Centenario della nascita di Gaetano Martino


Roma, 12/19/2000


*** Manifestazione promossa dal Comitato per le celebrazioni del centenario della nascita di Gaetano Martino***


La Camera ospita oggi la manifestazione conclusiva delle celebrazioni per il centenario della nascita di Gaetano Martino tenutesi nel corso di quest’anno a Roma, a Bruxelles e nella sua Messina.
Il Comitato che ha dato vita a queste iniziative ci ha consentito non solo di ricordare, ma di conoscere più a fondo la sua figura.

Ci ha consentito, in particolare, di approfondire le nostre conoscenze intorno alla sua decisiva azione per la costruzione di uno spazio economico europeo che egli considerò sempre come il primo tassello del progetto per la completa unità economico-politica dell’Europa.

Gaetano Martino si riconosceva interamente nella tradizione del pensiero laico e liberale che aveva le sue radici nella classe dirigente del secolo scorso, di cui faceva parte la sua stessa famiglia.
Questa matrice ideale si saldava con una concezione nobilmente elitaria della politica, che manteneva fermo il primato della libertà individuale e dell’iniziativa economica, inteso anche come limite invalicabile delle azioni del potere pubblico.

Tuttavia, come è proprio di una parte della classe dirigente meridionale, questa aristocraticità non era fine a sé stessa, ma costituiva l’asse di un’etica pubblica fondata sul rigore personale e sulla concezione della politica come servizio per il Paese.

Per lui fu centrale l’esperienza parlamentare.
La sua concezione della lotta politica era fortemente ancorata alla dimensione e al significato che egli attribuiva al Parlamento.

“Il Parlamento”, affermò nel 1955, in tempi più difficili di quelli odierni, “secondo la nostra dottrina, che non varia per il variare della nostra appartenenza alla maggioranza o alla minoranza, … è per l’appunto l’organo che permette di vincere senza uccidere l’avversario, che non solo sopravvive ma continua a dare il suo contributo alla vita e al progresso comune mercé la fedeltà attiva e combattiva delle proprie idee”.

Per Martino questa non era un’affermazione di principio, era il fondamento del metodo di lavoro parlamentare. Un metodo che doveva giungere alla decisione non per imposizioni, ma attraverso la serietà ed il rigore della discussione.

“Non è la stessa cosa”, osservava “giungere alla medesima decisione senza aver discusso o dopo aver discusso con scarsa serietà e giungere alla medesima decisione dopo aver seriamente discusso. Solo nel secondo caso la decisione presa è anche ricca delle obiezioni che le sono state mosse, se queste interpretano fatti reali ed esigenze effettive. La forza che tali obiezioni conferiscono a chi decide contro di esse consiste nella consapevolezza dei pericoli da evitare e dei limiti da rispettare”.

Le sue riflessioni ci richiamano innanzitutto ai caratteri nella lotta politica nella modernità.
Ogni tanto oggi si riaffaccia nei dibattiti parlamentari o sui mezzi d’informazione lo spettro del nemico totale, che fa entrare nella politica le logiche proprie della guerra, quelle che liquidano il confronto e predicano l’annientamento.
Contro queste logiche sono nati ed operano i Parlamenti, come luoghi dove lo scontro, ritualizzato, assorbito nel sistema delle regole, diventa confronto, cambia natura sulla base di principi di civiltà e di democrazia.
Perché questa funzione possa svolgersi efficacemente, il Parlamento dev’essere attento a modificare le proprie regole per adeguarle alle situazioni di fatto quando queste rischiano di svuotare il significato proprio del confronto parlamentare.
Naturalmente il mutamento delle regole non è sufficiente. Occorre anche il radicamento di un costume politico che allontani da sé l’idea del nemico totale, da distruggere con la minaccia, con il dileggio o attraverso il richiamo a sentimenti irrazionali e violenti.
Occorre, in particolare, che ciascuno abbia la forza di riconoscere i meriti dell’avversario ed abbia l’intelligenza di soffermarsi sulle sue ragioni non per condividerle in un rito scioccamente parificatorio, ma perché consapevole che ciascuno di noi ha solo verità parziali e nessuno possiede soluzioni assolute.

Noi stiamo vivendo una fase decisiva nella storia del nostro paese.
L’uscita da una lunga crisi della finanza pubblica, le estese privatizzazioni, la modernizzazione di tutta la vita privata e pubblica, la costruzione, che sarà assai faticosa, di un sistema federale all’interno e di un’unione politica all’esterno, sono le tappe di una nuova geografia politica interna ed internazionale.
Un paese che passa in tre anni da meno di un milione di utenti di Internet a quasi undici milioni ha una straordinaria vocazione innovativa e creativa che non può essere paralizzata dalla tentazione di trasformare il conflitto relativo che è proprio della politica nello scontro assoluto che invece è proprio della guerra. Anche perché ciascuno, a quel punto, potrebbe essere indotto a proporre nella società civile la propria guerra personale contro i propri personali avversari, veri o supposti.

Sono davanti a noi tempi di confronto aspro tra valori e programmi legittimamente contrapposti.
In questa fase l’ammonimento di Gaetano Martino, una grande liberale, laico e repubblicano, a rifiutare il principio della creazione del nemico può aiutarci a decidere meglio e a garantire la centralità del Parlamento e del metodo parlamentare.
Non si tratta di favorire questo o quel centro di potere. Si tratta invece di confermare, in un momento di grande trasformazione del Paese, il Parlamento non solo come sede ma anche come metodo del confronto politico in regime di democrazia.