Saluto al Convegno Nazionale del Notariato


Roma, 01/29/1999


***Convegno promosso dal Consiglio Nazionale del Notariato***


Negli ultimi anni si è sviluppato in Italia un ampio dibattito sul futuro delle professioni intellettuali e sulla necessità di adeguarne il profilo e la regolamentazione al radicale mutamento delle condizioni che avevano per lungo tempo condizionato i loro caratteri e la loro disciplina.

La ricchezza di analisi e di proposte rischia tuttavia di essere schiacciata da una ricorrente rappresentazione delle diverse posizioni in gioco in termini di semplicistica contrapposizione tra fautori del cambiamento e fautori della conservazione.
Tra chi vorrebbe abbattere ogni difesa protezionistica delle professioni e chi vorrebbe invece difendere ad oltranza un sistema corporativo fondato sul privilegio.
Questo modo di rappresentare le questioni legate alla sorte delle professioni liberali è doppiamente fuorviante.
E’ fuorviante perché fa torto a quelle categorie professionali, tra le quali si distingue in modo particolare il notariato, che stanno coraggiosamente affrontando il problema della loro modernizzazione, e che costituiscono perciò la “punta avanzata” del mondo professionale.
E’ fuorviante, inoltre, perché fa perdere di vista il nodo centrale della discussione sul futuro delle professioni, che non è scelta tra la loro conservazione in termini tradizionali o il loro abbattimento, ma è quello della individuazione della funzione che esse possono svolgere nelle democrazie moderne.

Nelle società contemporanee il venir meno della “vecchia staticità” imperniata sullo Stato programmatore, lascia spazio ad una “nuova dinamicità” nella quale lo Stato non ha più la pretesa di regolare integralmente la vita economica, sociale, culturale, ma si pone l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini la possibilità di esercitare in modo pieno - come singoli, come membri di formazioni sociali, come soggetti economici, come attori impegnati nel sociale - i propri diritti e le proprie libertà.



In questo quadro assumono un rilievo del tutto nuovo le professioni intellettuali, che sono chiamate a mettere la loro esperienza, la loro competenza specialistica, il loro patrimonio di dignità e prestigio, il loro rigore deontologico al servizio di una “società difficile”, difficile come tutte le società contemporanee nelle quali la categoria della complessità è insufficiente a rappresentare gli intrecci, le distonie e le imprevedibilità .

Una società nella quale la velocità degli scambi e delle innovazioni tecnologiche, l’enorme “disponibilità” di informazioni, la mobilità del capitale e del lavoro possono offrire ai cittadini grandi opportunità o al contrario esporli a grandi pericoli a seconda che essi possano o contare meno - oltre che su istituzioni pubbliche agili e competenti - su ceti professionali leali e moderni.

Su competenze e mediazioni, cioè, capaci di fornire prestazioni di alto livello che non siano riservate a pochi e che consentano alle famiglie, alle imprese, ai singoli la possibilità di assumere scelte consapevoli e di realizzare in modo pieno la propria sfera di libertà e di autonomia.



Da qui occorre partire per ragionare sul futuro delle professioni cosiddette “protette”, per riflettere sulla attuale validità dei livelli di “protezione” tradizionalmente ad esse assegnati dall’ordinamento giuridico.

Per capire, al di là di ogni intento punitivo e di ogni schematismo ideologico, quanta parte di questa “protezione” sia oggi effettivamente rispondente alla loro nuova funzione sociale, e quanta parte invece sia da ritenersi il retaggio di “posizioni di privilegio”.

E’ questo, credo, un punto essenziale perché, nella discussione sull’eccesso di regolamentazione delle professioni intellettuali, non c’è solo la giusta volontà di eliminare rendite di posizione - laddove vi siano - e di allargare ai giovani di qualunque estrazione sociale le possibilità di accesso alle professioni. C’è anche la preoccupazione - che dovrebbe essere fatta propria in primo luogo dalle stesse professioni, e voi lo state facendo - sulla capacità del nostro sistema di confrontarsi con gli altri Paesi dell’Unione Europea, in termini di qualità dei servizi resi.

L’Unione Europea non è uno spazio bucolico, né una dimensione angelicata. E’ un duro terreno di scontro. Ciascun Paese per tutelare i propri cittadini e i propri interessi, anche nei confronti dei partners europei, deve funzionare come sistema, come complesso di forze che, senza abbandonare la normale dialettica democratica, abbiano una visione precisa del futuro del paese, degli interessi e delle priorità nazionali e che rispetto a questi fattori si muovano sinergicamente. Questo è il Paese-sistema che noi dobbiamo ancora costruire.



Il notariato italiano ha il merito di aver raccolto questa sfida, assumendo un atteggiamento di apertura, nella consapevolezza che la forza di un ceto professionale non può risiedere soltanto nella tradizione, seppur prestigiosa, o nella difesa di vantaggi acquisiti in passato, ma sta soprattutto nella capacità di rinnovarsi, di cogliere e di anticipare i cambiamenti, per non esserne travolti.

Il notaio di oggi non ha più niente a che fare con quella patetica figura dell’album canzonettistico italiano, che portava il mantello a ruota e considerava l’esercizio di questa professione una sorta di anticamera per un’onorata quanto rassegnata vecchiaia dei sentimenti.

Non altrettanto innovative riescono ad essere altre professioni tradizionali.

Questa capacità è dimostrata dal sempre maggior prestigio del notariato italiano sul piano internazionale, dal suo interesse per il rapido avvio della Scuola di formazione comune con i magistrati e gli avvocati, dalla sua determinazione nell’attività di modernizzazione dei metodi e delle tecniche di lavoro, ma soprattutto è dimostrata dalla sua disponibilità ad assumere un ruolo sempre più forte nello svolgimento di competenze delegate dallo Stato.



Attualmente i notai svolgono compiti di particolare rilievo sia in posizioni di ausilio del giudice (penso in particolare alla legge n.302 del 1998 in tema di espropriazione forzata e di atti affidabili ai notai, recentemente modificata dalla legge 399 del 1998 - di conversione del decreto-legge 328 del 1998 – che, tra l’altro, estende ai notai, anche in pensione, la possibilità di svolgere la funzione di giudici onorari aggregati), sia in posizione di ausilio della pubblica amministrazione (in materia di lotta contro il riciclaggio del denaro “sporco”, di funzionamento delle strutture catastali, di tutela urbanistica, di lotta contro l’evasione fiscale).

Oggi si propone di affidare ai notai anche la materia delle separazioni coniugali per quel che attiene gli aspetti di natura patrimoniale, alcuni profili della tutela degli incapaci, il controllo sulla circolazione dei beni culturali, il controllo sugli atti societari.

E’ questa una prospettiva interessante sia per lo sviluppo della professione notarile, sia per il vantaggio di cui si gioverebbero cittadini e imprese in termini di più efficiente esercizio di alcune funzioni pubbliche.



Penso, tuttavia, che su questo terreno occorra agire con senso strategico. L’attribuzione di nuovi compiti di rilevanza pubblica al notaio non può rappresentare una sorta di “canale di deiezione” rispetto alle difficoltà che si registrano nel funzionamento della giustizia e dell’amministrazione pubblica. Un trasferimento di compiti pubblici al notaio, che fosse privo di un asse strategico, oltre a produrre confusione di ruoli e di responsabilità, rischierebbe solo di spostare il disordine, non di realizzare un buon sistema di composizione dei conflitti.

Occorre invece assecondare questa prospettiva di ampliamento delle “funzioni pubbliche” del notaio, individuando una strategia per la quale la sede giurisdizionale sia davvero l’ultima ratio e, per converso, venga utilizzata e sviluppata la peculiare capacità del notaio di svolgere in modo capillare un controllo “preventivo” di legalità sul “flusso” di transazioni e di atti compiuti davanti a lui, in modo da ridurre i conflitti successivi.



C’è, poi, un altro orizzonte per la professione notarile - certamente compatibile con quello appena delineato – che è quello della maggiore presenza del notaio nell’attività di consulenza e di mediazione nell’attività interprivata.

Attualmente la domanda di mera consulenza giuridica ai notai copre appena il 6,3% dell’intera domanda della popolazione. La percentuale rimane bassa (12,3%) anche se riferita alla domanda complessiva che viene dal mondo degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei professionisti. Resta invece molto alta l’incidenza sul totale della domanda della attività relativa alla compravendita di autoveicoli, che rappresenta più del 50% dei casi di ricorso al notaio.

La molteplicità delle forme di manifestazione dell’autonomia negoziale, dovuta alla trasformazione costante dei rapporti economici, commerciali, sociali non può oggi essere inseguita da una tipizzazione legislativa continua da parte dello Stato, che rischierebbe di compromettere la libertà dei privati attraverso discipline troppo penetranti, vincolistiche e minuziose.

D’altro canto la necessità di tutelare la persona nei suoi diritti fondamentali (pensiamo al contraente debole, al consumatore, al socio di minoranza, al risparmiatore) non può far pensare ad una illimitata capacità autoregolativa del mercato, rispetto alla quale non rimanga altro che una funzione “meramente ricognitiva” del notaio, e una funzione “riparatrice” del giudice.

E’ meglio, invece, sviluppare una linea di intervento del legislatore di tipo “selettivo”, coerente con la necessità di regolare per legge non tutte le nuove e diverse forme di manifestazione dei rapporti tra privati, ma solo quelle che, generando gravi situazioni di incertezza, possono incidere negativamente sui diritti fondamentali della persona.

Dall’altro lato occorre una politica di “prevenzione” del carico giudiziario, che si realizzi anche attraverso il rafforzamento del ruolo attivo dell’attività notarile, non in termini di “sostituzione del giudice”, ma in termini di garanzia della rispondenza delle forme sempre nuove della libertà dei privati ai principi dell’ordinamento, e quindi come garanzia di legalità dei comportamenti e di certezza dei rapporti giuridici.



Questo orizzonte di arricchimento della professione è tanto più rilevante in quanto destinato a dare risposte all’incontro tra esperienze giuridiche di tipo diverso.

Sono sempre più numerosi i contratti, le transazioni commerciali, le operazioni economiche che hanno come protagonisti soggetti appartenenti a sistemi di regole differenti e spesso non compatibili tra di loro.

Tutto questo richiede alle professioni la consapevolezza di operare in un “orizzonte di regole” molto più vasto e complesso rispetto al passato e impone la necessità non solo di arricchire e aggiornare costantemente il proprio patrimonio di conoscenze, ma anche di affinare una nuova sensibilità verso la progressiva costruzione di una “cultura giuridica europea”.



Il notariato ha oggi la possibilità di sfruttare di più e meglio sul piano sociale la propria competenza, la propria capacità di ascolto e di consulenza delle parti, il proprio ruolo di composizione degli interessi in modo aderente ai valori e alle regole dell’ordinamento, la propria funzione di garanzia della sicurezza e della speditezza delle transazioni.



Per questo è necessario che i servizi notarili siano sempre più alla portata dei cittadini, delle aziende, delle associazioni, sia in termini di efficiente presenza dei notai sul territorio nazionale, sia in termini di accessibilità economica.

Occorre infine riflettere sulla struttura delle tariffe degli ordini professionali, soprattutto con riguardo al costo delle prestazioni che hanno come destinatari prevalenti i soggetti non economicamente forti, come le piccole imprese, le famiglie, i singoli cittadini, le organizzazioni non lucrative.



Non ignoro che tutti questi temi sono alla vostra attenzione.

Per questo sono convinto che la vostra riflessione e il vostro impegno possano offrire oggi un saldo punto di riferimento a tutti coloro che guardano alla modernizzazione del paese e della sua struttura sociale come un processo che nasca dalla parte attiva e propositiva della società, da quella parte nella quale voi, con la vostra capacità di modernizzazione, avete acquisto piena cittadinanza.