Celebrazione del secondo anniversario dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale


Roma, 07/17/2000


*** Conferenza internazionale promossa dal Comitato Non c''è pace senza giustizia ***


Gli anniversari possono diventare una pericolosa trappola perché i buoni e confortevoli pensieri che essi sollecitano ci fanno correre il rischio di guardare superficialmente alla realtà ignorandone le crudezze.
Possono invece essere importanti occasioni per bilanci e rilanci quando, come in questa occasione, si chiamano importanti protagonisti di vari paesi del mondo a riflettere in modo realistico sullo stato delle cose
Sappiamo che non è stato facile varare la Corte penale internazionale e sappiamo che quelle difficoltà permangono oggi. Per attivare la Corte è infatti necessaria la ratifica da parte di almeno 60 Paesi. A tutt''oggi, su 97 Paesi firmatari, solo 14 hanno completato tali procedure, tra cui, a livello di Unione Europea, solo Francia, Belgio e Italia.
Perché queste difficoltà?
La Corte penale internazionale consente alla comunità internazionale di dotarsi di una giustizia permanente ed organizzata, preesistente ai crimini commessi contro l’umanità ed operante nei confronti di chiunque li commetta ed in qualsiasi luogo.
La Corte si regge su due pilastri che innovano profondamente nelle relazioni internazionali:
i crimini contro l’umanità non possono essere considerati semplici affari interni di una nazione;
il dovere di tutelare i diritti universali dell’uomo trascende i confini geografici e politici entro cui essi sono proclamati.
Evidentemente esistono fautori di una esasperata concezione della sovranità nazionale che vedono con sospetto un’istituzione come la Corte. C’è chi teme che questo organismo possa incrinare la sua supremazia nelle relazioni internazionali. C’è infine chi non ne ha colto tutta la portata civile ed innovatrice.
La creazione di una Corte penale internazionale non costituisce una sorta di capriccio giustizialista ed è strettamente connessa ad una delle più grandi questioni del momento. Essa, poiché presuppone il valore sovranazionale dei grandi diritti umani, si colloca invece nel contesto di quel governo della globalizzazione o globalizzazione dal volto umano che più volte recentemente è stata auspicata in autorevoli sedi internazionali per correggere gli aspetti distorsivi di una globalizzazione limitata ai fatti economici.
La Corte ha alcune tragiche storie alle sue spalle.
La brutale violazione dei diritti umani in Bosnia e in Ruanda ha incrinato l''assunto secondo il quale l''uomo e le sue libertà sono secondari rispetto al concetto di sovranità, rendendo sempre più intollerabile l''idea della impunità degli Stati, corollario inseparabile della vecchia concezione della sovranità nazionale.
La creazione prima dei due Tribunali penali internazionali ad hoc e la successiva istituzione della Corte segnano finalmente il passaggio da una visione del mondo basato sulla sovranità della forza ad un mondo fondato sulla sovranità della legge e sul primato dei diritti dell’uomo.
Tuttavia l’istituzione di una Corte penale internazionale porta con sé anche alcuni rischi di cui dobbiamo essere consapevoli.
Il primo è che essa possa diventare la Corte dei Paesi ricchi contro i Paesi poveri.
Il secondo è che essa tranquillizzi le nostre coscienze e conseguentemente ci induca ad abbandonare la tutela dei diritti fondamentali allo strumento sanzionatorio, che ha scarsa efficacia preventiva ed interviene solo dopo che il crimine è stato commesso.
E’ necessario che gli Stati che fortemente hanno sostenuto l’istituzione della Corte penale internazionale, tra cui in particolar modo l’Italia, facciano in modo che tali rischi siano sventati e si concretizzino piuttosto le opportunità in essa contenute.
Il primo impegno che tali Stati devono assumere è quello di tradurre ormai le buone intenzioni in fatti concreti, concludendo rapidamente le procedure di ratifica dello Statuto istitutivo.
I Parlamenti, che stanno assumendo un ruolo sempre più attivo sulla scena internazionale, possono contribuire a colmare questo ritardo, accelerando, per quanto di loro competenza, le procedure di ratifica dello Statuto della Corte.
E’ mia intenzione, il prossimo 22 settembre, in occasione della riunione di Roma dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione Europea, sottoporre all’attenzione dei colleghi europei questo problema.
L’impegno degli Stati che in sede di Conferenza diplomatica hanno sostenuto con convinzione l’istituzione di un Tribunale penale internazionale, non può rimanere circoscritto alla mera procedura di ratifica.
Credo che i Paesi firmatari dello Statuto debbano compiere uno sforzo ulteriore, che vada oltre la dimensione sanzionatoria dei crimini contro l’umanità, facendosi promotori di un vasto movimento internazionale, di una vera e propria campagna pedagogica per l’affermazione dei valori civili e per la globalizzazione dei diritti della persona.
La questione assume particolare rilievo perché i rapporti delle Nazioni Unite ci rivelano purtroppo che la maggior parte delle violazioni dei diritti umani provengono proprio dagli Stati cui appartengono i cittadini titolari dei diritti violati. In 78 Stati si ricorre alla prigione per soli motivi di opinione, in 73 Stati la tortura dei detenuti continua ad essere ammessa ed in numerosi Paesi continuano ancora oggi applicazioni indiscriminate della pena di morte, abusi e violenze su detenuti, uso politico della detenzione.
Mi chiedo perciò se non sia diventata matura una riflessione sull’opportunità che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che è poi alla base dello Statuto della Corte Penale internazionale, possa essere nel futuro essere integrata da un distinto documento, una Carta dei doveri degli Stati.
Mi riferisco ad un documento di seconda generazione rispetto alla dichiarazione dei diritti, che la integri e che indichi i doveri universali degli Stati: a non uccidere i propri condannati, a non torturare i propri detenuti, ad investire una quota ragionevole delle loro risorse contro la povertà e contro la fame, per l’istruzione e per la liberazione dal bisogno.
Una iniziativa di questo genere potrebbe accompagnare, forse, il processo di sensibilizzazione istituzionale, politica e civile che è indispensabile perché la Corte Penale Internazionale cominci a funzionare entro un termine accettabile.