I providers e i diritti dei minori


Roma, 02/22/2001


*** Convegno promosso dalla Camera dei Deputati e dal Ministero delle Comunicazioni ***


La Relazione dell’Autorità italiana per le garanzie nelle comunicazioni dello scorso anno rivela come nel 1999 il numero totale degli utilizzatori della rete si sia praticamente raddoppiato rispetto all’anno precedente, raggiungendo nella sola Europa Occidentale 81 milioni di utenti, cioè il 21% dell’intera popolazione.
In Italia nel 2000 il totale degli utilizzatori di Internet erano 11 milioni 600 mila; negli ultimi mesi sono ulteriormente aumentati.
I principali utilizzatori di Internet sono giovani e giovanissimi.
Anche alla luce di questa considerazione si sta affermando a vari livelli l’esigenza di una maggiore tutela dei minori nella navigazione in rete per i rischi che essa presenta.
Si tratta di due tipi di rischi.
Il primo attiene all''uso di Internet al fine di irretire giovani ragazzi e ragazze per abusarne sessualmente.
Il secondo attiene alla esibizione o alla comunicazione di comportamenti contrari alla dignità delle persone perché razzisti o pornografici o esaltanti pratiche contrarie ai valori fondamentali della civiltà umana, penso ad esempio alla esaltazione dei campi di sterminio o alla violenza sessuale. Non si tratta di una questione moralistica; si tratta di cogliere i danni che da questo tipo di comunicazione possono derivare al modo d''intendere i rapporti sociali ed interpersonali da parte di ragazzi e ragazze che per l''età non hanno gli strumenti critici sufficienti per distinguere tra realtà e finzione.

L''emergere di questi problemi ha posto spiegabili interrogativi sulla responsabilità dei fornitori di accesso ad Internet, in particolare sul versante penale. L’argomento è oggetto in tutto il mondo di un ampio dibattito politico, giuridico e sociale e sembra ancora lontano dall’essere risolto.
Ciò è dovuto sia all’incongruenza della legislazione vigente nei vari Stati rispetto ai nuovi strumenti della comunicazione telematica, sia alla sostanziale difficoltà di applicare le tradizionali categorie giuridiche ai nuovi diritti ed ai nuovi doveri propri della tecnologia e dell’era digitale.
I confini della rete Internet, a differenza di confini degli Stati, sono tecnologici e non politici né giuridici, ci si chiede perciò se possano esser fatti funzionare, da parte dei providers, dei filtri in grado di selezionare il contenuto dei materiali diffusi.
Su tale questione, l’orientamento prevalente, anche in base alle più recenti decisioni della giurisprudenza, sembra al momento essere quello di non considerare i providers direttamente responsabili dei contenuti che essi veicolano.


3) La società maggiormente informatizzata è quella statunitense.
E’ quindi normale che il Congresso americano si sia trovato a dover adottare prima di altri Parlamenti alcuni provvedimenti tesi a contrastare la diffusione via Internet di materiale nocivo o offensivo per i minori. A tal fine il Congresso ha adottato nel 1996 il Child Pornography Protection Act ed il Communications Decency Act nello stesso anno.
Tuttavia, a partire dallo stesso anno, le principali associazioni per i diritti e le libertà civili hanno iniziato ad eccepire in sede giurisdizionale la legittimità costituzionale di queste leggi.
La Corte Suprema ha quindi dichiarato incostituzionale il Communications Decency Act, ritenendo che le limitazioni da esso imposte all’uso di Internet fossero contrarie al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti in cui si stabilisce che il Congresso non può approvare leggi che limitino “la libertà di parola dei cittadini”.
Per quanto riguarda i providers, ed una loro eventuale responsabilità, il legislatore americano sembra più orientato a favorire una loro autoregolamentazione piuttosto che a definire la materia con legge. In particolare la Federal Trade Commission, nell’emanare nell’ottobre 1999 la Children Online Privacy Protection Rule, ha escluso esplicitamente eventuali responsabilità dei providers, siano essi fornitori di accesso o di servizi in rete, raccomandando invece da parte loro l’adozione di regole di condotta per la protezione dei minori.

4) Sulla stessa scia si collocano le più recenti iniziative adottate dall’Unione Europea, quali il Piano comunitario d’azione 1999-2002, per promuovere l’uso sicuro di Internet attraverso la lotta alle informazioni di contenuto illegale e nocivo diffuse attraverso le reti globali e la Direttiva comunitaria del giugno scorso sul commercio elettronico.
Il Piano, per la cui realizzazione sono stanziati 48 miliardi di lire, comprende in particolare la promozione di sistemi di autoregolamentazione da parte degli operatori del settore e di controllo dei contenuti.
La Direttiva riconosce la responsabilità del provider solo per il materiale che questi immette personalmente in rete, mentre per quello immesso da terzi il provider è responsabile solo quando ne conosce il contenuto.
L’Unione Europea ha sancito nella sua Carta dei diritti fondamentali il diritto fondamentale alla protezione dei dati ed i diritti del bambino, prevedendo in particolare che “in tutti gli atti relativi al bambino, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”.

5) Il Parlamento italiano ha realizzato nel corso di questa legislatura importanti interventi a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, anche nei confronti di un uso distorto dei mezzi telematici:
 la legge 23 dicembre 1997, n. 451 istituisce la Commissione bicamerale per l’infanzia e un Osservatorio nazionale presso la Presidenza del Consiglio. La prima ha dedicato particolare attenzione alla tematica della protezione dei minori in relazione all’utilizzo delle reti telematiche, approvando una risoluzione che invita il Governo, tra l’altro, ad intensificare i controlli sulla rete Internet e ad elaborare un codice deontologico degli operatori per assicurare la disponibilità dei dati di accesso alla rete per le indagini dell’autorità giudiziaria e a realizzare filtri adeguati per la navigazione sicura dei minori nella rete. L’Osservatorio ha predisposto tra l’altro i piani d’azione biennali in materia, che contengono anche riferimenti alle misure a difesa dei minori nei confronti dei media (TV, mezzi telematici, cinema, stampa, editoria);
 anche il Senato dispone di una commissione speciale per l''infanzia; del lavoro svolto ci parlerà la senatrice Mazzuca Poggiolini;
 la legge 28 agosto 1997, n. 285 stanzia significative risorse finalizzate alla realizzazione di interventi che favoriscano la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza;
 la legge 3 agosto 1998, n. 269 ha introdotto specifiche fattispecie di reato volte a contrastare il fenomeno della pedofilia, della produzione e diffusione di materiale pornografico relativo ai minori attraverso la rete Internet. Vengono inoltre individuati nuovi strumenti investigativi di contrasto alla pedofilia, demandando al Servizio di Polizia Postale e delle Comunicazioni del Ministero dell’Interno l’attività di controllo sul fenomeno della pedofilia via Internet. A tale scopo, dalla data di istituzione della legge, il Servizio di Polizia Postale ha monitorato circa 4000 siti-web.
L’ordinamento italiano non prevede una specifica disciplina che attribuisca ai providers eventuali responsabilità.
Tuttavia la stessa legge n. 269, nel prevedere pesanti sanzioni penali a carico di chi, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale pornografico ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori sembra non escludere, a priori, la possibilità di imputare ai providers una responsabilità penale (oggettiva) per quanto di illecito si trovi nei siti ospitati sul loro server, magari ricorrendo all’utilizzazione del dolo eventuale, ovvero al modello tradizionale dell’“accettazione del rischio”.
Nonostante qualche precedente oscillazione, la giurisprudenza italiana più recente sembra però sposare la tesi della non responsabilità dei fornitori dei servizi Internet, basata sull’oggettiva impossibilità tecnica per gli stessi di controllare le fonti di immissione delle informazioni e del materiale illegale.
Naturalmente distinto è il problema della responsabilità del provider non per l’immissione ma per la presenza sulla rete, nonostante le segnalazioni ricevute, di materiale illecito.

6) In sintonia con le tendenze statunitensi ed europee i providers italiani si stanno dotando di propri codici di autoregolamentazione.
In particolare dal 1998, su invito del Ministero delle comunicazioni, è stato costituito un gruppo di lavoro composto da esperti dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), dell’ANEE (Associazione Nazionale Editoria Elettronica), di Telecom Italia e di Olivetti, finalizzato alla stesura di un codice di autoregolamentazione.
Obiettivo del codice è quello di diffondere una corretta cultura delle responsabilità da parte dei soggetti attivi sulla rete, al fine di garantire uno sviluppo equilibrato di Internet nel rispetto delle libertà e dei diritti degli utenti. Alcune disposizioni del testo elaborato afferiscono direttamente alla tutela dei minori, in particolare quelle relative al dovere dei providers di informare l’autorità giudiziaria e di ricorrere a strumenti telematici idonei a favorire l’utilizzo di programmi di filtraggio.
Sempre nel 1998 è stato adottato dall''ANFoV (associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione, che raccoglie molteplici fornitori di servizi e di contenuti, nonché editori multimediali ed altri soggetti operanti nel settore) un codice di autoregolamentazione che stabilisce forme di responsabilità dei fornitori di servizi e di contenuti con riferimento alla diffusione di contenuti illegali e nocivi, nonché alla identificazione degli utenti e degli abbonati, disciplina la raccolta di dati personali relativi a minori, prevede l’istituzione di un Comitato di autodisciplina telematica, competente ad irrogare sanzioni, anche di carattere pecuniario, nonché a denunciare all’autorità giudiziaria fatti configurabili come reati perseguibili d’ufficio.
In favore delle iniziative di autoregolamentazione del settore è intervenuta anche la Camera dei deputati, con una risoluzione presentata da deputati di maggioranza e di opposizione, primi firmatari gli onn. Bono e Serafini, approvata il 12 marzo 1998.

6) Vediamo ora i possibili interventi.
Rispetto al problema di un uso corretto di Internet è ormai evidente la necessità di un metodo che concili le garanzie della libertà di espressione con quelle di una adeguata tutela dei minori.
Tale approccio, dato il carattere transnazionale di Internet, non può che essere globale. In questo ambito la proposta che ha riscosso maggiori consensi in ambito comunitario è quella di un accordo internazionale che approvi uno “Statuto per l’uso di Internet”, cioè delle linee guida comuni che costituiscano una base vincolante per un processo di autoregolamentazione da attuarsi nei singoli Stati.
I codici di autoregolamentazione, sempre più omogenei ed efficaci, dovrebbero essere adottati dai providers, la cui eventuale punibilità sarebbe ravvisabile solo nel caso di una loro effettiva partecipazione alla commissione del reato.
Questi provvedimenti non saranno tuttavia di per sé sufficienti se non verranno affiancati da altre misure, consistenti prevalentemente in:
- un’adeguata politica di formazione-informazione di genitori e minori nell’uso della rete telematica;
- una maggiore attenzione e partecipazione di genitori ed educatori nella navigazione in rete dei minori;
- una particolare attenzione allo sviluppo negli stessi minori dell''informazione e degli strumenti critici necessari per autodifendersi da questo tipo di invasività;
- l’utilizzazione da parte di providers, scuole, famiglie di strumenti tecnologici di prevenzione, quali i software in grado di filtrare i siti a rischio;
- l’attribuzione all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di specifiche competenze in ordine alla questione Internet-minori;
- una maggiore formazione-aggiornamento degli stessi legislatori sulla rapidissima evoluzione dei mezzi telematici ed un loro confronto con gli addetti ai lavori, tra cui principalmente i providers.

Attorno a questi temi si svolgerà la discussione odierna, che nasce da un interessante confronto su analoghe questioni, che si è tenuto alcune settimane fa a Caltanissetta per iniziativa del Ministro Cardinale. E'' evidente che l''impostazione che proponiamo fa leva sull''autodisciplina. Ma credo che ora siamo tutti interessati ad ascoltare la relazione del professor Cheli.