Il miglioramento della qualità delle leggi, strumento decisivo per un nuovo rapporto tra i cittadini e le istituzioni:dall''esperienza della Camera dei deputati a quella dei Consigli regionali.


L’Aquila, 12/09/1996


*** Conferenza promossa dal Presidente del Consiglio regionale dell''Abruzzo


Il passaggio, agli inizi di questo secolo, dallo Stato liberale allo Stato sociale ha determinato un cambiamento profondo nei meccanismi della rappresentanza politica, nei processi di decisione pubblica, ma anche nei caratteri della produzione normativa.

L’affermazione di nuovi soggetti organizzati, e in particolare dei sindacati e dei partiti politici di massa, ha segnato la fine del sistema, nato per effetto della rivoluzione francese, che vedeva prevalentemente rappresentati, in una legislazione coerente e stabile, gli interessi della borghesia liberale.

Lo stato sociale ha rotto questo equilibrio, ha riconosciuto nuove classi sociali, ha determinato un aumento progressivo della domanda di regolazione dei conflitti, ha messo in crisi il modello codicistico della razionalità legislativa, fondato sulla diarchia regola generale ed astratta-eccezione limitata e particolaristica. (Unita’ dell’ordinamento giuridico).

La crisi di questa diarchia ha portato al moltiplicarsi delle legislazioni di settore, e di sottosettore, nelle quali era difficile ricostruire la regola e l’eccezione, essendo ciascuna norma regola rispetto ad alcune eccezioni ed eccezione essa stessa rispetto ad altre regole.



Poi e’ entrato in crisi, a partire agli anni Settanta, lo Stato sociale. Sono esplose le categorie tradizionali, frantumatesi sino alla dimensione delle microassociazioni corporative, che hanno esasperato la produzione legislativa. La crisi degli esecutivi e dei partiti politici, a partire dalla stessa epoca, ha reso rigoglioso il fenomeno della legislazione accidentale, quella che nasce quasi per caso attraverso emendamenti approvati senza adeguata riflessione, e della legislazione contrattata tra gruppi di maggioranza e gruppi di opposizione, tra corporazioni e governo, tra corporazioni e gruppi parlamentari.



Nel ventennio che va dal 1870 al 1890 furono approvati circa 1.800 provvedimenti legislativi. Nel ventennio dal 1948 al 1968 ne sono stati approvati ben 7.800.



Mentre le leggi sono aumentate in maniera esponenziale, ne è diminuita progressivamente la qualità.



E’ cresciuta la difficolta’ degli organi legislativi di garantire, con la strumentazione esistente, la coerenza e la completezza dell’ordinamento.



Il numero delle disposizioni grava come un macigno sui singoli, sulle imprese, sulle pubbliche amministrazioni, aumentando il costo della vita e delle attivita’ quotidiane tanto in termini di danaro quanto in termini di tempo.



Allo sviluppo dei diritti sociali, ed alla accresciita consapevolezza dei diritti di cittadinanza e della liberazione dal bisogno, non si puo’ certo rispondere proponendo il ritorno al vecchio modello liberale.





Ma non possiamo nemmeno rassegnarci all’idea che gli ordinamenti contemporanei siano irrimediabilmente votati al disordine.



Dobbiamo diminuire il numero delle leggi prodotte, razionalizzare lo stock delle leggi esistenti, migliorare la qualita’ del nostro sistema legislativo in termini di comprensibilita’ e di reperibilita’ delle disposizioni.



La riduzione del numero delle leggi - in Italia ne abbiamo oggi più di cinquantamila - si ottiene innanzitutto attraverso interventi di semplificazione.



Esiste una diffusa esigenza di riordino, che richiede l’approvazione di testi unici per grandi settori di intervento e un’opera di delegificazione.



Ma esiste soprattutto la necessità di distribuire secondo regole nuove la potestà normativa fra Stato e Regioni, fra Governo e Parlamento.



Alle regioni devono essere attribuite più ampie competenze legislative e di programmazione, e meno poteri di amministrazione e gestione, che devono essere dati ai comuni, secondo il principio di sussidiarietà, che permette di distribuire le funzioni pubbliche a partire dai livelli costituzionali più prossimi ai cittadini.



Nel nuovo sistema federale, che oramai e’ auspicato dalla maggioranza degli italiani, lo Stato deve riservarsi di intervenire soltanto su alcuni grandi settori, la politica estera, la giustizia, la difesa, per esempio. Alle Regioni deve spettare tutta l’altra legislazione. Nel futuro la legislazione sara’ prevalentemente regionale.



La attuale forma dello Stato, accentratrice sino all’inverosimile, era giustificata in un Paese che usciva dal disastro della guerra e che aveva bisogno di un forte dirigismo per risollevarsi. Oggi, invece, costituisce una insopportabile gabbia per singoli, imprese, comunita’, enti locali.



In un Paese avanzato, complesso e diversificato come il nostro, il federalismo e’ la faccia moderna della unita’ nazionale, e’ una forma di Stato elastica e leggera, che aiuta senza schiacciare.



Tuttavia il federalismo non puo’ essere inteso come una sorta di puro decentramento regionale del centralismo statale. L’esperienza fallimentare della Regione Sicilia sta ad insegnarlo. Se sostituissimo al centralismo romano 22 centralismi lombardi, veneti o laziali non credo che ce la caveremmo meglio.



Un federalismo italiano non puo’ essere una copiatura, seppure brillante, della esperienza tedesca o di quella americana. Ogni paese ha la sua storia e quella storia, se non e’ assecondata, si ribella ai vincoli che pretende di imporle la politica.



L’Italia ha, a partire dai primi secoli di questo millennio, nei comuni, nelle citta’ una sua originalita’ un suo codice di identita’. Quando altri costruivano nazioni e Stati, noi costruivamo citta’ in grado di finanziare regni, di sconfiggere imperatori, di conquistare imperi. Girando per le 8.000 citta’ italiane si scoprono tesori, individualita’ fortemente sentite, storie di di sacrifici e di coraggi che come una grande rete sostengono la nostra idea di Stato e di nazione.



La nuova forma dello Stato deve essere interamente reinventata , non per destrutturazione dello Stato centrale, ma per ricostruzione di un nuovo Stato federale a partire dai poteri, dalle responsabilita’ e dalle risorse che devono essere attribuite ai comuni, in quanto livello istituzionale piu’ vicino ai cittadini.



Cominciamo quindi dalle citta’ dando ai loro governi ogni possibile funzione amministrativa per la vita dei cittadini.



Pensiamo alla regione come luogo della legislazione, dell’indirizzo politico e della programmazione su un territorio definito dai confini tradizionali. Sosteniamo il sistema comuni, regioni, Stato con il principio di sussidiarieta’ fissando il principio della coerenza tra poteri, responsabilita’ e risorse.





Valorizzare i comuni non significa sminuire la funzione delle regioni.



Al contrario l’obiettivo è quello di alleggerirle dal fardello di compiti amministrativi che, in venticinque anni di esperienza, hanno prodotto a livello regionale molti dei difetti del centralismo statale, compreso un modo di legiferare talvolta disordinato e frammentato.



Deve essere recuperata invece la funzione della regione come soggetto capace di programmare e di fornire indirizzi generali, attraverso una legislazione più snella e più incisiva.



E’ indispensabile poi dare all’Esecutivo, così come avviene in Francia con la riserva di regolamento, un potere normativo più esteso nei microsettori.



La qualità delle norme condiziona l’equilibrio fra i poteri dello Stato, incide sul buon funzionamento degli organi pubblici, sulla effettiva tutela dei diritti e delle libertà.



La stessa crescita economica e l’uso efficace delle risorse sono condizionate dall’esistenza di una buona legislazione.



Poiché la legge rimane la fonte principale di tutela dei diritti fondamentali, il disordine legislativo e l''incoerenza delle disposizioni, minano alla radice l''efficacia delle garanzie.



Una legislazione oscura e di difficile comprensione è di ostacolo al cittadino.



Il fatto che l’ordinamento offra raffinate e sofisticate forme di garanzie ai diritti dei singoli, delle associazioni, delle imprese si traduce in ben poca cosa se queste garanzie, per le lentezze delle procedure applicative, non sono utilizzabili.



Una legislazione contraddittoria, non perspicua, di difficile interpretazione dà spazio all’arbitrio e favorisce la corruzione.





In questa legislatura il Parlamento si è messo al lavoro per migliorare la qualità del prodotto legislativo.



Alla Camera è stato avviato l’esame dei progetti di riforma del regolamento volti a razionalizzare il procedimento legislativo, ed è imminente l’emanazione di una circolare, da parte dei Presidenti delle due Assemblee, che fisserà alcuni criteri guida dell’attività legislativa con lo scopo di assicurare il rispetto dei principi di chiarezza e di semplificazione, nell’interesse dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione.



Inoltre per assicurare la qualità dei testi sotto il profilo della tecnica di redazione e sotto il profilo dell’impatto della legislazione sul sistema economico e sociale, la Camera dei deputati ha previsto, all’interno della riforma della propria amministrazione, approvata di recente, alcune iniziative specifiche.



E’ in via di costituzione un Osservatorio sulla legislazione per la raccolta e la sistemazione delle legislazioni di settore, con particolare attenzione alle tipologie di fonti: costituzionali, comunitarie, statali, regionali, atti del Governo, atti delle Autorità amministrative indipendenti. L’Osservatorio ha il compito di garantire alle Commissioni e all’Assemblea il possesso del quadro normativo sul quale è destinata ad incidere la nuova legge.



Complementare all’Osservatorio è il rafforzamento dell’attività di controllo sull’attuazione delle leggi e sulla verifica del seguito dato dal Governo ad atti di indirizzo e di sindacato ispettivo.



L’attuale attività dei servizi destinati alla redazione tecnica dei testi, è potenziata in tutti i singoli settori che partecipano all’attività di supporto al procedimento legislativo di competenza delle Commissioni e dell’Aula.



La Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica stanno costituendo un comitato bicamerale per lo studio delle ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale nonche’ di tutti i provvedimenti ella stessa Corte, al fine di poter cogliere anticipatamente i punti di sofferenza del sistema legislativo e poter consentire alle Camere di poter intervenire con quella rapidita’ che sinora e’ mancata.



Stiamo inoltre verificando il livello di impiego dei supporti informatici della Camera nella redazione dei testi legislativi e per svilupparne ulteriormente le potenzialità.



Questa attività che la Camera dei deputati ha avviato per garantire la qualità della legislazione tiene conto della presenza dei tre livelli fondamentali di legislazione regionale, nazionale, comunitario, che richiedono la ricerca di sempre più stretti momenti di confronto e di raccordo.



La collaborazione fra Parlamento e Consigli regionali in questo campo è indispensabile.



Per questo ho ritenuto di invitare alla Camera nei mesi scorsi i Presidenti dei Consigli regionali, per presentare loro e discutere i contenuti della bozza di circolare di cui ho detto.



E’ stato un incontro utile, dal quale è emerso il comune interesse per il tema della qualità della legislazione e si è sottolineata la necessità di pervenire alla costruzione di un patrimonio condiviso di regole non solo sulle tecniche di redazione dei testi, ma anche sui procedimenti legislativi, al fine di assicurare la razionalità e la chiarezza delle decisioni.



Ritengo che questa dimensione di scambio e di confronto, pur nel rispetto della sovranità del Parlamento e dell’autonomia delle Assemblee regionali, potrebbe essere rafforzata e consolidata, così come suggerito di recente dalla stessa Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea e dei Consigli regionali e delle Province autonome.

Una ipotesi potrebbe essere quella di un incontro periodico, semestrale o annuale, nel quale si faccia il punto sui risultati raggiunti e sui nuovi obiettivi da conseguire.



Esiste poi la necessità di tener conto del livello normativo comunitario e quello dei rapporti fra i singoli ordinamenti dell’Unione europea.



Il tema della qualita’ della legislazione è stato al centro di alcuni incontri che ho avuto nei mesi scorsi con i Presidenti d’Assemblea di diversi Paesi europei e sarà oggetto di una iniziativa che si terrà a Roma nella prossima primavera tra i Presidenti delle Camere di Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna nella quale sarà avviato un confronto sulle diverse esperienze di ciascun Paese. A questo confronto saranno naturalmente invitati a partecipare anche i Presidenti dei Consigli regionali.



L’intento è quello di individuare un progetto comune che , pur tenendo conto della specificità di ciascun sistema, consenta di raggiungere livelli sempre maggiori di chiarezza e di conoscibilità delle leggi, all’interno dei singoli Paesi, e nei rapporti fra i diversi Paesi.





Le regioni e il Parlamento devono costruire un rapporto costante con l’Università e con i centri di ricerca.



Quest’anno per la prima volta alcune università (Camerino, Genova, Perugia) hanno istituito dei dottorati di ricerca sui metodi e le tecniche della formazione e della valutazione delle leggi. Su questo campo vi è un intenso lavoro dell’Istituto di documentazione giuridica del Consiglio nazionale delle Ricerche e dell’Osservatorio legislativo interregionale.



Parlamento, Governo, Regioni e centri di studio devono lavorare insieme, per evitare spreco e dispersione di risorse.



Il 16 dicembre prossimo sarà sottoscritta nella sede della Camera dei deputati l’intesa di programma tra Consigli regionali, Camera, Senato, Istituto poligrafico, Centro elaborazione dati della Corte di cassazione, per la creazione di una Banca dati condivisa delle leggi regionali.



Stiamo attuando una chiara linea di comportamento: basta con i conflitti, lavoriamo per sinergie. E’ una linea che potrebbe servire per tutte le istituzioni e per tutto il Paese.