Cerimonia di commemorazione del professor Guglielmo Negri


Roma, 01/18/2001


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Guglielmo Negri è stato un uomo politico tollerante, uno studioso che ha continuamente cercato il raccordo tra la legge e la vita, un funzionario della Camera che ha saputo cogliere in anticipo il rapporto tra i processi di modernizzazione ed i processi di conoscenza.
Trasformò, in coerenza con questa intuizione, i settori della documentazione della Camera, che passarono da una pura attività di raccolta di informazioni a una funzione complessa di analisi e di elaborazione dei problemi da mettere a disposizione degli organi politici, in modo rigoroso e imparziale.

Guglielmo Negri, in tutte le sue molteplici responsabilità di alta amministrazione, ha sostenuto, difeso e promosso una visione elevata ma non separata della burocrazia parlamentare.
La burocrazia parlamentare è certamente un''élite nel sistema della pubblica amministrazione.
Per questa ragione potrebbe restare vittima di una legge propria delle istituzioni politiche per la quale ciascun soggetto tende alla massima espansione del potere in astratto esercitabile. Ma questo, per la burocrazia parlamentare, significherebbe entrare in conflitto con la rappresentanza politica e perdere la sua identità.
Proprio per evitare questo rischio Guglielmo Negri fu sostenitore dell''autonomia, non dell''indipendenza, della burocrazia parlamentare.

Guglielmo Negri non ha mai nascosto la sua fede repubblicana, che è stata in lui prima fede per la Repubblica e poi legame con uno specifico partito politico.
Questa fede non ha in alcun modo interferito nei contenuti e nello stile imparziale del suo lavoro. Ne sono prova la stima di cui era circondato, senza eccezioni, e l’equilibrio di cui fu capace durante l’esperienza di sottosegretario delegato per i rapporti con il Parlamento durante il Governo del Presidente Dini.
Egli credeva nella funzione delle élites. Ma, giustamente, era contrario alle autoproclamazioni e limitava l''appartenenza a tale categoria a coloro che grazie alla competenza, all''equilibrio, ai concreti comportamenti avessero guadagnato autorevolezza e prestigio.
Il valore della sua esperienza di studioso sta proprio nell’intreccio costante tra la ricerca scientifica e l''impegno istituzionale, che funzionava come un laboratorio privilegiato per il diritto pubblico, nel quale il significato delle regole si comprende solo attraverso la conoscenza del funzionamento materiale delle istituzioni.

Negri amava l’Università non come luogo esclusivo, di prestigio autoreferenziale, ma come dimensione nella quale portava la sua esperienza viva di uomo che conosceva a fondo le istituzioni pubbliche.
Negri amava l’università perché sapeva comunicare.

Sentiva la responsabilità della formazione della classe dirigente del Paese. Il venir meno delle appartenenze ideologiche, che sovente ha travolto anche le identità ideali, la novità della costruzione europea, l’avventura della conoscenza permanentemente nuova, lo spingevano a indicare la necessità ineludibile di una classe dirigente pubblica all’altezza delle nuove sfide.

Nel suo ultimo libro La transizione incompiuta, pubblicato poco dopo la sua morte, scrive: <>.

Su questi principi si impernia il suo repubblicanesimo, che fu soprattutto affermazione di un “modo di essere”, dei cittadini e delle istituzioni.
Un repubblicanesimo che è affermazione di valori positivi: la laicità dello Stato, nel rispetto del sacro in tutte le sue manifestazioni, il rifiuto del centralismo e del principio di gerarchia nel rapporto fra individuo e istituzioni, il valore del sapere non solo come strumento di creazione di benessere materiale, ma come mezzo per costruire una diffusa cultura civile; la libertà come capacità di non essere condizionato da un volere dispotico altrui.

Negri vedeva in questi valori i pilastri di uno spazio politico condiviso, nel quale il gioco democratico si compie, con le sue asprezze e i suoi fisiologici conflitti, ma senza lacerazioni, senza la deformazione dell’avversario politico in nemico irriducibile.

La piena affermazione di quello spazio comune significa oggi per l’Italia, fuori dalla retorica e dall’oleografia, “saper essere patria”, riempire di significato l’appartenenza nazionale. Un’appartenenza moderna e forte.
Moderna, perché disposta ad arricchirsi attraverso altre appartenenze, come quella comunale, regionale, europea.
Forte, perché fondata sulla maturità di un popolo capace di guardare con senso della misura, e con fiducia, ai difetti da superare ma anche ai meriti da valorizzare.


Di Guglielmo Negri ci mancherà la competenza, l''equilibrio, la capacità di ricercare il significato di fatti apparentemente distanti e di scoprire così nuovi aspetti del reale e ci mancherà il sorriso.
Guglielmo Negri sapeva sorridere; il sorriso è un aspetto non secondario del carattere delle persone perché è segno della capacità di mediare tra il desiderabile ed il possibile.
Ma questa capacità, esercitata sempre con signorile cortesia, non ha mai fatto di Negri un negoziatore.
Egli è stato piuttosto l''uomo delle connessioni, che con serena, riconosciuta e mai ostentata autorevolezza, sapeva riunificare ciò che si era diviso o contrapposto.
Anche per questo la sua figura ci mancherà in misura particolare.