Consegna alla Camera, da parte della Fondazione Bettino Craxi, delle carte dell’archivio privato dell’onorevole Craxi


Roma, Camera dei Deputati, 02/02/2001


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L''Italia di oggi, rispetto a quella dei primissimi anni Novanta, ha più ricchezza, più sicurezza, più posti di lavoro, una scuola migliore, una più accentuata modernità, un''amministrazione pubblica meno ingombrante.
Per questi aspetti è una nuova Italia.

Tuttavia il sistema politico italiano non è riuscito a concludere la propria transizione, dopo il terremoto di quegli anni.

Il protrarsi dell''incertezza non dipende dalla complessità giuridica delle questioni né dalla inadeguatezza delle soluzioni tecniche.

Dipende invece dalla mancata definizione delle cause politiche della crisi della cosiddetta prima Repubblica e da un nostro comune insufficiente impegno nella definizione di queste cause.

Se non si approfondiscono le ragioni della fine di un sistema politico è difficile che si possa compiutamente costruire il successivo. In questi casi ciò che è vecchio risorge ciclicamente ed in forme spesso vendicative e ciò che è nuovo, per la necessità di allontanarsi dal vecchio, da cui si sente minacciato, non sempre riesce a condurre in porto le indispensabili mediazioni.

Non si è trattato quindi di un''insufficienza dell''ingegneria costituzionale; si è trattato soprattutto di un''omissione di analisi politica sulle cause della crisi di quel sistema politico, che ricevette i primi colpi tanto dai cittadini, attraverso i referendum del 1991 e del 1993 sulla preferenza unica e sul sistema maggioritario, quanto dai magistrati, attraverso i processi per le corruzioni, a partire dal 1992.

Questo vuoto di analisi è stato colmato attraverso la procedura della "confezione del nemico".
Non si è guardato nei processi oggettivi e si sono inseguite invece ipotesi precostituite.
Ad un estremo sta la individuazione di un ceto politico tutto irrimediabilmente corrotto con Bettino Craxi quale autore, testimone e simbolo.
All''altro estremo c''è la denuncia del complotto poliziesco, giudiziario, politico contro gli esponenti più in vista dell''antico sistema.
Ciascuna ipotesi ha rianimato lo schieramento che la sosteneva; ma nessuna delle due è stata di aiuto al Paese.

Si sarebbe potuto avviare un esame difficile, ma produttivo, attraverso la commissione d''inchiesta su tangentopoli, che ho sostenuto pubblicamente. La proposta si è fermata perché si è ritenuto che non ci fosse più il tempo di realizzarla. A mio avviso è stato un errore. Si è preferito il silenzio o la polemica; credo che le responsabilità siano egualmente condivise dalle diverse parti.
Si potrà riparare nella prossima Legislatura, chiunque prevalga. Sarà la sede per affrontare il tema, spinoso non solo in Italia, del rapporto tra democrazia, danaro e politica. Sarà la sede, inoltre, per affrontare il rapporto tra politica ed etica pubblica perché il governo della politica non può essere separato dal governo della legge.

La cosiddetta transizione, senza un atto di coraggio politico, è destinata a perpetuarsi all''infinito accentuando la separazione dei cittadini.

Perciò, di comune intesa, la Presidenza della Camera dei Deputati, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Fondazione Bettino Craxi, per questo ringrazio il Presidente Amato e la signora Stefania Craxi, hanno deciso di mettere a disposizione degli studiosi e del pubblico le carte da loro possedute relative all''attività dell''ex Presidente del Consiglio. Per quanto ci riguarda le carte saranno a disposizione degli studiosi, in un apposito fondo, presso l''Archivio Storico della Camera, in questo edificio.

Non è un gesto simbolico, né il camuffamento di un qualcosa di indicibile.
E'' solo una condizione perché in questa materia possa iniziare un tempo di verità non settoriali. Gli studiosi, coloro che sono interessati, leggano i documenti, li confrontino con gli avvenimenti, li valutino singolarmente e nel loro insieme ed esprimano il loro giudizio su quella fase e su quella personalità.

Non esiste potere senza colpa, disse Saint Just nella requisitoria contro Luigi XVI.
L''argomento serviva per tagliare la testa al re.
L''espressione può avere oggi un diverso significato: si giudichi il potere con le sue colpe, ma non alla luce delle sole colpe. La colpa non sia l''unico riflettore che illumina il potere; e il potere non metta in ombra la colpa.

Bettino Craxi ha proposto una modernizzazione del nostro Paese. In condizioni difficili ha difeso il prestigio dell''Italia. Ha sostenuto le ragioni dei vinti in molte parti del mondo, dalla Palestina al Cile.
Ma è stato anche sottoposto a legittimi processi; è stato condannato; ha deciso di sottrarsi alle leggi del suo Paese.

La vita di ciascuno di noi non è scindibile.
A maggior ragion non è scindibile la vita di chi ha rivestito funzioni di uomo di Stato, di governo e di dirigente di partito.
Il tempo trascorso dalla morte di Bettino Craxi ci consente di offrire le condizioni per restituire alla nostra memoria e alla storia della Repubblica l''unità della sua figura, il senso compiuto della sua vita, in tutti i suoi aspetti e nelle sue connessioni con i caratteri profondi del sistema politico della sua epoca

Quest''opera è indispensabile per la chiarezza sulle cause del crollo di quel sistema politico. Non perché tutto l''accaduto si riassuma nella vita e nell''opera della persona di cui parliamo.
Ma perché è difficile prescinderne; quella vita, nella sua interezza, segna la separazione tra ieri e oggi, ne costituisce lo spartiacque politico.

Si sono usati nei giorni scorsi termini come autocritica e riabilitazione. Sono parole e processi espressione di una storia dalla quale è meglio stare lontani.
Mediante l''autocritica, chi aveva un potere su un altro costringeva questi a riconoscere la verità ufficiale e a smentire la propria verità soggettiva, indipendentemente dallo stato delle cose. Si riaffermavano così la sovranità del partito e l''errore del singolo. Tant''è che non raramente il singolo, dopo l''autocritica, era egualmente condannato.
La riabilitazione corrisponde alla stessa logica; conferisce il primato non alla verità, ma al potere certificatorio del partito o dello Stato.

Altri ha parlato di pacificazione.
Chi pensa onestamente alla necessità di una pacificazione sa che essa non nasce dalla imposizione di una verità, ma dalla libera scelta di condividere la fatica di una ricerca del significato degli avvenimenti.
Sugli esiti di questa ricerca ci potranno poi essere diverse opinioni, ma ciò che accomuna è lo sforzo di lavorare insieme, sia pure con storie, identità, passioni diverse.

Comprendo il dolore che segna la famiglia ed i militanti socialisti; comprendo lo spirito di rivalsa ed il desiderio profondo di una compensazione morale, dopo una fase che ha esaltato gli errori ed ha oscurato i pregi.

Tuttavia Vittorio Foa ci ha recentemente invitato a non cercare a tutti i costi la somma zero: il nostro vantaggio con danno dell''altro.
In questa vicenda ci può essere, prima dei vantaggi e dei danni privati, un utile per il Paese, che consiste nello sforzo onesto di cercare insieme le ragioni autentiche di quella crisi, con la consapevolezza che solo questa ricerca può chiudere la vecchia transizione.
E'' una responsabilità politica che le classi dirigenti devono assumersi, consapevoli che l''Italia forte e civile costruita dagli italiani negli anni Novanta ha bisogno di questo passo per aprirsi ad una fase compiutamente nuova della sua storia.