Il processo parlamentare euromediterraneo: da Barcellona a Palma di Maiorca


Palma di Maiorca, 03/08/1999


*** Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euromediterranei***


Tutti gli interventi che si sono succeduti fino ad ora hanno condiviso l’opportunità di procedere nel nostro lavoro ed hanno sottolineato la volontà politica necessaria per svolgere questo compito.

Esistono molti modi per parlare del Mediterraneo, da quelli di carattere estetico a quelli di carattere politico.

Io accennerò a due temi politici.

La conferenza di Barcellona ha rappresentato una svolta nei rapporti tra Unione Europea e Paesi del Mediterraneo. Per la prima volta, probabilmente, il Mediterraneo non è stato visto nel tradizionale contesto Nord-Sud, ovvero nel rapporto tra aree sviluppate ed aree in via di sviluppo, ma è stato visto come un obiettivo che attiene la qualità della vita e delle relazioni sociali, economiche, umane all’interno di una regione, da trattare con una visione globale e non più solo bilaterale.

E’ perciò sbagliato interpretare l’azione verso il Mediterraneo come un bilanciamento della politica di apertura ai Paesi del Centro Europa. Si tratta di due orizzonti diversi. Nel secondo caso siamo sul terreno della ricostituzione dei confini “naturali” dell’Europa, dopo il crollo del sistema sovietico.

La questione del Mediterraneo, invece, ha un significato strategico del tutto nuovo perché riguarda la pace, lo sviluppo, la stabilità che va costruita insieme, da tutti, con pari doveri e responsabilità. Si tratta di una sfida comune all’Unione Europea ed ai paesi non europei del Mediterraneo. Non si tratta di far rivivere confini e relazioni del passato, ma di costruire un futuro inedito. Sono due impegni diversi, parimenti importanti, ma diversi.



Un obbiettivo fondamentale del patto di Barcellona è la costituzione entro il 2010 di una zona di libero scambio che dovrà essere preparata attraverso tappe successive dirette ad eliminare progressivamente i vincoli doganali e di altra natura nelle relazioni commerciali. Un’area di libero scambio non è solo un mercato; quando viaggiano le merci, viaggiano liberamente anche le persone e le idee ed è proprio la circolazione delle persone e delle idee che può favorire la costruzione dello sviluppo e della pace nella giustizia. Si tratta di un obbiettivo di straordinario rilievo che può mettere in sinergia gli sforzi di tutti i partecipanti per costruire un nuovo sistema di rapporti in questa parte del mondo. Un sistema regionale aperto alla creazione di un più vasto sistema mondiale che metta in relazione le tre grandi aree economiche del Pianeta.



Un modello di riferimento e che ha avuto successo è l’esperienza della Comunità europea che ha creato un mercato comune partendo dall’instaurazione di un’unione doganale.

Potrei dire, sinteticamente, che ci muove un sentimento di “fiducia nel mediterraneo”.



Il futuro di una parte considerevole del mondo dipende dalla pace, dallo sviluppo, dal rispetto dei diritti umani nel bacino del Mediterraneo. Le vicende delle relazioni tra Israele e i palestinesi, i conflitti attorno a Cipro, l’aggressione del terrorismo in Algeria, le vicende che hanno coinvolto la Libia e che tutti noi speriamo possano risolversi positivamente, non attengono solo gli equilibri della regione mediterranea, ma vanno molto al di là dei suoi confini e riguardano soprattutto l’Europa.

Sulle rive sud ed est del Mediterraneo vivono 140 milioni di persone con un tasso annuo di crescita demografica superiore al 2%. Lo squilibrio tra la riva europea e quelle extraeuropee è tra i più alti del mondo. Questi paesi hanno un prodotto interno lordo pari alla metà di quello italiano, ma un numero di abitanti pari al triplo degli italiani.

I problemi di quest’area tenderanno inevitabilmente ad interessare tutta l’Europa.



D’altra parte, i paesi non europei del Mediterraneo non hanno molti motivi per essere soddisfatti dei rapporti con l’Europa.

Le politiche dell’immigrazione tendono troppo spesso a trasformarsi in politiche di polizia; i fondi MEDA hanno promesso più di quanto hanno mantenuto; il problema della riduzione o dell’azzeramento del debito dei paesi poveri non è ancora affrontato con sufficiente determinazione; l’Europa non ha ancora una propria politica estera comune; in molti paesi non europei c’è la preoccupazione di una colonizzazione da parte degli stili di vita, dei consumi delle ideologie proprie della società europea.

Troppo spesso, in definitiva, per ragioni diverse, da una parte e dall’altra, tende a prevalere una visione non equa dei rapporti con i paesi non europei del Mediterraneo e a volte in questi Paesi c’è distacco o disinteresse per i problemi che ai paesi europei possono venire dal Mediterraneo.



Tuttavia esistono questioni come quelle dei processi di pace, della immigrazione, della criminalità organizzata, del terrorismo, dello sviluppo, dei diritti umani, e molti altri, che possono utilmente essere affrontati e risolti solo se lavoriamo insieme, e che non possono essere risolti se non lavoriamo insieme.

Di fronte alla loro complessità e al loro peso, ciascuno di noi avrebbe potuto e potrebbe ancora chiudersi nel proprio guscio nazionale e lasciare languire le parole del patto di Barcellona.

Non è stato così perché ci muove l’idea della non separabilità del destino dell’Europa dal destino del Mediterraneo e viceversa.



Quale può essere in questo quadro la specifica azione dei presidenti dei parlamenti? Le nostre responsabilità non sono le stesse dappertutto. Perciò bisogna scegliere un livello di azione che consenta a tutti, o al maggior numero di noi, di operare per gli obbiettivi comuni. D’altra parte, indipendentemente dai poteri dei presidenti, le delegazioni parlamentari si muovono nel Mediterraneo e la diplomazia parlamentare si sviluppa. Ed è significativo il crescente interesse dei Paesi del Nord Europa per quest’area. Si è già svolto a Bruxelles il Forum parlamentare Euromed e si terrà a Stoccarda, per iniziativa del cancelliere Schroeder, il prossimo vertice governativo euromediterraneo



Il compito principale del forum dei presidenti sembra essere oggi quello di cooperare per la creazione delle condizioni immateriali necessarie per la costituzione della zona di libero scambio entro il 2010. Non sta a noi stipulare trattati, ma noi possiamo agevolarne la ratifica; non sta a noi investire nei piani Meda, ma sta ai parlamenti agire perché gli impegni assunti sul piano internazionale siano rispettati. Noi possiamo favorire incontri tra le donne parlamentari, possiamo istituire un sito Internet dove venga riportato tutto ciò che i nostri Paesi fanno in relazione al Mediterraneo, nei Parlamenti, nelle Università, nelle scuole, nelle diverse associazioni. Possiamo favorire incontri tra giovani, possiamo contribuire a determinare l’agenda delle riunioni delle delegazioni parlamentari, contribuire alla lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e la corruzione proponendo modelli legislativi sulla base delle nostre diverse esperienze, che chiunque, poi, potrà mutuare con le correzioni del caso.

Un altro terreno assai rilevante è la semplificazione e l’armonizzazione legislativa, in vista della creazione della zona di libero scambio.

Sullo sfondo c’è la funzione di persuasione morale che i presidenti dei parlamenti hanno quasi per definizione nei confronti dei loro colleghi parlamentari e del governo.

Tra i diversi Paesi del Mediterraneo e dell’Unione Europea sono spesso gli interessi economici che spingono a stare insieme e spesso le incomprensioni culturali ci spingono a separarci.

Un processo di comprensione culturale è il presupposto per la pace e lo sviluppo. E noi a questo processo possiamo dare un contributo specifico e non sostituibile.