50° anniversario dell''Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati


Roma, 12/14/2000


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Il rapporto su “I rifugiati nel mondo”, presentato oggi in occasione del 50° anniversario dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, costituisce uno dei più straordinari documenti di politica internazionale degli ultimi cinquanta anni.
Il rapporto infatti, oltre a descrivere l’importante evoluzione del ruolo svolto dall’Alto Commissariato in questo arco di tempo e delle strategie internazionali adottate a fronte degli esodi forzati di popolazione, analizza il contesto storico-sociale-politico e le ragioni per cui tali esodi si sono verificati.
L’azione umanitaria dell’ACNUR in questi 50 anni ha subito una profonda evoluzione sia rispetto ai paesi destinatari, inizialmente solo europei ed oggi ben 120 in tutto il mondo, che alla tipologia dei singoli beneficiari, prima solo rifugiati ed ora anche sfollati, richiedenti asilo, apolidi, vittime delle guerra. Attraverso questa azione è possibile ripercorrere lungo le pagine del rapporto le tappe più salienti della storia mondiale di questo mezzo secolo: dalla guerra fredda ai fatti di Ungheria, dalla decolonizzazione africana al conflitto in Indocina, dalla caduta del muro di Berlino alla più recente crisi dei Balcani.
La signora Sadako Ogata, nella sua prefazione ha sottolineato come la longevità dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, istituito nel 1950 con mandato triennale per reinsediare circa un milione di rifugiati della seconda guerra mondiale, non possa costituire oggi motivo di festeggiamenti, ma piuttosto un’occasione di riflessione sulla persistente incapacità da parte della comunità internazionale di prevenire la cause profonde di questi esodi.
In base ai dati forniti dal rapporto si calcola che oggi siano complessivamente oltre 22 milioni le persone rifugiate, richiedenti asilo o sfollate cui l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati presta la propria assistenza, un numero pari a quello degli abitanti di una intera nazione, come la Romania..
L’Asia, con il 40,9% è il continente con il maggior numero di rifugiati, seguito dall’Africa, con il 30,1%, e dall’Europa con il 20%.
Se si incrociano i dati relativi alle aree di accoglienza, aree di origine e condizioni economiche emerge che i paesi più poveri sono quelli che generano, ma che allo stesso tempo accolgono, il maggior numero di rifugiati.
Questa contraddizione, solo apparente, costituisce in realtà una costante nella dinamica dei flussi di rifugiati. Questi ultimi infatti dimostrano di non volersi allontanare dal proprio paese di origine e di cercare ospitalità e sicurezza nelle regioni vicine, etnicamente affini, nella speranza di poter rientrare presto nei propri territori. Un esempio in questo senso è fornito dai 2,6 milioni di rifugiati afgani, pari ad oltre il 10% della popolazione di questo paese, che hanno cercato ospitalità esclusivamente nei vicini Iran e Pakistan.
Il luogo comune secondo cui i rifugiati cercano a tutti i costi di venire in Europa , e l’allarmismo che ne deriva, non hanno nei fatti alcun riscontro. Il numero di rifugiati presenti in Europa è pari ad un sesto del numero complessivo dei rifugiati. Su una popolazione europea di 375 milioni vi sono 4,7 rifugiati per ogni mille abitanti, distribuiti in modo non uniforme. Si passa infatti dai 20 rifugiati per ogni 1000 abitanti della Svezia, ai 10-13 rifugiati di Austria, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, a un rifugiato ogni 2.500 abitanti in Italia (0,4 su mille).
Negli ultimi anni alcuni paesi europei sono stati rimproverati di aver applicato in modo restrittivo la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e di aver adottato leggi limitative del diritto d’asilo. I dati sembrerebbero confermarlo. Complessivamente nel periodo 1990-1999 i paesi dell’Unione Europea hanno accolto il 10% dei circa 4 milioni di domande d’asilo presentate.
In realtà l’esiguo numero di domande recepite si spiega con l’elevata percentuale di abusi che negli ultimi anni ha trasformato il ricorso a forme di protezione internazionale in uno dei principali canali di immigrazione clandestina, sempre più spesso governati dalle mafie internazionali. E’ estremamente difficile distinguere a volte tra immigrati clandestini e coloro che richiedono asilo per sfuggire alle violenze e alla violazione dei diritti umani, poiché essi arrivano spesso dagli stessi paesi, con gli stessi mezzi di trasporto, con documenti falsi e sono costretti ad avvalersi degli stessi trafficanti.
L’Unione Europea, consapevole che solo una politica sovranazionale è oggi in grado di governare il problema dell’immigrazione clandestina e di tutelare i diritti dei rifugiati, ha stabilito fin dal Consiglio europeo di Tampere dello scorso anno gli elementi costitutivi di una politica comune in materia di asilo e di migrazione.
Dopo il vertice di Tampere sono state messe a punto diverse iniziative tese a garantire i diritti dei rifugiati e la sicurezza dei cittadini europei: un Fondo europeo per i rifugiati, una proposta per la riunificazione dei gruppi familiari, la banca dati per le impronte digitali di chi chiede asilo, uno statuto di protezione temporanea per i rifugiati, un ruolo rinforzato per la polizia europea. I ministri della giustizia e dell’interno dei 15 paesi dell’Unione Europea proprio in questi giorni hanno elaborato alcune linee guida sulle condizioni di accoglimento delle domande di asilo.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, varata al vertice di Nizza dei giorni scorsi, dedica una particolare attenzione ai diritti dei rifugiati e al diritto d’asilo dei cittadini di paesi terzi, facendo esplicito riferimento alla Convenzione di Ginevra e al Protocollo del ’67 sullo status dei rifugiati.
L’Italia è stata tra i principali sostenitori di questa Carta e della necessità di una nuova normativa comune in materia d’asilo. A livello nazionale è attualmente in corso di esame da parte della Camera il ddl in materia di protezione temporanea e di diritto d’asilo, già approvato dal Senato. Il provvedimento ha un carattere fortemente innovativo. Da un lato il diritto d’asilo verrà più compiutamente tutelato rispetto al passato, anche attraverso misure assistenziali e volte all’integrazione del rifugiato. Dall’altro la nuova legge prevede misure concrete per evitare che il ricorso diffuso alla richiesta d’asilo possa dar luogo a fenomeni di immigrazione irregolare. E’ inoltre prevista un’applicazione estensiva della Convenzione di Ginevra, in sintonia con l’art.10 della Costituzione italiana. Viene infatti riconosciuto lo status di rifugiato anche a chi ha il fondato timore di essere perseguitato per motivi di sesso o di appartenenza ad un gruppo etnico e a chi è nella necessità di salvare sé ed i propri familiari non solo dal pericolo di subire danni alla propria vita ma anche alla propria libertà personale o ad altre libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.
La proposta assicura anche particolari forme di tutela per i minori non accompagnati. Essa prevede costanti forme di collaborazione tra le autorità italiane competenti e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sia in sede di esame delle domande d’asilo che di eventuale predisposizione di programmi di rientro in patria degli stranieri cui l’asilo non sia stato concesso.
Con questo provvedimento, in armonia con leggi analoghe di altri paesi europei, l’Italia intende contribuire a costruire una politica comune dell’immigrazione e del diritto d’asilo, fondata sulla legalità e sul rispetto della dignità della persona. Una politica tuttavia che non può limitarsi all’armonizzazione di misure e di regole, ma che deve porsi come obiettivo strategico l’eliminazione delle cause profonde dell’esodo di milioni di persone dai loro paesi di origine.
L’impegno dei paesi ricchi in questa direzione passa attraverso 2 linee fondamentali:
- la lotta contro la povertà, attraverso l’adozione di scelte politiche che garantiscano una più equa distribuzione delle risorse e la partecipazione all’economia globalizzata e ai suoi benefici di coloro che ne sono ancora esclusi. La povertà è causa di disperazione e genera violenza ed esodi forzati;
- la cancellazione del debito, non solo come strumento teso a migliorare le condizioni di vita nei Paesi destinatari, ma come vincolo per impegnare questi Paesi a riconoscere e garantire i diritti umani e le libertà fondamentali, a rinunciare alla guerra come mezzo per risolvere le controversie, a reimpiegare le somme in interventi per la riduzione dei livelli di povertà, per la sanità e l''istruzione. E’ questo il senso della legge adottata nel luglio scorso dal Parlamento italiano.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è da anni impegnato nella prevenzione delle cause che generano gli esodi delle popolazioni. Questo impegno crescente necessita della collaborazione degli Stati, anche finanziaria. Sono lieto che il ministero degli Affari esteri italiano abbia deciso lunedì scorso di concedere all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati un contributo aggiuntivo per il 2000 di 5 miliardi di lire, innalzando così il contributo volontario italiano da 13 a 18 miliardi di lire. A questi 5 miliardi va aggiunto un ulteriore contributo a titolo di dono di 2 miliardi di lire per il 2001 destinato al rifinanziamento del fondo in favore delle vittime di calamità.
La speranza è che questo esempio venga seguito da tutti gli altri Stati.