Cinquantesimo anniversario dell''Alleanza Atlantica: una nuova NATO per una nuova Europa


Roma, 01/25/1999


***Conferenza promossa dall''Istituto affari internazionali e dal Centro Studi di Politica Internazionale***


Innanzitutto, con il Presidente del Senato Nicola Mancino, intendo ringraziare gli organizzatori di questo convegno per avere scelto una sede Parlamentare per riflettere insieme in ordine al futuro dell''Alleanza Atlantica a 50 anni dalla sua costituzione.



Vedo in questa scelta anche il riconoscimento dell’opportunità di rafforzare i rapporti tra Nato e sedi parlamentari, a partire dall’Assemblea dell’Atlantico del Nord. Come è stato sostenuto nel rapporto del senatore statunitense Roth, La Nato nel XXI secolo, tenuto all’Assemblea dell’Atlantico del Nord nell’ottobre scorso, l’efficacia e la vitalità politica della Nato dipendono in ultima analisi dal sostegno dei parlamenti e dell’opinione pubblica dei paesi membri. Analogo concetto è stato espresso dalla collega Boothroyd, speaker della Camera dei Comuni, nel novembre scorso ad Edimburgo nel corso della seduta dell’Assemblea dell’Atlantico del Nord.



Non si tratta di clausole di cortesia.

Anche stamane, nel corso di numerosi ed autorevoli interventi, si è sottolineata l’esigenza di una ridiscussione dei nuovi compiti della Nato, in attuazione degli originali valori fondativi ma consapevoli del grande mutamento del contesto internazionale. E’ evidente che questi nuovi compiti, qualora, come è prevedibile, comportino un aggiornamento delle regole costitutive, richiederanno deliberazioni parlamentari. Ed anche se tali deliberazioni non saranno formalmente richieste saranno inevitabile approfondimenti ed indirizzi parlamentari impegnativi per i governi.



Si aggiunga che, se come è stato anche qui auspicato, auspicio che condivido, l’Europa riuscirà a presentarsi unitariamente sul fronte della politica della Difesa e della politica Estera, questo richiederà variazioni nel budget della difesa di molti Paesi. Entrambe le eventualità, una politica comune europea su questi fronti e l’incremento delle spese per la difesa richiederanno necessariamente oltre alla responsabilità dei governi, le responsabilità dei parlamenti e delle singole comunità nazionali.



Si discute, a proposito dei nuovi compiti, di terrorismo, di criminalità organizzata e di problemi che potranno venire dal Mediterraneo.



Il terrorismo è un pericolo concreto e presente per le nostre democrazie. Una riflessione comune sul terrorismo si impone, anche per le storie diverse che hanno avuto le diverse organizzazioni che oggi praticano il terrorismo, e per la difficoltà di un’accezione comunemente condivisa di questo fenomeno e delle relative risposte. Anche per questo obbiettivo sarebbe utile un impegno parlamentare.



Una sola parola sulla questione della criminalità. Per meglio dare l’idea della potenza delle attuali grandi organizzazioni criminali prendo in prestito alcune immagini della strategia bellica. Non c’è mai stato nella storia recente dell’umanità un esercito tanto numeroso, quanto quello costituito dagli appartenenti alla criminalità organizzata, con una pari facilità di ricambio di caduti e prigionieri, con una pari capacità di armamento; con una disponibilità finanziaria pari al 2% del PIL mondiale; così capace di utilizzare mezzi, sedi, apparecchiature, servizi ed istituzioni dell’avversario, cioè nostri, degli Stati democratici ed avanzati; così mimetizzabile con il nemico, che sarebbe costituito, sempre, dagli Stati democratici ed avanzati. Si aggiunga che in alcuni paesi di recente democrazia, la grande criminalità abusa della mancanza di esperienza e della fragilità delle nuove istituzioni, e riesce ad insediarsi con tutte le sue forme, dalla violenza alla corruzione, condizionando anche taluni aspetti della vita delle nazioni. Secondo il rapporto 1997 delle N.U. il traffico di stupefacenti genera da solo 400 miliardi di dollari, pari all’8% del commercio mondiale. Questi sono i dati. Spetterà poi a chi ne ha la responsabilità, a partire dal prossimo incontro di aprile a Washington, trarre da questi dati le decisioni compatibili con la struttura della Nato. Io sottolineo che la grande criminalità è oggi un grande problema politico internazionale e non più solo un ingombrante problema nazionale, giudiziario o di polizia.



Il presidente Spini ha richiamato stamane con particolare efficacia l’esigenza di guardare al fianco Sud. Il Mediterraneo è una grande occasione per l’Europa e per tutto l’Occidente; non è solo un rischio. Può diventarlo se alcuni di noi da questa parte del mondo si ostinassero a considerarlo tale. Indipendentemente dalle scelte che si vorranno prendere, abbiamo il dovere di costruire una grande azione diplomatica dell’Europa verso il Mediterraneo, il vicino Medio Oriente ed il cosiddetto Grande medio oriente. Nel 2020 meno del 20% della popolazione mondiale vivrà nei paesi sviluppati. La mancanza d’acqua in Medio Oriente potrebbe provocare grandi conflitti. Nel mondo ci sono circa 200 bacini fluviali che attraversano più nazioni, dei quali 57 in Africa e 48 in Europa. Se un Paese pensasse di sbarrare nel proprio territorio le acque di un fiume che sinora ha diviso con altri, saranno inevitabili nuove tensioni e nuovi conflitti, tanto più che l’acqua è più necessaria del petrolio. In alcune regioni dell’Africa e del Medio Oriente l’accesso alle risorse idriche è già minacciato. Progetti di dighe in Europa Centrale e in Turchia sono all’origine di forti tensioni.



I rischi, insomma, non sono più quelli di 50 anni fa; ma possono essere non meno gravi. Ed una ridiscussione dei compiti della Nato per i prossimi decenni è ineludibile.



Al fine di concorrere a questo processo, difficile ma entusiasmante perché riguarda il nostro futuro immediato e la vita dei nostri figli e nipoti, potrebbe essere utile convocare una Conferenza straordinaria che riunisca delegazioni parlamentari degli Stati rappresentati nell’OSCE (organizzazione dove sono rappresentate l’U.E., la UEO allargata agli osservatori e la NATO) dei paesi dell’Europa centro orientale e la Russia, se possibile.

Le delegazioni parlamentari nazionali dovrebbero essere composte dai rappresentanti delle commissioni esteri e difesa dei parlamenti e dai rappresentanti delle delegazioni presso le Assemblee internazionali. Prima della Conferenza si potrebbe organizzare un dibattito nei parlamenti nazionali con i rispettivi governi al fine di definire posizioni e primi indirizzi.



Prima di chiudere permettetemi di rivolgere un ringraziamento a tutti coloro che in questi cinquant’anni a volte con duri sacrifici hanno difeso nella Nato i valori della democrazia, delle libertà individuali e dello Stato di diritto.