Le forze armate italiane nelle operazioni di pace


Roma, 06/15/2000


*** Convegno promosso dal Gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale ***


Sono stato a Sarajevo e a Pec il 25 aprile scorso per festeggiare con i nostri militari l''anniversario della Liberazione.
Sono certo di avere dato voce, con questa scelta, al sentimento unanime della Camera dei deputati, alla volontà di testimoniare la fiducia e la riconoscenza del Parlamento per il lavoro prezioso che i nostri militari stanno svolgendo in quelle zone. Il loro contributo è essenziale per il mantenimento della pace e la tutela dei fondamentali diritti umani, per la ricostruzione del tessuto sociale ed il rafforzamento delle istituzioni civili.
Insieme, abbiamo ricordato il sacrificio dei militari che a Cefalonia, a Lero, nei Balcani si rifiutarono di continuare la guerra nazifascista e la resistenza che i militari opposero alle truppe tedesche a Roma, a Piombino a Barletta, a Bari.
Quel sacrificio e quella resistenza sono parte integrante della lotta per la riconquista della libertà per il nostro Paese. Essi vanno riconosciuti e consegnati, anzitutto alle generazioni più giovani, come uno dei fattori fondamentali di dignità e di identità nazionali.
Dal loro ingresso in Kosovo, il 13 giugno 1999, i militari italiani hanno assicurato su un territorio di oltre 2.000 Kmq la libertà di movimento, la protezione delle popolazioni, dei siti culturali e religiosi. A Pec, la vita e l''incolumità della minoranza serba è garantita dai bersaglieri della Brigata Garibaldi. A Djakovica l''aeronautica militare ha realizzato un nuovo aeroporto che sarà usato anche dagli aerei civili. Il Genio Ferrovieri ha ricostruito, come aveva fatto in Bosnia, le linee ferroviarie e gestisce i trasporti merci verso Pec, verso Mitrovica e verso la Macedonia. Queste opere civili resteranno alla popolazione.
Sarajevo è oggi una città tornata ad una vita normale, anche per merito degli alpini e dei carabinieri che lì sono impegnati in un lavoro duro e rischioso.
Le nostre forze armate difendono la pace e costruiscono il futuro per quei Paesi.
È questo un successo che i nostri corpi militari riscuotono ovunque. Da Timor Est, a Hebron, all''Albania, al Libano, gli 8.702 uomini impegnati in 15 missioni internazionali, portano nel mondo il nome dell''Italia ed un modo tutto italiano di fare il soldato: con professionalità ed equità, con fermezza e imparzialità, con impegno e cordialità.

In questa legislatura il Parlamento ha portato un contributo importante al superamento definitivo dell''antica separazione tra forze armate e società, nel quadro dei principi e dei valori della Costituzione.
Ha dimostrato di saper lavorare per dare al Paese un nuovo ruolo nel sistema delle relazioni internazionali dopo la fine del bipolarismo: un ruolo che risponde ad una nuova ambizione ma anche ad un nuovo senso del dovere.
La riforma dei vertici militari, la riorganizzazione dell''amministrazione della Difesa, l''ammissione delle donne al servizio militare, il voto di ieri alla Camera sulla riforma della leva e l''esercito professionale, stanno dotando il Paese di uno strumento militare adeguato al futuro.
A questi provvedimenti spero si aggiunga al più presto la nuova disciplina giuridica e amministrativa del personale militare impegnato nelle missioni di pace, che è in discussione presso la Commissione Difesa della Camera.
Questa azione riformatrice, fondata sul comune impegno delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, è un esempio importante. Vi sono temi sui quali bisogna essere uniti, e la difesa e la sicurezza, come è già stato in passato per la politica estera, sono tra questi. L''unità è infatti la forma di sostegno di cui i militari hanno più bisogno, perché si traduce in chiarezza dei compiti e degli obiettivi che ad essi spetta realizzare.

Questo impegno comune è il segno della maturità e della forza di una democrazia che sa procedere unita per rendere competitivo il Paese, che lavora insieme e non cammina divisa, che sa anteporre l''interesse dell''Italia a quello dell''una o dell''altra parte politica.
Nei primi decenni della Repubblica la nostra democrazia è stata capace di dare risposta positiva alla questione fondamentale dell''inclusione delle fasce più deboli della popolazione. Oggi abbiamo davanti a noi il rischio della frammentazione, della chiusura egoistica, dell''anomia.
Le forze armate che nelle missioni internazionali agiscono a tutela dei deboli e della giustizia, della pace e dei diritti fondamentali dell''uomo, sono un fattore decisivo per riaffermare pienamente la forza della democrazia e dei valori di unità e di identità nazionale.