Conferimento delle prime lauree conseguite presso il Polo universitario di Enna


Enna, 10/31/2000


*** Iniziativa promossa dal Polo universitario di Enna ***






Ad Enna avete dimostrato che si possono superare con una visione moderna i problemi vecchi e le apparentemente insuperabili arretratezze. Con oltre 1500 studenti, quattro corsi di laurea attivati, due centri di ricerca dedicati agli studi giuridici e all’ingegneria ambientale e sanitaria, un’adeguata struttura di accoglienza e di servizi questo polo universitario ha vinto una sfida difficile riuscendo a localizzare un centro di insegnamento fuori dai poli di riferimento tradizionali dell’alta formazione della regione.

Si tratta di una sfida che avete saputo cogliere positivamente in particolare sotto il profilo della scelta dei corsi di laurea avviati, offrendo alle ragazze ed ai ragazzi la possibilità di formarsi in alcuni dei settori strategici per la crescita e lo sviluppo economico dell’Isola.

E’ una risposta importante che, anche attraverso l’utilizzo delle nuove possibilità derivanti dall’ampliamento dell’offerta di istruzione universitaria, contribuisce ad un necessario processo di riequilibrio tra i percorsi formativi umanistici e quelli tecnico-scientifici.

Le lauree conferite oggi ad Antonella Pagaria e Cristina Biondo - alle quali faccio i miei migliori auguri - segnano un traguardo e un elemento di forza per proseguire nell’impegno comune messo in campo da tutti i soggetti operanti nel consorzio universitario.
Oggi in Italia disponiamo, oltre ad alcuni centri di formazione non universitaria di una rete molto ampia e capillare di Università.
Abbiamo 76 Università. Sono 145 le città nelle quali è attivato almeno un corso di laurea.
Questo “sbilanciamento” della formazione superiore verso l’Università non costituisce a mio avviso un elemento di debolezza, ma ha in sé grandi potenzialità che vanno sfruttate meglio.
E’ indiscutibile il ruolo dei centri di formazione diversi dalle università; ma sembra oggi tramontata l’idea che sia sufficiente un nucleo ristretto di luoghi di selezione per formare la classe dirigente di un Paese moderno e complesso.
L’università come istituzione capillarmente presente sul territorio nazionale, in un’Italia che si avvia a diventare federale, è in grado di rispondere al bisogno di formazione di una classe dirigente nazional-regionale. Intendo dire di una classe dirigente che ha una formazione nazionale pur collocando le proprie competenze al servizio di entità regionali e, viceversa, che pur collocando le proprie competenze al servizio dello Stato centrale ha un’adeguata sensibilità regionale.

Per questa ragione l’Università può costituire l’architrave della formazione della nostra futura classe dirigente, non attraverso “caste che si tramandano il potere al loro interno”, ma mediante “élites diffuse”, capaci di ricoprire con competenza e responsabilità i numerosi snodi di decisione nella vita del Paese e capaci a loro volta di formare le generazioni più giovani.

Per mettere pienamente a frutto queste potenzialità occorre realizzare alcune condizioni.
1) E’ necessario innanzitutto superare il concetto provinciale di “periferia” del sistema universitario; non esistono università centrali e università periferiche.
Ogni polo universitario è un “centro” che misura il proprio prestigio e compete con gli altri poli non sulla base del numero dei corsi o degli studenti iscritti, o sulla vicinanza geografica alle grandi città, ma sulla base della capacità di ottenere risultati di ricerca competitivi nel mondo scientifico internazionale, di adeguarsi ai più moderni metodi didattici, di costruire una rete di relazioni con gli istituti di ricerca nazionali e internazionali, di costruire classe dirigente.

2) Occorre inoltre garantire eguali opportunità a tutti i giovani, secondo criteri di equità che rendano effettivo il diritto delle ragazze e dei ragazzi capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti negli studi, anche quando siano privi dei mezzi economici per farvi fronte.
Il lavoro che svolgete qui ad Enna è un modo concreto per sviluppare le potenzialità del modello di formazione diffusa cresciuto nel Paese e, insieme, costituisce, innanzitutto per la Sicilia, una risorsa per la crescita di nuove generazioni attrezzate sul piano della formazione tecnica e dotate di strumenti per poter essere parte di una moderna classe dirigente regionale e nazionale.
Credo che questo obiettivo debba oggi coniugarsi con un progetto forte per il rilancio di questa regione.

C’è ancora una parte della società siciliana che rimane in bilico tra il rammaricato bilancio di un passato di speranze disattese e l’incertezza di un presente ancora distante, anche se meno del passato, dallo sviluppo e dalla crescita conquistati in questi anni dal centro nord del Paese.
Io credo però che oggi vi siano le condizioni per spezzare questo impasto, questa sorta di miraggio capovolto verso un grande passato che si lega ad una visione del presente immobilizzante delle energie e delle intelligenze.

C’è nella letteratura siciliana un filone che si richiama ad un’“estetica della rovina” come autocontemplazione della propria identità, che crede di poter sopravvivere perché è al riparo dai “guasti” della modernizzazione.
Chi vuole il futuro deve rifiutare e combattere questa concezione.
Ma ciò non significa giocare sulle astrazioni o rifugiarsi in quel frenetico immobilismo che ha caratterizzato tante fasi della vita delle regioni meridionali.
Significa invece assumere consapevolmente un impegno comune per realizzare un’utopia strategica siciliana fondata sull’analisi rigorosa delle risorse reali, degli strumenti e delle occasioni possibili per lo sviluppo.
Significa non dimenticare i condizionamenti che la mafia impone in larghe parti della Regione, non dimenticare il giogo pesante della disoccupazione che è la più alta del Paese, il freno imposto dal lavoro nero sulla crescita trasparente del mercato e dell’economia, l’urgenza di dotare l’isola di un sistema di infrastrutture indispensabile per rendere credibile qualsiasi progetto di crescita economica.
Significa tenere presenti le risorse fondamentali di quest’isola: il suo patrimonio culturale, i beni naturali, le sue capacità professionali ed imprenditoriali.

La Sicilia è dotata di alcune forti potenzialità umane e naturali: la sua popolazione rappresenta il 25% dell’intera popolazione del Mezzogiorno.
Da sola quest’isola ha la stessa consistenza demografica della Danimarca o della Croazia; ha oltre 100.000 abitanti in più della Finlandia.
La composizione della popolazione costituisce oggi, rispetto ai fenomeni demografici prevalenti nel Paese e in Europa, un fattore di equilibrio positivo in quanto sufficientemente distante tanto dal rischio di rapido invecchiamento quanto da quello di una crescita incontrollata. Essa è considerata dagli analisti economici uno dei vantaggi comparati utili per realizzare un serio progetto di sviluppo.

Già oggi il mercato locale siciliano può assorbire ancora circa 50.000 miliardi di beni.
La sua produzione agricola consente una forte diversificazione di prodotto, ha il più alto valore aggiunto di tutte le regioni del Paese e rappresenta il doppio di quello nazionale.
E’ a partire da questa dotazione naturale e storica che possono essere individuati almeno 3 volani possibili per la crescita dell’isola.

a) Un motore fondamentale dello sviluppo siciliano è costituito da un turismo che lega insieme riposo e cultura.
In cinque anni, dal 1994 al 1998, l’incremento delle presenze nell’isola è stato del 25%, si tratta del valore più alto registrato tra tutte le regioni del Paese. Complessivamente in Italia le presenze turistiche sono infatti aumentate del 9% e nel Mezzogiorno del 16%.
Anche i dati del 1999 confermano questa tendenza.
Si tratta di risultati importanti che mostrano una crescente attenzione per l’isola, per le sue risorse ambientali, per il suo ricchissimo patrimonio culturale.
Su questo versante si può giocare una parte fondamentale dello sviluppo siciliano.
Tuttavia per consolidare i risultati raggiunti non è sufficiente l’incremento, nel rispetto dell’ambiente e della legalità, delle strutture ricettive.
Se al Salone del gusto di Torino uno dei prodotti di qualità più apprezzati è stato l’olio che si produce sui terreni confiscati a Provenzano e restituiti alla collettività, significa che la capacità di radicare il primato della legalità si può tradurre concretamente in iniziative imprenditoriali ed in un ritorno d’immagine positivo per la Sicilia.
Ogni metro quadrato restituito alla legalità è un metro quadrato restituito allo sviluppo, è un tassello essenziale che serve a ribaltare l’immagine della Sicilia, a farne un sinonimo non più di Cosa Nostra, ma di fiducia e dignità civile.

La sfida fondamentale si gioca sul terreno delle sinergie tra turismo naturalistico e valorizzazione dello straordinario patrimonio archeologico, artistico e architettonico di cui è dotata la Sicilia.
E’ questo un nodo strategico su cui è necessario investire risorse, conoscenze e capacità di progettazione non solo per stabilizzare il positivo andamento delle presenze turistiche, ma per fare della Sicilia un’area capace di competere con gli altri grandi bacini del turismo mediterraneo.

Si tratta di un obiettivo concreto che si deve fondare sulla consapevolezza che quest’isola ha potenzialità e dotazioni proprie –dal clima, all’ambiente, ai beni culturali che possiede- in grado di alimentare il motore dello sviluppo di un moderno settore turistico capace di affrontare i mercati europei ed internazionali, sconfiggendo definitivamente, anche su questo piano, l’immagine di una Sicilia incapace di individuare un autonomo percorso di modernizzazione e di sviluppo.

Le risorse e le capacità progettuali che potranno essere messe in campo dal lavoro comune della Regione con Sviluppo Italia per la realizzazione del piano di sviluppo turistico integrato costituiscono, in questa direzione, un’occasione importante.
Accanto ad essa sarà fondamentale la capacità e l’efficienza con cui la Regione, le amministrazioni locali e le imprese sapranno mettere a frutto i finanziamenti del nuovo bando turismo della legge 488/92 che verranno messi a disposizione entro l’anno.

b) La forza dell’economia sta oggi nella produzione di beni con un elevato valore aggiunto, con un forte contenuto di qualità e di innovazione.
Chi non riesce ad inserirsi in questo mercato rischia una marginalità permanente.
La Sicilia esprime già la capacità di stare dentro ai nuovi processi dell’economia.
Il comparto della produzione di beni ad alto contenuto tecnologico sta registrando una positiva e solida fase di crescita: la Sicilia è al quinto posto tra le regioni italiane per incremento del numero delle aziende tecnologiche ed informatiche; le più recenti stime sull’indotto derivante dagli insediamenti nell’area catanese prevedono lo sviluppo di 200 nuove iniziative imprenditoriali; l’incremento occupazionale nell’area di Palermo conseguente all’insediamento di nuove aziende italiane e straniere è stimato ad almeno 3.500 unità.
Questi dati si inseriscono in un quadro complessivo dell’economia siciliana che ci segnala indici significativi in termini di capacità progettuale e di vitalità imprenditoriale.
L’indice di dinamismo dell’economia elaborato da Report Sud, che segna un netto progresso in tutto il Mezzogiorno tra il primo semestre del 2000 rispetto al semestre precedente, tocca il livello più alto proprio in Sicilia (69), seguita dalla Puglia (63) e dall’Abruzzo (56).
Secondo una ricerca condotta a maggio da un autorevole centro di studi imprenditoriali l''Italia è entrata tra i primi dieci Paesi di maggior richiamo per gli investitori stranieri.
La settimana scorsa, a Palermo, gli analisti della London School of economics hanno indicato la Sicilia come una delle aree del Paese più favorevoli agli investimenti stranieri in particolare nei settori del turismo e dell’industria, un’area alla quale guardano con interesse in particolare le aziende londinesi che possiedono capitali di rischio. In meno di un anno quattro società estere, statunitensi e tedesche, hanno scelto di realizzare investimenti in Sicilia: tre nel settore delle telecomunicazioni e dell’informatica ed una nel settore turistico. Si tratta di segnali importanti anche per il valore degli investimenti messi in campo: una sola di queste aziende ha previsto di destinare alle sue attività 40 milioni di dollari nel prossimo triennio.

c) Un’ulteriore leva della crescita dell’isola è costituito dalle potenzialità dei suoi porti.
La movimentazione merci del sistema portuale siciliano rappresenta oggi il 67% dell’intera movimentazione del bacino meridionale compreso tra il medio Adriatico e la Sardegna.
Razionalizzare e modernizzare il sistema portuale, anche attraverso il potenziamento delle strutture dell’intermodalità, significa non solo contribuire a velocizzare i tempi di consegna delle merci alla clientela europea accrescendo la fiducia verso tutti i comparti produttivi siciliani, ma porre le basi di una moderna rete portuale meridionale capace di servire almeno due autostrade del mare lungo gli assi del Tirreno e dell’Adriatico. Si tratta di un’opzione fondamentale anche per fare della Sicilia il perno di un sistema di movimentazione delle merci verso i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo superando gli ostacoli che ancora oggi costringono aziende siciliane a far transitare i loro prodotti destinati ad esempio nel Medio Oriente attraverso il porto di Ravenna.

Davanti a noi, davanti alla Sicilia, c''è la scadenza del 2010, quando nell''area euromediterranea nascerà la più vasta area di libero scambio del mondo, che riguarderà oltre 30 Paesi con una popolazione di circa 800 milioni di persone, e già oggi l’Italia è tra i primi partner commerciali dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
Il nuovo Piano generale dei trasporti predisposto dal Ministro dei trasporti e della navigazione ha riconosciuto la centralità economica e politica di questo dato ponendo tra gli obiettivi strategici lo sviluppo di infrastrutture e servizi capaci di "spostare ancor più sul Mediterraneo l''asse dei traffici marittimi intercontinentali".
L’impegno per realizzare questo obiettivo sarà decisivo nei prossimi anni e la Sicilia può svolgere, anche in questa direzione, un ruolo di traino per tutto il Paese ed in particolare per il Mezzogiorno.

Per anni si è parlato di modernizzazione della Sicilia.
Oggi io voglio proporvi un traguardo diverso: il traguardo della competitività, il traguardo di una Sicilia che si pone l’obbiettivo di competere con altre aree europee per la capacità di attirare risorse, di incoraggiare investimenti, di produrre occupazione, di garantire cultura e formazione ai suoi cittadini.
L’abbattimento delle tradizionali barriere alla circolazione delle persone, dei capitali e degli investimenti fa sì che oggi ci siano molti milioni di cittadini, europei e non europei, alcune migliaia di aziende, europee e non europee, per i quali è del tutto uguale passare le vacanze a Miami, alle Baleari, in Grecia, in Provenza o in Sicilia o per i quali è del tutto uguale investire in Scozia, Croazia, Germania o in Sicilia. Se siamo competitivi, verranno da noi tanto quelli che vogliono investire quanto quelli che vogliono trascorrere vacanze serene in un ambiente che certamente ha pochi eguali al mondo.
L’elezione diretta del presidente della regione Sicilia tra pochi mesi segnerà un passaggio storico dall’instabilità alla stabilità dei governi regionali e questo darà un enorme impulso ai programmi per la competitività. Perchè solo i governi stabili possono garantire lo sviluppo di questa regione.
La Sicilia oggi può riprendere fiducia in sé stessa, può credere di più in quello che è riuscita a fare e in quello che sta facendo.
Le lauree di oggi sono un altro segno che oggi è possibile ciò che ieri era impossibile.
L’utopia strategica è quella che si può realizzare, con fatica, ma con fiducia; è basata sulle impossibilità relative e sulle emancipazioni assolute. Ieri sarebbe stato assolutamente impossibile per due giovani donne come Antonella e Cristina laurearsi ad Enna. Ieri un’emancipazione fondata sullo studio sarebbe apparsa fragile, insufficiente. Oggi quell’impossibilità è diventata relativa. L’emancipazione attraverso lo studio in questa nuova Sicilia è finalmente possibile.
Sono ammirato e lieto. Ammirato per i risultati che state conseguendo. Lieto perché considero la Sicilia, ormai da molti anni, come la mia patria dell’anima.