Intervento all''Unione interparlamentare 100a conferenza


Mosca, 09/08/1998


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Le Assemblee elettive democratiche affrontano oggi una trasformazione che nasce dal cambiamento delle condizioni che ne avevano determinato gli attuali caratteri nella prima metà del secolo scorso.

La globalizzazione dell’economia e delle telecomunicazioni, insieme alla fine della “guerra fredda”, ha aperto una nuova fase della democrazia.

In questa fase la rappresentanza, che è il fondamento dei Parlamenti, deve coniugarsi con la capacità di decidere velocemente, come richiede la globalizzazione.





Sono due, a mio giudizio, i passaggi fondamentali.



1.Il primo passaggio è l’individuazione di un giusto equilibrio tra rappresentanza e decisione all’interno delle Assemblee elettive.

La complessità crescente della società e dell’economia produce un bisogno sempre più forte di sintesi e di decisioni rapide e richiede, quindi, un rafforzamento del ruolo dei Governi.

In questo quadro le Assemblee elettive rischiano di essere relegate ad un ruolo di ratifica delle decisioni degli Esecutivi e di rappresentanza puramente verbale degli interessi esistenti nel Paese.

Di fronte a questo rischio sarebbe sbagliato per i Parlamenti contrapporre la propria funzione rappresentativa alla crescente necessità di decisione dei governi. Questa contrapposizione porterebbe inevitabilmente alla frattura della coesione istituzionale.

Avremmo, cioè, o Parlamenti impegnati a dar voce all’universo sempre più vasto di interessi di categorie e settori della società, ma incapaci di tradurre questa funzione di rappresentanza in decisioni certe e tempestive per i cittadini. Oppure Governi capaci di assumere decisioni rapide, ma prive di una base di confronto e di mediazione politica e quindi idonee a innescare conflitti sociali.

Entrambe le prospettive sono incompatibili con le esigenze di una democrazia moderna.

I Parlamenti devono invece trovare una nuova, forte legittimazione interpretando la funzione di rappresentanza come capacità di far affiorare, di approfondire e di discutere i bisogni generali della società, per poi assumere con rapidità e competenza quelle scelte legislative strategiche sulle quali possa efficacemente poggiare la funzione di risposta quotidiana dei Governi.

In questo quadro, l’attribuzione ai Governi di molta parte delle decisioni specifiche e settoriali, non sarebbe per i Parlamenti una “perdita di sovranità”, ma un modo più razionale di esercitarla nell’interesse dei cittadini.

I Governi avrebbero infatti una maggiore capacità di dare risposte adeguate alla velocità di trasformazione della società. Mentre le Assemblee elettive avrebbero più tempo e più risorse da dedicare alle grandi scelte politiche di indirizzo e di guida. Potrebbero inoltre esercitare in maniera più incisiva quella fondamentale funzione democratica che è il controllo parlamentare sulle decisioni del Governo.





2.Il secondo passaggio è la costruzione di una rete di cooperazione tra Parlamenti, che non sia alternativa all’azione internazionale dei Governi, ma al contrario ne rafforzi la capacità di risposta ai problemi che nascono dalla globalizzazione, dal divario tra Nord e Sud del mondo, dall’esplodere di violenze e conflitti.

In questi ultimi anni si sono moltiplicati i rapporti fra Parlamenti, sia in sede bilaterale, sia attraverso forme di collaborazione all’interno di determinate aree geografiche o su questioni specifiche.

Queste iniziative sono sicuramente utili, e vanno incoraggiate, perché consentono alle Assemblee elettive di lavorare su obiettivi concreti e di portare le rappresentanza parlamentari dei singoli Stati a confrontarsi su problemi che non possono più essere adeguatamente risolti in una dimensione puramente nazionale.

Ciò che occorre evitare, di fronte al moltiplicarsi di queste utili iniziative di cooperazione, è il rischio della frammentazione e della dispersione.

Noi dobbiamo assicurare che la rete di relazioni tra Parlamenti sia razionale e coerente, perché solo in questo modo le nostre Assemblee – che rimangono il fulcro dei sistemi democratici – potranno svolgere un ruolo efficace al fianco degli Esecutivi.



Una proposta concreta per ottenere questo obiettivo è quella – suggerita dal Presidente Martinez – di una riforma che faccia dell’Unione Interparlamentare il versante parlamentare dell’ONU, attraverso una assemblea articolata al suo interno in sezioni specializzate che potrebbero collegarsi alle delegazioni parlamentari presenti nelle diverse organizzazioni internazionali.

Il mio auspicio è che questo progetto possa già realizzarsi in occasione della riunione dei presidenti dei parlamenti di tutto il mondo che si dovrebbe tenere a New York nell’anno 2000.

In questo modo potremmo costruire delle politiche organiche, capaci di dare maggior forza e significato al nostro lavoro comune.