Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione


Roma, 10/02/2000


*** Messaggio inviato al Presidente dell''ISLE, Professor Giovanni Pieraccini, in occasione della giornata di studio, promossa in onore del Professor Massimo Severo Giannini ***


Impegni internazionali non mi consentono di accogliere il Suo invito a partecipare alla giornata di studio promossa dall’ISLE per onorare la figura di Massimo Severo Giannini.
Avrei preso parte davvero con interesse a questo momento di riflessione, che vuole essere non un omaggio formale a Giannini, ma una occasione per riconoscere il ruolo che egli ha avuto come insigne teorico del diritto amministrativo, come critico impietoso dei mali delle organizzazioni pubbliche, ma anche come artefice lungimirante di un grande disegno di modernizzazione dell’amministrazione.
Il “Rapporto sui principali problemi della amministrazione dello Stato” – che egli elaborò nel 1979 come Ministro della funzione pubblica – viene quasi sempre presentato come uno degli atti di accusa più duri contro un sistema amministrativo vecchio e ripiegato su sé stesso.
In realtà quel Rapporto, oltre a formulare una diagnosi argomentata e penetrante dei mali dell’amministrazione pubblica italiana, contiene indicazioni strategiche di straordinaria portata innovativa: la riduzione dell’intervento dello Stato nell’economia, la concezione della pubblica amministrazione come “servizio” e non come “potere”, l’informatizzazione, la privatizzazione del pubblico impiego, la riforma della giustizia amministrativa, il radicale ripensamento del rapporto tra centro e periferia.
Nonostante il lungo oblio degli anni ’80, durante i quali il Rapporto è stato sostanzialmente ignorato, oggi possiamo dire che la gran parte di quelle indicazioni sono diventate realtà, traducendosi non solo in nuove leggi, ma anche in nuovi comportamenti amministrativi e in risultati concreti.
Con la nuova disciplina sull’autocertificazione i cittadini risparmiano tempo e denaro. Dal 1996 ad oggi il numero dei certificati si è ridotto di più della metà, mentre il risparmio di spesa è stato di 1.800 miliardi.
Secondo una recente indagine ISTAT, rispetto al 1996 le imprese italiane, grazie alla semplificazione amministrativa, hanno più che dimezzato il ricorso a soggetti esterni per il disbrigo dei loro adempimenti burocratici.
Occorre ora proseguire in questo impegno, soprattutto per ridurre ulteriormente i tempi della decisione amministrativa e per colmare il divario tra costo dei servizi pubblici - che in settori fondamentali come l’energia rimane ancora troppo alto - e qualità delle prestazioni erogate, non sempre all’altezza dei livelli europei.
C’è un nesso inscindibile tra affermazione concreta dei valori democratici e costruzione di una amministrazione moderna ed efficiente. Giannini coglie l’importanza di questo nesso, prima ancora che come studioso, come uomo che ha partecipato alla Resistenza, alla costruzione della Repubblica, alla scrittura della Costituzione.
Egli ci ha insegnato che una amministrazione che funziona risponde non solo alle attese di un Paese dinamico, che vuole crescere, investire, produrre. Risponde anche alla necessità di garantire a tutti i cittadini l’esercizio effettivo dei diritti fondamentali e l’accesso a servizi di qualità, nella scuola, nella sanità, nei trasporti.
Giannini guardava ai problemi di funzionamento dello Stato con una attenzione particolare per l’economia, per i cambiamenti sociali, per la storia del nostro Paese.
Una conoscenza vasta e profonda dell’Italia lo spingeva a sostenere la necessità irrinunciabile di attribuire più poteri, più risorse e più responsabilità alle regioni e agli enti locali.
In questa direzione va il disegno di legge di modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, che la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura martedì scorso.
Il testo può certamente essere ancora discusso, modificato, migliorato.
Sarebbe invece sbagliato bloccarne il percorso, perché significherebbe allontanare il Paese da un traguardo che tutte le forze politiche condividono: quello di rafforzare i livelli di governo regionale e locale non per dividere l’Italia, ma, al contrario, per liberarne tutte le energie e tutte le risorse, per renderla più coesa e più competitiva sulla scena europea e internazionale.