Intervento in occasione della visita del Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran Seyed Mohammad Kathami


Roma, 03/09/1999


***Visita ufficiale in Italia del Presidente della Repubblica Islamica dell''Iran Seyed Mohammad Kathami***


Signor Presidente,



La accolgo con rispetto e con amicizia.

Con rispetto, perché Lei, come ha anche riconosciuto l’Organizzazione delle Nazioni Unite, sta compiendo uno sforzo di grande rilievo per inserire pienamente il suo Paese nel contesto delle relazioni internazionali.

Il Suo Paese si trova al crocevia di tre mondi, quello europeo, quello arabo e quello asiatico. Perciò lo sviluppo delle libertà e dei valori civili e sociali nel Suo Paese influirà in misura grande sul futuro dell’Europa e del Mediterraneo.

Anche l’Italia si trova ad un crocevia. Tra Nord e Sud del mondo, tra l’Europa forte e sviluppata e l’Europa che comincia ad uscire dalla tragedia dei regimi filosovietici.

Queste terre possono volta a volta essere confini o incroci, terre di muri e di fossati oppure terre di strade e di piazze, terre di divisione o terre d’incontro. Dipende principalmente da noi.

Il Suo sforzo tende a fare dell’Iran un luogo centrale per le sorti di quella parte del mondo e tende a farlo con gli strumenti della pace, del rispetto dei diritti umani, della giustizia e della libertà.

Lei ha detto, in un importante discorso tenuto alle Nazioni Unite, che uno degli obbiettivi dei politici illuminati è conciliare la giustizia con la libertà.

Ha aggiunto che nella storia dei popoli quando c’è un eccesso di libertà può soccombere la giustizia e quando c’è un eccesso di giustizia può soccombere la libertà. La ricerca di questo equilibrio è un problema di tutti i Paesi, anche perché non ci può essere giustizia se non c’è libertà e non ci può essere libertà senza giustizia.

L’Italia ha conquistato giustizia e libertà con una dura e sanguinosa lotta contro il nazifascismo. Noi sappiamo, per la nostra storia, che la conquista dei diritti umani di libertà può valere più della stessa vita.

Nell’antica filosofia greca, nelle garanzie giuridiche elaborate nel mondo romano, nel concetto cristiano di persona, nell’umanesimo del Rinascimento, negli obbiettivi della rivoluzione francese, i diritti dell’uomo hanno rappresentato una costante aspirazione dell’Europa e del mondo occidentale. L’Europa contemporanea ha un comune denominatore nella liberazione dal totalitarismo, nazifascista nell’Europa occidentale e comunista sovietico nell’Europa centrale.

Nel Suo libro, che viene oggi pubblicato in Italia, Lei invita il Suo paese ad acquisire le conquiste umane dell’Occidente, pur mettendo in guardia dalle nostre gravi malattie, dal colonialismo che non sempre usa la forza militare, perché esiste anche un colonialismo degli stili di vita, al consumismo.

Oggi, nell’Occidente, noi sentiamo che c’è il rischio che i valori vengano riconosciuti solo a chi riesce a vestirli di forza economica e vengano invece negati a chi questa forza economica non ce l’ha. Per combattere contro questo rischio sentiamo la necessità di riaffermare i valori della persona e della ragione, guardando al futuro e costruendone le condizioni, concependo l’impegno politico e quello sociale come trasmissione di valori. Sappiamo che oggi la nostra condizione umana è legata al rispetto dei diritti delle generazioni che verranno, al rispetto del principio di responsabilità, al rispetto delle differenze non solo perché sono ricchezze ma anche perché sono manifestazioni della vita e del pensiero degli altri uomini. Nel rispetto autentico delle differenze possiamo e dobbiamo trovare il nucleo dei valori comuni. La fatica della nostra condizione umana è legata a questo impegno che ci lega insieme, se siamo persone di onesta volontà, indipendentemente dalle nostre specifiche idee religiose, sociali o politiche.



Proprio perché siamo consapevoli della difficoltà di tutelare e sviluppare i diritti umani anche in questa parte del mondo, Le chiedo, ed in questo so di interpretare la volontà di tutta la Camera dei Deputati, che il Suo sforzo per la tutela dei diritti dell’uomo prosegua, che esso non si arresti, innanzitutto perché questo è giusto e poi perché sono certo che questo gioverà alla grandezza del Suo paese.

Auspico, con rispetto, che la tutela di tutti questi diritti divenga nel Suo Paese piena e profonda.



L’Iran ha conosciuto in venti anni una rivoluzione guidata da leaders religiosi e una guerra contro l’Irak durata otto anni, con centinaia di migliaia di vittime. Nel frattempo ha dovuto misurarsi con enormi problemi interni, con ondate di integralismo, con la difficoltà di affrontare i problemi posti dalla globalizzazione.

Ma il Suo Paese crede in Lei e nella Sua politica.

Il Suo è un grande Paese, ha enormi risorse intellettuali e manifesta una formidabile capacità di cambiamento. Metà degli iraniani ha meno di venti anni; questo non è solo un dato demografico.

Vuol dire che la Sua fatica per l’apertura ed il rinnovamento, nella tradizione sciita, può trovare fertile terreno nell’intelligenza e nella volontà di cambiamento che è propria dei giovani.

Vuol dire che questi giovani potranno aiutare l’Iran a svilupparsi nella giustizia e nella libertà e potranno essere i primi a godere dei vantaggi che il Suo Paese trarrà dalle riaperte relazioni internazionali.



Le ho detto all’inizio che La salutavo anche con amicizia.

E’ vero che ci siamo incontrati una sola volta, prima di oggi, a Teheran ed era la prima visita che il presidente di un parlamento occidentale faceva nel Suo Paese dopo il 1979. Ma nei mesi scorsi ho letto molti suoi scritti e la sequenza delle parole, che rivela la trama delle idee, mi ha fatto comprendere sino in fondo l’intensità del Suo impegno per il Suo Paese.

Lei ha scritto qualcosa che assomiglia profondamente alla nostra idea di democrazia quando ha ricondotto al popolo, alla volontà ed alla decisione del popolo la legittimazione di tutti i regimi politici ed ha aggiunto che se il popolo non volesse più uno Stato religioso questo Stato non avrebbe il diritto di imporsi con la forza. Questo principio è il credo fondamentale dei democratici di ogni parte del mondo, che fa sentire vicini ed amici tutti gli uomini e tutte le donne che si battono per difenderlo, per applicarlo e per svilupparlo.



Il futuro è aperto alle relazioni tra la Camera italiana ed il Parlamento iraniano. Con il Presidente Nateq Nouri, nel corso della sua visita dell’ottobre scorso, infatti, abbiamo firmato un protocollo che prevede forme di cooperazione parlamentare su materie di comune interesse, come la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, la preparazione ogni due anni di giornate parlamentari italo-iraniane, lo scambio di delegazioni parlamentari.

Siamo certi che questa collaborazione servirà anche a tutti i nostri parlamentari per conoscere meglio l’altro Paese e superare così pregiudizi che inevitabilmente si formano quando non ci si conosce.



Essa inoltre si inserisce in un ricco contesto internazionale.

I Presidenti dei 27 parlamenti dei Paesi che partecipano al processo euromediterraneo di Barcellona, riunitisi ieri per la prima volta a Palma de Mallorca, hanno infatti approvato una dichiarazione congiunta di cooperazione parlamentare, avviando così un sistema di relazioni permanenti e assumendo impegni comuni di notevole interesse per la stabilità e la sicurezza dell’area mediterranea.



In tale quadro, nella seconda metà di quest’anno si terrà in Italia un forum delle donne parlamentari dell’Europa e di tutti i Paesi del Mediterraneo. Il Suo non è un paese mediterraneo, dal punto dei vista della geografia, ma dal punto di vista della cultura, della storia, e dei progetti per il futuro appartiene pienamente a quest’area. Al forum verrà invitata anche una delegazione di parlamentari iraniane ed ho voluto anticiparlo in questa sede solenne perché Lei ha ottenuto alcuni importanti risultati in favore dei diritti delle donne e nella rottura di vecchie e polverose tradizioni; una donna è Suo Vicepresidente e ha contribuito all’aumento del loro peso nella società e nella politica iraniana e, ne sono certo, continuerà ancora su questa strada di libertà.





Signor Presidente,

Lei ha molto insistito nei suoi scritti e nei suoi discorsi politici sulla necessità che si riprenda un dialogo tra gli eredi delle quattro grandi civiltà del passato nel bacino del Mediterraneo: la persiana, l’egizia, la greca e la latina. L’ONU, dopo il Suo intervento, ha proclamato il 2001 anno del “Dialogo tra le civiltà”.

Il presidente del parlamento iraniano Nateq Nouri, ha proposto che le Camere di Iran, Italia, Grecia ed Egitto, e so che il presidente del Senato Italiano concorda, possano cooperare per una specifica iniziativa su questo tema. Il Presidente Nateq Nouri ha detto che i parlamenti che rappresentano i popoli possono concorrere nelle iniziative politiche necessarie perché si riprenda l’antica rete delle relazioni tra popoli che ha segnato la storia del Mediterraneo.

Il Presidente greco Kaklamanis ed il presidente egiziano Sorour si sono detti entusiasti dell''idea. Organizzeremo quindi, sulla scorta della Sua intuizione, un’iniziativa che coinvolga i Parlamenti dei Paesi eredi delle quattro grandi antiche civiltà che hanno percorso la storia di questa parte del mondo. Iniziativa che si affiancherà a quella intrapresa dai nostri governi.

Sam Huntington, in un libro che ha avuto un grande rilievo in molti Paesi occidentali, e che è certamente importante, ha scritto che il futuro del mediterraneo sarà segnato inevitabilmente da un grande conflitto tra le civiltà.

Noi siamo consapevoli di questo rischio e ci stiamo impegnando perché il futuro venga invece segnato da un grande dialogo tra quelle civiltà.

Noi crediamo che la storia degli uomini, nonostante tutte le sue cadute, può essere una storia di sviluppo e di pace e siamo qui insieme perché siamo impegnati per questo obbiettivo.



La saluto ancora, Presidente, con l’augurio che questa Sua visita costruisca amicizie, superi pregiudizi, cominci a costruire un futuro di libertà, di giustizia, di sviluppo e di pace per i nostri Paesi, per l’Europa, per il Medio Oriente e per tutto il Mediterraneo.

Questa opera gioverà alle generazioni future, che devono costituire la principale preoccupazione della politica, ma mi auguro che anche la nostra generazione possa cominciare a coglierne qualche frutto.