Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 632 dell'1/12/1999
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(Presunte irregolarità in relazione ad indagini svolte dalla procura di Palermo)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Mancuso n. 3-04730 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).
L'onorevole Mancuso ha facoltà di illustrarla.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, sono ansioso quanto il signor ministro di avere una risposta che possa smentire il caso che ho ipotizzato, ossia che un magistrato della procura della Repubblica di Palermo, Scarpinato, abbia venduto ad un proprio indagato un immobile di proprietà sua e di altri familiari ad un prezzo esorbitante; in realtà, anche se il prezzo fosse stato nummo uno, la cessione avrebbe ugualmente rappresentato uno scandalo. Spero che la sua risposta possa dissipare quanto nel mio animo di cittadino, di parlamentare e di ex magistrato si è insinuato a turbarlo attraverso questa notizia, cioè che la gloriosa procura della Repubblica di Palermo abbia fra i suoi paladini un magistrato capace di tanto.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mancuso.
Il ministro della giustizia ha facoltà di rispondere.

OLIVIERO DILIBERTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevole Mancuso, dalla documentazione acquisita dal procuratore generale, dal procuratore della Repubblica di Palermo, nonché dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta, emerge in primo luogo che il dottor Scarpinato era nudo comproprietario per un sesto indiviso di un immobile a Sciacca pervenutogli in eredità dalla madre nel 1992. La decisione di vendere l'immobile fu assunta nel 1996 ad iniziativa degli altri comproprietari che sino ad allora ne avevano avuto effettiva disponibilità. Alla vendita per 690 milioni si provvide tramite una delle agenzie originariamente incaricate. Il dottor Scarpinato non partecipò alle trattative, ma alla stipula dell'atto, ovviamente, avvenuta nell'agosto 1996. Ad acquistare l'immobile fu la società Cesa di Di Grado Rosaria, moglie di Salvatore Fauci, già indagato in un procedimento instaurato a seguito di una informativa dei carabinieri del 1991 e alla trattazione del quale il dottor Scarpinato era stato designato nel maggio del 1992 con altri sette componenti del cosiddetto pool antimafia. Per il Fauci, come per altri venti dei complessivi ventisette indagati,


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fu chiesta l'archiviazione il 13 luglio 1992 con provvedimento a firma del procuratore Giammanco, del dottor Lo Forte e dello stesso Scarpinato. La richiesta fu accolta dal GIP il successivo 14 agosto.
Dagli atti trasmessi non risulta in alcun modo che il dottor Scarpinato sapesse che la signora Di Grado era moglie di quel Salvatore Fauci da lui indagato ben quattro anni prima dell'atto di vendita e nell'ambito di un procedimento estremamente complesso trattato insieme ad altri colleghi.
Dalla lettura degli atti, peraltro, non risulta che l'informativa dei carabinieri facesse riferimento ai congiunti o alla moglie del Fauci o che tale riferimento potesse essere dedotto dalle schede predisposte dagli stessi carabinieri.
Le affermazioni riportate dalle agenzie di stampa cui lei fa riferimento, sul rapporto tra l'indagine del 1991-1992 e la vendita dell'immobile del 1996, sono perciò prive di riscontro così come errate, in questo caso, sono le indicazioni della stessa agenzia relative alle presunte implicazioni di Salvatore Fauci nei procedimenti «Avana 1 e 2». Di questi procedimenti, in primo luogo, non si occupò il dottor Scarpinato, ma sua moglie, la dottoressa Principato, ma quel che più importa, il Fauci Salvatore, marito della Di Grado, non fu in esso mai coinvolto perché nel corso del procedimento stesso furono, infatti, disposte intercettazioni telefoniche ambientali che riguardarono persone rispondenti al cognome Fauci, ma Fauci Leonardo, Lorenzo e Antonino, nessuna delle quali era imparentata con il Salvatore Fauci suddetto. Dunque, nessun addebito di carattere deontologico e funzionale sembra poter essere rivolto al dottor Scarpinato. Peraltro ho provveduto a richiedere informazioni, come dicevo, anche alla procura di Caltanissetta. Questa ha riferito che non esistono indagini aventi ad oggetto il tema dell'interrogazione né alcun organo di polizia ha trasmesso comunicazione di notizia di reato attinente.
Il procuratore di Caltanissetta ha, anzi, precisato che dall'esame del testo dell'interrogazione e dallo stesso articolo di stampa non è dato individuare la precisa notizia di reato. Ha infine ricordato che non gli risulta che il collaboratore di giustizia Angelo Siino, approfonditamente interrogato negli anni scorsi, abbia mai (cito testualmente dalla risposta del procuratore di Caltanissetta) rilevato circostanze di fatto direttamente o indirettamente riconducibili al tema oggetto dell'interrogazione parlamentare.
Colgo l'occasione, onorevole Mancuso, per scusarmi per non aver potuto rispondere la settimana scorsa per una indisposizione sanitaria.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole ministro. L'onorevole Mancuso ha facoltà di replicare.

FILIPPO MANCUSO. Signor ministro, bentornato nel mondo dei sani, ma non nel mondo della verità. Non avevamo affatto parlato, nell'interrogazione, di intercettazioni o di indagini che non riguardassero i fratelli Fauci, uno dei quali è il marito della signora che ha stipulato l'atto con la famiglia Scarpinato. Sgombriamo, dunque, da questi fumogeni fastidiosi il caso nudo e crudo.
Il caso nudo e crudo è questo: che il dottor Scarpinato ha venduto alla società che era rappresentata dalla signora Di Grado, moglie del Fauci, un immobile della propria famiglia. Lo ha venduto per la somma esorbitante di quasi 700 milioni, quando ne valeva 300. Un immobile in Sciacca che oggi è assolutamente abbandonato e da nessuno frequentato. E il signor Fauci era ben noto - lui - allo Scarpinato, perché quest'ultimo, nel 1992, ne aveva chiesto il proscioglimento con il provvedimento che qui vi mostro. Soprattutto, nel 1996, anno della compravendita, con questa relazione che vi sto facendo vedere, egli, il dottor Scarpinato, aveva dato atto - mentre gli vendeva l'immobile a caro prezzo - che il Fauci, il suo compratore o comunque il marito della sua acquirente era un mafioso indagato!


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Quella che vi sto mostrando è la relazione della procura della Repubblica di Palermo, firmata anche da Scarpinato, che documenta, anzi, come dire, confessa (data la situazione) che il compratore o il marito della compratrice del pubblico ministero Scarpinato era un mafioso legato ai Siino, braccio destro del famoso Siino!
Mentre sussisteva tutto questo, il dottor Scarpinato si elevava agli onori degli altari dell'antimafia, con un piglio che è ancora più grave dal punto di vista antropologico che da quello morale: un'indegnità comunque, in ogni caso (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,30 con lo svolgimento di interpellanze ed interrogazioni.

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