Messaggio al Presidente del Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto, dottor Dante Cruicchi


Roma, 10/01/2000


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Tra la fine di dicembre del 1943 e l’aprile del 1945 vi sono state in Emilia 273 rappresaglie e stragi.
In 16 mesi, nelle sole tre province di Reggio, Modena e Bologna i nazifascisti hanno pianificato ed attuato il massacro di 1880 tra civili e partigiani.
Qui a Marzabotto, a Monzuno e a Grizzana la logica aberrante della guerra ai civili ha portato allo sterminio di 770 persone: 216 erano bambini con meno di 12 anni, 316 erano donne.
A Civitella in Val di Chiana, l’uccisione di due soldati tedeschi fu l’alibi disumano per la distruzione dell’intero paese ed il massacro di 212 persone.
Per gli ufficiali nazisti, appartenenti all’esercito ed alle SS, si trattava di “operazioni di guerra normali”. Esse erano l’attuazione pratica, consapevole e burocraticamente efficiente, dell’idea -già teorizzata nel 1937- che la guerra andava combattuta contro un "nemico totale" che doveva essere considerato “un estraneo da negare nella sua totalità esistenziale”.
“Ogni azione militare deve essere guidata nella pianificazione e nell’esecuzione da una risolutezza ferrea per sterminare il nemico senza rimorso e totalmente” ed è necessario considerare “qualsiasi civile che ostacoli o inciti ad ostacolare la Wehrmacht, un partigiano che deve essere giustiziato immediatamente”.
Sono le parole di una delle direttive emanate dalla struttura centrale dell’esercito tedesco.
Ma esse non hanno nulla a che fare con la tattica e la strategia della guerra, sono la traduzione razionale di un’idea politica fondata sul razzismo e la discriminazione, sulla logica escludente del “o noi o loro”.
Sono i principi che nazismo e fascismo posero come guida nella costruzione dello Stato.
Il razzismo ha sempre una doppia faccia: presenta la discriminazione come ragionevole e promette sicurezza e benefici ai non discriminati.
Occorre un lavoro incessante per saper cogliere i segni essenziali del principio di discriminazione, che non è sempre autoevidente.
Oggi assistiamo ad un aumento del senso di insicurezza legato ad una interdipendenza tra le diverse aree del mondo sviluppato che può rendere ingovernabili le condizioni della nostra vita quotidiana.
Non tutti sono capaci di reggere l’impegno intellettuale che ci richiedono i mutamenti del reale, lo sviluppo dei fenomeni di globalizzazione dell’economia e della comunicazione.
E quindi riemergono in Italia, in Europa, in varie parti del mondo i richiami a nuove discriminazioni di carattere religioso o civile, a nuove chiusure, a tesi riduzionistiche delle tragedie del passato che su quelle discriminazioni si fondavano, alla contrapposizione di un male ad un altro male come se questa contrapposizione invece di moltiplicare il disagio lo azzerasse.
C’è il tentativo, tanto miserevole quanto disperato, di ricostruire un ordine fondato sulle categorie della guerra, dello scontro, dell’ignoranza delle ragioni dell’altro, della trascuratezza della storia.
Questa insicurezza richiede di essere affrontata mediante una visione intelligente del reale, che si sforza di capire gli avvenimenti, conoscerne le ragioni e le possibili linee di evoluzione, capace di cogliere gli aspetti positivi della mutevolezza che caratterizza i nostri tempi.
Oggi ricordiamo i 770 testimoni di Marzabotto. La memoria di chi cadde vittima di un’idea politica che costituisce la vergogna dell''Europa moderna ci richiama al dovere permanente di tenere al centro i grandi valori della Lotta di liberazione al nazifascismo, gli ideali della cultura italiana ed europea non come nostalgici richiami al passato ma come proposizione di una nuova modernità che si definisce attorno al primato della persona umana e dei suoi diritti.