Allegato B
Seduta n. 842 del 22/1/2001


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANGELICI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella notte fra sabato 29 e domenica 30 aprile 2000, Donato Palmisano, allievo maresciallo della scuola sottufficiali della Marina militare, è tragicamente morto all'interno della struttura militare di S. Vito (ex Cemm);
il Palmisano, è stato trovato esanime dal personale di servizio, sul sulciato della palazzina allievi;
fra le ipotesi relative alle cause del decesso sono state evidenziate sia quella relativa ad una caduta accidentale da una finestra al secondo piano dell'edificio, mentre sarebbe stato impegnato nell'esecuzione di un servizio di sorveglianza notturno; sia quella di un suicidio del giovane allievo;
il giovane non ha lasciato alcuno scritto o altri elementi che possano far ipotizzare un gesto drammatico;
il genitore del Palmisano, sottufficiale della Marina che opera in qualità di istruttore tecnico, proprio nella stessa sede ove si è verificato il tragico avvenimento, aveva incontrato il figlio il giorno precedente, non riscontrando alcun segno di inquietudine; né avevano notato anomalie molti altri colleghi che lo avevano incontrato poche ore prima della morte, né aveva mai evidenziato segni di depressione o di squilibri di alcun tipo;
il tragico fatto ha comprensibilmente provocato profonda emozione nella città ionica e grande preoccupazione nelle famiglie degli allievi che frequentano le scuole di S. Vito -:
se non ritenga di dover disporre, con urgenza, oltre alla inchiesta militare che in casi simili viene attivata insieme a quella della Magistratura, una approfondita indagine sul funzionamento delle scuole della Marina militare di Taranto, nel loro complesso, sulla struttura dei rapporti umani e delle relazioni professionali ed in modo particolare sulla scuola allievi marescialli frequentata dal giovane Palmisano, al fine di giungere al più presto a conoscere tutta la verità su questa morte che addolora, inquieta e suscita tanti interrogativi.
(4-29611)

Risposta. - A seguito del decesso dell'allievo 1a classe Palmisano Donato - occorso il 30 aprile di quest'anno nell'ambito del comprensorio della Scuola Sottufficiali della Marina di Taranto - il Comando in Capo del Dipartimento militare marittimo dello Jonio e del canale d'Otranto ha disposto un'inchiesta sommaria finalizzata alla ricostruzione della dinamica dei fatti ed all'individuazione di eventuali responsabilità.
I risultati dell'inchiesta hanno permesso di accertare che:
non sussistono elementi atti a far ritenere che il decesso dell'allievo Palmisano debba attribuirsi all'azione dolosa di terzi;
non sono emerse responsabilità specifiche e oggettive dell'Amministrazione militare o di dipendenti della stessa;
non sussistono riscontri plausibili atti ad accreditare l'ipotesi di un incidente, laddove


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si consideri che la postura e la posizione del corpo sono apparse incompatibili con l'eventualità di una caduta accidentale;
all'interno del contesto militare non risulta essersi verificato alcun episodio suscettibile di influire sul tragico gesto.

Copia degli atti dell'inchiesta è stata chiesta sia dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto, in data 1.06.2000, sia del Procuratore militare della Repubblica di Bari in data 30/9/2000. Al momento non sono note eventuali ulteriori iniziative avviate dalle competenti Autorità giudiziarie.
Alla luce di quanto illustrato, non si ravvisano elementi che giustifichino l'avvio di un'indagine sul funzionamento della scuola della Marina militare di Taranto.
Il Ministro della difesa: Sergio Mattarella.

CARLI, GIACCO e GATTO. - Ai Ministri degli affari esteri e del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
gli accordi italo-svizzeri sulla sicurezza sociale, stabiliscono che le rimesse pensionistiche avvengano in valuta italiana mediante vaglia internazionali spediti ai beneficiari in Italia;
normalmente la Svizzera ha sempre trovato il modo di procurarsi cambi inferiori, rispetto ai vigenti rapporti di cambio, penalizzando così i lavoratori italiani ex-frontalieri o gli ex-emigrati;
i lavoratori ex-frontalieri o ex-emigrati hanno sempre denunciato discrepanze tra il tasso di cambio ufficiale e il tasso effettivamente applicato e le loro associazioni hanno più volte denunciato tale situazione all'Ambasciata Italiana a Berna, al ministero degli affari esteri e al Console di Lugano e alla stampa;
anteriormente al mese di settembre del 1998 sul resoconto di accredito di conti bancari o postali, compariva puntualmente il cambio franco svizzero-lira effettuato per le pensioni e la data di riferimento della valuta;
da quella data è scomparso il riferimento alla valuta e si è verificato un evidente divario tra valuta ufficiale e valuta riservata agli ex-lavoratori frontalieri o emigrati in Svizzera, tali differenze valutarie incidono ormai sensibilmente sulla cifra complessiva della pensione, la penalizzazione riguarderebbe, secondo conteggi operati dalle associazioni, in media quattrocentomila lire annue;
tenuto conto degli oltre 161.000 beneficiari italiani con rendite medie di 1.000 franchi, annualmente verrebbero sottratti a costoro almeno 50 miliardi -:
se il Governo intenda, attraverso la verifica delle responsabilità di tale decurtazione della pensione, effettuata a mezzo cambio, accertare se essa avvenga da parte delle autorità svizzere preposte all'erogazione della pensione o se dipenda dalle operazioni di cambio effettuate dall'istituto convenzionato con la Svizzera ovvero la Banca di Sondrio e se intenda porre tempestivamente rimedio a tale inaccettabile situazione, intervenendo a favore dei lavoratori ex-frontalieri ed ex-emigrati in Svizzera.
(4-28394)

Risposta. - Il problema dei pagamenti delle rendite svizzere in Italia è stato oggetto anche in tempi recenti di attento esame, in particolare per quanto riguarda il rapporto di cambio Lira-Franco Svizzero, contestato da parte dei pensionati, rappresentati in prevalenza dal Coordinamento Regionale Frontalieri delle ACLI e dal Sindacato Pensionati Italiani CGIL.
La Cassa di compensazione svizzera si avvale, per il trasferimento in Italia delle Rendite AVS (assegni pensionistici), della Banca Popolare di Sondrio, per quanto riguarda le rimesse bancarie, e della Direzione Generale delle Poste Svizzere di Berna (con la quale collabora l'Ente Poste Italiano), per quanto riguarda le rimesse postali.


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Il suddetto problema relativo al cambio riguarda, secondo quanto qui riferito dalle ACLI, le rimesse delle rendite effettuate dalle Poste svizzere (queste rappresenterebbero la quasi totalità delle rendite in pagamento a favore di circa 160.000 connazionali). Tali rimesse vengono effettuate in lire italiane e il cambio Franco/Lira verrebbe applicato - secondo quanto dichiarato dalla Cassa di compensazione svizzera - in base al tasso adottato dalle
tre grandi Banche svizzere nel quinto giorno lavorativo del mese di pagamento della pensione. Il tasso di cambio applicato secondo tali criteri ridurrebbe sensibilmente gli importi degli assegni pensionistici.
Per quanto concerne le rimesse degli assegni pensionistici effettuate dalla Banca Popolare di Sondrio - riguardano una parte marginale delle rendite in pagamento -, esse vengono pagate in Franchi svizzeri. Al fine di evitare di penalizzare i beneficiari, il tasso di cambio praticato dalla banca viene stabilito all'atto del pagamento degli assegni. In merito a tali rimesse, il predetto Sindacato Pensionati lamenta comunque «poca trasparenza e chiarezza di dati nelle operazioni di trasferimento e di cambio valuta». I pensionati interessati sarebbero inoltre obbligati ad aprire un conto corrente presso la stessa Banca Popolare per poter trasferirvi le rimesse in argomento. Su tutti gli assegni viene applicata una nostra trattenuta fiscale equivalente al 5 per cento.
In relazione a quanto sopra, occorre tener presente che il problema non può prescindere dalle norme in materia di cambio e che un eventuale ridimensionamento delle commissioni praticate per il trasferimento della valuta e per ogni altro servizio connesso, non sarebbe sufficiente per risolvere la questione. Essa potrebbe invece essere esaminata con la controparte svizzera, considerato anche quanto dispone l'articolo 6 dell'Accordo amministrativo concernente l'applicazione del II Accordo aggiuntivo del 2 aprile 1980 alla Convenzione tra i due paesi sulle assicurazioni sociali del 14 dicembre 1962: previa intesa delle parti, i meccanismi di trasferimento delle rimesse pensionistiche possono essere modificati. Nella fattispecie le rimesse delle Poste Svizzere potrebbero essere effettuate in franchi analogamente a quanto avviene per le rimesse bancarie.
L'Ambasciata d'Italia a Berna ha sondato presso la locale Cassa di Compensazione se vi sia disponibilità a considerare tale ipotesi, ricevendo tuttavia un riscontro negativo. La predetta Cassa ha infatti comunicato che, ai sensi di una Ordinanza del Consiglio Federale, le rendite pensionistiche sono versate agli aventi diritto residenti all'estero, dalla Cassa di Compensazione nella valuta di residenza dei beneficiari, e che non sono previsti meccanismi alternativi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

CENTO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
l'unica associazione che rappresenta gli psicologi che lavorano nei dipartimenti di salute mentale e nelle strutture private e la Società italiana di psicologia dei servizi ospedalieri e territoriali (Sipsot);
nella segreteria, costituita dal ministero presso il dipartimento prevenzione per coordinare i lavori della consulta non c'è nemmeno un rappresentante degli psicologi essendo la stessa composta in prevalenza da psichiatri;
l'associazione Sipsot nonostante sia invitata ai vari convegni che si tengono si trova sempre a svolgere un ruolo marginale essendo in contrasto con le decisioni e indirizzi già presi dalla segreteria;
questo modo di gestire la consulta rappresenta un passo indietro sul lavoro svolto dagli psicologi affinché le strutture pubbliche risultassero «depsichiatrizzate sul piano terapeutico» -:
se non ritenga utile e necessario inserire all'interno del comitato di coordinamento rappresentanti della Sipsot al fine di bilanciare la forte presenza degli psichiatri e poter così avere una linea guida mediata tra le varie posizioni terapeutiche.
(4-31657)


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Risposta. - Presso il Ministero della Sanità - Dipartimento della Prevenzione - non è attivata alcuna «consulta» ma bensì l'Osservatorio per la Tutela della Salute Mentale, di cui sono componenti quattro psicologi del Servizio Sanitario Nazionale e due professori ordinari di Psicologia.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

COLLAVINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Premariacco, in provincia di Udine, è di stanza un nucleo di carabinieri che ha come caserma un edificio di proprietà del comune medesimo;
il comune ha deciso di ristrutturare l'immobile onde renderlo più confortevole e funzionale. Durante lo svolgimento dei lavori, i carabinieri si sono trasferiti in altro immobile, ugualmente preso in locazione;
attualmente i lavori di ristrutturazione del precedente stabile sono terminati;
per motivi non chiariti i carabinieri non sono rientrati nell'edificio ristrutturato che il comune è ben disposto a locare loro, in considerazione del fatto che non solo ritiene essenziale una presenza costante e funzionale dei carabinieri nel luogo ma anche per aver svolto i lavori di ristrutturazione essenzialmente in vista del rinnovo del contratto di locazione;
il ritardo nella consegna al locatario sta cagionando all'immobile significativi danni dovuti al deterioramento e alla mancata manutenzione ordinaria -:
se risultino le ragioni per cui non è stato ancora autorizzato il contratto di locazione per i carabinieri della stazione di Premariacco;
se ritenga che simili inefficenze giovino alla tutela dell'ordine pubblico e alla fiducia che i cittadini nutrono nelle forze di polizia.
(4-30776)

Risposta. - Lo stabile comunale, in uso alla Stazione Carabinieri di Premariacco, è costituito da un alloggio per il comandante del reparto e dai locali adibiti a caserma. Questi ultimi, il 2 agosto 1994 - previo trasferimento dei militari in un altro immobile comunale - sono stati sottoposti ad opere di ristrutturazione ultimate il 30 novembre 1998.
Da tale epoca l'immobile non è stato rioccupato per la mancata corresponsione dei canoni locativi arretrati da parte del Ministero dell'interno. Saldo poi avvenuto, solo parzialmente, per il periodo dicembre 1987-agosto 1994 (lire 89.362.500).
Con corrispondenza rispettivamente del 7 e del 10 agosto 2000 la Prefettura di Udine ha trasmesso al competente Dicastero la documentazione per il rilascio dell'autorizzazione alla stipula del contratto locativo e per la contemporanea occupazione dell'immobile ristrutturato, nonché comunicato che il giudice del tribunale civile di Trieste, in data 19 luglio 2000, ha emesso ordinanza di rilascio dello stabile ora in uso.
Al riguardo, risulta che il Ministero dell'interno abbia autorizzato tale stipula del contratto e la rioccupazione dell'immobile.
Il Ministro della difesa: Sergio Mattarella.

CONTI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la cosiddetta «mala sanità» è un termine odioso nato e divenuto credibile durante il pessimo ed infausto ministero del noto onorevole De Lorenzo. In realtà, però, insieme a pochi casi di deleterio comportamento di alcuni operatori medico-sanitari, per altro spesso dovuti ad insufficienza o inadeguatezza delle strutture, ce ne sono infiniti di «buona», anzi di «ottima sanità», che non vengono mai ricordati;
per questo motivo ritengo doveroso, proprio per garantire il buon nome della generalità degli operatori della sanità, denunciare


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la irresponsabilità di «qualcuno» evitando di coinvolgere le migliaia e migliaia di operatori onesti e competenti, dediti al sacrificio continuo, che invece meritano il rispetto e la riconoscenza di tutta la popolazione;
mi riferisco al caso denunciato in data 9 settembre 2000 da Il Resto del Carlino (1 regionale) -:
se sia vero che la paziente signora Valeria Ruiti Spurio, oltre al rifiuto della esecuzione del suo esame di verifica del suo stato di salute, sia stata trattata in modo inurbano e antiprofessionale (come riferisce il giornale);
se risponda al vero che la paziente delusa e indignata per tale inqualificabile episodio abbia denunciato il fatto alla magistratura;
cosa intenda fare la direzione della Asl di Macerata per condannare il fatto, affinché non sia imitato da altri incoscienti;
quali provvedimenti intenda assumere l'assessore alla sanità della regione Marche affinché tali episodi non si ripetano.
(4-31299)

Risposta. - In base ai dati raccolti a livello locale dal Commissariato del Governo nella regione Marche, non risulta che la paziente sig.a Valeria Ruiti Spurio sia stata trattata «in modo inurbano e antiprofessionale» dal personale della AUSL n. 9 di Macerata.
Del pari, non risulta che, a tutt'oggi, la paziente abbia denunciato l'accaduto alla magistratura.
L'episodio è stato determinato da una incompleta, da un lato, e male recepita, dall'altro, prenotazione telefonica.
In sostanza, la prestazione prenotata telefonicamente è stata «radiografia del ginocchio», con conseguente indicazione sul foglio di lavoro giornaliero del tecnico di radiologia, mentre la prestazione effettivamente contenuta nella prescrizione, presentata all'operatore all'atto della esecuzione dell'esame, era «radiografia assiale del ginocchio a 30o, 60o, 90o».
Quest'ultima indagine, più complessa, richiede l'utilizzo di uno strumento radiologico al momento non immediatamente disponibile, poiché non tutte le diagnostiche all'epoca del fatto erano pienamente funzionanti essendo da poco conclusi i lavori di ristrutturazione edilizia e di messa a norma impiantistica dell'intero Servizio di Radiologia dell'Ospedale di Tolentino.
In ogni caso, la vicenda appare già definitivamente superata in seguito al colloquio avvenuto il 12 settembre 2000 tra la paziente e la Direzione Generale dell'Azienda USL n. 9.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
riguardo alla sperimentazione ministeriale del multitrattamento Di Bella il Ministro della sanità, allora coordinatore della sperimentazione medesima, avrebbe dichiarato al settimanale Panorama che: «Tutto fu fatto in maniera assolutamente corretta» -:
su quali basi medico-scientifiche si basi questa affermazione;
se il ministro sia a conoscenza delle indagini aperte da numerose procure d'Italia proprio riguardo alle pesanti irregolarità che hanno condizionato il processo valutativo degli effetti dell'Mdb disposto dal Ministero della sanità nel 1998;
se il ministro sia a conoscenza delle pesanti rilevazioni evidenziate dai carabinieri del Nas di Firenze circa l'errata preparazione dei farmaci impiegati e circa il fatto che i medesimi farmaci sono stati somministrati a 1048 pazienti benché scaduti da mesi, quindi aventi effetti gravemente tossici ed addirittura cancerogeni;
se, sulla scorta di tali evidenze, il ministro non ritenga di dover disporre una nuova sperimentazione del multitrattamento


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Di Bella, da operarsi secondo i più severi e certi canoni internazionali.
(4-31516)

CONTI, CUCCU, GRAMAZIO e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
nella sperimentazione ministeriale sul multitrattamento Di Bella sono state accertate e pubblicamente denunciate numerosissime gravi irregolarità che ne hanno stravolto i risultati;
gli ordini dei medici nei mesi trascorsi hanno intimato in ogni maniera ai loro iscritti di non prescrivere la terapia Di Bella, pena forti sanzioni che giungono persino alla radiazione dall'albo professionale -:
se tale vero e proprio comportamento intimidatorio da parte di organi ad iscrizione obbligatoria, quali appunto gli ordini dei medici, sia da ritenersi corretto dal punto di vista medico-scientifico, giuridico ed etico;
su quali basi di provata evidenza scientifica gli ordini abbiano espresso questa posizione di netta chiusura nei confronti delle teorie del professor Luigi Di Bella;
a quale titolo la Asl si rifacciano ai risultati della sperimentazione ministeriale per negare assistenza e farmaci ai pazienti che liberamente si affidano all'Mdb -:
se non si ritenga di dover tutelate il diritto del medico di prescrivere secondo scienza e coscienza e quello del paziente di scegliere il percorso terapeutico che ritiene più idoneo.
(4-31518)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
alcune decine di sentenze emesse da numerose preture di tutt'Italia hanno imposto alle A.s.l. interessate l'erogazione gratuita di tutti i farmaci costituenti il multitrattamento Di Bella;
tali sentenze sono state emesse in base a dichiarazioni giurate di periti oncologi, chiaramente attestanti la progressione del tumore nei pazienti trattati con terapia convenzionale ed il blocco, o la regressione della patologia, negli stessi pazienti trattati successivamente con l'Mdb;
dette sentenze disattendono e di fatto contraddicono nella sostanza le conclusioni della sperimentazione operata dal ministero della sanità sul multitrattamento Di Bella -:
secondo il Ministro, allora coordinatore della sperimentazione, a cosa si debbano queste gravi incongruenze tra la vulgata ministeriale e le perizie giurate affidate ad oncologi nominati dai tribunali, in base alle quali sono state emesse sentenze che hanno visto accolte le istanze dei malati in cura con l'Mdb;
se non si ritenga doveroso ed urgente, considerato anche il crescente interesse scientifico internazionale circa le scoperte del professor Luigi Di Bella, disporre una nuova sperimentazione sull'Mdb, da operarsi questa volta seguendo i severi canoni internazionali;
se non si ritenga indifferibile, dato il costante aumento dei pazienti che fanno ricorso al percorso terapeutico messo a punto dal professor Di Bella, fornire risposte scientifiche serie ed inoppugnabili circa l'efficacia dell'Mdb nella terapia oncologica.
(4-31521)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
alla pretura circondariale di Lecce sono pervenute oltre 500 cartelle cliniche complete di ammalati oncologici in cura con il Multitrattamento Di Bella;
tale documentazione è stata vagliata da tre periti e messa successivamente a disposizione del Ministro della sanità;


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tali perizie giurate costituiscono una documentazione giuridicamente e scientificamente inoppugnabile dalla quale emergono un'efficacia ed una tollerabilità dell'Mdb che, se questi dati venissero confermati, sarebbero incomparabilmente superiori rispetto ai risultati ottenibili con la chemioterapia;
come mai i risultati delle perizie giurate su 500 cartelle cliniche di pazienti in cura con il multitrattamento Di Bella smentiscano radicalmente i risultati della sperimentazione ministeriale, effettuata nel 1998 sulla stessa metodologia terapeutica -:
se non si ritenga che i risultati dell'indagine ministeriale siano stati palesemente falsati dalla presenza di fattori inquinanti e distorsivi (cosiddetti BIAS factors), quali l'altissimo tasso di acetone nel composto retinoico e la somministrazione ai pazienti di farmaci ampiamente scaduti, come accertato dai carabinieri del Nas Firenze;
se non si ritenga che i risultati della sperimentazione ministeriale siano stati pesantemente condizionati dai ristrettissimi tempi disposti dal ministero per la valutazione, lo studio e l'osservazione dei pazienti trattati con l'Mdb;
se non si ritenga, data la profonda discordanza di risultati e valutazioni tecnico scientifiche in materia, disporre una nuova sperimentazione del Multitrattamento Di Bella, da operarsi questa volta secondo i più severi e probanti criteri internazionali.
(4-31522)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il National cancer institute, massima istituzione statunitense per la ricerca oncologica, ha promosso e finanziato in cinque centri altrettanti studi sull'effetto della somatostatina negli osteosarcomi;
gli istituti interessati sono: Bethesda, Maryland; Texas Chidren's Cancer Center, Houston; New York Center; University of Minnesota Cancer Center, Minneapolis; Children's Hospital Seattle, Washington;
tale studio era programmato per sei mesi e sarebbe stato interrotto nel caso di progressione della patologia o di risultato comunque ritenuto insoddisfacente;
la positività degli effetti riscontrati ha fatto si che lo studio sia stato prolungato e rifinanziato per ulteriori dodici mesi in tutti e cinque i centri;
la somatostatina costituisce uno dei punti cardinali del multitrattamento Di Bella, sottoposto nel 1998 a sperimentazione ministeriale dall'ente all'indirizzo -:
come mai i risultati di detta sperimentazione abbiano dichiarato l'inefficacia della somatostatina nella terapia oncologica, mentre il massimo organismo statunitense competente in materia, ritiene di destinare ulteriori milioni di dollari alla ricerca su tale preparato, sulla scorta di sei mesi di risultati molto positivi;
se non si ritenga doveroso ed urgente disporre un adeguata valutazione scientifica del Mdb, da operarsi questa volta secondo i severi canoni internazionali;
se non si ritenga doveroso effettuare d'urgenza tutti i necessari e seri accertamenti scientifici riguardo alla validità della somatostatina nella terapia oncologica, onde evitare che, per l'ennesima volta, una scoperta tutta italiana trovi patria e fortuna altrove.
(4-31523)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il 24 maggio 2000 il Congresso mondiale di oncologia tenutosi a New Orleans ha evidenziato l'importanza dei retinoidi quale elemento chiave sia della prevenzione che della terapia oncologica;
dei retinoidi scriveva il professor Luigi Di Bella già negli anni quaranta e, da oltre vent'anni costituiscono uno dei pilastri della sua terapia antitumorale;


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questo composto è stato sottoposto a valutazione scientifica dal Ministro della sanità nel corso della sperimentazione sul multitrattamento Di Bella -:
come mai il ministro della sanità abbia certificato l'inefficacia dei retinoidi nella terapia oncologica, esprimendosi così in totale antitesi rispetto alla ricerca scientifica mondiale;
quali fattori abbiano contribuito alla determinazione di tale giudizio di netta bocciatura;
se, alla luce dei recenti orientamenti dell'oncologia mondiale, non si ritenga doveroso procedere ad un riesame circa l'efficacia del Mdb, disponendo una nuova sperimentazione clinica, da effettuarsi secondo i severi canoni internazionali e sotto il controllo dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(4-31524)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la sperimentazione ministeriale sul multitrattamento Di Bella presenta più di un punto oscuro e le sue conclusioni hanno suscitato numerose perplessità sia tra gli operatori del settore sanitario che tra i pazienti stessi;
che la somministrazione sperimentale della terapia Di Bella è iniziata nel marzo 1998 -:
se corrisponda al vero che i pazienti arruolati per la sperimentazione dell'Mdb avevano un'aspettativa di vita tra gli 11 giorni e le 12 settimane;
se il Ministro sia a conoscenza che al 13 giugno 2000 risultano in vita 256 pazienti della sperimentazione, su molti dei quali si riscontra un blocco della progressione della neoplasia o addirittura un suo regresso, e su tutti si evidenzia un notevole miglioramento della qualità della vita;
se questi risultati, che differiscono sostanzialmente dalle statistiche oncologiche ufficiali, siano stati tenuti in considerazione dal coordinatore della sperimentazione;
come mai questi dati non siano stati adeguatamente evidenziati mentre gli organi ufficiali, quali l'Istituto superiore di sanità, si sono affrettati ad annunciare il fallimento del Mdb;
se, alla luce di tali riscontri scientifici, non si ritenga doveroso ed urgente procedere ad una nuova sperimentazione del multitrattamento Di Bella, operata questa volta secondo i più severi e fondati canoni internazionali.
(4-31525)

CONTI, CUCCU, CÈ e GRAMAZIO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la sperimentazione ministeriale del multitrattamento Di Bella sarebbe stata eseguita senza randomizzazione e gruppo di controllo, come stigmatizzato anche dall'illustre British medical journal, e rientra quindi nel grado più basso di attendibilità in base alla classificazione internazionale sulla progettazione degli studi clinici;
sempre in base alla classificazione internazionale, per quanto riguarda il parametro degli obiettivi di una sperimentazione vi sono quattro livelli di validità, dei quali il primo è la sopravvivenza;
l'ultimo per importanza dei livelli suddetti, definito «surrogato indiretto», comprende a sua volta tre sottolivelli, di cui il più basso è proprio quello scelto per la sperimentazione del Mdb, ossia il Tumor response rate, che considera la variazione delle dimensioni misurabili del tumore prima e dopo la terapia;
pertanto il metodo Di Bella è stato studiato, secondo la classificazione internazionale del National cancer institute, non solo secondo il meno attendibile dei livelli di progettazione, ma anche secondo il più basso sottolivello del più infimo grado (il quarto) -:


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come mai si sia stabilito di controllare la validità di una possibile cura per una patologia gravissima, quale è il cancro, utilizzando il meno affidabile dei sistemi di verifica;
se i risultati ottenuti dalla sperimentazione ministeriale del Mdb, operata con metodi tanto discutibili, siano ritenuti affidabili ed accettabili;
se non si ritenga doveroso procedere ad una nuova sperimentazione da effettuarsi seguendo scrupolosamente i rigidi canoni internazionali, per ottenere finalmente risposte certe e scientificamente valide.
(4-31527)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il ministero della sanità e l'Istituto superiore di sanità hanno da subito imputato al professor Luigi Di Bella l'assoluta assenza di evidenze scientifiche circa l'efficacia della sua terapia o dei farmaci che la compongono;
la principale banca data medico-scientifica Med-line, attraverso Internet (www.nim.nih.gov), mette gratuitamente a disposizione di chiunque le più attendibili pubblicazioni e ricerche scientifiche mondiali in campo sanitario -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che, effettuando una semplice ricerca su tale banca dati riguardo ai componenti del multitrattamento Di Bella, emerge quanto segue:
per la melatonina gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati n. 318, per l'anno 2000 n. 400; per i retinoidi gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati n. 1582, per l'anno 2000 n. 1754; per la vitamina E gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati n. 819, per l'anno 2000 n. 1060; per la bromocriptina gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati 1504, per l'anno 2000 n. 1571; per la somatostatina gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati n. 2817, per l'anno 2000 n. 3306; in totale gli studi disponibili nell'anno 1997 sono stati n. 7040, nell'anno 2000 n. 8091;
come mai il ministero, nel corso della progettazione dell'effettuazione e dell'analisi dei risultati della sperimentazione del M.D.B. non abbia tenuto in nullo conto tali evidenze scientifiche;
se il ministero non ritenga che il continuo aumento delle pubblicazioni su tali preparati non dimostri il crescente interesse della comunità scientifica internazionale a questo approccio terapeutico;
se non ritenga indifferibile procedere ad una nuova valutazione degli effetti della terapia antitumorale perfezionata dal professor Luigi Di Bella attraverso una seria sperimentazione effettuata secondo i canoni internazionali.
(4-31543)

CONTI, GRAMAZIO, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
nei due rami del Parlamento giacciono numerosi atti di sindacato ispettivo riguardanti le vicende connesse alla sperimentazione ministeriale del Multitrattamento Di Bella;
di tali atti risulta che nessuno abbia ottenuto risposta, nonostante l'estrema gravità degli argomenti trattati;
nel corso dell'anno parlamentare corrente i mezzi d'informazione, non solo nazionali, sono tornati più volte sulle vicende della terapia Di Bella, palesando tutta quell'incertezza che i risultati della sperimentazione, anziché eliminare, hanno incredibilmente alimentato;
si sono occupati della questione: Il Corriere Ticino (Svizzera), 23 settembre 1999, La Regione (Svizzera), 24 settembre 1999, Giornale del Popolo (Svizzera) 24 settembre 1999, Alto Adige, 30 novembre 1999, Il Messaggero, 16 dicembre 1999, Il Giornale, 16 dicembre 1999, Il Resto del Carlino, 5 gennaio 2000, La Nazione, 5 gennaio 2000, Il Giorno, 5 gennaio 2000, Il Resto del Carlino, 6 gennaio 2000, La Nazione,


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6 gennaio 2000, Il Giorno, 6 gennaio 2000, Il Resto del Carlino, 7 gennaio 2000,La Nazione, 7 gennaio 2000,Il Giorno, 7 gennaio 2000, Il Giornale, 11 gennaio 2000, Il Secolo d'Italia 11 gennaio 2000, La Prealpina, 26 gennaio 2000,Il Resto del Carlino, 29 gennaio 2000,La Nazione, 29 gennaio 2000,Il Giorno, 29 gennaio 2000, Il Resto del Carlino, 30 gennaio 2000, La Nazione, 30 gennaio 2000, Il Giorno, 30 gennaio 2000, La Prealpina, 30 gennaio 2000, La Repubblica (inserto Salute), 3 febbraio 2000, Willerfunds (Svizzera), 3 febbraio 2000, Il Corriere del Ticino, 3 febbraio 2000,La Gazzetta del Sud, 6 febbraio 2000, Il Resto del Carlino, 23 febbraio 2000, La Nazione, 23 febbraio 2000,Il Giorno, 23 febbraio 2000, La Gazzetta del Sud, 24 febbraio 2000, L'Obiettivo, 27 febbraio 2000, La Prealpina, 9 marzo 2000, Il Gazzettino, 12 marzo 2000, Il Borghese, 12 marzo 2000, Il Secolo d'Italia, 24 marzo 2000, Il Giornale, 9 aprile 2000, Il Resto del Carlino, 9 aprile 2000, La Nazione, 9 aprile 2000, Il Giorno, 9 aprile 2000, ll Resto del Carlino, 11 aprile 2000, La Nazione, 11 aprile 2000, Il Giorno, 11 aprile 2000, La Padania, 22 aprile 2000, Il Secolo d'Italia, 25 aprile 2000, Il Resto del Carlino, 11 maggio 2000, La Nazione, 11 maggio 2000, Il Giorno, 11 maggio 2000, La Padania, 25 maggio 2000, La Gazzetta di Modena, 31 maggio 2000, Il Secolo d'Italia, 2 giugno 2000, Panorama, 1 giugno 2000, Fax (Televisione della Svizzera Italiana), 23 dicembre 1999, Report (RAI 3), 31 maggio 2000, Telelombardia, 16 giugno 2000, per citare le fonti principali: come mai il ministero, di fronte a tante e tali richieste di chiarezza su un tema fondamentale quale la terapia oncologica, si ostini a trincerarsi dietro un incomprensibile silenzio, che rende un pessimo servizio alla ricerca ed a tutta la scienza medica; come mai numerosi atti parlamentari giacciano senza risposta da oltre due anni;
se, date le enormi perplessità suscitate dalla sperimentazione ministeriale del M.D.B., non si ritenga necessario predisporre un nuovo processo valutativo secondo i più severi canoni internazionali per l'indagine scientifica.
(4-31546)

CONTI, CUCCU, CÈ e GRAMAZIO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il più diffuso settimanale nazionale, Panorama, nel numero del 1 giugno 2000 ha denunciato le gravi irregolarità riscontrate nella sperimentazione ministeriale del multitrattamento Di Bella;
nell'articolo si evidenzia un rapporto stilato dai carabinieri del Nas di Firenze, i quali avevano accertato fuor di ogni dubbio come a 1048 pazienti in sperimentazione fossero stati somministrati farmaci erroneamente preparati e scaduti da mesi, quindi altamente tossici nonché cancerogeni;
gli stessi fatti sono stati sottolineati nella loro gravità dalla giornalista Sabrina Giannini, nel corso della trasmissione televisiva Report, andata in onda su Rai 3 il 31 maggio 2000;
durante tale trasmissione è stata inoltre mostrato l'originale del verbale redatto dai carabinieri del Nas Firenze a seguito della loro accurata indagine -:
se, dopo tali gravissime evidenze, il ministro non ritenga opportuno riconsiderare i risultati ottenuti dalla sperimentazione ministeriale dell'Mdb, in quanto palesemente falsati dalla presenza di innumerevoli fattori distorsivi;
se non si ritenga doveroso procedere ad una nuova sperimentazione da condursi, questa volta, seguendo scrupolosamente i più severi criteri internazionali;
se il ministro sia a conoscenza degli accertamenti operati dai Nas di Firenze e quali provvedimenti abbia posto in essere nei confronti dei responsabili.
(4-31519)

Risposta. - Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari citate stante l'omogeneità delle problematiche in esse contenute.


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Si fa presente innanzitutto che, proprio al fine di verificare l'efficacia e l'utilità della Multiterapia oncologica Di Bella («MDB»), venne concordato all'inizio del 1998 con il professor Luigi Di Bella lo schema di 10 protocolli terapeutici, allo scopo di iniziare immediatamente la loro sperimentazione.
Per poter procedere, si decise di utilizzare - come unico standard di riferimento - le istruzioni fornite dal Prof. Di Bella.
La Dott.ssa Elena Ciranni, Direttore del Laboratorio di Chimica del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, ebbe quindi una serie di colloqui con il Professore, allo scopo di ottenere tutte le informazioni possibili sui due prodotti «galenici», che avrebbero dovuto essere preparati su scala però semi-industriale - dall'Istituto Chimico-Farmaceutico Militare (ICFM) di Firenze.
La valutazione dell'attività antitumorale del Multitrattamento Di Bella (MDB) è stata effettuata all'interno della sperimentazione che ha avuto inizio nel marzo 1998.
Il giudizio complessivo sull'inattività antitumorate del MDB si è basato sull'analisi di 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali, propriamente detti (risultati conclusivi presentati a luglio e novembre 1998), e di 769 pazienti analizzati negli studi cosiddetti osservazionali (risultati conclusivi presentati a luglio 1999).
In particolare:
In nessuno dei 1.155 pazienti inclusi nella sperimentazione si è osservata una risposta obiettiva completa (scomparsa delle masse tumorali).
Una risposta obiettiva parziale (riduzione di almeno il 50 per cento delle lesioni tumorali) si è osservata in soli 3 (0,8 per cento) dei 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali (successivamente, uno dei tre pazienti è andato incontro a una progressione della malattia e gli altri due pazienti sono deceduti. Il risultato degli studi sperimentali è stato confermato dagli studi osservazionali nei quali solo per 5 (0,7 per cento) dei 769 pazienti inclusi è stata segnalata la presenza di una risposta obiettiva di tipo parziale (al 15 giugno 1999, due di questi pazienti erano andati incontro a progressione di malattia). Nel complesso sono state riportate 8 risposte obiettive di tipo parziale su 1.155 pazienti (0,7 per cento).
La durata mediana di trattamento, cioè l'intervallo di tempo entro il quale il 50 per cento dei pazienti ha interrotto il trattamento MDB, è stata di circa 60 giorni.
Per quanto riguarda i decessi, a giugno 1999, a circa un anno dall'inizio della sperimentazione, erano deceduti 298 (77 per cento) dei 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali e 598 (78 per cento) dei 769 inclusi negli studi osservazionali. Escludendo dall'analisi i pazienti in condizioni terminali (protocolli 4, carcinoma mammario e 10, pazienti in fase critica), si sono osservati 466 decessi su 660 pazienti (71 per cento) degli studi sperimentali e osservazionali.
Alla fine di giugno 1999 solo 29 pazienti su 1.155 (2,5 per cento) risultavano ancora in trattamento (8 pazienti degli studi sperimentali e 21 degli studi osservazionali), in quanto giudicati in condizione di stabilità di malattia. La quasi totalità dei pazienti (97,5 per cento) aveva invece interrotto il trattamento MDB: la causa più frequente di interruzione è stata il decesso o la progressione della malattia. In misura minore l'interruzione si è verificata per tossicità o ritiro volontario (mentre solo una minima quota di pazienti, il 4,7 per cento, non si è più ripresentata alle visite successive).

Si deve ricordare, altresì, che i risultati negativi osservati nella sperimentazione condotta dall'Istituto Superiore di Sanità sono stati confermati anche dalle seguenti analisi:
Si è conclusa con risultati negativi la sperimentazione condotta autonomamente dalla regione Lombardia nel corso del 1998, nella quale erano stati studiati 333 pazienti.
L'indagine condotta sull'archivio dei pazienti in cura presso il prof. Di Bella non ha fornito alcuna prova dell'efficacia del trattamento MDB. Al contrario, i livelli di sopravvivenza sono nettamente peggiori di quelli osservati nella popolazione italiana.


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Nell'articolo pubblicato sulla rivista Cancer il 15 novembre 1999 da Buiatti ed altri viene confrontata la sopravvivenza dei malati di cancro estratti dall'archivio del Prof. Di Bella e trattati con l'MDB, e un campione di malati ricavati dall'insieme dei Registri Tumori Italiani. La sopravvivenza dei due gruppi di malati è molto diversa e il campione italiano di malati di cancro ha una sopravvivenza doppia rispetto al gruppo trattato con MDB.
Per quanto riguarda i pazienti che hanno ricevuto l'MDB in seguito all'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale che ampliava i criteri per l'inclusione (decreto-legge n. 186 del 16 giugno 1998), circa 4.500 pazienti hanno richiesto il trattamento MDB in uno dei 126 centri distribuiti in tutte le regioni italiane (in aggiunta quindi ai 1.155 inclusi negli studi sperimentali e osservazionali). Pur se le informazioni disponibili per questi pazienti non sono standardizzate e verificabili come quelle raccolte nel corso della sperimentazione, si conferma lo stesso andamento negativo osservato nella sperimentazione. Infatti nel complesso la durata mediana di trattamento è stata di 72 giorni, paragonabile quindi a quella registrata nella sperimentazione.

Per quanto riguarda gli specifici quesiti contenuti nella interpellanza urgente e, in particolare, l'impiego di un prodotto (lo sciroppo ai retinoidi) tossico, si rammenta che la formulazione e la preparazione di tali prodotti «galenici» sono stati il frutto delle indicazioni fornite dal Prof. Di Bella e pedissequamente riportate nei cosiddetti «Protocolli» approvati dallo stesso Professore, che ne ha siglato le singole pagine.
L'utilizzo dell'acetone quale solvente per la preparazione della «Soluzione ai retinoidi» è stato voluto dal Prof. Di Bella, come risulta dai menzionati protocolli.
Anche il processo di eliminazione del solvente è stato effettuato utilizzando la procedura indicata dal Prof. Di Bella e riportata nei protocolli.
Essa è stata applicata con un sistema che garantiva la non degradazione del prodotto. La quantità di acetone residuo è stata determinata con una tecnica sofisticata ed estremamente sensibile.
Va anche sottolineato che il solvente utilizzato nella preparazione di un medicinale non può mai essere completamente eliminato.
Infatti, per quanto i processi di eliminazione dei solventi possano essere adeguati, non è praticamente realizzabile una preparazione senza «tracce» del solvente che è stato utilizzato.
È per questo motivo che gli organismi internazionali preposti alla definizione di norme relative alla qualità e sicurezza d'uso dei medicinali, hanno previsto precise indicazioni sulle quantità massime di solvente residuo consentito, per ogni tipo di solvente utilizzato nella preparazione di medicinali (ICH Guidelines e Farmacopea Europea).
Tali quantità sono state individuate per i singoli solventi, in considerazione del loro possibile rischio per la salute dell'uomo.
I solventi sono stati distinti in tre classi di rischio: classe 1 (solventi che devono essere evitati), classe 2 (solventi il cui utilizzo deve essere limitato), classe 3 (solventi con basso potenziale tossico).
L'acetone è stato classificato (analogamente all'alcool etilico) come solvente a basso potenziale tossico e rientra nella classe 3.
La quantità massima di acetone residuo consentita in un prodotto medicinale è pari a 5.000 ppm (ovvero 5.000 mg/l).
Era quindi inevitabile che - aderendo fino in fondo allo standard dettato dal Prof. Di Bella - sarebbero rimaste tracce di acetone.
Quando poi si procedette alla misurazione dell'acetone residuo mediante un metodo altamente sensibile, fu sì confermata la presenza dell'acetone, ma sempre in quantità almeno sei volte inferiori ai massimi consentiti dalla Farmacopea Ufficiale.
La quantità di acetone residuo nei campioni di «Soluzione ai retinoidi» di cui fanno menzione le interrogazioni parlamentari cui si risponde (850 mg/l) è circa sei volte inferiore al limite consentito dalle norme.


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Inoltre si sottolinea, come già fatto presente, che per la determinazione dell'acetone residuo è stato utilizzato un sistema estremamente sensibile (sensibilità 0,1 mg/l); se invece l'«eliminazione» del solvente viene verificata con un sistema poco sensibile (come, ad esempio la cartina al sodio nitroprussiato usata dalla Farmacia Ferrari di fiducia del Prof. Di Bella, sensibilità pari a circa 450 mg/l), il prodotto può risultare apparentemente privo di solvente, ma in realtà esso lo contiene ancora, ma in una quantità che però non è rilevabile con il sistema adottato.
Quanto all'uso di un prodotto (lo sciroppo ai retinoidi) scaduto, l'Istittito Superiore di Sanità ha inteso sottolineare che, nel caso dei cosiddetti «galenici» impiegati nella Multiterapia Di Bella non è assolutamente possibile parlare di «farmaci scaduti», per il semplice motivo che «la scadenza» di un farmaco può essere stabilita solo se si conoscono tre tipi di informazioni: (1) l'intervallo terapeutico (e cioè la dose minima e massima efficace); (2) i tempi di degradazione dei componenti attivi; (3) la natura chimica e la tossicità eventuale dei prodotti risultanti dalla degradazione.
Nessuna documentazione è stata fornita dal Prof. Di Bella in merito a questi argomenti.
Del resto, le stesse disposizioni urgenti contenute nel decreto-legge 17 febbraio 1998, successivamente convertito in legge, per far fronte «ad una situazione di carattere straordinario» hanno modificato il normale iter di sperimentazione.
Non erano, quindi, note informazioni sulla farmacocinetica e farmacodinamica, elementi fondamentali per ricavare una curva «dose-risposta», per conoscere cioè la relazione esistente tra dosi somministrate e livelli di riposta clinica che permettesse di definire la scadenza dei formulati.
Tutto ciò in assenza della conoscenza dei meccanismi di azione ipotizzabili.
Occorre precisare che, per acquisire le informazioni necessarie a stabilire la durata della validità dei «galenici» sarebbe occorso almeno un anno, ed all'epoca appariva del tutto impensabile dilazionare l'inizio dello studio.
In ogni caso, il Prof. Di Bella aveva fornito le più ampie assicurazioni in merito al fatto che, se custodito in ben precise condizioni, al riparo dalla luce e dal calore, lo sciroppo ai retinoidi era del tutto stabile.
In effetti, laddove il Prof. Di Bella avesse ritenuto non più utilizzabili i preparati da lui suggeriti dopo un determinato arco temporale, lo avrebbe indicato nel protocollo firmato.
Nulla è stato asserito, a tale riguardo, dal Prof. Di Bella in occasione della firma dei protocolli, tanto più che egli, precedentemente, in data 15 gennaio 1998 aveva indicato la composizione dei principi attivi senza specificare la stabilità delle formulazioni.
Nonostante ciò, poiché l'affermazione sulla presunta stabilità non era suffragata da alcun dato obiettivo, il Laboratorio di Chimica del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità si attivò fin dall'inizio per valutare almeno uno dei parametri suddescritti, quello del decadimento nel tempo dei componenti.
In mancanza delle menzionate informazioni, tali studi non possono portare ad alcuna conclusione sulla presunta scadenza della soluzione stessa.
Va considerato che il decadimento di uno dei componenti della «soluzione ai retinoidi» può essere una caratteristica della medesima e che nei Protocolli siglati dal Prof. Di Bella, come pure nella documentazione ufficiale resa disponibile al Comitato Guida, non vi è alcun cenno sulla «validità» di detta soluzione.
Inoltre, anche nelle ricette erogate da diverse regioni e da differenti medici, pervenute all'Istituto Superiore di Sanità, non risulta mai alcun riferimento alla suddetta presunta scadenza.
Un primo dato sul decadimento di uno dei componenti si rese disponibile nell'ottobre 1998: esso indicava che lo sciroppo ai retinoidi si mantiene inalterato per un periodo di circa tre mesi.
Questo dato fu a suo tempo comunicato a tutti i Centri.
Per quanto concerne la validità dei protocolli, si sottolinea che essi furono pienamente concordati con il Prof. Di Bella e


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vennero stilati da un comitato composto dai maggiori esperti italiani.
Essi furono ritenuti perfettamente validi da una Commissione internazionale composta da 7 tra i principali esperti mondiali della materia.
A riprova della validità scientifica dei protocolli sta l'accettazione dei manoscritti contenenti i risultati da parte di due prestigiose riviste internazionali, il
British Medical Journal (britannico) e Cancer (statunitense).
È vero che - quando possibile - è preferibile effettuare studi controllati (cioè con un gruppo di controllo, o non trattato, o trattato con altra terapia convenzionale).
Nel caso della MDB però ciò non era assolutamente possibile; all'epoca non era, infatti, neppure ipotizzabile arruolare tutti i pazienti con la clausola che essi accettassero di essere assegnati - «a caso» - o alla Multiterapia Di Bella, o alla chemioterapia (o radioterapia), o, peggio ancora, a nessuna terapia.
Quindi il modello sperimentale prescelto era l'unico possibile date le circostanze.
Infine, per quanto concerne la posizione del
National Cancer Institute degli USA si precisa che esso non ha mai effettuato alcuna valutazione sulla sperimentazione italiana.
L'Istituto Superiore di Sanità ha coordinato la sperimentazione sul Metodo Di Bella (disegnata secondo uno degli schemi previsti per gli studi di fase II), attenendosi alle regole scientifiche più rigorose, internazionalmente accettate e riassunte per il nostro Paese nella
Gazzetta Ufficiale n. 162 del 18 agosto 1997.
Per quanto concerne il «modello sperimentale» prescelto, che è stato identificato dagli oncologi della Commissione Oncologica Nazionale assieme al Prof. Luigi Di Bella e con il suo accordo, giova ricordare che tutti i vari schemi previsti per questi studi garantiscono un elevatissimo grado di attendibilità, confermata dal fatto che i lavori scientifici che riportavano i risultati conseguiti sono stati accettati e pubblicati in due articoli su
British Medical Journal e Cancer.
Alla pubblica opinione è stata fornita una esaustiva massa di informazioni su questo trattamento attraverso tutti i mezzi possibili e ancora oggi una amplissima documentazione è disponibile per chiunque sul sito Internet dell'Istituto Superiore di Sanità (http://www.iss.it).
I protocolli predisposti dagli esperti della Commissione Oncologica Nazionale si sono scrupolosamente attenuti ai consueti criteri di sperimentazione clinica.
All'inizio della sperimentazione sorsero dubbi interpretativi sulla necessità di somministrare alcuni farmaci in alcuni dei protocolli.
Questi dubbi furono chiariti in un'apposita riunione, svoltasi a Modena nel maggio 1998 ed è chiaramente riportato in una registrazione che il Professore riteneva che eventuali omissioni iniziali
non inficiavano affatto la validità della sperimentazione.
Nonostante l'analisi della sopravvivenza nei pazienti trattati non fosse l'obiettivo principale della sperimentazione MDB, i valori di sopravvivenza osservati nei diversi protocolli non hanno fornito alcuna indicazione che suggerisse per il trattamento MDB un effetto sulla sopravvivenza anche in assenza di una attività anti-tumorale.
Ciò vale anche per i pazienti del protocollo 7 (carcinoma del pancreas esocrino).
In questo caso, infatti, le casistiche disponibili a livello internazionale, che pure vanno utilizzate con cautela per tenere conto della inevitabile variabilità fra le diverse casistiche, indicano una sopravvivenza mediana per questo tipo di tumori di circa 6 mesi.
Ciò significa che ci si aspetta che il 50 per cento dei pazienti abbia una sopravvivenza superiore ai 180 giorni circa.
Per quanto riguarda i livelli di sopravvivenza osservati nei pazienti con carcinoma del pancreas esocrino, al 15 giugno 1999 risultavano in vita 5 (17 per cento) dei 29 pazienti inclusi nel protocollo sperimentale e 5 (36 per cento) dei 14 inclusi in quello osservazionale.
Nell'insieme, dei 43 pazienti risultavano quindi in vita il 23 per cento dei pazienti arruolati.


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Il valore mediano di sopravvivenza è stato di 168 giorni per i 14 pazienti inclusi nei protocolli osservazionali e di 144 giorni per i 29 pazienti inclusi nei protocolli sperimentali.
L'analisi congiunta dei 43 pazienti complessivamente arruolati fornisce un valore mediano di sopravvivenza di 159 giorni.
Pertanto, nei 43 pazienti inclusi nella sperimentazione, i risultati della sopravvivenza mediana sono sovrapponibili all'evoluzione attesa in base alla storia naturale della malattia in assenza di interventi.
Il dato sulla sopravvivenza dei pazienti con tumore del pancreas va integrato con le seguenti informazioni.
Solo in uno dei 43 pazienti arruolati si è osservata una risposta obiettiva di tipo parziale, alla quale è seguita una progressione di malattia.
Dei 14 pazienti inclusi nel protocollo osservazionale solo uno risultava ancora in trattamento al 15 maggio 1999 (quattro dei cinque pazienti ancora in vita avevano da tempo interrotto il trattamento, in tre casi per progressione di malattia e in un caso per ritiro volontario).
Alla stessa data, inoltre, nessuno dei 29 pazienti inclusi nel corrispondente protocollo sperimentale era ancora in trattamento.
Va sottolineato come neppure nei pazienti trattati personalmente dal Prof. Di Bella (i cui dati erano disponibili nella sua casistica personale) è stata osservata una sopravvivenza superiore a quella media riscontrata in Italia.
Questo dato negativo risulta dallo studio, già citato in premessa, condotto indipendentemente dal quello coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità, che è stato anch'esso pubblicato sulla rivista
Cancer.
Infine, non è vero che all'inizio della sperimentazione tutti i pazienti arruolati avessero avuto un'aspettativa di vita compresa tra l1 giorni e 12 settimane.
Al contrario, in alcuni protocolli furono arruolati pazienti con buone prospettive di sopravvivenza.
La proporzione di pazienti che hanno riportato effetti collaterali a seguito
della terapia, come si può desumere dai rapporti ISTISAN resi pubblici e disponibili anche su Internet, è stata del 40 per cento negli studi sperimentali e del 31 per cento nello studio osservazionale.
Sia la frequenza sia il tipo di tossicità erano attesi - e descritti in letteratura - sulla base delle proprietà farmacologiche dei diversi farmaci impiegati nella MDB.
Tale livello di tossicità è stato tuttavia considerato inaccettabile solo in relazione all'assenza di attività terapeutica dimostrata dal MDB.
I singoli componenti del MDB e, in particolare, la somatostatina e i retinoidi, sono da anni oggetto di studio sperimentale in campo oncologico, come documentato dalla letteratura scientifica disponibile sulla banca dati bibliografica
«Medline», all'interno della quale sono citate sia sperimentazioni che hanno dato esito positivo sia ricerche che non hanno prodotto risultati rilevanti.
Gli studi che hanno prodotto risultati clinicamente significativi hanno condotto ad alcune indicazioni terapeutiche per queste sostanze, che trovano riscontro, ad esempio, nella registrazione della somatostatina, ormai da tempo, anche nel nostro Paese. La disponibilità di tale letteratura scientifica ha giustificato l'impianto della sperimentazione mirata a valutare l'efficacia della Multiterapia Di Bella nel suo complesso, dal momento che l'interazione tra i diversi componenti di questa terapia non era mai stata studiata in precedenza.
Non si è a conoscenza di relazioni di periti di tribunali che dichiarino la validità delle tesi sostenute dal Prof. Di Bella.
I dati sulle varie fasi della sperimentazione sono stati preliminarmente resi noti mediante Conferenze stampa.
Essi sono poi stati pubblicati nella rivista ufficiale dell'Istituto superiore di Sanità, «Rapporti Istisan».
Essi sono consultabili nel sito
«Web» dell'Istituto.
In conclusione, per quanto concerne l'opportunità di una nuova sperimentazione, si ricorda che con un livello di attività anti-tumorale quale quello osservato, nessuna istituzione scientifica internazionale


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prenderebbe anche solo in considerazione l'eventualità di procedere a ulteriori fasi di sperimentazione o, addirittura, di raccomandare il trattamento.
In questo senso, hanno concordato i pareri dell'Istituto Superiore di Sanità, del Comitato Guida che ha condotto la sperimentazione, della Commissione Oncologica Nazionale e del Comitato Etico istituito per la sperimentazione della Multiterapia Di Bella.
Come è noto, inoltre, un Comitato di Esperti Internazionali ha supervisionato l'intero andamento della sperimentazione, approvandone lo svolgimento e concordando con l'analisi dei risultati ottenuti.
Tutta l'attività svolta, così come i risultati ottenuti, sono stati ampiamente documentati sia su pubblicazioni nazionali sia internazionali.
Ulteriori fasi sperimentali non offrirebbero maggiori garanzie agli ammalati mentre, certamente, aumenterebbero disagio e sconcerto con ingiustificabile spreco di risorse pubbliche.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

COSTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
un cittadino italiano, Claudio Berruti, residente nella Provincia di Savona (Borgio Verezzi), laureato in Economia e Commercio, già dipendente della ditta Lombardini Estero, si trova dal 22 agosto scorso, e cioè da circa 80 giorni, ostaggio del Governo dello Yemen, che non gli consente di lasciare il paese, nonostante l'interessato sia munito di idoneo passaporto, a causa di presunti debiti della ditta, presso la quale ha lavorato, con il locale fisco;
il dottor Berruti, assolutamente incolpevole e per nulla debitore personale, ha interrotto il lavoro che lo legava alla Lombardini Estero, che ha partecipato alla costruzione della locale università, finanziata dalla Banca mondiale;
il sottoscritto assieme al padre del dottor Berruti è più volte intervenuto presso l'ambasciata italiana nello Yemen e presso l'Unità di Crisi, istituita alla Farnesina, che segue la vicenda;
l'interessato ha un contratto di lavoro con un'altra ditta operante in Italia;
l'atto arbitrario del Governo yemenita mal si concilia con i trattati internazionali, con i buoni rapporti intercorrenti fra i due stati, con i generosi interventi finanziari che l'Italia ha compiuto nello Yemen;
la Lombardini Estero nega qualsiasi posizione debitoria nei confronti di quel Governo;
le trattative fra le autorità italiane e yemenite non hanno finora portato a nessun risultato -:
se non ritenga di effettuare un passo diplomatico ufficiale e personale nei confronti del Governo yemenita per fare sì che il cittadino possa immediatamente rientrare in Italia.
(4-32472)

Risposta. - Il dottor Claudio Berruti è un dipendente della società Lombardini Estero Spa (via Serchio 11 - Roma), la quale ha effettuato lavori di costruzione delle Università di Sana'a e Hodeida (Yemen) per un importo di circa 13 milioni di dollari su finanziamento della Banca Mondiale. Il dott. Berruti era stato incaricato di vendere le attrezzature di proprietà della società, curando l'abbandono definitivo del Paese. A seguito di tale attività, agli inizi dello scorso mese di novembre, si era aperta una vertenza con le autorità locali per un importo di circa 20.000 dollari. Come è consuetudine nello Yemen, e come è avvenuto in altri casi, il signor Berruti veniva trattenuto temporaneamente nel paese in attesa di una definizione della questione.
Il caso veniva seguito dall'Ambasciata d'Italia
in loco. In particolare, l'Ambasciatore intervenendo presso il locale Ministro delle Finanze rappresentava l'illegittimità dell'azione avviata contro il nostro connazionale e richiedeva alle autorità yemenite l'immediata possibilità da parte di quest'ultimo di lasciare il paese. Successivamente a


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tale intervento il dott. Berruti è potuto rientrare in Italia dove è giunto il 15 novembre scorso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

DE LUCA. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
una coppia di coniugi di Nova Milanese ha presentato alla Procura Circondariale di Monza un esposto per accertare le cause della morte del loro secondogenito, nato nell'ottobre del 1997 e deceduto un mese dopo all'ospedale di Desio;
secondo quanto si apprende dagli organi d'informazione, durante la mattina del 28 novembre il piccolo avrebbe incominciato a manifestare difficoltà respiratorie, perciò i genitori decisero di accompagnarlo presso l'ospedale di Desio, dove il bimbo fu ricoverato nel reparto di pediatria per accertamenti clinici;
i medici di turno avrebbero diagnosticato, secondo notizie di stampa, una bronchite e avrebbero disposto che il neonato fosse posto in incubatrice, monitorato, alimentato con una flebo e collegato ad un macchinario per la rilevazione della presenza di ossigeno nel sangue;
ad avviso dei genitori tale macchinario venne collegato in ritardo dall'infermiera di turno, la quale, nonostante l'apparecchiatura segnalasse una carenza di ossigeno, non ritenne opportuno intervenire considerando che poteva trattarsi di un guasto: dopo qualche ora il neonato è deceduto;
secondo i medici, che hanno sottoposto il corpo del piccolo ad autopsia, le cause della morte sarebbero riconducibili ad una sorta di «scossa elettrica», che avrebbe colpito il cuore del neonato per una malformazione congenita -:
se tali notizie rispondano al vero e, in caso affermativo, se non ritenga doveroso disporre i necessari accertamenti (parallelamente all'indagine in corso da parte della magistratura penale), onde evidenziare, dopo aver evidenziato la causa della morte del neonato, eventuali responsabilità del personale sanitario.
(4-15485)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli indispensabili elementi di recente pervenuti dalle competenti Autorità sanitarie della regione Lombardia.
I dati acquisiti evidenziano che il neonato venne visitato presso l'ambulatorio del medico pediatra, prontamente ricoverato e successivamente sottoposto a tutti gli accertamenti del caso, e, quindi, posto in incubatrice, scelta dettata anche dall'età del bimbo e dalla possibilità di una migliore osservazione e di una più accurata erogazione dell'ossigeno.
L'opera del personale, sia medico che infermieristico, è stata eseguita nel pieno rispetto di quelle che sono le cognizioni tecnico-specialistiche che la scienza medica offre per il trattamento del caso, oltre alla ineccepibile tempestività d'intervento eseguita nei confronti del piccolo paziente.
Ad un primo netto miglioramento delle condizioni del bambino ha fatto seguito una crisi convulsiva generalizzata per la quale è stato necessario soccorso rianimatorio e somministrazione di
valium endovena.
Superata questa crisi si è ripresentato un nuovo stato di aggravamento della situazione respiratoria che ha richiesto l'intervento dei rianimatori e la somministrazione di farmaci.
Verificato il miglioramento, venivano contattate la patologia neonatale di Monza, che non dava disponibilità di letti e, successivamente, la rianimazione dell'Ospedale S. Carlo di Milano che, con disponibilità diletti, acconsentiva al trasferimento con ventilazione meccanica, ma l'improvviso aggravamento delle condizioni del bambino non consentiva il trasferimento.
Si è provveduto ad eseguire l'autopsia, che ha dato la seguente diagnosi: «Morte cardiaca improvvisa in paziente con broncopolmonite a focolai confluenti bilaterali. Edema cerebrale».
Le apparecchiature usate nell'assistenza al paziente (incubatrice, ossimetro per la


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rilevazione dell'O2, saturimetro per la rilevazione incruenta della saturazione arteriosa, pompa d'infusione) sono risultate perfettamente funzionanti e controllate, senza alcuna possibilità di rischio ai fini di una dispersione di corrente.
Pertanto, nessuna scossa elettrica e nessuna difficoltà da parte del personale a tarare la macchina e a collegarla al bambino è imputabile a titolo di causa della morte del piccolo paziente.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

DEL BARONE. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
a Napoli, nella ASL NA 1, si sta creando, ad avviso dell'interrogante, una gravissima discriminazione nei confronti delle cliniche private rispetto ad altri creditori che sarebbero rimborsati in maniera quasi totale;
il fatto è eclatante se si considera che al 30 maggio 2000 le ricordate cliniche private vantano un credito di 128 miliardi e 400 milioni con la conseguenza gravissima che tre case di cura private cittadine hanno dovuto chiudere con il licenziamento di 200 persone -:
se il Ministro non intenda attivare una seria indagine per evitare la continuità di un fenomeno che, per essere ristretto alle sole case di cura, è da considerarsi, secondo l'interrogante, almeno sospetto.
(4-30663)

Risposta. - In base ai dati acquisiti dalle competenti Autorità Sanitarie della Campania per il tramite del locale Commissariato del Governo, risulta che nell'ultimo quinquennio hanno cessato la loro attività solo due case di cura private (Villa dei Gerani e Villa del Pino) per motivi indipendenti dal rimborso effettuato dalla ASL NA 1.
Infatti, la prima aveva la convenzione per soli nove posti per l'alta specialità e la seconda aveva percepito il rimborso dovuto.
Il pagamento del biennio 1997/98 è stato ritardato a causa della vacanza di un accordo AIOP - Regione Campania sulle rette: per questo motivo la ASL NA/1 è ricorsa a pareri di esperti per conoscere se l'accordo del biennio 1993/96 era da considerarsi ultraattivo.
Per quanto riguarda il 1999 ed il primo trimestre 2000, è stato già pagato un acconto nella misura dell'80 per cento; alla corresponsione del saldo si provvederà dopo il consueto
iter di controllo e verifica.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

DEL BARONE. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
ampia diffusione è stata data al fatto che, in una discarica in provincia di Caserta, siano state trovate 16 mila scatole di prodotti medicinali, intatti nelle confezioni, regolari nella fustellatura con prevalenza di antibiotici, vitaminici e anti infiammatori in senso lato;
si è detto inoltre che già mesi orsono (a luglio per la precisione) nella stessa discarica erano stati trovati, e la notizia non fu diffusa, ancora 16 mila confezioni dei prodotti, sempre dello stesso tipo, per cui, ad oggi, circa 35 mila scatole imballate e pronte all'uso, sarebbero state alla mercé di chi quei prodotti avesse voluto prendere e servirsene;
di fatto la cosa è avvenuta perché un gran numero di cittadini si è servito come meglio ha creduto di quelle medicine e la cosa è avvenuta in maniera che avrebbe potuto anche essere scriteriata -:
se il ministro non intenda chiarire perché non si sia avviata un'indagine su quanto ritrovato a luglio e, se la silenziosa indagine è stata attuata, quali siano i risultati;
quale interpretazione possa essere stata data al fatto che denunzie di furti di medicinali non siano avvenute né a livello di case farmaceutiche né di ditte di trasporto;


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se si possa pensare a furti avvenuti nel campo degli aiuti umanitari e, ove la cosa fosse se essi siano stati denunziati e quali provvedimenti eventualmente presi;
se possa essere considerata la non assurda ipotesi di essersi trovati innanzi a confezioni contraffatte anche nel contenuto farmacologico e se, per dare peso concreto a questa ipotesi, si sia, magari a campione, provveduto ad esaminare il contenuto di fiale e pillole;
se si sia pensato a controllare se negli ospedali campani in genere e casertani in particolare si siano avuti casi che potessero far pensare a stati tossici legati ad ingestione di medicinali. L'argomento trattato, nella sicurezza che è in loco siano stati messi mezzi idonei ad evitare che si potesse ulteriormente servire dei ricordati medicinali, merita una rapida e motivata risposta del ministro.
(4-32033)

Risposta. - In seguito agli episodi descritti nell'atto ispettivo in esame, il Comando Carabinieri per la Sanità si è immediatamente attivato ed ha svolto approfondite indagini.
In esito a tali indagini si è appreso che i medicinali rinvenuti nella periferia di Caserta nei decorsi mesi di luglio, settembre e ottobre ad opera dei Vigili Urbani e della Polizia Venatoria Provinciale, sono stati da essi avviati, per motivi di sicurezza - d'iniziativa e senza informare la competente Autorità Giudiziaria - alla termodistruzione presso un impianto di incenerimento di Lecce.
In data 25 e 31 ottobre 2000, il Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta ha rinvenuto e posto sotto sequestro complessivamente 2637 confezioni di specialità medicinali abbandonate nella periferia di Caserta.
Dei sequestri è stata informata la Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere (Caserta).
Gli accertamenti svolti dal Gruppo Anti Sofisticazioni di Napoli su alcuni dei medicinali rinvenuti hanno permesso di stabilire la loro appartenenza a lotti regolarmente commercializzati da aziende farmaceutiche ed oggetto delle seguenti azioni delittuose:
furto perpetrato il 13 maggio 1997 in danno di un corriere di azienda farmaceutica durante il trasporto da Milano a Roma;
rapina consumata il 28 febbraio 1998 in danno di un deposito farmaceutico ubicato in provincia di Milano;
rapina consumata il 20 ottobre 1998 in danno di un'azienda farmaceutica di Milano.

Sono in corso accertamenti tesi a stabilire la provenienza degli altri farmaci rinvenuti.
È opportuno sottolineare che non sono stati segnalati casi di tossicità dovuti alla somministrazione dei farmaci in argomento.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'introduzione delle nuove modalità di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, i professionisti abilitati alla cosiddetta «trasmissione telematica» hanno l'obbligo di conservare gli originali delle dichiarazioni medesime;
la conservazione degli originali delle dichiarazioni dei redditi trasferisce i rischi di deterioramento, furto o incendio degli stessi a carico dei soggetti depositari;
appare di fatto assolutamente inevitabile, per i professionisti, il ricorso all'acquisto di idoneo armadio ignifugo al fine di garantire al meglio la conservazione dei citati documenti;
il costo di acquisto di siffatta attrezzatura si evidenzia come elemento del tutto indesiderato nella gestione dello studio professionale e che il costo stesso non può considerarsi esiguo -:


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se non ritenga opportuno, e comunque equo, concedere, ai soggetti abilitati alla cosiddetta «trasmissione telematica» delle dichiarazioni dei redditi un credito di imposta per l'acquisto di armadi ed altre attrezzature ignifughe ed antifurto da destinare alla conservazione degli originali delle dichiarazioni dei redditi custodite necessariamente dai citati soggetti.
(4-25403)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante segnala l'opportunità di concedere ai soggetti abilitati alla cosiddetta «trasmissione telematica» delle dichiarazioni dei redditi un credito di imposta per l'acquisto di armadi ed altre attrezzature ignifughe ed antifurto da destinare alla conservazione degli originali delle dichiarazioni dei redditi custodite necessariamente dai citati soggetti.
Al riguardo, si ricorda che il sistema tributario vigente, al fine della determinazione del reddito di lavoro autonomo, già consente di dedurre, dall'ammontare dei compensi percepiti, quote annuali di ammortamento del costo dei beni strumentali per l'esercizio dell'arte o professione (articolo 50 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Pertanto, il trattamento tributario agevolato auspicato nella interrogazione non appare praticabile, considerato, peraltro, che la corretta conservazione della documentazione è riconducibile nell'ambito del normale rapporto professionale.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

FILOCAMO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la struttura ospedaliera del «Policlinico Umberto I» di Roma ospita al suo interno un numero consistente di degenti il che comporta un notevole flusso di persone che si recano quotidianamente a visitare i propri cari;
nei giorni festivi e prefestivi non è attivo un servizio informazioni che indichi ai visitatori dove sono ricoverate le persone che essi intendono visitare;
questo disservizio provoca notevoli disagi ai visitatori, troppe volte costringendoli a desistere dal loro intento -:
quali siano i motivi del mancato funzionamento del servizio informazioni nei giorni festivi e prefestivi;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare affinché questo pubblico servizio sia ripristinato e reso confacente alle reali esigenze dei cittadini.
(4-26872)

Risposta. - In base ai dati ricevuti dalle competenti autorità sanitarie della regione Lazio, attraverso il locale Commissariato del Governo, risulta che il Servizio Informazioni operante nel Policlinico Umberto I di Roma ha subìto variazioni riduttive nel corso del 1999.
Ciò è stato determinato dalla naturale fuoriuscita di molte unità di personale per quiescenza, che ha comportato difficoltà di sostituzione, nonché dalla contemporanea attribuzione al personale rimasto anche di compiti di supporto al Dipartimento di Emergenza-Accettazione, durante il periodo dei lavori di rifacimento della sede del Dipartimento stesso.
In ogni caso, pur tenendo conto che l'afflusso maggiore di cittadini si concentra dal lunedì al venerdì e che il sabato è sempre aperto fino alle ore 13,30 l'Ufficio Archivio Infermi, il Direttore Generale del Policlinico Umberto I ha assicurato che l'esigenza segnalata dall'interrogante sarà tenuta nel massimo conto, stante l'importanza che il Servizio Informazioni riveste.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

FIORI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere:
se per l'ipotesi di acquisto dell'ospedale San Raffaele in Roma da parte del ministero della sanità, prima di procedere alle trattative per la determinazione del prezzo, sia stata richiesta e ottenuta la


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valutazione dell'UTE, così come prescrive la legge sulla contabilità di Stato.
(4-30189)

Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare indicato, si precisa innanzitutto che il 13 luglio 2000 il Ministro della sanità, il Presidente della Giunta regionale del Lazio, il Commissario straordinario degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO), nonché il Presidente del Gruppo TOSINVEST e l'Amministratore unico della H. SAN RAFFAELE DI ROMA EUR Srl hanno sottoscritto un «Protocollo d'intesa» per l'acquisto del complesso ospedaliero San Raffaele di Roma Mostacciano, in cui il prezzo della struttura viene determinato in lire 315.000.000.000, costo sostenuto dallo Stato e dalla regione Lazio, quest'ultima per una quota di lire 75.000.000.000.
Nel mese di aprile del corrente anno la società pubblica «Risorse per Roma» - R.P.R. S.p.A. aveva redatto un «Giudizio estimativo sintetico ai fini dell'incontro tra la domanda e l'offerta» ed aveva stimato il valore complessivo della struttura ospedaliera, delle sue pertinenze e dotazioni strumentali, in lire 324.471.973.100.
Detta documentazione, nonché quella attestante i costi intercorsi tra il 14 aprile e il 14 luglio 2000 per un valore complessivo di lire 4.847.848.555 (come da specifico impegno di cui alla lettera
c del «Protocollo d'intesa», 13 luglio 2000) sono state oggetto di analisi dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma - Ministero delle finanze, al fine di esprimere il parere di congruità sulla valutazione del complesso ospedaliero.
Al riguardo, esperiti gli opportuni accertamenti sulla scorta della documentazione trasmessa, l'Ufficio tecnico del territorio di Roma, in data l1 agosto 2000, ha espresso il parere che il valore complessivo (strutture e dotazioni strumentali), nell'attuale stato di fatto, così come determinato nelle perizie, è da ritenersi congruo, in quanto a fronte di un valore complessivo di lire 329.319.821.655, determinato dai periti di parte, viene determinato il valore del compendio in argomento in lire 336.000.000.000.
Gli IFO hanno preso atto del Protocollo di intesa del l3 luglio 2000 con la Deliberazione n. 479 del 14 luglio 2000.
La Deliberazione adottata il 14 luglio 2000 è stata sottoposta al controllo del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato che, tramite telegramma datato 13 settembre 2000, ne ha subordinato l'esecutività al parere di congruità sulla valutazione del complesso ospedaliero di competenza del Ministero delle finanze - Ufficio tecnico del Territorio di Roma.
Detto Ufficio, in data l1 agosto 2000, come già ricordato, ha espresso il proprio parere favorevole.
Pertanto, con successiva nota in data 12 ottobre 2000, la Ragioneria Generale dello Stato ha fornito parere positivo in merito alla stipula del contratto definitivo per l'acquisizione dell'Ospedale San Raffaele da parte degli IFO.
Con Deliberazione n. 521 del 1o agosto 2000 gli IFO hanno approvato lo schema di contratto preliminare di compravendita del complesso ospedaliero San Raffaele, mentre il contratto di compravendita è stato approvato in via definitiva con la Deliberazione n. 656 del 19 ottobre 2000.
Per quanto riguarda il versamento di lire 80.000.000.000 a titolo di caparra confirmatoria, si precisa che il contratto preliminare di compravendita, nonché il decreto di utilizzo di predetta somma sono stati predisposti con l'esplicita riserva del positivo perfezionamento delle procedure avviate dal Ministero della sanità per l'acquisizione del previsto parere dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma. Il contratto preliminare, infatti, prevedeva esplicitamente che nel caso in cui l'Ufficio tecnico del territorio di Roma, nell'esprimere il parere negativo o difforme, avesse effettuato anche una valutazione economica del bene ed il valore riveniente fosse stato compreso in una fascia di oscillazione positiva o negativa del 2 per cento rispetto al prezzo di 315.000.000.000, oltre agli incrementi documentati dalla parte promittente venditrice e IVA di legge, le parti sarebbero state vincolate a procedere alla compravendita, al prezzo determinato in forza della valutazione economica effettuata nel parere dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma.


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Per quanto riguarda l'individuazione dei beni mobili compresi nel costo di acquisto, ossia le attrezzature biomediche, attrezzature di uffici ed arredi, attrezzature informatiche, arredi delle degenze ed opere d'arte, questi sono compresi nel documento di giudizio estimativo redatto dalla società pubblica «Risorse per Roma - R.P.R S.p.A. che fa espressamente riferimento al libro cespiti, oltre ad essere menzionati negli inventari
sub «E» ed «F» allegati al contratto preliminare di compravendita.
L'articolo 2, lettera
h, del Protocollo d'intesa firmato in data 13 luglio 2000 prevede, tra l'altro, l'impegno degli IFO, anche con atti accordi separati, a subentrare in tutti i contratti in essere presso la struttura ospedaliera per forniture, lavori di completamento e servizi, nel rispetto delle condizioni di legge. Medesimo impegno è contenuto nell'Accordo attuativo del protocollo d'intesa sottoscritto il 1o agosto 2000 tra gli IFO, il gruppo Tosinvest e la H.S. Raffaele EUR S.r.l, nel quale è stato, tra l'altro, convenuto che l'Ente subentri nei contratti di appalto dei lavori già posti in essere.
Con nota n. 2487 del 22 novembre 2000, la regione Lazio - Assessorato Politiche della Sanità - ha comunicato che, da parte della Regione medesima, non sono stati direttamente sottoscritti impegni, con atti separati, in materia di accreditamento delle altre strutture già attivate e da attivare riconducibili al Gruppo Tosinvest degli Angelucci.
Con nota n. 14522-S/2648/2 in data 21 novembre 2000, il Ministero della giustizia ha comunicato che, in relazione alle modalità di acquisto del complesso ospedaliero S. Raffaele, presso la procura della Repubblica del tribunale di Roma era stato aperto il procedimento penale n. 35454/00 B - originato dalla presentazione presso la Camera dei Deputati di altra interrogazione annunziata nella seduta del 19 aprile 2000 - definito recentemente dall'organo inquirente con richiesta di archiviazione presentata il 27 ottobre 2000 al G.I.P., per le finali determinazioni di quest'ultimo.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

FOTI. - Al Ministro dell'ambiente. - Per sapere - premesso che:
in occasione delle periodiche precipitazioni che si registrano nella zona, il servizio di erogazione dell'acqua potabile nel comune di Nibbiano (Piacenza) - e segnatamente nelle località di Trevozzo, Strà, Casa Mossi, Cà Manzini, Cà Roveda e Verago - è soggetto a gravi disfunzioni che, se non adeguatamente neutralizzate, rischiano di provocare danni alla salute pubblica;
anche di recente (ordinanza n. 16 del 12 maggio 2000) il sindaco di quel comune, a seguito del verificarsi delle situazioni più sopra rappresentate, ha vietato l'uso dell'acqua per scopi igienici ed alimentari;
le precipitazioni provocano, infatti, l'intorbidimento dell'acqua prelevata dai pozzi di subalveo del torrente Tidone, posti in località Molino Rizzo -:
se e quali iniziative risultino assunte da parte del comune di Nibbiano al fine di porre termine ad una situazione di gravissimo disagio non più ulteriormente sopportabile da parte della popolazione della zona.
(4-29862)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame dietro delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base dei dati pervenuti dalla regione Emilia-Romagna per il tramite del locale Commissariato del Governo.
I problemi connessi alla qualità delle acque erogate ad uso potabile nel comune di Nibbiano (Piacenza), sono stati riscontrati unicamente nei giorni 3 e 17 aprile 2000.
A seguito di tali eventi, il sindaco di Nibbiano provvedeva ad emettere ordinanza concernente la non potabilità dell'acqua fino al ripristino delle condizioni igienico-sanitarie previste dalla normativa vigente.
Gli accertamenti analitici effettuati mensilmente dall'Azienda USL di Piacenza non hanno posto in rilievo ulteriori situazioni di nonconformità delle acque destinate al consumo umano.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.


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SERGIO FUMAGALLI. - Al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. - Per sapere - premesso che:
l'Italia destina alla ricerca risorse molto inferiori a quelle degli altri paesi europei;
l'istituto Donegani costituisce un rilevante centro di ricerche dedicato prevalentemente al settore chimico con particolare riferimento ai poliuretani e al caprolattame;
l'istituto Donegani rappresenta una delle principali opportunità di lavoro del novarese per professionalità di alta qualificazione;
ritornano con insistenza voci di cessione dell'intero settore da parte dell'Eni spa -:
se rispondano a verità le notizie circa la cessione dell'istituto da parte dell'ENI;
quali iniziative intenda assumere il Governo qualora a fronte della cessione, si verificasse la chiusura o il ridimensionamento del centro di ricerca per tutelare il patrimonio di competenze e professionalità presenti in esso.
(4-30881)

Risposta. - In relazione alla ipotizzata cessione dell'Istituto Donegani (Unità di Ricerca della società Enichem S.p.A) di cui trattasi nell'interrogazione indicata, sulla base delle informazioni fornite anche dall'ENI S.p.A, si fa presente quanto segue.
In data 13 ottobre 2000, si è tenuta a Novara una riunione patrocinata dal comune, alla presenza del Sottosegretario all'industria onorevole De Piccoli, finalizzata a verificare la situazione dell'Istituto.
In quella sede, l'Enichem ha ufficialmente escluso qualunque ipotesi di cessione del sito a terzi, sottolineando, altresì, l'importanza dell'Istituto Donegani ed il suo peculiare ruolo nell'ambito della ricerca societaria.
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero: Enrico Letta.

GALLETTI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
Piero Angela nella rubrica «Posta e risposta» del Il Manifesto del 20 luglio 2000, difendendosi dalle numerose contestazioni ricevute in merito ad una trasmissione di SuperQuark contro l'omeopatia afferma di aver ricevuto dall'istituto superiore di sanità nella sezione che si occupa di questa materia una lettera nella quale si affermerebbe che l'istituto superiore di sanità «si congratula sull'obiettiva trasmissione sui rimedi omeopatici. Ritiene importante che l'opinione pubblica sia correttamente informata sui danni che possano derivare dall'impiego di questi prodotti privi di documentazione scientifica». L'istituto superiore di sanità spende miliardi per la sperimentazione sull'Agopuntura e sull'Omeopatia -:
se il Ministro ritenga compatibile la posizione espressa da esponenti dell'Iss di solidarietà con i pregiudizi di Piero Angela, con i suoi compiti istituzionali di ricerca e sperimentazione e valutazione imparziale dei risultati;
se non ritenga opportuno censurare il comportamento inadeguato e inaccettabile dei componenti dell'Iss che avrebbero espresso solidarietà alla trasmissione di parte di Piero Angela.
(4-31215)

Risposta. - In relazione a quanto indicato nell'interrogazione parlamentare in esame, l'Istituto Superiore di Sanità ha comunicato di non avere mai scritto alcuna lettera in esito alla trasmissione «Super Quark» sui rimedi omeopatici.
Dal canto suo, il Direttore di Laboratorio dell'Istituto Superiore di Sanità che - a titolo personale - aveva partecipato alla trasmissione, ha dichiarato categoricamente di non avere mai scritto la lettera in questione, neppure a titolo privato.
Com'è noto, egli ha affermato durante la trasmissione - nell'esercizio del proprio diritto di libera espressione e citando un dato di fatto - che alla medicina omeopatica non vengono applicate le regole di sperimentazione preliminare valide per la medicina ufficiale.


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Per quanto concerne l'affermazione che «l'Istituto Superiore di Sanità spende miliardi per la sperimentazione sull'Agopuntura e sull'Omeopatia», occorre precisare che l'Istituto Superiore di Sanità non spende neppure una lira del proprio bilancio per l'omeopatia.
Risulta invece che alcuni ricercatori dello stesso Istituto abbiano proposto nel 1999, alla Commissione Ricerca del Ministero della sanità, che lo ha approvato, un Progetto di Ricerca su Terapie non convenzionali, che includono l'omeopatia.
Questo progetto ha ricevuto un finanziamento per L. 700.000.000.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

GRAMAZIO, CONTI, CÈ e CUCCU. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
perizie oncologiche giurate disposte da numerosissime preture d'Italia su migliaia di cartelle cliniche riguardanti altrettanti pazienti in cura con il multitrattamento Di Bella evidenziano un'efficacia ed una tollerabilità di tale metodo che appare essere nettamente superiore rispetto alla quasi totalità dei trattamenti antitumorali convenzionali;
tali perizie, paragonabili a veri e propri studi scientifici, per le modalità osservazionali e l'ortodossia del trattamento rispetto ai dettami del professor Di Bella, mostrano un'evidenza in netto contrasto con i risultati ottenuti dalla sperimentazione ministeriale sull'Mdb;
la sperimentazione ministeriale ha avuto un costo ufficialmente dichiarato di 70 miliardi e, nonostante l'ingente somma impiegata, si sono registrate numerosissime anomalie circa la corretta preparazione e conservazione dei farmaci. Anomalie che, come emerge dall'esame della letteratura scientifica mondiale e dei verbali a proposito redatti dai carabinieri del Nas, ne hanno pesantemente condizionato i risultati -:
come mai i dati ottenuti dalla sperimentazione ministeriale, costata ai contribuenti 70 miliardi di lire, differiscano sistematicamente dalle tantissime indagini autonome sull'efficacia del multitrattamento Di Bella condotte in tutta Italia, e su migliaia di casi clinici, da periti oncologici giurati di nomina pretorile;
se, a fronte di tale palese discrepanza, non si ritenga doveroso riesaminare il procedimento della sperimentazione ministeriale sull'Mdb, anche alla luce di quanto emerge dalle indagini dei carabinieri del Nas di Firenze e delle numerosissime procure che si stanno tuttora occupando del caso;
se non si ritenga doveroso procedere al riesame scientifico della metodologia terapeutica proposta dal professor Luigi Di Bella, predisponendo una seria sperimentazione controllata secondo i più rigidi criteri internazionali.
(4-31520)

GRAMAZIO, CONTI, CUCCU e CÈ. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
a pagina 628 del libro Un po' di verità sulla terapia Di Bella del giornalista Enzo Brancatisano, l'autore riporta il contenuto di un documento riservato dell'istituto superiore di sanità: «La tossicità "gonfiata" si tinge di giallo se si pensa che in un documento redatto da uno dei responsabili della sperimentazione, molti mesi prima che essa si concludesse, si legge che nel caso di risultati negativi una possibilità di presentazione della Mdb potrà essere la seguente: un trattamento inattivo nelle forme tumorali studiate al quale è associata una tossicità di grado importante/non lieve. La valutazione del livello di tossicità osservato è importante se si vuole evitare che la Mdb venga riproposta come una terapia palliativa, di una terapia cioè che pur non essendo biologicamente attiva può essere di conforto/supporto ai pazienti trattati...».
Eliminare la Mdb dalle cure dolci - prosegue Brancatisano - a causa di una


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grave tossicità statisticamente irrilevante è un obiettivo che si commenta da sé. Il documento nel quale vengono pure delineate le modalità con le quali dovranno essere date le informazioni «sintetiche» sulla bocciatura della sperimentazione, si rivela molto imbarazzante per chi lo ha redatto. Nel documento si stabilisce come dovranno essere comunicati i risultati all'opinione pubblica e con quali tipi di argomenti. Si scrive: «Bisogna proporre interviste di appoggio per i giornali importanti (Repubblica, Il Corriere della sera). Per la televisione si può cercare di concordare uno speciale, per esempio con il TG2». Si invitano gli oncologi coinvolti nella sperimentazione a «non avere ripensamenti», a «non fare retromarcia» per non suscitare dubbi di sorta nell'opinione pubblica. Nel documento si ipotizzano pure «le reazioni violente, scomposte e bugiarde del Gruppo Di Bella» -:
se il Ministro sia a conoscenza del gravissimo documento citato da Brancatisano;
se e quali provvedimenti si intendano prendere nei confronti degli estensori di tale «velina», redatta - va ricordato - prima ancora che la sperimentazione avesse effettivamente inizio.
(4-31547)

Risposta. - Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari citate stante l'omogeneità delle problematiche in esse contenute.
Si fa presente innanzitutto che, proprio al fine di verificare l'efficacia e l'utilità della Multiterapia oncologica Di Bella («MDB»), venne concordato all'inizio del 1998 con il professor Luigi Di Bella lo schema di 10 protocolli terapeutici, allo scopo di iniziare immediatamente la loro sperimentazione.
Per poter procedere, si decise di utilizzare - come unico standard di riferimento - le istruzioni fornite dal Prof. Di Bella.
La Dott.ssa Elena Ciranni, Direttore del Laboratorio di Chimica del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, ebbe quindi una serie di colloqui con il Professore, allo scopo di ottenere tutte le informazioni possibili sui due prodotti «galenici», che avrebbero dovuto essere preparati su scala però semi-industriale - dall'Istituto Chimico-Farmaceutico Militare (ICFM) di Firenze.
La valutazione dell'attività antitumorale del Multitrattamento Di Bella (MDB) è stata effettuata all'interno della sperimentazione che ha avuto inizio nel marzo 1998.
Il giudizio complessivo sull'inattività antitumorate del MDB si è basato sull'analisi di 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali, propriamente detti (risultati conclusivi presentati a luglio e novembre 1998), e di 769 pazienti analizzati negli studi cosiddetti osservazionali (risultati conclusivi presentati a luglio 1999).
In particolare:
In nessuno dei 1.155 pazienti inclusi nella sperimentazione si è osservata una risposta obiettiva completa (scomparsa delle masse tumorali).
Una risposta obiettiva parziale (riduzione di almeno il 50 per cento delle lesioni tumorali) si è osservata in soli 3 (0,8 per cento) dei 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali (successivamente, uno dei tre pazienti è andato incontro a una progressione della malattia e gli altri due pazienti sono deceduti. Il risultato degli studi sperimentali è stato confermato dagli studi osservazionali nei quali solo per 5 (0,7 per cento) dei 769 pazienti inclusi è stata segnalata la presenza di una risposta obiettiva di tipo parziale (al 15 giugno 1999, due di questi pazienti erano andati incontro a progressione di malattia). Nel complesso sono state riportate 8 risposte obiettive di tipo parziale su 1.155 pazienti (0,7 per cento).
La durata mediana di trattamento, cioè l'intervallo di tempo entro il quale il 50 per cento dei pazienti ha interrotto il trattamento MDB, è stata di circa 60 giorni.
Per quanto riguarda i decessi, a giugno 1999, a circa un anno dall'inizio della sperimentazione, erano deceduti 298 (77 per cento) dei 386 pazienti inclusi negli studi sperimentali e 598 (78 per cento) dei 769 inclusi negli studi osservazionali. Escludendo dall'analisi i pazienti in condizioni terminali (protocolli 4, carcinoma mammario e 10, pazienti in fase critica), si sono


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osservati 466 decessi su 660 pazienti (71 per cento) degli studi sperimentali e osservazionali.
Alla fine di giugno 1999 solo 29 pazienti su 1.155 (2,5 per cento) risultavano ancora in trattamento (8 pazienti degli studi sperimentali e 21 degli studi osservazionali), in quanto giudicati in condizione di stabilità di malattia. La quasi totalità dei pazienti (97,5 per cento) aveva invece interrotto il trattamento MDB: la causa più frequente di interruzione è stata il decesso o la progressione della malattia. In misura minore l'interruzione si è verificata per tossicità o ritiro volontario (mentre solo una minima quota di pazienti, il 4,7 per cento, non si è più ripresentata alle visite successive).

Si deve ricordare, altresì, che i risultati negativi osservati nella sperimentazione condotta dall'Istituto Superiore di Sanità sono stati confermati anche dalle seguenti analisi:
Si è conclusa con risultati negativi la sperimentazione condotta autonomamente dalla regione Lombardia nel corso del 1998, nella quale erano stati studiati 333 pazienti.
L'indagine condotta sull'archivio dei pazienti in cura presso il prof. Di Bella non ha fornito alcuna prova dell'efficacia del trattamento MDB. Al contrario, i livelli di sopravvivenza sono nettamente peggiori di quelli osservati nella popolazione italiana. Nell'articolo pubblicato sulla rivista
Cancer il 15 novembre 1999 da Buiatti ed altri viene confrontata la sopravvivenza dei malati di cancro estratti dall'archivio del Prof. Di Bella e trattati con l'MDB, e un campione di malati ricavati dall'insieme dei Registri Tumori Italiani. La sopravvivenza dei due gruppi di malati è molto diversa e il campione italiano di malati di cancro ha una sopravvivenza doppia rispetto al gruppo trattato con MDB.
Per quanto riguarda i pazienti che hanno ricevuto l'MDB in seguito all'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale che ampliava i criteri per l'inclusione (decreto-legge n. 186 del 16 giugno 1998), circa 4.500 pazienti hanno richiesto il trattamento MDB in uno dei 126 centri distribuiti in tutte le regioni italiane (in aggiunta quindi ai 1.155 inclusi negli studi sperimentali e osservazionali). Pur se le informazioni disponibili per questi pazienti non sono standardizzate e verificabili come quelle raccolte nel corso della sperimentazione, si conferma lo stesso andamento negativo osservato nella sperimentazione. Infatti nel complesso la durata mediana di trattamento è stata di 72 giorni, paragonabile quindi a quella registrata nella sperimentazione.

Per quanto riguarda gli specifici quesiti contenuti nella interpellanza urgente e, in particolare, l'impiego di un prodotto (lo sciroppo ai retinoidi) tossico, si rammenta che la formulazione e la preparazione di tali prodotti «galenici» sono stati il frutto delle indicazioni fornite dal Prof. Di Bella e pedissequamente riportate nei cosiddetti «Protocolli» approvati dallo stesso Professore, che ne ha siglato le singole pagine.
L'utilizzo dell'acetone quale solvente per la preparazione della «Soluzione ai retinoidi» è stato voluto dal Prof. Di Bella, come risulta dai menzionati protocolli.
Anche il processo di eliminazione del solvente è stato effettuato utilizzando la procedura indicata dal Prof. Di Bella e riportata nei protocolli.
Essa è stata applicata con un sistema che garantiva la non degradazione del prodotto. La quantità di acetone residuo è stata determinata con una tecnica sofisticata ed estremamente sensibile.
Va anche sottolineato che il solvente utilizzato nella preparazione di un medicinale non può mai essere completamente eliminato.
Infatti, per quanto i processi di eliminazione dei solventi possano essere adeguati, non è praticamente realizzabile una preparazione senza «tracce» del solvente che è stato utilizzato.
È per questo motivo che gli organismi internazionali preposti alla definizione di norme relative alla qualità e sicurezza d'uso dei medicinali, hanno previsto precise indicazioni


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sulle quantità massime di solvente residuo consentito, per ogni tipo di solvente utilizzato nella preparazione di medicinali (ICH Guidelines e Farmacopea Europea).
Tali quantità sono state individuate per i singoli solventi, in considerazione del loro possibile rischio per la salute dell'uomo.
I solventi sono stati distinti in tre classi di rischio: classe 1 (solventi che devono essere evitati), classe 2 (solventi il cui utilizzo deve essere limitato), classe 3 (solventi con basso potenziale tossico).
L'acetone è stato classificato (analogamente all'alcool etilico) come solvente a basso potenziale tossico e rientra nella classe 3.
La quantità massima di acetone residuo consentita in un prodotto medicinale è pari a 5.000 ppm (ovvero 5.000 mg/l).
Era quindi inevitabile che - aderendo fino in fondo allo standard dettato dal Prof. Di Bella - sarebbero rimaste tracce di acetone.
Quando poi si procedette alla misurazione dell'acetone residuo mediante un metodo altamente sensibile, fu sì confermata la presenza dell'acetone, ma sempre in quantità almeno sei volte inferiori ai massimi consentiti dalla Farmacopea Ufficiale.
La quantità di acetone residuo nei campioni di «Soluzione ai retinoidi» di cui fanno menzione le interrogazioni parlamentari cui si risponde (850 mg/l) è circa sei volte inferiore al limite consentito dalle norme.
Inoltre si sottolinea, come già fatto presente, che per la determinazione dell'acetone residuo è stato utilizzato un sistema estremamente sensibile (sensibilità 0,1 mg/l); se invece l'«eliminazione» del solvente viene verificata con un sistema poco sensibile (come, ad esempio la cartina al sodio nitroprussiato usata dalla Farmacia Ferrari di fiducia del Prof. Di Bella, sensibilità pari a circa 450 mg/l), il prodotto può risultare apparentemente privo di solvente, ma in realtà esso lo contiene ancora, ma in una quantità che però non è rilevabile con il sistema adottato.
Quanto all'uso di un prodotto (lo sciroppo ai retinoidi) scaduto, l'Istittito Superiore di Sanità ha inteso sottolineare che, nel caso dei cosiddetti «galenici» impiegati nella Multiterapia Di Bella non è assolutamente possibile parlare di «farmaci scaduti», per il semplice motivo che «la scadenza» di un farmaco può essere stabilita solo se si conoscono tre tipi di informazioni: (1) l'intervallo terapeutico (e cioè la dose minima e massima efficace); (2) i tempi di degradazione dei componenti attivi; (3) la natura chimica e la tossicità eventuale dei prodotti risultanti dalla degradazione.
Nessuna documentazione è stata fornita dal Prof. Di Bella in merito a questi argomenti.
Del resto, le stesse disposizioni urgenti contenute nel decreto-legge 17 febbraio 1998, successivamente convertito in legge, per far fronte «ad una situazione di carattere straordinario» hanno modificato il normale iter di sperimentazione.
Non erano, quindi, note informazioni sulla farmacocinetica e farmacodinamica, elementi fondamentali per ricavare una curva «dose-risposta», per conoscere cioè la relazione esistente tra dosi somministrate e livelli di riposta clinica che permettesse di definire la scadenza dei formulati.
Tutto ciò in assenza della conoscenza dei meccanismi di azione ipotizzabili.
Occorre precisare che, per acquisire le informazioni necessarie a stabilire la durata della validità dei «galenici» sarebbe occorso almeno un anno, ed all'epoca appariva del tutto impensabile dilazionare l'inizio dello studio.
In ogni caso, il Prof. Di Bella aveva fornito le più ampie assicurazioni in merito al fatto che, se custodito in ben precise condizioni, al riparo dalla luce e dal calore, lo sciroppo ai retinoidi era del tutto stabile.
In effetti, laddove il Prof. Di Bella avesse ritenuto non più utilizzabili i preparati da lui suggeriti dopo un determinato arco temporale, lo avrebbe indicato nel protocollo firmato.
Nulla è stato asserito, a tale riguardo, dal Prof. Di Bella in occasione della firma dei protocolli, tanto più che egli, precedentemente, in data 15 gennaio 1998 aveva indicato la composizione dei principi attivi senza specificare la stabilità delle formulazioni.


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Nonostante ciò, poiché l'affermazione sulla presunta stabilità non era suffragata da alcun dato obiettivo, il Laboratorio di Chimica del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità si attivò fin dall'inizio per valutare almeno uno dei parametri suddescritti, quello del decadimento nel tempo dei componenti.
In mancanza delle menzionate informazioni, tali studi non possono portare ad alcuna conclusione sulla presunta scadenza della soluzione stessa.
Va considerato che il decadimento di uno dei componenti della «soluzione ai retinoidi» può essere una caratteristica della medesima e che nei Protocolli siglati dal Prof. Di Bella, come pure nella documentazione ufficiale resa disponibile al Comitato Guida, non vi è alcun cenno sulla «validità» di detta soluzione.
Inoltre, anche nelle ricette erogate da diverse regioni e da differenti medici, pervenute all'Istituto Superiore di Sanità, non risulta mai alcun riferimento alla suddetta presunta scadenza.
Un primo dato sul decadimento di uno dei componenti si rese disponibile nell'ottobre 1998: esso indicava che lo sciroppo ai retinoidi si mantiene inalterato per un periodo di circa tre mesi.
Questo dato fu a suo tempo comunicato a tutti i Centri.
Per quanto concerne la validità dei protocolli, si sottolinea che essi furono pienamente concordati con il Prof. Di Bella e vennero stilati da un comitato composto dai maggiori esperti italiani.
Essi furono ritenuti perfettamente validi da una Commissione internazionale composta da 7 tra i principali esperti mondiali della materia.
A riprova della validità scientifica dei protocolli sta l'accettazione dei manoscritti contenenti i risultati da parte di due prestigiose riviste internazionali, il
British Medical Journal (britannico) e Cancer (statunitense).
È vero che - quando possibile - è preferibile effettuare studi controllati (cioè con un gruppo di controllo, o non trattato, o trattato con altra terapia convenzionale).
Nel caso della MDB però ciò non era assolutamente possibile; all'epoca non era, infatti, neppure ipotizzabile arruolare tutti i pazienti con la clausola che essi accettassero di essere assegnati - «a caso» - o alla Multiterapia Di Bella, o alla chemioterapia (o radioterapia), o, peggio ancora, a nessuna terapia.
Quindi il modello sperimentale prescelto era l'unico possibile date le circostanze.
Infine, per quanto concerne la posizione del
National Cancer Institute degli USA si precisa che esso non ha mai effettuato alcuna valutazione sulla sperimentazione italiana.
L'Istituto Superiore di Sanità ha coordinato la sperimentazione sul Metodo Di Bella (disegnata secondo uno degli schemi previsti per gli studi di fase II), attenendosi alle regole scientifiche più rigorose, internazionalmente accettate e riassunte per il nostro Paese nella
Gazzetta Ufficiale n. 162 del 18 agosto 1997.
Per quanto concerne il «modello sperimentale» prescelto, che è stato identificato dagli oncologi della Commissione Oncologica Nazionale assieme al Prof. Luigi Di Bella e con il suo accordo, giova ricordare che tutti i vari schemi previsti per questi studi garantiscono un elevatissimo grado di attendibilità, confermata dal fatto che i lavori scientifici che riportavano i risultati conseguiti sono stati accettati e pubblicati in due articoli su
British Medical Journal e Cancer.
Alla pubblica opinione è stata fornita una esaustiva massa di informazioni su questo trattamento attraverso tutti i mezzi possibili e ancora oggi una amplissima documentazione è disponibile per chiunque sul sito Internet dell'Istituto Superiore di Sanità (http://www.iss.it).
I protocolli predisposti dagli esperti della Commissione Oncologica Nazionale si sono scrupolosamente attenuti ai consueti criteri di sperimentazione clinica.
All'inizio della sperimentazione sorsero dubbi interpretativi sulla necessità di somministrare alcuni farmaci in alcuni dei protocolli.
Questi dubbi furono chiariti in un'apposita riunione, svoltasi a Modena nel maggio


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1998 ed è chiaramente riportato in una registrazione che il Professore riteneva che eventuali omissioni iniziali non inficiavano affatto la validità della sperimentazione.
Nonostante l'analisi della sopravvivenza nei pazienti trattati non fosse l'obiettivo principale della sperimentazione MDB, i valori di sopravvivenza osservati nei diversi protocolli non hanno fornito alcuna indicazione che suggerisse per il trattamento MDB un effetto sulla sopravvivenza anche in assenza di una attività anti-tumorale.
Ciò vale anche per i pazienti del protocollo 7 (carcinoma del pancreas esocrino).
In questo caso, infatti, le casistiche disponibili a livello internazionale, che pure vanno utilizzate con cautela per tenere conto della inevitabile variabilità fra le diverse casistiche, indicano una sopravvivenza mediana per questo tipo di tumori di circa 6 mesi.
Ciò significa che ci si aspetta che il 50 per cento dei pazienti abbia una sopravvivenza superiore ai 180 giorni circa.
Per quanto riguarda i livelli di sopravvivenza osservati nei pazienti con carcinoma del pancreas esocrino, al 15 giugno 1999 risultavano in vita 5 (17 per cento) dei 29 pazienti inclusi nel protocollo sperimentale e 5 (36 per cento) dei 14 inclusi in quello osservazionale.
Nell'insieme, dei 43 pazienti risultavano quindi in vita il 23 per cento dei pazienti arruolati.
Il valore mediano di sopravvivenza è stato di 168 giorni per i 14 pazienti inclusi nei protocolli osservazionali e di 144 giorni per i 29 pazienti inclusi nei protocolli sperimentali.
L'analisi congiunta dei 43 pazienti complessivamente arruolati fornisce un valore mediano di sopravvivenza di 159 giorni.
Pertanto, nei 43 pazienti inclusi nella sperimentazione, i risultati della sopravvivenza mediana sono sovrapponibili all'evoluzione attesa in base alla storia naturale della malattia in assenza di interventi.
Il dato sulla sopravvivenza dei pazienti con tumore del pancreas va integrato con le seguenti informazioni.
Solo in uno dei 43 pazienti arruolati si è osservata una risposta obiettiva di tipo parziale, alla quale è seguita una progressione di malattia.
Dei 14 pazienti inclusi nel protocollo osservazionale solo uno risultava ancora in trattamento al 15 maggio 1999 (quattro dei cinque pazienti ancora in vita avevano da tempo interrotto il trattamento, in tre casi per progressione di malattia e in un caso per ritiro volontario).
Alla stessa data, inoltre, nessuno dei 29 pazienti inclusi nel corrispondente protocollo sperimentale era ancora in trattamento.
Va sottolineato come neppure nei pazienti trattati personalmente dal Prof. Di Bella (i cui dati erano disponibili nella sua casistica personale) è stata osservata una sopravvivenza superiore a quella media riscontrata in Italia.
Questo dato negativo risulta dallo studio, già citato in premessa, condotto indipendentemente dal quello coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità, che è stato anch'esso pubblicato sulla rivista
Cancer.
Infine, non è vero che all'inizio della sperimentazione tutti i pazienti arruolati avessero avuto un'aspettativa di vita compresa tra l1 giorni e 12 settimane.
Al contrario, in alcuni protocolli furono arruolati pazienti con buone prospettive di sopravvivenza.
La proporzione di pazienti che hanno riportato effetti collaterali a seguito
della terapia, come si può desumere dai rapporti ISTISAN resi pubblici e disponibili anche su Internet, è stata del 40 per cento negli studi sperimentali e del 31 per cento nello studio osservazionale.
Sia la frequenza sia il tipo di tossicità erano attesi - e descritti in letteratura - sulla base delle proprietà farmacologiche dei diversi farmaci impiegati nella MDB.
Tale livello di tossicità è stato tuttavia considerato inaccettabile solo in relazione all'assenza di attività terapeutica dimostrata dal MDB.
I singoli componenti del MDB e, in particolare, la somatostatina e i retinoidi, sono da anni oggetto di studio sperimentale in campo oncologico, come documentato dalla letteratura scientifica disponibile sulla banca dati bibliografica
«Medline», all'interno


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della quale sono citate sia sperimentazioni che hanno dato esito positivo sia ricerche che non hanno prodotto risultati rilevanti.
Gli studi che hanno prodotto risultati clinicamente significativi hanno condotto ad alcune indicazioni terapeutiche per queste sostanze, che trovano riscontro, ad esempio, nella registrazione della somatostatina, ormai da tempo, anche nel nostro Paese. La disponibilità di tale letteratura scientifica ha giustificato l'impianto della sperimentazione mirata a valutare l'efficacia della Multiterapia Di Bella nel suo complesso, dal momento che l'interazione tra i diversi componenti di questa terapia non era mai stata studiata in precedenza.
Non si è a conoscenza di relazioni di periti di tribunali che dichiarino la validità delle tesi sostenute dal Prof. Di Bella.
I dati sulle varie fasi della sperimentazione sono stati preliminarmente resi noti mediante Conferenze stampa.
Essi sono poi stati pubblicati nella rivista ufficiale dell'Istituto superiore di Sanità, «Rapporti Istisan».
Essi sono consultabili nel sito
«Web» dell'Istituto.
In conclusione, per quanto concerne l'opportunità di una nuova sperimentazione, si ricorda che con un livello di attività anti-tumorale quale quello osservato, nessuna istituzione scientifica internazionale prenderebbe anche solo in considerazione l'eventualità di procedere a ulteriori fasi di sperimentazione o, addirittura, di raccomandare il trattamento.
In questo senso, hanno concordato i pareri dell'Istituto Superiore di Sanità, del Comitato Guida che ha condotto la sperimentazione, della Commissione Oncologica Nazionale e del Comitato Etico istituito per la sperimentazione della Multiterapia Di Bella.
Come è noto, inoltre, un Comitato di Esperti Internazionali ha supervisionato l'intero andamento della sperimentazione, approvandone lo svolgimento e concordando con l'analisi dei risultati ottenuti.
Tutta l'attività svolta, così come i risultati ottenuti, sono stati ampiamente documentati sia su pubblicazioni nazionali sia internazionali.
Ulteriori fasi sperimentali non offrirebbero maggiori garanzie agli ammalati mentre, certamente, aumenterebbero disagio e sconcerto con ingiustificabile spreco di risorse pubbliche.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

LUCCHESE. - Al Ministro della sanità. - Per sapere se sia a conoscenza che molti stabilimenti di medicinali sono stati chiusi in Italia, per essere riaperti in altre parti d'Europa e del mondo:
come mai si sta determinando questa fuga dall'Italia, e come mai il Ministro rimanga insensibile e non si curi di quanto avviene;
cosa stia determinando questa crisi, che provoca di conseguenza la fine della già scarsa sperimentazione in Italia, ma un aumento della disoccupazione anche nel settore farmaceutico;
se il Ministro ritenga ancora di continuare nella sua linea politica e nella condotta che ha determinato caos e sfacelo in tutto il settore sanitario.
(4-27297)

Risposta. - Com'è noto, a metà degli anni '90 il settore farmaceutico ha fatto registrare una crisi che ha avuto ripercussioni anche dal punto di vista occupazionale.
Negli ultimi tempi la situazione si è modificata in senso positivo.
Di recente, ad esempio, una azienda di notevoli dimensioni è stata nuovamente acquistata da imprenditori italiani.
Il settore, infatti, ha assistito ad un cambio di rotta nel campo occupazionale: da una situazione in passivo, si è passati - secondo i dati di Farmindustria - ad una in attivo con 1.742 unità in più dal 1996 alla fine del 1998 (quasi un più 3 per cento di addetti).


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Per quanto riguarda la sperimentazione clinica dei farmaci, l'Italia sta recuperando rapidamente terreno rispetto all'Europa grazie all'accelerazione dei tempi di autorizzazione per le sperimentazioni.
Questo è avvenuto in virtù dei Decreti del marzo '98 del Ministro della sanità, che hanno velocizzato l'
iter delle sperimentazioni, tant'è vero che i tempi di attesa, prima molto lunghi, si sono notevolmente accorciati ed oggi non superano i 60 o al massimo i 90 giorni.
In alcune regioni i tempi di attesa sono inferiori ai 60 giorni.
In Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia i giorni di attesa sono 52, in Calabria sono 53 ed in Liguria meno di 50.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

MALGIERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il problema degli italiani incarcerati nella Germania comunista fu oggetto di una attenta indagine fatta da Bruno Zoratto e pubblicata nel 1992 per la Sugarco edizioni di Milano in un volume intitolato «Gestapo-rossa - Gli Italiani nelle carceri della Germania Est»;
in quella inchiesta per la prima volta veniva fatto un elenco di connazionali che per varie ragioni erano stati detenuti nel famoso carcere di pubblica sicurezza di Bautzen II, dove tutti i reclusi venivano considerati politicamente pericolosi e pertanto assoggettati alle sevizie degli agenti della Stasi, elenco in cui figuravano:
Bertussin Graziano, nato il 7 novembre 1943 ad Isola d'Istria, condannato per «spionaggio», recluso dal 4 settembre 1969 al 14 novembre 1972;
Cervera Pasquale, nato il 6 marzo 1943 ad Ischia, condannato per «calunnia della Rdt», recluso dal 24 ottobre 1962 al 2 settembre 1964;
Di Muccio Antonio, nato il 15 luglio 1940 a Taranto, condannato per «calunnia della Rdt», recluso dal 24 ottobre 1962 al 9 novembre 1964;
Marcucci Nicola, nato il 5 agosto 1926 a Roma, condannato per «spionaggio», recluso dal 6 ottobre 1962 al 26 agosto 1965;
De Persilis Ernesto, nato il 1 luglio 1935 a Licata, condannato per «calunnia della Rdt», recluso dal 24 ottobre 1962 al 12 novembre 1963;
Sciascia Elena, nata il 28 maggio 1935 a Berlino, condannata per «tratta di uomini», reclusa dal 31 ottobre 1974 al 30 aprile 1976;
Porcu Pietro, nato il 21 agosto 1937 a Modolo, condannato per «terrorismo» e «tratta di uomini», recluso dal 22 dicembre 1971 al 14 novembre 1972;
l'autore si rivolse all'allora ambasciatore d'Italia presso il Governo della Repubblica democratica tedesca (Rdt), dottor Alberto Indelicato il quale, con lettera datata 12 luglio 1990 e firmata dal consigliere d'ambasciata dottor Mauro Marsilli, rispondeva che il problema non esisteva e che lui era solo a conoscenza di qualche sporadico caso legato alla tossicodipendenza;
già il 4 luglio 1990 la questione fu posta per la prima volta all'attenzione del Parlamento con una precisa interrogazione firmata dall'onorevole Mirko Tremaglia;
le richieste più volte avanzate anche in sede di Cgie (Consiglio generale italiani all'estero) affinché venisse fatta da parte del ministero degli affari esteri piena luce su questi casi, realizzando come primo atto un censimento reale sul numero degli italiani incarcerati per vari motivi nei quaranta anni di vita della Ddr, non hanno avuto seguito;
a Berlino esiste l'ufficio federale denominato «Der Bundesbeauftragte fur die Unterlagen des Staatssicherheitsdienstes der ehemaligen Ddr» che raccoglie 180 chilometri di atti riguardanti l'attività della famigerata Stasi, al quale il Governo italiano


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può richiedere formalmente la documentazione relativa ai nostri connazionali;
vi è la necessità di andare incontro alle esigenze di questi nostri connazionali che chiedono la giusta riabilitazione, un'adeguata assistenza a seguito delle ingiustizie subite ed un equo risarcimento dei danni - infatti alcuni di essi (vedi Elena Sciascia, Graziano Bertussin, tanto per citarne alcuni) - stanno pagando duramente le gravi conseguenze che la lunga detenzione ha provocato al loro stato di salute -:
per quale motivo il Governo non abbia ritenuto di intervenire presso le Istituzioni federali germaniche per fare pienamente luce su queste pagine di storia europea che ha interessato numerosi nostri connazionali;
quanti siano i connazionali che agli atti del nostro ministero degli affari esteri risultano essere stati incarcerati nei quarant'anni di vita della Rdt (Ddr in tedesco);
se risultino vere le notizie riguardanti la recente azione giudiziaria intentata dalla famiglia di Benito Corghi, assassinato il 5 agosto 1976 al passaggio della frontiera della Rdt di Hirschberg. La vedova, signora Silvana Bertarelli, dopo aver constatato la mancanza di ogni volontà di giustizia da parte del tribunale tedesco, ha infatti dichiarato: «Dopo la morte del nostro congiunto siamo stati lasciati soli in tutti i sensi»;
quali siano gli interventi fatti dalle nostre autorità consolari per assistere, tutelare, salvaguardare i singoli;
per quale motivo non vengano promossi e incentivati gli studi e le inchieste per approfondire e far conoscere all'opinione pubblica italiana queste gravi e scandalose pagine di storia alle quali il corrispondente da Berlino dell'autorevole quotidiano francese Le Figaro, Jean Paul Picaper, ha dedicato un lungo articolo, apparso il 19 novembre 1999 sotto il titolo: «Vittime della Stasi - I dimenticati del Muro».
(4-27174)

Risposta. - L'Ambasciata d'Italia a Berlino ha ricevuto dall'Incaricato Federale per i documenti del Servizio Statale di Sicurezza dell'ex Repubblica Democratica Tedesca risposta in merito alla richiesta di conoscere il contenuto dei fascicoli riguardanti gli italiani detenuti per vari motivi nelle carceri della ex DDR.
La suddetta autorità ha fatto sapere che non è stato possibile rintracciare una pratica specifica o una lista di tutti i cittadini italiani detenuti nell'ex RDT. Di conseguenza, solo nel contesto di una richiesta di indagini e tramite ampie ricerche su tutte le persone detenute per motivi politici sarà possibile acquisire elementi su quel gruppo di persone.
Per ragioni di carattere giuridico, le informazioni contenute nei documenti del Servizio Statale di Sicurezza della RDT possono essere fornite soltanto nel contesto della Legge sui documenti del detto Servizio
(StUG=Stasi-UnterlaenGesetz), secondo la quale non sussistendo il diritto di accedere direttamente ai documenti, una strada percorribile potrebbe essere quella degli accordi bilaterali di assistenza giudiziaria ed anche per questa via è possibile da parte tedesca fornire informazioni solo ai fini di un procedimento penale.
Se invece, si tratta in generale di informazioni sugli arresti dei nostri connazionali contenute nei documenti del citato Servizio, è possibile presentare all'Ufficio dell'Incaricato Federale una domanda di apposite ricerche. Indipendentemente dal fatto che il richiedente di tali ricerche sia uno studioso, un ente pubblico o non pubblico, nella domanda deve essere sempre specificato che l'argomento verte sull'analisi politica e storica dell'attività del Servizio Statale di Sicurezza. Al riguardo, le persone straniere cosi come gli istituti di ricerca ed i
mass media con sede all'estero hanno gli stessi diritti dei tedeschi, tenuto conto che i diritti d'accesso sono già regolati e limitati per motivi di tutela dei dati personali.
Quanto invece alla riabilitazione di condannati politici subentra la Legge sulla riabilitazione penale
(StrRehabG=Straftechtliches Rehabilitierungsgesetz) in base alla quale ciascun interessato può presentare


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presso qualsiasi tribunale tedesco entro il 31 dicembre 2000 una domanda di riabilitazione penale.
Un procedimento di riabilitazione con esito positivo costituisce la base per la concessione di prestazioni sociali compensative degli svantaggi subiti dall'interessato per via della carcerazione. Tali prestazioni sociali compensative non vengono però pagate qualora il richiedente abbia, a sua volta, violato principi umanitari o norme dello Stato di diritto o abbia abusato della propria posizione per procurarsi vantaggi personali o per danneggiare altre persone.
Sempre per le citate ragioni giuridiche, l'Incaricato Federale non ha potuto fornire informazioni provenienti dai documenti del Servizio su casi singoli, ma ha fornito notizie su alcune delle persone citate dall'interrogante.
Il cittadino italiano Graziano BERTUSSIN è già riuscito ad ottenere la sua riabilitazione penale ed ha, nel frattempo, presentato al competente ufficio previdenziale
(Landesversorgungsamt) la domanda di assistenza per danni alla salute subiti durante il periodo di detenzione.
Gli altri cittadini italiani elencati nell'interrogazione in oggetto non si sono rivolti con analoghe richieste all'Ufficio dell'Incaricato Federale e non si è a conoscenza se siano state avanzate richieste di riabilitazione rivolte ai tribunali tedeschi.
Per le condanne a suo tempo subite dai cittadini italiani BERTUSSIN, CERVERA, DI MUCCIO, MARCUCCI e PORCU, la procura della Repubblica presso il tribunale di Berlino ha avviato procedimenti d'inchiesta contro giudici e pubblici ministeri dell'ex RDT per il reato di
«Rechtsbeugung» (R.=«applicazione volutamente erronea del diritto da parte di un giudice, arbitro o pubblico funzionario in sede di decisione di una controversia», articolo 336 del Codice Penale tedesco).
Nel caso del Sig. BERTUSSIN che davanti al tribunale superiore militare di Berlino si è dichiarato tenente del Servizio segreto italiano SID, l'Incaricato Federale vede la possibilità dell'accesso alle informazioni per i servizi di informazione degli Alleati. Circa la procedura della presentazione della domanda da parte dei servizi di informazione stranieri e per la trasmissione dei dati valgono i regolamenti stabiliti tra i servizi tedeschi e stranieri.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

MASSIDDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sono vigenti le leggi 898 del 1976 e 104 del 1990, che prevedono l'erogazione di contributi ai comuni quale forma di risarcimento per la presenza di poligoni militari nell'ambito territoriale di competenza;
attualmente sono 12 - in Sardegna - le comunità interessate dalla normativa di cui sopra;
l'entità economica del risarcimento si aggirerebbe attorno ai 2 miliardi e 876 milioni annui, trasferiti dallo Stato alla regione Sardegna, che provvede a sua volta il trasferimento agli enti locali interessati;
nonostante l'esiguità del contributo, lo Stato italiano non eroga alla regione autonoma della Sardegna le somme previste dal 1995, per una cifra complessiva che si aggira attorno ai 15 miliardi;
la Sardegna è, fra le regioni italiane, quella che ha offerto e offre tuttora il contributo più alto alle esigenze di sicurezza e difesa nazionale, in termini di infrastrutture e servitù militari. Tali infrastrutture offrono una notevole ricaduta economica ed occupazionale, ma costituiscono pur sempre un limite allo sviluppo di attività produttive, quali turismo e agricoltura, nei territori sottoposti a servitù;
la mancata erogazione dei contributi di cui in premessa altera l'equilibrio che il legislatore ha voluto ristabilire per la mancata disponibilità di parte dei territori comunali;
l'indennizzo di 2 miliardi e 876 milioni annui appare di per sé irrisorio rispetto alle esigenze dei comuni interessati;


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la cifra di cui sopra ammonta a circa un centesimo delle entrate che lo Stato realizza ogni settimana con gioco del lotto e lotterie affini;
il Comitato paritetico regionale, chiamato ad esprimere nei giorni scorsi un parere sul calendario semestrale delle esercitazioni militari nell'isola, ha sollevato il problema ponendolo come pregiudiziale alla firma del calendario medesimo -:
per quali motivi non siano stati erogati dal 1995 gli indennizzi previsti a favore dei comuni sottoposti a servitù militari;
quali provvedimenti intendano adottare per far sì che comunità già penalizzate dalla presenza di poligoni di tiro e infrastrutture militari usufruiscano in tempi brevi dei contributi previsti dalla legge;
se non ritengano opportuno rivalutare l'entità degli indennizzi medesimi.
(4-29803)

Risposta. - Ai sensi della legge 2 maggio 1990, n. 104, articolo 4, 1o comma, ai Comuni nel cui territorio sono presenti aree destinate a poligoni di tiro, è corrisposto un contributo annuo rapportato al reddito dominicale ed agrario medio delle aree confinanti con quelle su cui insistono i citati poligoni.
Tale contributo, per una somma globale pari a 250 milioni circa, è stato regolarmente corrisposto ai Comuni della Sardegna fino a tutto il 1999, mentre per l'esercizio finanziario in corso la Direzione Generale dei lavori e dei demanio della Difesa, competente in materia, sta procedendo alla liquidazione relativa.
A ciò si aggiunge che, in base al 2o comma dello stesso articolo 4, i Comuni possono ricevere ulteriori contributi tratti dai fondi che la regione Sardegna riceve dall'Amministrazione della Difesa, a sostegno della totalità dei gravami militari che la stessa sopporta quali, tra gli altri, l'insediamento dei poligoni. Tale contributo è calcolato sulla base dell'incidenza percentuale dei vincoli e delle attività militari, senza che l'Amministrazione della Difesa abbia alcuna autonomia decisionale sulla sua definitiva ripartizione fra i Comuni, da parte della Regione.
Con riferimento a tale tipo di contributo, al quale sembra riferirsi l'interrogante, si rappresenta che, completato l'
iter procedurale per la ripartizione dei fondi tra le Regioni maggiormente oberate da vincoli e da attività militari, con la pubblicazione dell'apposito decreto (20 dicembre 1999) emesso dal Ministro della difesa di concerto con quello del tesoro, è stato calcolato che alla regione Sardegna, per il quinquennio 95-99, spetti un contributo globale pari a L. 15.000.000.000 circa.
Al riguardo, la citata Direzione Generale dei lavori e del demanio, che aveva provveduto ad impegnare le rispettive somme per ognuno degli anni dal 1995 al 1999, ha già emesso gli ordinativi di pagamento a favore della regione Sardegna per tutte e cinque le annualità indicate.
Per quanto concerne l'entità degli indennizzi corrisposti e da corrispondere, essi sono regolati da apposita legge. In merito alla tempistica di trattazione delle pratiche connesse con la corresponsione dei contributi alle singole regioni, la rigidità e la complessità delle disposizioni legislative impongono particolari procedure per il calcolo dei contributi stessi, che rendono particolarmente lunghi i tempi di erogazione. In ogni caso l'Amministrazione della Difesa è impegnata a contenere al massimo i tempi connessi agli obbligati controlli previsti dalla legge.
Il Ministro della difesa: Sergio Mattarella.

MAZZOCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri della sanità e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in periodo preelettorale e con ampia diffusione tramite affissione pubblicitaria il partito di governo della sinistra, sbandierandolo come una sua conquista, ha pubblicizzato che il ministero della sanità avrebbe acquistato il noto ospedale S. Andrea, dalla Tosinvest della famiglia Angelucci,


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ospedale già peraltro trattato per l'acquisto, dall'allora Ministro della sanità Rosi Bindi e appunto «scippatogli» a cifra superiore dalla Tosinvest;
tale operazione mette in luce l'incapacità gestionale del Governo di gestire le risorse economiche di questo paese, tentando di ricomprare e a chissà quali cifre, solo pochi mesi dopo, quello che poteva ottenere prioritariamente con un risparmio del pubblico denaro;
è perlomeno sospetto che la famiglia Angelucci con una società del gruppo sia diventata azionista del quotidiano di sinistra «l'Unità» in un momento antecedente il collasso dello stesso -:
se il Ministro delle Finanze non intenda ordinare una severa e circostanziata inchiesta su tutte le operazioni finanziarie di tale acquisto con particolare attenzione del perché risorse di miliardi di pubblico denaro vengano gestite con incoscienza e assoluto non rispetto della «res pubblica» e invece destinare centinaia di miliardi per ristrutturare veramente, e non sulla carta, i nostri già fatiscenti ospedali, senza doverne acquistare dei nuovi.
(4-29650)

Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare indicato, si precisa innanzitutto che il 13 luglio 2000 il Ministro della sanità, il Presidente della Giunta regionale del Lazio, il Commissario straordinario degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO), nonché il Presidente del Gruppo TOSINVEST e l'Amministratore unico della H. SAN RAFFAELE DI ROMA EUR Srl hanno sottoscritto un «Protocollo d'intesa» per l'acquisto del complesso ospedaliero San Raffaele di Roma Mostacciano, in cui il prezzo della struttura viene determinato in lire 315.000.000.000, costo sostenuto dallo Stato e dalla regione Lazio, quest'ultima per una quota di lire 75.000.000.000.
Nel mese di aprile del corrente anno la società pubblica «Risorse per Roma» - R.P.R. S.p.A. aveva redatto un «Giudizio estimativo sintetico ai fini dell'incontro tra la domanda e l'offerta» ed aveva stimato il valore complessivo della struttura ospedaliera, delle sue pertinenze e dotazioni strumentali, in lire 324.471.973.100.
Detta documentazione, nonché quella attestante i costi intercorsi tra il 14 aprile e il 14 luglio 2000 per un valore complessivo di lire 4.847.848.555 (come da specifico impegno di cui alla lettera
c del «Protocollo d'intesa», 13 luglio 2000) sono state oggetto di analisi dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma - Ministero delle finanze, al fine di esprimere il parere di congruità sulla valutazione del complesso ospedaliero.
Al riguardo, esperiti gli opportuni accertamenti sulla scorta della documentazione trasmessa, l'Ufficio tecnico del territorio di Roma, in data l1 agosto 2000, ha espresso il parere che il valore complessivo (strutture e dotazioni strumentali), nell'attuale stato di fatto, così come determinato nelle perizie, è da ritenersi congruo, in quanto a fronte di un valore complessivo di lire 329.319.821.655, determinato dai periti di parte, viene determinato il valore del compendio in argomento in lire 336.000.000.000.
Gli IFO hanno preso atto del Protocollo di intesa del l3 luglio 2000 con la Deliberazione n. 479 del 14 luglio 2000.
La Deliberazione adottata il 14 luglio 2000 è stata sottoposta al controllo del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato che, tramite telegramma datato 13 settembre 2000, ne ha subordinato l'esecutività al parere di congruità sulla valutazione del complesso ospedaliero di competenza del Ministero delle Finanze - Ufficio tecnico del Territorio di Roma.
Detto Ufficio, in data l1 agosto 2000, come già ricordato, ha espresso il proprio parere favorevole.
Pertanto, con successiva nota in data 12 ottobre 2000, la Ragioneria Generale dello Stato ha fornito parere positivo in merito alla stipula del contratto definitivo per l'acquisizione dell'Ospedale San Raffaele da parte degli IFO.
Con Deliberazione n. 521 del 1o agosto 2000 gli IFO hanno approvato lo schema di contratto preliminare di compravendita del complesso ospedaliero San Raffaele, mentre


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il contratto di compravendita è stato approvato in via definitiva con la Deliberazione n. 656 del 19 ottobre 2000.
Per quanto riguarda il versamento di lire 80.000.000.000 a titolo di caparra confirmatoria, si precisa che il contratto preliminare di compravendita, nonché il decreto di utilizzo di predetta somma sono stati predisposti con l'esplicita riserva del positivo perfezionamento delle procedure avviate dal Ministero della sanità per l'acquisizione del previsto parere dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma. Il contratto preliminare, infatti, prevedeva esplicitamente che nel caso in cui l'Ufficio tecnico del territorio di Roma, nell'esprimere il parere negativo o difforme, avesse effettuato anche una valutazione economica del bene ed il valore riveniente fosse stato compreso in una fascia di oscillazione positiva o negativa del 2 per cento rispetto al prezzo di 315.000.000.000, oltre agli incrementi documentati dalla parte promittente venditrice e IVA di legge, le parti sarebbero state vincolate a procedere alla compravendita, al prezzo determinato in forza della valutazione economica effettuata nel parere dell'Ufficio tecnico del territorio di Roma.
Per quanto riguarda l'individuazione dei beni mobili compresi nel costo di acquisto, ossia le attrezzature biomediche, attrezzature di uffici ed arredi, attrezzature informatiche, arredi delle degenze ed opere d'arte, questi sono compresi nel documento di giudizio estimativo redatto dalla società pubblica «Risorse per Roma - R.P.R S.p.A. che fa espressamente riferimento al libro cespiti, oltre ad essere menzionati negli inventari
sub «E» ed «F» allegati al contratto preliminare di compravendita.
L'articolo 2, lettera
h, del Protocollo d'intesa firmato in data 13 luglio 2000 prevede, tra l'altro, l'impegno degli IFO, anche con atti accordi separati, a subentrare in tutti i contratti in essere presso la struttura ospedaliera per forniture, lavori di completamento e servizi, nel rispetto delle condizioni di legge. Medesimo impegno è contenuto nell'Accordo attuativo del protocollo d'intesa sottoscritto il 1o agosto 2000 tra gli IFO, il gruppo Tosinvest e la H.S. Raffaele EUR S.r.l, nel quale è stato, tra l'altro, convenuto che l'Ente subentri nei contratti di appalto dei lavori già posti in essere.
Con nota n. 2487 del 22 novembre 2000, la Regione Lazio - Assessorato Politiche della Sanità - ha comunicato che, da parte della Regione medesima, non sono stati direttamente sottoscritti impegni, con atti separati, in materia di accreditamento delle altre strutture già attivate e da attivare riconducibili al Gruppo Tosinvest degli Angelucci.
Con nota n. 14522-S/2648/2 in data 21 novembre 2000, il Ministero della giustizia ha comunicato che, in relazione alle modalità di acquisto del complesso ospedaliero S. Raffaele, presso la procura della Repubblica del tribunale di Roma era stato aperto il procedimento penale n. 35454/00 B - originato dalla presentazione presso la Camera dei Deputati di altra interrogazione annunziata nella seduta del 19 aprile 2000 - definito recentemente dall'organo inquirente con richiesta di archiviazione presentata il 27 ottobre 2000 al G.I.P., per le finali determinazioni di quest'ultimo.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

MOLINARI, ABBATE, ANGELICI, GIOVANNI BIANCHI, BORROMETI, CASILLI, CASINELLI, CIANI, DELBONO, DUILIO, FERRARI, FRIGATO, GIACALONE, DOMENICO IZZO, JERVOLINO RUSSO, MERLO, PALMA, MARIO PEPE, PINZA, RISARI, RIVA, ROMANO CARRATELLI, RUGGERI, SAONARA, SCANTAMBURLO, SCOZZARI, SERVODIO, TUCCILLO, VOGLINO e VOLPINI. - Al Ministro dell'ambiente, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
il 9 aprile 1999 il consiglio comunale di Avigliano (Potenza) con voto unanime accoglie la proposta avanzata dalla Ivpc4 srl di Avellino per l'installazione di una centrale elettrica da fonte alternativa eolica nel proprio territorio comunale;


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la Ivpc4 srl ha individuato come sito per la localizzazione degli impianti la dorsale lungo le pendici del monte Carmine in agro di Avigliano;
in data 6 agosto 1999 avviene l'approvazione del progetto da parte del Dipartimento sicurezza sociale e politiche ambientali - ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata ritenendo che non debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale;
nel frattempo nell'ambito della comunità di Avigliano cresce la preoccupazione circa l'inopportunità e l'incompatibilità ambientale di tale impianto;
in data 6 dicembre 1999 viene rilasciata da parte del comune di Avigliano la concessione edilizia;
in data 15 febbraio 2000 la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Basilicata già in precedenza chiamata ad esprimere il suo parere relativamente all'esecuzione della linea elettrica in cavo sotterraneo per il vettoriamento di energia elettrica dell'impianto in questione esprime il proprio parere contrario all'elettrodotto in quanto i circa 40 aerogeneratori, alti 50 metri con pale di 47 metri di diametro «comporterebbero una notevole alterazione del generale quadro ambientale del monte Carmine...» «nonché altererebbero le condizioni di ambiente e di decoro del santuario della Madonna del Carmine e dei percorsi utilizzati per l'accesso al monte meta di imponenti pellegrinaggi di notevole valenza storico-culturale e delle tradizioni popolari e religiose radicate sul territorio;
il parere della Soprintendenza pone l'ufficio tecnico del comune di Avigliano nella condizione di formulare in data 28 aprile 2000 un provvedimento di sospensione dei lavori iniziati solo formalmente anche se nonostante ciò lo stesso Ente mette in atto le procedure di esproprio nei confronti dei proprietari dei terreni interessati dall'ubicazione dell'impianto eolico che si erano rifiutati di sottoscrivere i contratti di locazione con la società Ivpc4 srl;
tuttavia in data 22 maggio 2000 la stessa Soprintendenza con un nuovo provvedimento ribalta quanto espresso in precedenza dando il via libera ai lavori di realizzazione dell'impianto in oggetto;
in data 24 maggio 2000 l'Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici del Ministero per i beni culturali invia un documento ai competenti uffici della regione Basilicata e dei comuni di Avigliano e Vaglio di Basilicata (anche quest'ultimo interessato da un progetto di centrale eolica a ridosso di un'area archeologica);
il documento redatto a seguito di una serie di sopralluoghi esprime l'indicazione di delocalizzare gli impianti eolici progettati in quanto i siti prescelti pur non essendo direttamente soggetti a vincoli ambientali e paesaggistici sono da tutelare nella loro integrità «per il valore culturale e paesaggistico di territori che sono invece già vincolati da leggi di tutela ambientale e quindi creano un vistoso e compromettente impatto visivo»;
il documento si conclude informando le amministrazioni (comunali e regionali) che «questo Ministero e le Soprintendenze competenti del territorio ognuna per quanto di propria competenza stanno studiando l'ipotesi di avviare procedimenti di vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 146 lettera m) e dell'articolo 139 del decreto legislativo del 29 ottobre 1999, n. 490 per i siti interessati dalle opere dei Parchi Eolici»;
il 7 agosto 2000 il consiglio comunale delibera «di trovare soluzioni che siano compatibili con gli interessi della collettività»;
in data 11 ottobre 2000 si sono avviati i lavori per la realizzazione della centrale eolica suscitando enormi proteste tra i cittadini, che hanno avviato anche una petizione popolare, chiedendone l'immediata sospensione dei lavori e l'abbandono del progetto -:
quali iniziative urgenti in considerazione di quanto esposto, il Governo intenda adottare affinché vengano sospesi


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immediatamente i lavori di realizzazione della centrale eolica, e ricercata una soluzione che tuteli il valore storico-ambientale del sito prescelto raccogliendo le istanze della comunità di Avigliano.
(4-33042)

Risposta. - Con l'interrogazione parlamentare indicata l'interrogante chiede un intervento del Ministero per i beni e le attività culturali in ordine ai lavori di costruzione di una centrale elettrica da fonte alternativa eolica prevista nel territorio del comune di Avigliano, lavori ritenuti dannosi per il valore storico-ambientale del sito prescelto.
Premesso che la materia è inclusa in un protocollo d'intesa tra il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i beni e le attività culturali con riferimento all'opportunità di favorire lo sviluppo delle energie alternative, pur senza pregiudicare i beni tutelati dall'Amministrazione per i beni e le attività culturali, e che l'intera vicenda coinvolge competenze istituzionali di più amministrazioni, come esattamente messo in rilievo dalla ricostruzione dei fatti operata dall'interrogante per quanto di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali si fa rilevare che sono stati posti in essere tutti gli adempimenti per trovare una soluzione del problema che contemperi i diversi interessi in questione (sopralluoghi, richieste di riunioni tecniche, eccetera)
Le maggiori difficoltà, fino ad oggi, di un intervento delle Soprintendenze di questo Ministero sono dovute al fatto che le aree direttamente interessate non sono soggette, come è noto, a vincolo. Infatti l'unica zona sottoposta a vincolo è il Monte Carmine tutelato, per la parte eccedente i 1200 metri sotto il livello del mare, ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 1999, articolo 146 lett.
d).
Si ricorda, inoltre, che la regione Basilicata ha ritenuto, ai sensi della legge regionale n. 47 del 1998, l'intervento in questione assoggettabile esclusivamente alla procedura di
Screening, e non a quella di valutazione di impatto ambientale, trattandosi di opera non ricadente, neanche parzialmente in aree naturali protette.
L'assenza di vincoli di tutela vigenti per i siti prescelti alla realizzazione dei cavi sotterranei per il vettoriamento dell'energia elettrica a 20 KW propedeutici alla realizzazione degli aerogeneratori, hanno costretto le Soprintendenze ad esprimere parere favorevole al progetto, non essendo inoltre la realizzazione dei cavi sotterranei in quanto tale, alterativa dello stato dei luoghi. Nel contempo. Nel contempo l'Amministrazione si è immediatamente attivata per estendere anche sulle zone interessate dall'intervento i vincoli di tutela previsti dalla normativa vigente.
Infatti, anche su invito del competente Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici, la Soprintendenza archeologica di Potenza ha avviato, ai sensi degli artt. 144 e 146, comma 1, lett.
m) del decreto legislativo n. 490 del 1999 la procedura di dichiarazione di interesse particolarmente importante per alcune aree dei territori dei comuni di Cancellara, Pietragalla, Tolve, Vaglio di Basilicata in provincia di Potenza e Potenza in quanto rivestono particolare valenza ai fini della tutela di importantissime aree archeologiche e presentano elevate peculiarità di conservazione del paesaggio agrario antico.
Anche la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici è stata sollecitata dall'Ufficio centrale ad avviare la procedura di vincolo ambientale ai sensi dell'articolo 144 del decreto legislativo 490 del 1999 facendo seguito alle valutazioni già espresse e a valutare, inoltre, l'opportunità di proporre in vincolo di rispetto monumentale a tutela del Santuario della Madonna del Carmine, complesso già sottoposto a vincolo diretto.
In attesa che venga definita la sopracitata situazione vincolistica sono proseguiti i contatti tra la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici e l'Amministrazione comunale di Avigliano. Si è svolto anche un incontro presso la sede della Soprintendenza in data 29 novembre 2000 durante il quale il sindaco di Avigliano ha comunicato che in data 13 novembre il Consiglio comunale ha deliberato la sospensione cautelativa dei lavori, giusta ordinanza del T.A.R della Basilicata n. 32 del 12 ottobre 2000, e contestualmente è stata rivolta una nuova istanza alla regione Basilicata


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affinché sottoponga il progetto alla procedura di V.I.A.
I lavori, pertanto, sono sospesi e si sta cercando, come richiesto anche dall'interrogante una soluzione alternativa al problema.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giovanna Melandri.

PAISSAN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
durante la finale degli europei di calcio Italia-Francia svoltasi a Rotterdam l'organizzazione della Uefa ha mostrato molteplici intoppi con conseguenze gravissime;
infatti ai 140 tifosi italiani disabili presenti alla partita sono stati assegnati posti del tutto inadeguati in quanto situati in postazioni superiori non raggiungibili se non dopo essere stati sollevati di peso e portati a braccia dai volontari; il piano dell'organizzazione della Uefa prevedeva inoltre di lasciare le carrozzelle in un'altra area;
i sette inviati della Rai che filmavano il trattamento subito dai 140 disabili sono stati fermati e condotti negli uffici della polizia di Rotterdam dove è stata chiesta loro l'interruzione delle riprese;
la tensione ha raggiunto livelli altissimi avendo i giornalisti reclamato il loro diritto di fare cronaca ed è iniziato un forte alterco fra gli agenti olandesi e gli inviati Rai culminato in spintoni, strattonamenti, e manganellate;
neanche l'intervento della Federcalcio, della Uefa e dell'ambasciata italiana è servito a sbloccare la situazione ed i giornalisti fermati non sono stati rilasciati -:
se il Governo non intenda intervenire presso il governo olandese per fare chiarezza sull'inaccettabile episodio di discriminazione nei confronti del gruppo di disabili collocati in postazioni non raggiungibili autonomamente;
se non reputi necessario intervenire perché siano presi i provvedimenti necessari anche per l'atteggiamento violento e di censura attuato dalla polizia olandese verso i giornalisti italiani in violazione delle norme di civiltà e del diritto di cronaca della stampa.
(4-30683)

Risposta. - Non appena avuta notizia dei gravi incidenti occorsi nello stadio di Rotterdam, che ha visto coinvolti un gruppo di disabili, giornalisti e operatori televisivi italiani, il Ministero degli esteri si è immediatamente attivato per assistere prontamente gli interessati e per fare piena luce sugli avvenimenti.
L'Ambasciata d'Italia a L'Aja è subito intervenuta presso il commissariato di polizia ed ha preso contatto con il giudice incaricato delle indagini, avviate sulla base di una denuncia della polizia, ottenendo che il giudice ascoltasse quali testimoni dell'inchiesta diverse persone e che fossero acquisiti, come documenti di prova, alcuni filmati sugli incidenti.
In stretta collaborazione con la RAI, l'Ambasciatore, intervenuto personalmente, ha potuto ottenere che i fermati fossero liberati.
La gravità del comportamento dei servizi d'ordine e delle forze di polizia olandesi, documentata anche da referti medici, è apparsa subito evidente ed ha formato oggetto di un immediato passo di protesta attraverso l'Ambasciatore d'Italia a L'Aja.
Nella giornata di lunedì 3 luglio l'Ambasciatore dei Paesi Bassi a Roma è stato convocato alla Farnesina dal Segretario Generale, che ha nuovamente espresso lo sconcerto del Governo italiano per gli inammissibili disagi ai quali erano stati sottoposti i disabili e per le violenze esercitate dai tutori dell'ordine olandesi nei confronti di giornalisti e operatori italiani. Egli ha inoltre manifestato sorpresa per il fatto che i componenti della
troupe giornalistica italiana fossero stati trattenuti al commissariato per oltre otto ore, nonostante l'intervento dell'Ambasciatore d'Italia e del Presidente


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della Rai, i quali sono stati inoltre oggetto di un trattamento irriguardoso da parte della Polizia olandese.
Il Segretario Generale ha infine espresso all'Ambasciatore dei Paesi Bassi la viva attesa del Governo italiano per un rapido accertamento di tutte le responsabilità per i comportamenti tenuti dalla polizia di Rotterdam, che configuravano una grave violazione della libertà di informazione oltre all'inammissibile ricorso a metodi brutali, aggiungendo che oltre all'esaustiva spiegazione dell'accaduto, il Governo italiano si attendeva delle scuse ufficiali.
Tale richiesta di scuse formali è stata reiterata dall'Ambasciatore d'Italia a L'Aja al Segretario Generale del Ministero degli esteri olandese nel pomeriggio dello stesso lunedì 3 luglio. Il Segretario Generale olandese ha preso atto della richiesta di scuse formali e si è riservato di fornire una risposta su questo punto dopo che l'inchiesta si fosse conclusa. Egli ha espresso il più profondo rincrescimento del Ministro degli esteri e dell'intero Governo olandese per l'accaduto.
Per parte sua, il Presidente del Consiglio dei ministri ha avuto martedì 4 luglio una conversazione telefonica con il Primo Ministro olandese, cui ha sollecitato la manifestazione di una netta presa di posizione del Governo dell'Aja sull'accaduto. Nella stessa serata, nel corso di una trasmissione televisiva, il Primo Ministro Kok ha annunciato l'apertura immediata di un'inchiesta e l'intenzione del suo Governo di trarre dalle conclusioni di quest'ultima tutte le conseguenze che dovessero discendere.
Una prima inchiesta di carattere amministrativo del Governo olandese ha preso le forme di un rapporto dei Ministri dell'interno e della giustizia al Parlamento dell'Aja, che ne aveva fatto immediata richiesta. Tale rapporto, consegnato all'Ambasciata d'Italia il 13 luglio scorso, ha raggiunto delle conclusioni che il Governo italiano trova solo parzialmente soddisfacenti. Non riteniamo condivisibile la generale assoluzione degli addetti alla sicurezza e delle forze dell'ordine: essa infatti risponde ad un'analisi dei fatti che non tiene conto di taluni aspetti evidenziati da parte nostra fin dai primi contatti con le autorità olandesi. A giudizio del Governo italiano l'operato della
troupe italiana rappresentava l'esercizio di un diritto-dovere di informazione che da ogni parte va rispettato e tutelato.
Su istruzioni del Ministero degli esteri, l'Ambasciata d'Italia a L'Aja ha richiesto alle autorità olandesi la restituzione dei filmati sequestrati nell'ambito del procedimento giudiziario inizialmente aperto contro i giornalisti e che il giudice istruttore ha ora riconosciuto di dover archiviare. Le autorità olandesi si sono impegnate alla loro restituzione.
D'altro canto, con l'assistenza dell'Ambasciata, i giornalisti italiani coinvolti nell'incidente hanno dato incarico a propri legali di procedere contro i servizi d'ordine e le forze di polizia olandesi per il trattamento subito.
Va registrato un primo sviluppo sul fronte giudiziario con la richiesta da parte del pubblico ministero all'Avvocatura dello Stato di riaprire le indagini sul comportamento dei sorveglianti e delle forze di polizia che consentirà di acquisire i testimoni per parte italiana, che come è noto, non sono stati mai sentiti (ad eccezione dei giornalisti arrestati, interrogati una sola volta con l'aiuto di un interprete che, a loro avviso, mal si esprimeva nella lingua italiana), nonché di accertare l'eventuale mancato rispetto delle libertà di stampa e di parola.
L'Ambasciatore d'Italia in Olanda, in un recente colloquio con il Segretario Generale del Ministero degli esteri olandese, ha insistito affinché da parte olandese si compiesse un gesto formale per chiudere l'increscioso episodio e non ha mancato di fare presente, e di sottolineare, come lo stesso non sia stato affatto dimenticato in Italia dove continua a sollevare discussioni e proteste contro la polizia olandese, sia da parte dei giornalisti che dei disabili coinvolti nella vicenda.
Infine, sollecitata dall'Ambasciata italiana a L'Aja, l'Associazione olandese Gehandicapten Raad che, sull'argomento aveva emanato un comunicato quattro giorni dopo gli incidenti, ha informato di avere solo recentemente ricevuto dal Sottosegretario per la sanità e lo Sport, al quale


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si era rivolta per ottenere chiarimenti sul trattamento riservato dalla polizia ai disabili italiani, assicurazione che verrà dato riscontro alla sua richiesta nel prossimo futuro.
Il Governo italiano confida nella giustizia olandese perché sia fatta piena luce sull'accaduto e siano individuate e sanzionate le responsabilità di modo che incidenti, come quello occorso a Rotterdam, lesivi della libertà dei giornalisti, del diritto di cronaca e della dignità dei portatori di handicap, non abbiano più a ripetersi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

PAISSAN, PROCACCI, TATTARINI, GIANNOTTI, MAURA COSSUTTA, CRUCIANELLI, MALENTACCHI, GALLETTI, GARDIOL, AMATO, BANDOLI, BARTOLICH, CANGEMI, CENTO, CERULLI IRELLI, DE BENETTI, DUILIO, FIORONI, FRIGATO, GIACALONE, GIORDANO, LECCESE, LENTI, LENTO, MANTOVANI, MARINI, MICHELANGELI, MORONI, NARDINI, NIEDDA, ORTOLANO, PISAPIA, PISTONE, EDO ROSSI, SAIA, SARACENI, SCALIA, TRABATTONI, TURRONI e VALPIANA. - Al Ministro della sanità, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3, comma 4 del Regolamento CE 258 del 1997 sui nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari prevede che i nuovi prodotti, compresi prodotti o ingredienti alimentari derivati da Organismi geneticamente modificati (OGM) ma che non contengono più OGM, possono essere messi in commercio senza sottostare alla completa procedura di autorizzazione prevista all'articolo 4, se e solo se tali prodotti sono sostanzialmente equivalenti ai prodotti o ingredienti alimentari esistenti, riguardo alla loro composizione, valore nutritivo, metabolismo, uso a cui sono destinati e tenore di sostanze indesiderabili contenute;
detta procedura semplificata deve essere autorizzata dallo Stato membro al quale è stata presentata la domanda per la immissione sul mercato per la prima volta, sulla base di valutazione espressa da propria autorità competente per i prodotti alimentari;
tra il 1997 e il 1998 l'autorità di controllo britannica Advisory Committe on Novel Food Processes (ACNFP) certificava la sostanziale equivalenza - e, per ciò, autorizzava l'adozione della procedura semplificata - per alcuni prodotti, tra i quali alcune varietà di mais, MAIS BT 11, MAIS Mon 810, MAIS Mon 809, MAIS T25, nonostante il fatto che vi fosse precisa evidenza della presenza di molecole modificate, in netto contrasto con quanto prescritto dall'articolo 3, comma 4 del Regolamento CE 258 del 1997; ciò consentiva alle imprese produttrici dei prodotti OGM di porli in commercio e di omettere l'invio dei dossier scientifici corrispondenti alle autorità sanitarie dei quindici partner europei;
il 15 settembre 1999 l'associazione Verdi Ambiente e Società si rivolgeva al Ministero della sanità chiedendo chiarimenti sulla vicenda ed in particolare sulla legittimità della procedura semplificata adottata per sette prodotti: tre varietà di olio di colza e le quattro varietà di mais sopra ricordate;
il Ministro della sanità pro tempore Rosy Bindi richiese, sulla questione avanzata dall'associazione ambientalista, il parere dell'Istituto Superiore di Sanità e del Consiglio Superiore di Sanità; l'ISS si pronunciava il 22 ottobre 1999, esprimendo il parere della non sussistenza dell'equivalenza sostanziale (Allegato n. 1) e trasmettendo poi la propria valutazione al Consiglio Superiore di Sanità, che, il 16 dicembre 1999 dichiarava i sette prodotti non conformi ai requisiti di sostanziale equivalenza;
il successivo Ministro della sanità Umberto Veronesi, mentre dichiarava la sua perplessità di fronte alle sollecitazioni, da più parti pervenute, perché procedesse alla sospensione della circolazione dei citati prodotti causa l'inadeguatezza della


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procedura di autorizzazione seguita, richiedeva un nuovo pronunciamento all'Istituto Superiore di Sanità che, in data 4 luglio 2000 (Allegato n. 2) riaffermava ancora che per i sette prodotti OGM in questione non sussiste l'equivalenza sostanziale dal punto di vista composizionale;
tale documento dell'ISS non veniva mai messo a disposizione del Consiglio dei ministri che in più occasioni, nel corso del mese di luglio 2000, affrontava la questione della legittimità della procedura adottata per la circolazione dei sette prodotti citati;
il Ministro della sanità richiedeva invece all'ISS ancora un nuovo pronunciamento ottenendo, in data 28 luglio, un documento ulteriore, questa volta sottoscritto personalmente dal Direttore Benagiano, nel quale, pur riportando (ma senza alcuna valutazione conseguente) la presenza di molecole modificate, si inseriscono giudizi ambigui e contorti, volti ad una possibile lettura del testo a sostegno di legittimazioni della circolazione dei prodotti e, pur citando alcune indicazioni sui possibili rischi comparse nella letteratura scientifica più recente, si conclude dichiarando che «alla luce delle conoscenze scientifiche attuali, non risultano esistere rischi per la salute umana ed animale derivanti dal consumo dei derivati degli OGM indicati nella tabella», con un uso evidentemente capzioso del termine «attuale» dal momento che sono in discussione nella comunità scientifica gli effetti a medio-lungo termine del consumo di tali alimenti, certamente oggi non conosciuti;
di fronte alla persistente decisione del Ministro della sanità di non provvedere al decreto di sospensione per i sette prodotti in oggetto, il Presidente del Consiglio, in nome di un uso rigoroso del principio di precauzione, assumeva la decisione di emanare proprio decreto di sospensione, e tuttavia, causa il mancato supporto di un chiaro documento dell'ISS, riduceva la sospensione alle quattro varietà di mais, escludendo le tre varietà di olio di colza per le quali più incetto appariva il parere dell'ISS del 28 luglio;
la sostituzione del documento dell'ISS del 4 luglio - mai prodotto dal Ministro della sanità - con quello del 28 luglio fornisce al decreto di sospensione del Presidente del Consiglio base scientifica ben più debole di fronte a contestazioni, sia in sede di istituzioni europee, sia di interessi privati;
il Commissario alla protezione del consumatore, David Byrne, pur essendo stato inutilmente sollecitato più volte, sia dal ministro Bindi che dal ministro Veronesi, a richiedere al Comitato Scientifico dell'alimentazione umana un parere sulla sostanziale equivalenza dei sette prodotti citati, informato tuttavia dell'intenzione del Governo italiano di procedere al decreto di sospensione, convocava finalmente detto Comitato Scientifico, ma ponendo ad esso non la questione posta dall'Italia sulla sostanziale equivalenza sulla quale era ampiamente scontato il parere negativo, ma una valutazione sul rischio sanitario associato all'uso dei prodotti citati;
ciò nonostante, il draft preliminare del Comitato scientifico (Allegato n. 3), redatto dal professor W. Grunow il 2 agosto 2000, sostiene, aggiornandole, tutte le motivazioni che hanno indotto a considerare illecita la commercializzazione dei sette OGM, sostenendo, fra l'altro che: «Le valutazioni di sicurezza presentate dall'ACNFP britannico e dal Comitato Scientifico sulle Piante (SCP) della Commissione europea sono state eseguite tra il 1995 e il 1998 sulle basi di metodi e principi considerati sufficienti all'epoca. Quindi il Comitato ha l'impressione (non può escludere) che dovrebbero essere considerate desiderabili ulteriori evidenze riguardo la sicurezza, se i prodotti dovessero essere sottoposti a una rivalutazione. Riguardo la sostanziale equivalenza, il Comitato sottolinea che l'ACNFP non ha fatto distinzioni, fra sostanziale equivalenza totale o parziale, come è stato fatto nelle «linee guida per la valutazione dei nuovi cibi» del SCF. In contrasto con l'ACNFP, il Comitato vorrebbe applicare queste linee guida e caratterizzare le piante modificate geneticamente e i loro prodotti contenenti le sequenze


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introdotte come «sostanzialmente equivalenti tranne per la sequenza specifica», come pure ha fatto il SCP nelle sue valutazioni;
il 7 settembre 2000 il Comitato Scientifico dell'alimentazione umana ha reso noto il proprio parere che, ribaltando il parere preliminare del 2 agosto, ignorando il problema della sostanziale equivalenza che è alla base del decreto di sospensione del Presidente dei Consiglio, ma concentrando invece l'attenzione sul rischio sanitario ed utilizzando il documento dell'ISS del 28 luglio, conclude per l'assenza di rischio, spianando la strada ad una decisione, che la Commissione europea potrebbe sottoporre alla prossima riunione del Comitato permanente per i prodotti alimentari prevista per il 18 ottobre 2000, con la quale potrebbe intimare all'Italia di revocare il decreto di sospensione relativo ai quattro prodotti -:
come sia potuto accadere, innanzi ad una questione di tale rilevanza per il Paese e per il Governo, che il parere dell'ISS del 4 luglio 2000 che confermava per i sette OGM in questione come «... non sussiste l'equivalenza sostanziale dal punto di vista composizionale» non sia stato reso noto dal competente ministero, così inducendo gravemente in eclatante difetto d'istruttoria il Presidente del Consiglio ed il Governo tutto nella trattazione dell'affare e nell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2000;
se non reputi il Presidente del Consiglio altamente lesiva della collegialità del Consiglio dei ministri una omissione informativa di tale rilevanza e quali iniziative intenda assumere;
se non vada censurata, sotto il profilo della scorrettezza del metodo scientifico e della funzione di lealtà istituzionale a cui è tenuto il massimo organo di consulenza sanitaria dell'Esecutivo, la relazione predisposta in occasione del Consiglio dei ministri del 4 agosto ove il direttore dell'ISS capovolge i precedenti e difformi pareri espressi, - e nel caso del succitato parere del 4 luglio 2000 addirittura opportunamente e fisicamente rimossi - in base ad apodittiche affermazioni e volute imprecisioni terminologiche e concettuali;
se non reputi inoltre il Governo estremamente grave e scientificamente quanto proceduralmente incomprensibile, se non alla luce di inconfessabili motivazioni di oggettiva sudditanza dei competenti organi della Commissione europea agli interessi dell'industria biotech, il pronunciamento del Comitato scientifico UE ove esso, in assoluta difformità dello studio della problematica e della proposta avanzata dai componenti relatori sul caso, ha confermato l'assenza di rischio sanitario nell'uso dei prodotti OGM in questione;
se tale fatto, eventualmente portato alla base di una posizione della Commissione contraria al divieto di commercializzazione disposto dall'Italia, non leda gli interessi e la dignità del Paese;
se tale vicenda nel complesso non crei un gravissimo precedente procedurale basato su falsi presupposti e su evidenti intenti di umiliare ogni legittima e doverosa iniziativa assunta da quegli Stati membri maggiormente attenti ed ossequiosi del principio precauzionale, solo a parole posto a base delle politiche ambientali dell'Europa;
quali iniziative intenda quindi assumere il Governo in sede UE affinché sia ristabilita verità scientifica e correttezza procedurale così da garantire i primari interessi alla salute ed all'ambiente di tutti i cittadini dell'Unione.
(4-32789)

Risposta. - Com'è noto, la disciplina comunitaria in materia di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari è contenuta dal Regolamento CE n. 258/97 sui nuovi alimenti.
Tali procedure possono seguire l'
iter autorizzativo ovvero l'iter di notifica.
L'
iter autorizzativo, in particolare, prevede la partecipazione attiva dei singoli Stati Membri alla relativa procedura autorizzativa.
Questi ultimi, infatti, sono tenuti ad effettuare la valutazione della sicurezza


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d'uso di ciascun nuovo alimento per cui sia stata richiesta l'autorizzazione alla commercializzazione, sulla base delle linee guida contenute nella Raccomandazione della Commissione europea del 29 luglio 1997.
La valutazione della sicurezza d'uso di ogni nuovo alimento è fondata sul principio della equivalenza sostanziale.
Secondo tale principio, il nuovo alimento dev'essere confrontato con la «controparte» tradizionale e, qualora venga definita l'equivalenza sostanziale con essa, il nuovo alimento può essere definito sicuro quanto la «controparte» tradizionale stessa.
Nel caso di variazioni composizionali, come si verifica per gli alimenti solo in parte sostanzialmente equivalenti alla «controparte tradizionale» in quanto il tratto inserito a seguito della modificazione genetica non è equivalente, è necessaria la valutazione della sicurezza d'uso da parte degli Stati Membri, come prescritto nel citato Regolamento CE 258/97.
Laddove l'immissione in commercio riguardi nuovi prodotti o ingredienti alimentari derivati da Organismi Geneticamente Modificati (=«OGM»), i quali non contengano più OGM, il Regolamento CE 258/97 ne consente l'immissione stessa senza la necessità del completo espletamento della procedura di autorizzazione prestabilita, se e solo ove detti prodotti siano sostanzialmente equivalenti ai prodotti o ingredienti alimentari esistenti (tenuto conto della loro composizione, valore nutritivo, impiego, eccetera).
Ne deriva una «procedura semplificata» (di semplice notifica), che dev'essere autorizzata dallo Stato Membro a cui sia stata presentata la relativa domanda di commercializzazione per la prima volta, in esito alle valutazioni espresse da apposite commissioni competenti in materia.
A tale riguardo, occorre precisare che la procedura semplificata adottata a suo tempo dall'autorità di controllo della Gran Bretagna
«Advisory Committee on Novel Food and Processes» (=«ACNFP»), che ha consentito l'autorizzazione alla commercializzazione anche nell'ambito dell'U.E. in base all'articolo 5 del Regolamento n. 258/97, non riguardava gli OGM in quanto tali, bensì i loro sottoprodotti di trasformazione industriale (farina, amido, sciroppo di glucosio eccetera).
In merito a quanto esposto nell'interrogazione parlamentare in esame, occorre premettere che, nel corso della riunione tenutasi il 18 ottobre 2000, contrariamente a quanto temuto, il Comitato permanente per i prodotti alimentari della U.E., in luogo di intimare all'Italia di revocare il DPCM 4 agosto 2000 di sospensione cautelativa dei 4 prodotti transgenici, ha ritenuto opportuno concentrare la propria attenzione sullo sviluppo di una ampia «strategia comune» in ordine alla diffusione degli organismi geneticamente modificati ed alla vendita ed utilizzo di prodotti e derivati transgenici in ambito comunitario.
Per quanto riguarda l'affermazione contenuta nell'atto parlamentare in questione, in merito al fatto che non sia stato reso noto il parere dell'Istituto Superiore di Sanità del 4 luglio 2000, si osserva che durante la seduta del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2000 il Ministro della sanità ha messo a disposizione il parere dell'Istituto Superiore di Sanità del 28 luglio 2000, nel quale il Direttore
pro-tempore dello stesso Istituto, Prof. Giuseppe Benagiano, nel quale riferendosi a quanto precedentemente comunicato dall'ISS al Ministero della sanità con i pareri del 22 ottobre 1999 e del 4 luglio 2000 chiariva come segue: «Mi corre innanzitutto l'obbligo di precisare che i pareri precedentemente formulati facevano riferimento ad una interpretazione della norma comunitaria (tutt'altro che chiara) che identifica il significato dell'espressione equivalenza sostanziale con l'espressione identica composizione chimica dei prodotti in questione.
Pertanto, questo Istituto ha fornito risposte basate su questa interpretazione restrittiva del concetto di equivalenza sostanziale.
Onde evitare ulteriori fonti di confusione, ritengo doveroso lasciare al suo ufficio legale il compito di valutare l'esatto significato giuridico della norma comunitaria».
Appare evidente, per quanto sopra riportato, che il Consiglio dei ministri è stato


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perciò informato dell'esistenza dei precedenti pareri da lettera del 28 luglio 2000.
Non sussiste, pertanto, alcun elemento che possa far pensare ad una «omissione informativa».
In effetti, il parere dell'istituto Superiore di Sanità (=«ISS») reso in data 22 ottobre 1999, tra l'altro non recante la firma del Direttore dell'Istituto, contiene indicazioni meramente didascaliche e procedurali in risposta ad un quesito formulato dal Dipartimento degli Alimenti, della Nutrizione e della Sanità Pubblica Veterinaria del Ministero della sanità, concernenti il Regolamento CE n. 258/97.
Anche il successivo parere dell'ISS datato 4 luglio 2000 (parimenti non firmato dal Direttore dell'Istituto ed espresso in risposta alla richiesta del suddetto Dipartimento) aveva rilievo meramente istruttorio, pur indicando le motivazioni per le quali non appariva sussistere l'equivalenza sostanziale dal punto di vista composizionale nei confronti dei 7 prodotti in questione.
Infatti, il parere del 4 luglio 2000 segnalava l'inapplicabilità dell'articolo 5 del Regolamento CE n. 258/97 e dava ulteriori indicazioni procedurali.
È necessario sottolineare, pertanto, che i due pareri dell'ISS datati 22 ottobre 1999 e 4 luglio 2000 non hanno espresso in alcun modo valutazioni relative alla «sicurezza d'uso» dei prodotti in questione.
Più specificamente, la formulazione di detti pareri non consente di considerare le argomentazioni svolte in merito alla equivalenza sostanziale come valutazioni sulla sicurezza d'uso.
Non diversamente si esprimeva, del resto, anche il Consiglio Superiore di Sanità nel proprio parere del 16 dicembre 1999, in cui veniva auspicato, in particolare, lo sviluppo di ricerche mirate ad approfondire la conoscenza delle conseguenze delle modificazioni genetiche.
L'assenza di uno specifico contenuto sostanziale in tema di sicurezza d'uso nei 2 pareri dell'ISS poc'anzi richiamati (come già ricordato, resi in risposta a specifiche domande poste dal citato Dipartimento all'organo di consulenza tecnico-scientifica del Ministero della sanità e limitati a chiarimenti esplicativi delle procedure istruttorie delineate dal Regolamento CE n. 258/97) costituisce la ragione per la quale essi non sono stati messi nella materiale «... disposizione del Consiglio dei ministri...», fermo restando comunque che nessuna omissione informativa può seriamente essere ascritta al Ministro della sanità, né tantomeno alcuna fisica rimozione di documenti, posto che, come prima riferito, nello stesso parere dell'Istituto Superiore di Sanità, a firma del suo direttore generale
pro-tempore Prof. Giuseppe Benagiano (esplicitamente citato nelle premesse del decreto del Presidente del Consiglio 4 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 agosto 2000, n. 184) si fa riferimento al contenuto di «pareri precedentemente formulati», di ben agevole acquisizione quindi da parte del Consiglio dei ministri sol che ne fosse stata fatta richiesta.
Il parere espresso dall'ISS in data 28 luglio 2000 ha, invece, un evidente e marcato rilievo sostanziale, in quanto approfondisce l'aspetto inerente alla sicurezza della salute umana ed animale in relazione al consumo dei derivati degli OGM più volte citati.
Come ricordato nella stessa interpellanza, tale parere è stato richiesto dal Ministro della sanità, che ha sollecitato l'Istituto ad esprimere valutazioni adeguatamente approfondite e documentate su specifici argomenti quali la «sostanziale equivalenza» dei semi originari e dei prodotti da loro derivati ed i possibili rischi per la salute umana ed animale legati al loro consumo.
In effetti, la disamina del parere reso il 28 luglio 2000 dall'Istituto, permette di rilevare una serie di considerazioni di natura puramente tecnico-scientifica poste a fondamento del concetto di «sostanziale equivalenza», in riferimento - ovviamente - ai prodotti in esame.
Dei 7 prodotti notificati, i 4 tipi di mais OGM contengono livelli di proteine derivanti dalle modificazioni genetiche compresi tra 0,04 e 30 parti per milione, mentre per i 3 oli di semi di colza i dati disponibili non mostrano la presenza di proteine espresse.


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I 7 prodotti OGM presentano una sostanziale identità con la «controparte tradizionale» sotto il profilo meramente nutrizionale.
In ordine alla questione della sicurezza d'uso, l'ISS, soffermandosi su alcune problematiche inerenti all'impiego di prodotti OGM e derivati (tossicità, tolleranza agli erbicidi, profilo dell'antibiotico resistenza), ha inteso sottolineare che, alla luce delle conoscenze scientifiche attuali, non risultano esistere rischi per la salute umana ed animale.
In esito alle considerazioni finora espresse, appare del tutto evidente che i documenti dell'ISS del 22 ottobre 1999 e del 4 luglio 2000 non costituivano una appropriata «base scientifica» al DPCM 4 agosto 2000.
Le premesse di tale atto normativo, oltre a richiamare largamente il parere dell'Istituto datato 28 luglio 2000, nonché il parere del 16 dicembre 1999 del Consiglio Superiore di Sanità, fanno espresso riferimento alla corrispondenza intercorsa tra il Ministero della sanità ed il Presidente della Commissione europea ed il Commissario europeo competente, da cui «...emergono carenze nella procedura di accertamento dell'assenza di rischi per la salute dei consumatori...».
Invero, con due distinte note (la prima del 23 dicembre 1999, a firma dell'allora Ministro della sanità Onorevole Bindi; la seconda del 5 giugno 2000, a firma del Ministro Veronesi) inviate al Presidente della Commissione europea
pro-tempore Romano Prodi ed al Commissario europeo per la sanità e la protezione dei consumatori pro-tempore Byrne, sono state prospettate le difficoltà relative all'applicazione del Regolamento CE n. 258/97 sui nuovi prodotti ed i nuovi ingredienti alimentari, con particolare riferimento sia alla reale affidabilità della procedura di notifica (articolo 5), nonché all'accertamento dell'effettiva assenza di rischi per la salute dei consumatori in via preliminare alla fase puramente commerciale, sia alla necessità di attribuire al concetto di equivalenza sostanziale un significato chiaro, preciso ed omogeneo, ed infine, all'esigenza dell'applicazione del «principio di precauzione», sempre più frequentemente invocato a livello nazionale e a livello internazionale e comunitario.
La nota del 5 giugno 2000, inoltre, ricordava il citato parere del Consiglio Superiore di Sanità e chiedeva alle competenti Autorità europee di «...affrontare con decisione ...» le problematiche connesse a prodotti di tale genere, attraverso «...un chiaro pronunciamento del Comitato Scientifico dell'alimentazione umana entro breve termine, evitando così l'eventuale adozione di provvedimenti cautelativi unilaterali...».
In risposta a quest'ultima lettera, il Commissario europeo per la sanità e la protezione dei consumatori riferiva di avere chiesto al Comitato Scientifico dell'alimentazione umana di appurare se l'utilizzazione di nuovi prodotti alimentari costituisca un pericolo per la sanità pubblica.
A seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri nella riunione del 4 agosto 2000, è stato emanato il DPCM 4 agosto 2000 che ha disposto la sospensione cautelativa della commercializzazione ed utilizzazione sul territorio nazionale di taluni prodotti transgenici (MAIS BT 11, MAIS MON 810, MAIS MON 809 e MAIS T 25), in attesa dell'ulteriore vaglio tecnico da parte del suddetto Comitato.
Ciò in considerazione di quanto disposto dall'articolo 12 del Regolamento CE n. 258/97, che consente a ciascun Stato Membro di limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione e l'utilizzazione sul proprio territorio del prodotto o ingrediente in questione, qualora, a seguito di nuove informazioni o di una nuova valutazione di quelle già esistenti, sussistano fondati motivi per ritenere che la loro utilizzazione presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente.
Si è, altresì, tenuto conto degli avvisi espressi al riguardo dal Ministro della sanità e dal Ministro per le politiche agricole.
Occorre precisare che il nostro Paese è fino ad oggi l'unico che abbia osservato questo tipo di condotta sospensiva, a fronte di un atteggiamento molto più liberalistico da tempo adottato a livello internazionale (si pensi agli U.S.A.), e molto diffuso nello stesso ambito comunitario.


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Per quanto riguarda il parere reso noto in data 7 settembre 2000 dal Comitato Scientifico dell'alimentazione umana e il fatto che questo abbia concentrato la propria attenzione sul rischio sanitario invece di definire le problematiche inerenti alla «sostanziale equivalenza», malgrado quanto richiesto in modo esplicito dal Ministro della sanità con la nota del 5 giugno 2000, appare di piena evidenza che tale scelta rientra esclusivamente nell'ambito dell'autonomia e della potestà di tale organo comunitario, che ha sviluppato, comunque, la questione posta dal Commissario Byrne in merito ai pericoli per la sanità pubblica associati all'uso dei prodotti più volte citati.
Si assicura, in ogni caso, che i rappresentanti del nostro Paese in seno agli organismi comunitari di Bruxelles perseguiranno l'intento di approfondire le questioni legate alla diffusione degli OGM e dei prodotti da essi derivati e, in particolar modo, quella concernente la definizione di una migliore comprensione del concetto di sostanziale equivalenza.
Ciò allo scopo di pervenire ad un accordo di certa ed omogenea applicabilità da parte di tutti gli Stati membri nell'ambito della valutazione di prodotti alimentari OGM e derivati, anche attraverso la riconsiderazione del quadro regolamentare.
Il fine ultimo è la tutela della primaria esigenza della salute dei consumatori e la salvaguardia dei prodotti tipici tradizionali.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

PENNA. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 13 del 29 marzo 1985, all'articolo 9, prevede una indennità di mansione per i centralinisti non vedenti;
tale indennità, presso gli uffici del ministero delle finanze di Alessandria, è stata regolarmente corrisposta sino al mese di ottobre 1999 attraverso un calcolo giornaliero e una corresponsione con cadenza irregolare (ogni 2 o 3 mesi);
in seguito, è stato segnalato agli interessati che la loro indennità di mansione confluiva, per quanto di competenza del ministero delle finanze, nel fondo unico di amministrazione;
la gestione di tale fondo unico è soggetta alla contrattazione tra le parti sociali e prevede che le indennità per i dipendenti non siano tra loro cumulabili (con l'esclusione dell'indennità per i turni);
come conseguenza i centralinisti non vedenti che percepivano l'indennità di mansione, di cui alla legge n. 13 del 1985, e quella prevista dalla contrattazione collettiva per i lavoratori disagiati, non stanno più percependo la prima indennità -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per superare questa situazione che da mesi sta economicamente penalizzando i centralinisti non vedenti occupati presso il ministero delle finanze.
(4-31176)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative si intendano assumere al fine di superare la difficile situazione dei centralinisti non vedenti, occupati presso gli uffici finanziari di Alessandria, i quali a seguito dell'istituzione del Fondo Unico di Amministrazione, non stanno più percependo, a scadenze regolari, l'indennità di mansione, prevista dall'articolo 9 della legge n. 113 del 29 marzo 1985.
Al riguardo la Direzione Generale degli Affari Generali e del Personale ha preliminarmente evidenziato che la costituzione del predetto Fondo Unico, avvenuta a metà dell'anno 1999, ha determinato taluni problemi di natura tecnico-contabile, i quali non hanno immediatamente consentito di liquidare l'indennità per i centralinisti non vedenti, per la parte residua ancora da corrispondere.
Tale situazione si è protratta anche per tutto il lungo
iter della contrattazione integrativa, che di fatto è stata poi definita alla fine dello scorso mese di giugno.
Ciò posto, la predetta Direzione Generale ha assicurato che le residue competenze spettanti per l'anno 1999 verranno liquidate


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entro la fine del corrente, anno rendendosi disponibile in assestamento il fondo di cassa necessario.
Ha inoltre precisato la medesima Direzione Generale che l'indennità in questione sarà cumulabile con le altre indennità previste per i dipendenti.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

PROCACCI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il 6 aprile 2000 a San Salvo Marina (Chieti) un autotreno proveniente da Bojano (Campobasso) e diretto ad Ancona con un carico di 8 mila polli vivi si è rovesciato in una scarpata causando la morte di almeno 6 mila animali certificata dal Servizio Veterinario Ausl di Lanciano-Vasto -:
se il trasportatore fosse stato provvisto delle necessarie autorizzazioni igienico-sanitarie e se avesse ottemperato agli obblighi del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 388, in materia di protezione degli animali durante il trasporto, in particolare riguardo alla densità massima dei volatili;
quali provvedimenti intenda prendere per la tutela dei polli trasportati, predisponendo regolari controlli in particolare nelle aree ad elevata concentrazione di allevamenti come quella del Molise.
(4-29540)

Risposta. - L'incidente cui si fa riferimento nella interrogazione parlamentare in esame si è verificato il 6 aprile 2000, alle ore 02,00 circa, in località Trignina del Comune di San Salvo (Chieti), strada statale 650 - km 78,600.
Sono avvenuti, in particolare, l'uscita di strada e il ribaltamento dell'autotreno targato «BF 056 AW» proveniente da Bojano (Campobasso) e diretto verso Ancona.
L'automezzo trasportava 8640 polli da carne destinati ad uno stabilimento di macellazione della provincia di Ancona.
Il Servizio Veterinario della A.S.L. di Lanciano ha accertato, a seguito dell'incidente, la morte di 5640 dei volatili trasportati, principalmente dovuta a cause traumatiche e ad asfissia: le carcasse degli animali, classificate «ad alto rischio» ai sensi dell'articolo 3 del decreto-leggevo n. 508/92, sono state inviate allo stabilimento di trasformazione ad «Alto rischio» della ditta «Marchegiani S.A.S.» di Chiaravalle (Ancona).
I volatili vivi e risultanti in grado di sostenere il trasporto sono stati inviati, con automezzo regolarmente autorizzato e rispondente ai requisiti previsti dalla normativa vigente, presso lo stabilimento di macellazione della ditta «Carni Coop. A R.L.» di Cingoli (Macerata).
Per quanto attiene agli aspetti relativi alla protezione e benessere degli animali durante il trasporto, risulta che la ditta che ha effettuato tale spedizione è regolarmente autorizzata ai sensi dell'articolo 5 del decreto-leggevo n.532/92 ed il veicolo utilizzato, targato «BF 056 AW», è conforme ai requisiti previsti per il trasporto di volatili dal decreto-leggevo citato e dal Regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 320/54.
Gli animali aventi peso medio per capo di circa 1,8 kg, erano stati alloggiati nell'automezzo in 480 gabbie delle dimensioni di cm 10 x 60.
Tale densità di carico utilizzata rientra nei parametri previsti dal capitolo VI dell'allegato al decreto-leggevo n. 532/92, in base ai quali è richiesta una superficie minima di 160 cmq/kg per polli dipeso tra i 1,6 e 3,2 kg.
Dalle informazioni acquisite dai Servizi Veterinari delle rispettive Aziende Sanitarie Locali competenti per territorio risulta, pertanto la conformità del trasporto in questione alle disposizioni nazionali e comunitarie vigenti ed il notevole numero di volatili deceduti appare, quindi, da ricondurre esclusivamente alla gravità dell'incidente.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

RICCIO. - Ai Ministri della sanità e dell'ambiente. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Serra Riccò (Genova), in località Mainetto, nella zona adiacente


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Via Fratelli Canepa 3, i residenti lamentano l'inquinamento fisico/chimico ed acustico prodotto dall'attività di un frantoio di cemento;
le conseguenze più gravi ed immediate di tale situazione appaiono quelle determinate dall'inquinamento acustico, con forti emicranie causate dall'intenso rumore e vibrazioni, la cui intensità provoca la vibrazione di vetri e lampadari;
altri fattori di rischio sono collegati alla viabilità, con la strada che, in caso di pioggia combinata con la polvere di cemento, assume la viscosità di un detersivo;
in casi analoghi sono state applicate, con buoni risultati, soluzioni quali pannelli antirumore, macchinari per la pulizia della strada e, in genere, per la rapida rimozione della polvere di cemento in modo che si disperda nell'ambiente circostante l'impianto senza accumularsi, e non venga respirata dai residenti, considerando non solo la presenza in zona di abitazioni ma di due scuole materne e persino di un mattatoio-:
quali provvedimenti intendano assumere urgentemente per ovviare i rischi alla salute pubblica.
(4-24650)

Risposta. - In base ai dati acquisiti a livello locale dal Commissariato del Governo nella regione Liguria, si comunica che nella località Mainetto presso il comune di Serra Riccò (Genova), ove è in attività un frantoio di cemento, non sussistono attualmente situazioni di elevato inquinamento acustico.
Il comune di Serra Riccò ha fatto presente di aver adottato, con deliberazione del Consiglio comunale n. 31 del 27 aprile 1999, la classificazione acustica del proprio territorio.
La zona in questione rientra nella classe IV ad intensa attività umana.
Le misurazioni acustiche effettuate a cura del Comune presso gli edifici situati in prossimità del frantoio di cemento non hanno evidenziato alcun rumore significativo da esso provocato.
Inoltre, non risultano agli atti del comune di Serra Riccò, né agli atti dell'Agenzia regionale per l'Ambiente ligure, interpellata dalla Regione stessa, esposti di cittadini disturbati da emissioni rumorose provenienti dall'attività segnalata.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

ROSSETTO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la vitiligine è una patologia molto diffusa tra la popolazione e ha un notevole impatto sulla vita di relazione dei pazienti;
presso il servizio di fototerapia dell'istituto San Gallicano di Roma la vitiligine risulta esser trattata con ottimi risultati;
in tutto il Lazio non esiste alcuna struttura in grado di erogare le prestazioni offerte dal servizio di fototerapia dell'istituto San Gallicano di Roma;
nell'estate del 1998 il trasferimento delle apparecchiature per fototerapia dal Servizio di radiologia nei locali da adibire alla fototerapia ha consentito un notevole incremento del numero delle prestazioni erogate;
nel corso degli anni 1998 e 1999 l'attività di cura della vitiligine è stata ulteriormente incrementata grazie all'acquisto di nuove apparecchiature;
a seguito di interviste televisive e di articoli di stampa, sono giunte al Servizio di fototerapia dell'istituto San Gallicano di Roma, centinaia di richieste da tutta Italia da parte di cittadini a cui necessita il trattamento fototerapico per la cura della vitiligine;
attualmente vi sono circa 1.000 pazienti in lista d'attesa;
presso strutture private, la cura della vitiligine costa 50 mila lire per ogni trenta secondi di esposizione, mentre al San Gallicano, pagando un ticket di 17 mila lire, si ha diritto a sei sedute;


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per ragioni tecniche e di carenza di personale, la suddetta struttura non è però in grado di soddisfare celermente tutte le richieste di cura;
ad assicurare il servizio esiste un solo medico di ruolo a cui, recentemente, è stato affiancato un collaboratore medico a contratto;
i simulatori solari in dotazione al Servizio di fototerapia vengono utilizzati pochissimo a causa della mancanza di personale infermieristico e del fatto che l'amministrazione, nonostante le ripetute sollecitazioni, non ha ancora deliberato una tariffa da applicare alle indagini effettuate con simulatore solare;
l'aumento a dismisura delle richieste di prestazioni di fototerapia fa sì che l'esiguo personale del servizio si trovi a fronteggiare situazioni di carico di lavoro molto pesanti finendo così oggetto di rimostranze e del risentimento da parte dell'utenza, a volta anche con spiacevoli conseguenze -:
se non ritenga necessario dotare il Servizio di fototerapia dell'istituto San Gallicano di Roma di ulteriori spazi e maggiore personale, sia medico che infermieristico, considerato che il crescente numero di prestazioni richieste dai cittadini non farebbe gravare oneri sul bilancio dell'amministrazione.
(4-29585)

Risposta. - In merito ai quesiti concernenti l'Istituto San Gallicano si precisa, anzi tutto, che durante l'ultimo biennio l'attività del Servizio di Fototerapia è aumentata da 243 prestazioni nel periodo gennaio-dicembre 1998 a 740 prestazioni nel periodo gennaio-aprile 2000, anche grazie alla attivazione di due aperture pomeridiane.
L'attuale organico dell'Istituto non consente il trasferimento presso il Servizio di Fototerapia di altro personale se non a discapito degli altri servizi.
La nuova dotazione organica deliberata dall'Amministrazione degli Istituti Fisioterapici Ospedalieri (IFO), di cui il San Gallicano fa parte, prevede una Struttura Semplice Operativa di Fotobiologia, con n. 2 Dirigenti Medici ed un incremento del personale infermieristico rispetto all'attuale.
L'assunzione di nuovo personale comporterebbe, comunque, un aggravio sui capitoli di Spesa Corrente per l'Amministrazione.
Con i fondi disponibili sui capitoli di Conto Capitale 1998 è stato previsto il potenziamento tecnologico del Servizio, tramite l'acquisizione di una apparecchiatura per fototerapia UVA, mentre è in via di acquisizione una apparecchiatura per fototerapia TL01.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

PAOLO RUBINO. - Ai Ministri per la funzione pubblica e gli affari regionali e dell'interno. - Per sapere È premesso che:
i signori Baccaro Leonardantonio, Di Maggio Leonardo, Mele Maria Carmela, Ligorio Alfredo, Padula Maria Antonietta, Greco Giuseppe, Matera Pietro, Innone Angelo e Antonante Francesco prestarono servizio fino al 30 settembre 1982 quali dipendenti dell'Anap (Associazione nazionale addestramento professionale), ente privato convenzionato con la regione Puglia per le attività di formazione professionale finanziate dalla stessa regione;
alla fine dell'anno scolastico 1981-1982, l'Anap ebbe a cessare la fruizione dei finanziamenti regionali e, pertanto, sospese l'attività, chiedendo che il proprio personale, rimasto inutilizzato, venisse ammesso al trattamento previsto dalla legge della regione Puglia 17 ottobre 1978, n. 54, concernente la formazione professionale e, in particolare, dall'articolo 27, «Mobilità del personale»;
tale articolo dispone che il personale docente e non docente impiegato nelle strutture pubbliche della formazione professionale «è soggetto alla mobilità occupazionale nell'ambito dei centri degli enti gestori o dei centri convenzionati», aggiungendo che «la mobilità del personale degli enti gestori è considerata come passaggio


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immediato e diretto da un'azienda all'altra, ai sensi dell'articolo 11 della legge 29 aprile 1949, n. 264»;
l'assessore regionale pugliese al lavoro ed alla formazione professionale, con atto n. 83 del 2 giugno 1983, dispose il trasferimento dei lavoratori Baccaro ed altri nell'organico del Crfp (Centro regionale di formazione professionale) di Taranto, ai sensi dell'articolo 27, comma 7, della legge regionale 54/1978, facendo obbligo all'amministrazione provinciale di Taranto di utilizzarli in relazione alle attività corsuali effettivamente realizzabili. Il provvedimento in parola fissava la data del 31 dicembre 1983 come termine finale delle attività da esso considerate;
scaduto tale termine, peraltro, intervennero nuovi provvedimenti dell'assessore regionale, i quali di tempo in tempo ebbero a prorogare il mantenimento in servizio degli interessati presso il Crfp di Taranto. Da ultimo, ciò venne fatto con il decreto 18 febbraio 1986, n. 29;
con propria deliberazione n. 1 in data 25 luglio 1996, il commissario ad acta, a seguito di ordinanza n. 970/1993 del 2 novembre 1993 del Consiglio di Stato, ebbe a stabilire la costituzione di un rapporto di lavoro qualificato di impiego pubblico non di ruolo a tempo indeterminato con i lavoratori in riferimento, a decorrere dall'1 gennaio 1986, procedendo all'inquadramento dei medesimi;
con propria deliberazione n. 1561 del 29 agosto 1996, la giunta provinciale di Taranto provvide ad approvare il programma di assunzione di personale, senza tenere conto della situazione di fatto e di diritto dei dodici lavoratori; infatti la relazione d'accompagnamento alla medesima delibera, così recita: «...il decreto-legge n. 409 del 5 agosto 1996, recante disposizioni in favore degli enti locali in materia di personale, con l'articolo 3, ha sostituito il comma 11 dell'articolo 3 della legge n. 537/1993 ed ha inserito l'articolo 11-bis, il quale, al 2 comma, stabilisce che gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie, di cui all'articolo 45 del decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992, rideterminata la propria dotazione organica, ai sensi del comma 11 e 11-bis dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, possono assumere personale nell'ambito dei posti vacanti, sempreché dispongano di idonee risorse finanziarie... Questo ente (la provincia di Taranto), con provvedimento del consiglio provinciale n. 29 del 7 marzo 1995, ha rideterminato la propria dotazione organica... ciò posto, a norma delle vigenti disposizioni legislative, si può procedere ad assunzioni di personale nell'ambito dei posti vacanti di organico ed in rapporto alle risorse finanziarie dichiarate disponibili... Prima di disporre l'avvio delle procedure di assunzione, occorre tenere presente le disposizioni contenute nell'articolo 2 del decreto-legge n. 309 del 3 giugno 1996 in materia di mobilità»;
nella stessa relazione, inoltre, il responsabile del procedimento istruttorio così conclude: «...allo stato, sono presenti n. 12 unità provenienti dalla ex Anap, destinati presso questo ente, per effetto di sentenza del Consiglio di Stato n. 970/1993, la cui posizione giuridica ed economica deve essere valutata e configurata nell'ordinamento del personale dipendente dell'amministrazione»;
con deliberazione della giunta provinciale di Taranto n. 2301 del 23 dicembre 1996, venne disposto l'inquadramento giuridico ed economico, a decorrere dal 1 gennaio 1986 dei lavoratori Baccaro ed altri;
con propria deliberazione n. 69 del 7 febbraio 1997, la giunta provinciale di Taranto ebbe a ritenere risolto il rapporto di lavoro con i predetti lavoratori, sebbene, nella fattispecie, fosse maturato il principio della non licenziabilità per effetto del superamento della soglia dei centottanta giorni lavorativi, e, nella stessa seduta, con provvedimento n. 94, provvide a bandire concorsi pubblici per complessivi trentasei posti;
tale ultima decisione appare in contrasto con l'articolo 32 - commi 1, 2 e 3


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- del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che dispone che «...i dipendenti appartenenti a qualifiche o professionalità che presentino esubero sono assoggettati a mobilità con trasferimento a domanda o d'ufficio, privilegiando la mobilità all'interno dello stesso comparto di contrattazione. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui ai commi 1, 2, e 3 non possono assumere nuovo personale...»;
se è vero che è venuta a cessare l'attività formativa corsuale, è anche vero che i posti vacanti, risultanti dalle tabelle allegate alla delibera della giunta provinciale n. 2301/1996, possono essere coperti mediante l'istituto della mobilità da applicarsi in favore dei lavoratori Baccaro ed altri in virtù del dettato legislativo surriportato e tenuto conto delle disponibilità finanziarie della stessa amministrazione provinciale di Taranto;
tale provvedimento appare ingiusto oltre che discriminatorio in quanto va a compromettere in maniera irrimediabile la situazione di ben dodici famiglie, peraltro, tutte monoreddito le quali, con il licenziamento di tali lavoratori, si troverebbero prive di alcun sostegno economico;
in un momento nel quale il Governo è impegnato fortemente nella creazione di strumenti atti ad alleviare il fenomeno disoccupazionale, appare quantomeno assurdo il comportamento dell'amministrazione provinciale di Taranto che non sente il dovere morale di salvaguardare il posto di lavoro a coloro che, con tanti sacrifici, sono riusciti a conquistarlo -:
quali provvedimenti intendano adottare in ordine a provvedimenti iniqui, ingiusti e contrastanti posti in essere dall'amministrazione provinciale di Taranto a danno di dodici lavoratori e se non ritengano di attivare tutti gli strumenti necessari per porre gli stessi lavoratori licenziati nella condizione di provvedere al sostentamento delle proprie famiglie; l'interrogante non può esimersi dall'evidenziare che i cittadini si aspettano molto da questo Governo in termini di giustizia ed equità sociale, specie in questo particolare momento in cui, se è difficile reperire nuovi posti, appare indispensabile porre in essere provvedimenti finalizzati alla tutela dei posti ai lavoratori che onestamente sono riusciti a guadagnarseli.
(4-09080)

Risposta. - In merito all'atto parlamentare indicato, concernente l'assunzione di 12 dipendenti dell'ANAP (Associazione Nazionale Addestramento Professionale -Ente privato con la regione Puglia) da parte dell'amministrazione provinciale di Taranto, e il loro successivo licenziamento deliberato con provvedimento di Giunta provinciale di Taranto n. 69 del 07 febbraio 1997, si comunica che quest'ultima amministrazione, ha stipulato, con i lavoratori interessati, un atto di transazione innanzi al giudice del Lavoro, Dott. Magazzino, in data 15 marzo 2000, a seguito della delibera di Giunta provinciale n. 467 del 23 dicembre 1999.
Ai dipendenti è stato riconosciuto sia il periodo non di ruolo, sia l'inserimento nel ruolo a far data dall'01 giugno 1996 per un gruppo e dall'01 febbraio 1997 per l'altro gruppo.
La controversia in questione è stata definitivamente risolta, in quanto i predetti lavoratori sono stati assunti dalla Provincia, quali dipendenti di ruolo a tempo indeterminato.
Il Dirigente del Servizio Gestione e Amministrazione del Personale della provincia di Taranto ha provveduto infatti, con determina n. 192 del 11 maggio 2000, ad inquadrare il personale ex ANAP nel ruolo dell'Ente e a liquidare, con provvedimento n. 235 del 18 settembre 2000, le somme spettanti ai dipendenti interessati.
Il Ministro per gli affari regionali: Agazio Loiero.

RUZZANTE. - Ai Ministri dell'interno, delle finanze, per la solidarietà sociale e dell'industria, commercio e artigianato. - Per sapere - premesso che:
la legge 25 agosto 1991, n. 287 contiene disposizioni che modificano e aggiornano la disciplina che regola l'attività dei pubblici esercizi;


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il comma 1 dell'articolo 1 stabilisce che tale legge riguarda «le attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande»;
il decreto interministeriale di attuazione della legge n. 287 del 1991 (Ministero dell'industria, del commercio, dell'artigianato, dell'interno e della sanità), in corso di emanazione, sembra allargare l'ambito di applicazione della legge anche ai circoli ricreativi con finalità associazionistiche, aperti di norma soltanto ai soci (circoli Arci, Acli, AICS, oratori, eccetera);
tale norma determinerebbe enormi difficoltà per migliaia di circoli associativi, che non sarebbero in grado di adeguarsi ai requisiti richiesti e che sarebbero costretti a chiudere la propria attività;
in un incontro tra i rappresentanti nazionali delle Acli e dell'Arci e il sottosegretario per l'interno, nel quale i primi hanno illustrato le conseguenze drammatiche che l'approvazione del decreto comporterebbe, il sottosegretario si è dimostrato sensibile di fronte alle preoccupazioni espresse dalle associazioni -:
se non ritengano che l'interpretazione corretta della legge n. 278 del 1991 implichi la limitazione del suo ambito di applicazione alla disciplina delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, escludendo quindi le strutture associazionistiche con finalità assistenziali;
se intenda quindi accogliere le proposte di modifica delle sopra citate associazioni;
quali provvedimenti intenda altrimenti adottare per rimediare a tale situazione e per salvaguardare il diritto all'associazionismo nel nostro paese.
(4-10644)

Risposta. - Si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In merito all'interrogazione parlamentare indicata, relativa all'emanando regolamento di esecuzione della legge 25 agosto 1991, n. 287 concernente «Aggiornamento della normativa sull'insediamento e l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande», si fa presente quanto segue.
L'articolo 3, comma 1, della legge 287/91, sottopone ad autorizzazione comunale l'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nel rispetto dei criteri e dei limiti numerici determinati ai sensi del successivo comma 4 ed a condizione che il richiedente sia iscritto nel registro degli esercenti il commercio (REC).
Il medesimo articolo 3, al comma 6, sottopone ad autorizzazione comunale anche l'attività di somministrazione svolta nei confronti di cerchie determinate di soggetti.
In particolare, l'articolo 3, comma 6, lettera
e), sottopone ad autorizzazione l'attività esercitata «nelle mense aziendali negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno».
La scelta del legislatore di inserire nella normativa in discorso anche le tipologie sopra descritte corrisponde all'esigenza di porre un freno al diffondersi, senza limiti, di esercizi che, con il pretesto di offrire il proprio servizio solo a cerchie delimitate di persone, di fatto svolgono una normale attività di somministrazione subordinando l'accesso al locale solo al rispetto di alcune formalità facilmente superabili.
In relazione a ciò il Ministero dell'industria in occasione della redazione del regolamento di esecuzione della legge n. 287/91 (il cui procedimento è tuttora
in itinere) ha predisposto una norma che prende in esame le tipologie previste nell'articolo 3, comma 6, e, conseguentemente, disciplina la somministrazione di alimenti e bevande effettuata nell'ambito dei circoli ricreativi con finalità associazionistiche.
Al riguardo si precisa che è prevista una distinzione fra gli enti le cui finalità sono riconosciute dal Ministero dell'interno e che hanno determinati requisiti (che sono gli enti che la legge 287 sottopone al rilascio dell'autorizzazione comunale sganciata dai parametri numerici) e tutti gli altri.
L'attività svolta dai primi sarà sottoposta anche ad iscrizione al REC nel caso in cui


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la gestione del servizio sia affidata a terzi che la gestiscano in forma imprenditoriale.
Invece, nel caso in cui la somministrazione venga svolta da parte di associazioni non aderenti agli enti assistenziali riconosciuti dal Ministero dell'interno, la bozza di regolamento sancisce la necessità del rispetto del regime normativo previsto dall'articolo 3, comma 1, della legge, cioè del rilascio dell'autorizzazione nel rispetto dei criteri e dei parametri numerici che, come precisato, presuppone l'iscrizione al REC.
Quello su esposto è sembrato l'unico sistema che la normativa attuale offre per gestire il fenomeno in discorso, tutelare gli operatori che di fatto svolgono la medesima attività e dare maggiori garanzie agli utenti consumatori.
Si precisa, infine, che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Nucleo per la semplificazione dei procedimenti - ha predisposto un provvedimento avente ad oggetto «Schema di Regolamento per la semplificazione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati».
Detto provvedimento, per il quale è previsto l'esame della Conferenza Unificata
ex articolo 8 della legge n. 281 del 28 agosto 1997, è del tutto in linea con quanto previsto nello schema di decreto ministeriale recante il regolamento di attuazione della legge 287/91 e del quale si è sopra brevemente illustrato il contenuto.
Si precisa, infine, che il provvedimento medesimo è stato sottoposto all'esame di tutte le amministrazioni interessate, tra le quali il Ministero dell'industria ed il Ministero dell'interno, che stanno collaborando concordemente alla stesura finale del provvedimento stesso.
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero: Enrico Letta.

SAIA. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la specialità medicinale Vasosuprina è largamente prescritta dagli specialisti ostetrico-ginecologi, per il trattamento di alcune forme di minaccia d'aborto e viene prescritto, anche ad alcune gestanti per cercare di evitare parti prematuri;
in questi casi l'uso della Vasosuprina non ha alternative;
vista l'importanza delle condizioni patologiche nelle quali il farmaco viene usato non si capisce per quale motivo tale farmaco sia collocato nella fascia C del prontuario farmaceutico nazionale, quindi a totale carico delle donne che hanno bisogno di tali cure;
la collocazione, in fascia C, tra l'altro, ha comportato la lievitazione del prezzo del farmaco che, proprio per il fatto di trovarsi in tale collocazione, non è sufficientemente calmierato e controllato dallo Stato -:
per quale motivo il farmaco Vasosuprina non è rimborsato dal servizio sanitario nazionale anche se con l'indicazione limitata soltanto alle minacce d'aborto e/o di parto prematuro;
se non si ritenga opportuno, per i motivi suesposti, riclassificarlo nella fascia A del prontuario terapeutico nazionale sì da consentirne la dispensazione gratuita alle gestanti che ne hanno necessità.
(4-31664)

Risposta. - In merito ai quesiti contenuti nell'interrogazione parlamentare indicata, occorre precisare che le confezioni del farmaco «Vasosuprina» sono inserite tra le specialità medicinali non mutuabili (classe «C» di cui alla Legge n. 537/93, articolo 8, a totale carico dell'assistito e a prezzo libero), per cui il loro eventuale trasferimento dalla classe «C» delineata nella Legge n. 537/93 alla classe «A», a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, può avvenire soltanto in seguito ad esplicita richiesta in tal senso formulata dall'azienda produttrice, che a tutt'oggi non risulta essere stata presentata.
L'inserimento della categoria omogenea relativa al farmaco nelle fasce di rimborsabilità e l'eventuale convocazione dell'azienda


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per la discussione sulla disponibilità alla riclassificazione del farmaco verranno comunque portati all'attenzione della «Sottocommissione CUF-Prezzi», che valuterà se il problema sia di rilevanza tale da dove interessare la stessa Commissione Unica del Farmaco nella propria collegialità.
Riguardo al controllo dei prezzi delle specialità non mutuabili come il «Vasosuprina», la normativa vigente prevede il prezzo libero in aderenza a quella europea: la legge 27 dicembre 1997 n. 449, tuttavia, pur non modificando lo status di prodotto soggetto a libero mercato del farmaco non mutuabile, ha posto dei termini precisi sui cambiamenti di prezzo, stabilendo che questi possano intervenire «...esclusivamente a decorrere dalla comunicazione degli stessi a Ministero della sanità e al CIPE e con frequenza annuale» (articolo 36, comma 12), e prevedendo la possibilità per il Ministero della sanità di contestare alle aziende aumenti «ingiustificati».
Nel corso degli ultimi cinque anni l'aumento medio annuo delle confezioni di «Vasosuprina» è stato del 3,95 per cento, superiore al tasso di inflazione, ma di gran lunga inferiore quanto stabilito dall'unico atto che fissi dei limiti nelle dinamiche di variazione dei prezzi de farmaci «C», ovvero quel codice di autoregolamentazione dei prezzi stilato dalle associazioni dei produttori di farmaci e poi annullato dall'intervento dell'Autorità Garante per la Concorrenza.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

SAPONARA. - Al Ministro dei beni culturali ed ambientali. - Per sapere - premesso che:
a Roma, in Vicolo dell'Atleta n. 13/15, nel cuore dell'antico quartiere di Trastevere, il Ministro della pubblica istruzione con decreto modello 41 delle Antichità e Belle Arti, protocollo 203209 notificato in data 11 agosto 1966, ha posto il vincolo ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, sulla «Casa nel suo complesso, con tutti i suoi elementi decorativi», segnata in catasto al n. 182, foglio 498, confinante con i nn. 180-181-183;
l'immobile, come recita il suddetto decreto, «ha interesse particolarmente importante ai sensi della legge n. 1089 perché rarissimo e tipico esempio di architettura civile di epoca medioevale (sec. XIII) dalla bella e caratteristica muratura in mattoni, con archi della loggia, archetti romanici su cornicione, portale ed altri elementi strutturali e decorativi, sia all'interno che all'esterno, di severa e fine fattura storicamente notevole per essere stata la più antica Sinagoga di Roma»; tanto che il sito è stato descritto, fotografato e studiato in pubblicazioni, volumi di storia e pellicole cinematografiche (ad esempio nel film «In nome del Papa Re» con Alberto Sordi);
nel luogo dell'edificio fu scoperta nel 1844 la statua dell'Atleta, detta Apoxiomenos (dal greco: che si pulisce, che si raschia, con lo strigile, l'olio di cui si era spalmato il corpo) che è una copia di un originale in bronzo dello scultore Lisippo (IV secolo a.C.) e che era collocata davanti alle Terme di Agrippa, costruite nei pressi del Pantheon; la statua si trova ora nei Musei Vaticani. L'Apoxiomenos non è stato il solo reperto apparso durante i lavori per la sottofondazione di una casa adibita a fornace ai nn. 13-15 del Vicolo dell'Atleta poiché si rinvennero, a suo tempo, un ambiente con pareti dipinte e nicchie, alcune parti di statue bronzee e di un cavallo
%ritenuto un originale greco dell'età classica, facente parte di un monumento equestre eseguito su incarico di Alessandro Magno per onorare i capitani morti nella battaglia di Granico. Quest'opera d'arte fu portata a Roma nel Portico d'Ottavia da Q. Cecilio Metello Macedonico, ed attualmente è conservata nei Musei Capitolini. Inoltre, nel piano interrato dell'edificio, su uno spazio esteso (complessivamente oltre 150 metri) sussistono ancora elementi anche strutturali della più antica Sinagoga di


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Roma, fondata dal lessicografo Nathan Ben Iechel (1035-1106); fra gli altri quello che doveva essere il «Mikveh», il «bagno di acqua pura», il pozzo lustrale;
a partire dal 1990 in Vicolo dell'Atleta 13/15, angolo con via dei Genovesi 31 a e b, cioè esattamente negli storici luoghi sopra descritti, si svolgono con contratti di locazione a successivi gestori, continuativamente attività di esercizio pubblico, quali piano Bar, dance, D.J., ristorante; attività tranquillamente pubblicizzate sui mezzi di informazione;
a contrastare nell'arco degli anni 1990/1998 la situazione di cui sopra, sono stata esperita una serie impressionante di atti legali, diffide, procedimenti in sede penale, civile ed amministrativa. Il dato di fatto è che attualmente, a prescindere dal vincolo della Sovraintendenza, quello che si può scandalosamente vedere dalle porte (o meglio dal portale di cui al decreto protocollo 203209) dell'esercizio pubblico è lo spettacolo dell'interno del ristorante, delle grandi cucine in funzione e delle loro attrezzature. Questo è in concreto quanto è avvenuto a seguito della prescrizione di cui alla lettera protocollo 4500 del 27 settembre 1992 della Sovraintendenza per i beni culturali di Roma e Lazio che È in oggetto È autorizzava «lo svolgimento di attività proprie di un Centro Culturale per incontri musicali e letterari, mostre d'arte, eccetera, con artisti contemporanei» raccomandando «lo specifico assunto culturale delle attività programmate che appaiono le uniche compatibili con il decoro, la memoria storica e il significato dei locali stessi» -:
se non ritenga di porre rimedio a quanto esposto, facendosi carico di richiamare tempestivamente l'attenzione degli uffici e delle amministrazioni competenti (a partire dalla Sovraintendenza archeologica e di quella per i beni architettonici e artistici) sulla necessità di ovviare ad eventuali improprietà trascorse, con l'uso delle procedure e di tutti gli strumenti giuridici di cui si può disporre al fine di porre termine con efficace impegno e finché si è in tempo a questa autentica vergogna.
(4-20044)

Risposta. - A seguito dell'interrogazione parlamentare presentata dall'interrogante sono state immediatamente attivate la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici e quella archeologica di Roma.
Quest'ultima ha comunicato che, dopo un'attenta valutazione della documentazione d'archivio ed in seguito ad una serie di sopralluoghi nell'immobile sito in vicolo dell'Atleta 13/15, vincolato con decreto ministeriale 16 agosto 1966, si è rilevata nei piani cantinati la presenza di murature antiche attribuibili a vari edifici di epoche diverse e di rilevante valore scientifico.
In relazione a tali locali cantinati si è potuto appurare che l'uso attuale degli stessi, non adibiti alla ristorazione, non lede le strutture antiche fermo restando che è in atto l'istruttoria per l'apposizione del vincolo diretto sui manufatti archeologici ai sensi del decreto legislativo 490 del 29 ottobre 1999, artt. 2-6-8.
Per quanto riguarda infine uno dei punti centrali della questione, inerente la verifica dell'attività che si svolge effettivamente nei locali in argomento, tale controllo è stato demandato, in via preliminare, ai competenti uffici della polizia municipale.
Tale controllo e verifica si rileva prioritario in quanto la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici aveva autorizzato l'esercizio di attività proprie di un centro culturale per incontri musicali e letterari e per mostre d'arte di artisti contemporanei.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giovanna Melandri.

SBARBATI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
risulta che le commissioni mediche alle quali è demandato il compito di valutare le condizioni fisiche di coloro che chiedono di accedere ai benefici previsti per gli invalidi civili inviano copia del verbale di visita collegiale, contenente l'esito delle visite stesse, alle associazioni


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che a loro volta invitano gli invalidi presso i loro uffici anche al fine di produrre un ricorso contro la percentuale di invalidità ottenuta;
ciò rischia di delegittimare alcune associazioni a vantaggio di quelle che ricevono tali notizie che invece devono essere tutelate -:
se non intenda verificare se tali comportamenti sono veramente posti in essere e se non ritenga di emanare una circolare in materia a tutela della privacy dei cittadini disabili.
(4-27207)

Risposta. - Ai sensi della legge 30 marzo 1971, n. 118, concernente nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili, la Commissione Sanitaria Provinciale per l'accertamento dell'invalidità civile è tenuta a comunicare all'A.N.M.I.C. (Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili) gli elenchi dei nominativi dei mutilati ed invalidi civili che hanno diritto alla pensione di inabilità.
Tale Associazione è stata istituita con personalità giuridica con la legge 23 aprile 1965, n. 458, ed ha, per statuto, finalità di assistenza morale e materiale della categoria dei mutilati ed invalidi civili.
L'A.N.M.I.C. è stata successivamente trasformata in ente morale con il decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, conservando i compiti di rappresentanza e tutela degli interessi morali ed economici della categoria di persone indicata, presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti che hanno per scopo l'educazione, il lavoro e l'assistenza ai mutilati stessi, previsti dalle norme vigenti.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.