55° anniversario della resistenza della Divisione Acqui a Cefalonia


Roma, 09/22/1998


***Commemorazione promossa dalla Camera dei Deputati***


Pochi anni fa, in un convegno dell''Istituto storico della Resistenza in Piemonte, si è chiesto quale fosse effettivamente, nella memoria del Paese, il rilievo dei fatti di Cefalonia e si è sostenuto che vi è un debito etico-politico della Repubblica nei confronti degli oltre 600.000 militari italiani che si ritrovarono dopo l''8 settembre isolati e separati dal loro Paese, costretti ad affrontare da soli una realtà militare e politica repentinamente mutata.
Per molti anni la straordinaria impresa militare e civile della Divisione Acqui è rimasta ai margini della nostra memoria collettiva.

L’8 settembre il comando tedesco presente sull''isola ordina al generale Gandin, comandante della Divisione Acqui, che ogni postazione occupata dal nostro esercito venga ceduta insieme a tutto l''armamento in dotazione.

Ma da Atene, sede del comando delle truppe italiane di stanza in Grecia, gli ordini che giungono a Cefalonia sono contraddittori. Dopo un primo ordine, che impone di mantenere le postazioni e di reagire solo ad atti di violenza armata provenienti dai tedeschi, lo stesso comando dispone di lasciare all''esercito nazista tutte le artiglierie e le relative munizioni. Il Comando Supremo di Brindisi per alcuni giorni non fornisce indicazioni precise, mentre gli ultimatum nazisti si fanno sempre più stringenti e vengono massicciamente rinforzati i contingenti militari tedeschi sull''isola.

Di fronte a questa situazione, oltre 11.000 tra soldati ed ufficiali italiani, decidono insieme di resistere.

Per iniziativa del generale Gandin quella scelta fu assunta attraverso una consultazione di tutti i militari, dei sottufficiali e degli ufficiali. Nella notte tra il 13 ed il 14 settembre ad ogni soldato vennero sottoposte tre opzioni: continuare a combattere a fianco dei tedeschi, cedere le armi, combattere contro i tedeschi. La terza opzione raccolse il 100% dei pronunciamenti.

Il giorno dopo l''aviazione tedesca inizia a bombardare le postazioni italiane.

Fu uno scontro durissimo. Ne sono testimonianza le cifre delle vittime. I tedeschi morti in combattimento furono circa 230, i militari italiani oltre 1300. Ma in esecuzione degli ordini provenienti dal quartier generale di Hitler altri 5000 soldati italiani furono vittime di esecuzioni sommarie avvenute nel corso degli scontri e dopo la resa. 1350 moriranno nel corso del trasporto verso i campi di concentramento.

Dal Diario di Enrico Zampetti, sottotenente della Acqui a Corfù, vorrei ricordare un passaggio che racconta il giorno successivo alla resa, quando i militari italiani furono avviati disarmati verso la prigionia. Era il 26 settembre. Furono fatti sfilare lungo il paese, tra due ali di donne e uomini greci che piangevano per la commozione. Man mano che passavano i greci li salutavano e si rivolgevano ai soldati con un augurio, dicevano: "Buona patria a voi". In quelle parole credo sia racchiuso il senso ed il valore dei militari italiani che avevano combattuto contro l''esercito tedesco.

Alla fine della guerra, dei quasi 12.000 (ca. 11.800) militari italiani presenti a Cefalonia, non più di 3500 torneranno a casa. Tra di essi alcune centinaia che, scampati alla deportazione, scelsero di combattere in Grecia sotto la denominazione "banditi della Acqui" al fianco delle formazioni partigiane elleniche che lottavano per la Liberazione di quel Paese. Una scelta che conquistò alla Acqui il diritto a rientrare in Italia, alla fine del ''44, con le proprie armi e con la propria bandiera.



Oggi l''autorevole presenza a questa conferenza del Presidente della Repubblica, dei rappresentanti del Senato e del Governo sono la testimonianza più significativa del riconoscimento che tutti noi vogliamo rendere alla memoria di quegli uomini.

Con questa iniziativa, promossa in collaborazione con lo Stato maggiore della Difesa, la Camera dei deputati, intende contribuire alla diffusione della conoscenza di quelle giornate, per tornare a riflettere sul valore del sacrificio di quei soldati italiani.

Per questo vorrei ringraziare in modo particolare i relatori della conferenza: la professoressa Elena Aga Rossi, il professor Giorgio Rochat e l''ammiraglio di divisione Mario Buracchia che invito a coordinare i nostri lavori.

E’ particolarmente importante per noi la presenza di un gruppo di studenti dell'' Istituto Commerciale di Ferentino "Tenente M.O.V.M Alberto Lolli Ghetti", una delle scuole che ha chiesto di partecipare alle giornate di formazione a Montecitorio e che porta il nome di un ufficiale insignito della medaglia d''oro al valor militare.

Con loro vogliamo ricordare, fuori da ogni retorica, gli italiani della Divisione Acqui perché vogliamo far sì che la memoria di quei fatti divenga parte integrante della coscienza collettiva del nostro Paese a partire dalle generazioni più giovani che non hanno vissuto direttamente il fascismo e la Liberazione.