pubblico, di portare lo Stato più vicino ai cittadini e di facilitare azioni collettive di regolamentazione a livello internazionale.

Le prospettive future. Il rapporto si conclude con un invito ai paesi membri ad accettare la sfida dell’avvio e del sostegno delle politiche di riforma del settore pubblico, che consistono nella programmazione di una “agenda” di interventi che consenta progressivamente di rimuovere gli ostacoli che si oppongono al cambiamento. Il miglioramento delle capacità dello Stato, infatti, “non consiste soltanto nella predisposizione di regole tecniche, ma anche nella gestione ordinata ed integrata delle politiche istituzionali”.