Conferenza dei Parlamentari di origine italiana


Roma, Quirinale, 11/20/2000


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Signor Presidente della Repubblica,

in un secolo dal 1870 al 1970, 27 milioni di italiani si sono recati all’estero prendendo la via dell’emigrazione. Questa cifra corrisponde alla totalità della popolazione italiana del secolo scorso e a circa la metà di quella attuale. Oggi, 60 milioni di persone di origine italiana vivono al di fuori dell’Italia, dunque più di quanti non siano gli italiani che vivono in Italia.
Milioni di famiglie italiane di tutte le regioni hanno perciò conosciuto nella loro vita quotidiana l''esperienza dell''emigrazione all''estero, cui si è del resto accompagnata l''emigrazione interna, nella medesima aspirazione ad un miglioramento delle proprie condizioni al prezzo della mobilità.

Tuttavia l''esperienza dell''emigrazione è rimasta all''interno della dimensione familiare e della dimensione regionale. Solo da pochi anni cominciamo a maturare una consapevolezza dell''emigrazione come componente essenziale del patrimonio storico e culturale dell''Italia.
Ciò è possibile, in primo luogo, perché la fine del bipolarismo internazionale e il mutato scenario geopolitico hanno "liberato" le relazioni internazionali e consente perciò anche all''Italia di avere una sua politica estera.
In secondo luogo, perché stiamo riappropriandoci, grazie anche al Suo impegno, di una idea di patria democratica e repubblicana.

Signor Presidente della Repubblica,
in una recente circostanza ufficiale (la III Conferenza degli Ambasciatori italiani nel mondo, il 25 luglio scorso) Lei ha sostenuto che "la cultura italiana è il cordone ombelicale delle nostre comunità all''estero" e che “nulla più della cultura, intesa come civiltà, come costume, come valori, definisce la nostra identità nazionale”. Queste ultime parole riassumono in modo esemplare quello che è forse uno dei significati fondamentali della lunga storia d''Italia.
L’Italia è stata, infatti, una Nazione molti secoli prima di diventare uno Stato. Una lingua, una letteratura, un''arte , un’architettura italiane sono fiorite assai prima che l''Italia divenisse uno Stato nazionale e forse proprio per questa ragione il messaggio della cultura italiana si è diffuso in tutto il mondo, acquisendo una dimensione universale.
Una comunanza di idee, di tradizioni, di sentimenti è esistita nel nostro Paese prima ancora dell’affermazione di una sovranità statuale, sicché questa comunanza ha potuto articolarsi dal basso nella dialettica tra dimensione locale e dimensione nazionale, proprio in virtù del tessuto connettivo della cultura e dei suoi valori.
Gli italiani – in Italia e fuori d’Italia – condividono, dunque, una matrice culturale che è una risorsa da porre al servizio del dialogo e della comprensione tra tutti i popoli.
Sono certo che nella Conferenza dei parlamentari di origine italiana - che si apre oggi pomeriggio - e nella successiva Conferenza degli italiani nel mondo - che si svolgerà dall''11 al 15 dicembre - si getteranno le basi per valorizzare ulteriormente tale risorsa.
Non bastano, tuttavia, le conferenze.
La realtà degli italiani nel mondo ha diritto ad essere testimoniata e documentata nel nostro Paese in forma adeguata al suo peso ed alla sua storia di modo che tutte le generazioni possano conoscere e riconoscere quanto l’intelligenza italiana ha fatto in tutto il mondo.
Sarebbe pure molto interessante un programma di cooperazione internazionale rivolto non tanto alle scuole italiane all''estero, ma in generale a tutte le scuole dei Paesi interessati.
La società dell’informazione, può offrire, inoltre, agli italiani nel mondo la prospettiva di conoscere meglio il proprio Paese non solo per quello che è stato tramandato dai ricordi dell’emigrazione ma anche per quello che è stato qui costruito negli ultimi anni.
Già nel corso del Risorgimento, del resto, la cospirazione patriottica poté contare sulla rete dei centri dell’emigrazione, così come l’antifascismo nella lotta contro la dittatura.
Sono pagine di democrazia vissute e combattute da entrambe le sponde dell’Oceano, che hanno affratellato non solo gli italiani, ma tutti i popoli liberi. Ad esse vanno il rispetto e la gratitudine di noi uomini politici impegnati al servizio delle istituzioni rappresentative che da quelle battaglie traggono fondamento.
E'' con questi sentimenti, Signor Presidente della Repubblica, che ascolteremo le Sue parole, ringraziandoLa per la passione civile che profonde nella testimonianza della nuova immagine dell''Italia come del suo retaggio storico.