Episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme delle Forze armate


Roma, 07/06/2000


*** Presentazione degli atti dell’indagine conoscitiva condotta dalla Commissione Difesa della Camera dei Deputati ***


L’indagine conoscitiva sugli episodi di violenza e sulla qualità della vita nelle caserme è stata deliberata dalla Commissione difesa nel settembre scorso, all’indomani del gravissimo episodio che ha causato la morte del giovane Emanuele Scieri.
La scelta dell’indagine non è stata, tuttavia, una scelta estemporanea, dettata soltanto dalla tragica contingenza dei fatti.
Lo dimostra la vastità delle questioni affrontate, l’ampia platea dei soggetti che sono stati ascoltati e l’intenzione - esplicitata dalla Commissione difesa fin dalle prime audizioni – di intervenire sui nodi legislativi che impediscono di colpire efficacemente il fenomeno del “nonnismo”.
Questa indagine conoscitiva ha due importanti significati per il Paese.
Il primo significato è quello di dimostrare l’attenzione del Parlamento per le condizioni di vita dei giovani che sono chiamati a svolgere il servizio militare. Una attenzione che non è di circostanza e che punta a isolare e a sradicare tutte quelle forme di “sottocultura” della sopraffazione in cui consiste il nonnismo.
Il secondo significato dell’indagine è quello di far conoscere con precisione la dimensione del fenomeno, per evitare che la giusta e severa condanna per i singoli episodi diventi un’ombra indistinta e generalizzata sulle Forze armate italiane.
Con i suoi 8791 militari impegnati in missioni internazionali, l’Italia è tra i Paesi al mondo che impiegano più mezzi e più personale per iniziative di pace. Nei Balcani gli italiani sono attualmente il secondo contingente dopo gli Stati Uniti e il primo tra quelli europei.
Nelle missioni internazionali i militari italiani agiscono per la pace, per la giustizia, per il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
L’impegno dei militari in attività di controllo del territorio nazionale è stato fondamentale in questi anni per la lotta contro la criminalità organizzata, così come è fondamentale la loro attività in occasione di calamità naturali.
Tutto questo ha contribuito e contribuisce a creare un legame sempre più stretto tra opinione pubblica e Forze armate, tra società e mondo militare, visto non più come una realtà separata e chiusa, ma come una parte fondamentale della vita del Paese.
Il persistere di fenomeni di nonnismo, alcuni dei quali di inaudita gravità, rischia di offuscare questo dato positivo, perché rimanda ad una rappresentazione del mondo militare come dimensione distante, impermeabile, nella quale il giovane di leva si smarrisce, perde punti di riferimento e garanzie, anziché trovare l’occasione per coltivare il proprio senso di appartenenza alla collettività e per maturare la propria identità di cittadino.
I dati sul fenomeno del nonnismo non sono omogenei. Le cifre fornite dagli stati maggiori non coincidono con quelle della relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Procuratore generale militare.
Credo non sia facile valutare la portata di un fenomeno che per le sue stesse caratteristiche sfugge a una misurazione puntuale e inconfutabile.
La Commissione difesa, nel documento conclusivo, sottolinea tuttavia che il fenomeno è in diminuzione.
Un altro elemento che si può constatare con certezza è l’impegno con il quale stanno lavorando gli stati maggiori e in particolare lo stato maggiore dell’esercito, dove il fenomeno è più diffuso.
Per fare in modo che questo impegno si traduca in risultati sempre più soddisfacenti il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva indica una serie di soluzioni.
Tra queste soluzioni due sono a mio giudizio prioritarie.
La prima riguarda la necessità di superare le insufficienze del codice penale militare di pace, per consentire di sanzionare efficacemente gli episodi di nonnismo. Alla Camera dei deputati sono state presentate diverse proposte di legge, attualmente inserite nel calendario dei lavori della Commissione giustizia, che comincerà l’esame nei prossimi giorni.
Le soluzioni prospettate sono diverse: alcuni propongono la creazione di una autonoma fattispecie di reato, altri preferirebbero inserire nel codice penale militare di pace la figura della violenza privata, con l’aggiunta di una aggravante.
Non ritengo opportuno entrare nel merito delle diverse soluzioni prospettate, che sono rimesse alla valutazione delle forze politiche. Credo che sia in ogni caso fondamentale accompagnare queste nuove misure ad una modifica – auspicata anche nel documento conclusivo – delle condizioni di procedibilità dei reati, in modo da prevedere in alternativa alla richiesta del comandante, la querela del soggetto offeso.
Non si tratta di un atto di sfiducia verso i comandanti dei reparti, ma del riconoscimento di una irrinunciabile garanzia processuale per il cittadino chiamato a svolgere il servizio militare.
Le modifiche della legislazione sono indispensabili ma non sono sufficienti.
Qui entra in gioco la seconda soluzione, indicata in molte delle audizioni svolte dalla Commissione, che è quella di contrapporre alla sottocultura del nonnismo la cultura democratica delle nostre Forze armate.
Sconfiggere il nonnismo significa affermare che i valori del rispetto e della dignità della persona sono principi inderogabili delle Forze armate in quanto strumento della democrazia. Significa negare qualunque spazio e qualunque giustificazione ai fenomeni di sopraffazione e di sottomissione da parte dei militari “anziani” nei confronti dei militari appena arruolati.
Sotto questo profilo è fondamentale il ruolo di chi ha compiti di controllo, di vigilanza e di comando all’interno delle caserme.
Come è stato giustamente sottolineato nel documento conclusivo, il nonnismo alligna soprattutto dove c’è debolezza nell’esercizio di queste funzioni, dove c’è scarsa qualificazione e senso di responsabilità di chi ha il dovere di conoscere, di controllare e di impedire determinati comportamenti.
Il nonnismo non è fatto di episodi isolati e saltuari. Il nonnismo ha una dimensione collettiva, è fatto di rituali, di codici, di pratiche consolidate e ripetute. Non è un fenomeno nascosto. E’, al contrario, un fenomeno fatto di esibizione e di ostentazione, e come tale non può “sfuggire”. Può al contrario essere tollerato, ammesso, persino incoraggiato come aberrante surrogazione di un sistema d’ordine e di disciplina all’interno delle caserme.
Tutto questo avviene fortunatamente in casi rari, ma quando avviene è perché manca cultura democratica e professionalità in chi ha la responsabilità del comando.
E’ questo il punto fondamentale, rispetto al quale occorre intervenire con strumenti adeguati. Si parla giustamente molto di informazione e di comunicazione sul fenomeno del nonnismo, sia all’interno delle strutture militari, sia all’esterno, nel corpo della società.
Si parla anche dell’istituzione di “garanti” o di “difensori civici” dei militari di leva in posizione esterna rispetto all’amministrazione della difesa.
Ho rispetto per queste iniziative, ma sono convinto che la migliore garanzia contro il nonnismo sia data dalla capacità del corpo militare di rifiutare e di espellere il fenomeno.
Nelle caserme italiane dove il nonnismo non esiste, non c’è un “guardiano” che ne ha impedito l’ingresso dall’esterno. C’è un corpo di ufficiali e di sottufficiali, formati alla cultura del rispetto della dignità della persona, capace di esercitare con competenza e senso di responsabilità le funzioni di direzione e i compiti di controllo sulle condizioni di vita dei militari di leva.
Sradicare la sottocultura della sopraffazione che alimenta il nonnismo significa far rispettare la disciplina militare prestando attenzione ai bisogni e alle condizioni sociali, psicologiche, formative dei giovani che oggi sono chiamati allo svolgimento di un servizio obbligatorio e che domani sceglieranno di svolgerlo volontariamente.
Significa rafforzare la concezione delle Forze armate come organizzazione nella quale - come sottolineò Vittorio Bachelet nelle sue riflessioni sull’ordinamento militare - il principio dell’autorità e della “forza” si incontrano con le regole di una convivenza fondata sul diritto a garanzia della libertà dei cittadini.