Per non dimenticare. Le nuove generazioni davanti alla sfida della memoria


Roma, 01/27/1999


***Presentazione nazionale dell''Associazione Figli della Shoah***


"Nel cuore di questa civile Europa – scrive Primo Levi nella Testimonianza per Eichmann - è stato sognato un sogno demenziale, quello di edificare un impero su milioni di cadaveri e di schiavi. Il verbo è stato bandito sulle piazze: pochissimi hanno rifiutato, e sono stati stroncati, tutti gli altri hanno acconsentito, parte con ribrezzo, parte con indifferenza, parte con entusiasmo. Non è stato solo un sogno, l''impero, effimero impero, è stato edificato; i cadaveri e gli schiavi ci sono stati".
Uno degli obiettivi fissati nello Statuto della vostra Associazione è l''impegno attivo per tramandare alle giovani generazioni la memoria della Shoah attraverso attività di collaborazione con le scuole e le altre istituzioni didattiche e culturali.
Si tratta di un obiettivo fondamentale che diviene sempre più importante di fronte alla distanza temporale crescente che ci separa da quei fatti, alla scomparsa dei testimoni e della loro memoria vivente, di fronte al tentativo di cancellazione della memoria e della storia operata attraverso le tesi revisioniste o negazioniste.
Non bisogna confondere la memoria con il ricordo.

Il ricordo è un pezzo del passato isolato dal suo contesto, messo in una cornice. La memoria è invece il senso, il significato profondo di una vicenda passata e lo sforzo di raccordarla al presente. La memoria comporta sempre una fatica, spesso dolorosa, il ricordo no, il ricordo è passività. La memoria è uno sforzo ed un passaggio essenziale per capire, per mettere a confronto la forza della propria coscienza e dei propri valori di fronte ai fatti della storia, di fronte alla terribile banalità del male e all''indifferenza che allora fu di milioni di uomini in Italia ed in Europa e che ha rischiato di riproporsi di fronte ad eccidi o a genocidi che si sono perpetrati ancora nel mondo, dopo la fine di quella tragedia che si è inverata per 7 anni.

Nell’ultimo anno abbiamo visto due bei film sulla Shoah “La vita è bella” di Roberto Benigni e “Train de vie” di Radu Mihaileanu. Entrambi presentano quella tragedia in modo non abituale, sostituendo il sorriso al raccapriccio. Possono essere utili per richiamare alla mente i valori che allora furono soppressi. Tuttavia, fermo che si tratta di due splendidi film, non si può non rilevare che il sorriso senza la memoria e la conoscenza può diventare la soglia della dimenticanza.



Conoscere e capire sino in fondo ciò che accadde negli anni della discriminazione e dell''indifferenza, approfondire le riflessioni sulle responsabilità, capire le ragioni della rimozione costituiscono gli elementi indispensabili per la costruzione di un nucleo di valori comuni attorno ai quali far crescere e rafforzare un''identità nazionale e repubblicana, che sia da tutti condivisa, perché il nostro Paese possa avere più forza civile.



La Camera dei deputati ha voluto contribuire direttamente a questo sforzo con la pubblicazione il 14 dicembre scorso, in occasione del 60° anniversario dell''approvazione delle leggi razziali, di un libro destinato agli studenti delle scuole medie superiori che raccoglie le riflessioni dei Capi di Stato dell''Italia, della Francia, della Germania, di Israele, della Repubblica ceca e degli Stati Uniti e tre saggi sulla realtà ebraica in Italia, sulla legislazione razziale nel nostro Paese e sull''antisemitismo europeo. Accanto a questi contributi abbiamo voluto dare agli studenti gli strumenti per una conoscenza diretta della legislazione antiebraica, pubblicando le principali leggi italiane approvate, gli atti amministrativi e i lavori parlamentari sull''argomento.

L''obiettivo è quello di rinnovare la memoria e, partendo da una pagina tragica della storia del Novecento, richiamare la riflessione dei giovani sulla lotta al razzismo anche nella società contemporanea per contribuire alla costruzione dei valori comuni nell’Italia di domani.

E'' un''iniziativa che si affianca alla vostra ed all''importante contributo delle comunità ebraiche italiane per la diffusione della conoscenza della Shoah in particolare attraverso la collaborazione alle iniziative di visite delle scuole ai campi di sterminio avviate, a partire da quest''anno scolastico, dal Ministro della Pubblica Istruzione.

Conoscere i fatti e i luoghi di questa pagina della nostra storia significa anche offrire alla riflessione delle giovani generazioni un elemento fondamentale per comprendere la storia di questo secolo.

Il confronto diretto con i "monumenti" silenziosi ed agghiaccianti dello sterminio - dalle carte dei censimenti agli edifici dell''annientamento fisico degli ebrei, dei prigionieri politici, degli zingari, dei portatori di handicap fisici e psichici, degli omosessuali - insegnano ai giovani la necessità di “entrare nel nuovo secolo” forti di una “ragione” moderna, che non può essere più la razionalità assolutistica, cui affidarsi ciecamente, ma una ragione guidata dal principio di responsabilità dell’uomo di fronte a se stesso e di fronte agli altri uomini.

Accanto a questo impegno occorre far sì che tutto il Paese possa ricordare, in un giorno particolare, i milioni di bambini, di donne e di uomini che vennero deportati nei campi di concentramento tra il 1939 ed il ''45. Un disegno di legge in discussione al Senato propone che questa giornata sia il 27 gennaio, il giorno della liberazione del campo di Auschwitz. Auspico che le forze politiche presenti in Parlamento possano trovare al più presto un accordo affinché questo disegno di legge venga approvato dalle due Camere e che il 2000 sia per l''Italia il primo anno in cui vengono commemorate tutte le vittime della deportazione e dello sterminio nazifascista.

Io credo che queste iniziative siano il modo concreto con cui la nostra generazione fa propria la considerazione di Gershom Scholem che, alcuni anni fa, dichiarava "per quanto sublime possa essere l''arte del dimenticare noi non possiamo praticarla" (Ebrei e tedeschi, 1966).



Sui lager si è scritto più che sul principio di discriminazione. Eppure Auschwitz non sarebbe esistito senza quel principio. Auschwitz nel suo universo di dolore pianificato e indicibile ci sembra non possa mai più tornare. Ma la discriminazione che è alla sua radice, invece sì; a volte la vediamo sulle strade, negli stadi di calcio, qualche volta persino nelle scuole e allora anche la fiducia nella non ripetibilità di Auschwitz si incrina.

Il razzismo, infatti, è forse proprio l’aspetto del fascismo e del nazismo che può ritornare e che può diventare lo scoglio più duro perché il futuro sarà sempre più della multietnicità.

Uno dei caratteri fondamentali dell’umanità nei prossimi decenni infatti sarà il fenomeno migratorio.

All''emigrazione “povera”, fatta di persone che sfuggono alla fame, alla miseria, alla persecuzione, si sommerà un''emigrazione “ricca” di professionisti capaci che sceglieranno nel mondo i lavori più soddisfacenti e più retribuiti. Per queste ragioni la multietnicità è il futuro del mondo ed i paesi più forti nell’economia, nella scienza e nella cultura, saranno e sono già oggi i paesi con un più alto coefficiente di multietnicità. Ma non tutti comprendono che questo è il futuro e che questo futuro dev’essere affrontato con serenità e fermezza, deve essere governato e non respinto.

E'' una consapevolezza che dobbiamo contribuire insieme a far crescere nel Paese.

Sicurezza delle città e integrazione dei cittadini non comunitari nel nostro paese, non sono obiettivi contrapposti, sono entrambi parte fondamentale di una politica dell’immigrazione moderna, che affronta i problemi con senso della realtà ed è capace di risolverli.



Chi ha paura o non capisce può diventare razzista.

Nel mondo di oggi ciascuno di noi può diventare improvvisamente minoranza, per il suo aspetto fisico, per le sue scelte sessuali, per la sua fede religiosa o per l’assenza di fede religiosa, per il suo stile di vita. Apparteniamo tutti in realtà ad una somma di minoranze o, meglio, apparteniamo a maggioranze o minoranze fluide che possono improvvisamente cambiare di segno, a seconda del momento, delle condizioni sociali e culturali.

Più che mai oggi è attuale, per dare concretezza alla democrazia, il richiamo alla lotta contro il razzismo e contro ogni forma di discriminazione. Non si tratta di riaffermare il vecchio concetto di tolleranza, che presuppone la divisione in tollerati e tolleranti. Occorre costruire il concetto ed il costume della convivenza tra diversi che si rispettano reciprocamente.

Dobbiamo conquistare al valore della convivenza e del rispetto reciproco anche chi invece è convinto di difendersi con il rifiuto e la diffidenza verso chi è diverso da sé. Non dobbiamo essere razzisti con i razzisti.

In questo modo possiamo concretamente sperare che non si costruiscano, ancora, i nemici.

Insieme dobbiamo condividere l’impegno affinché nel presente e nel futuro essere diversi non significhi mai più essere discriminati.

La capacità di lottare contro la discriminazione che costituisce la più grave forma di iniquità sociale è uno dei capisaldi della dignità di uno stato democratico.

Sta al nostro lavoro comune farla divenire uno dei cardini nella formazione delle generazioni che non hanno conosciuto direttamente il nazismo ed il fascismo, in quella trasmissione di valori, sentimenti, ideali che da un senso alla vita e permette che la vita abbia un senso.