Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 507 del 18/3/1999
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(Provvedimento di allontanamento dei figli minorenni dei coniugi Covezzi da parte del tribunale dei minori di Bologna)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Giovanardi n. 2-01688 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
L'onorevole Giovanardi ha facoltà di illustrarla.

CARLO GIOVANARDI. Presidente, rinuncio ad illustrarla.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia ha facoltà di rispondere.

FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Ritengo di dover preliminarmente sottolineare che siamo di fronte ad una vicenda estremamente delicata, che vede coinvolti bambini quali possibili o probabili vittime di abusi sessuali, in relazione alla quale mi pare occorra un atteggiamento dettato dal massimo di sensibilità possibile. È anche doverosa, a mio parere, la massima riservatezza. Ciò spiega perché userò le sole iniziali delle persone coinvolte. Suggerirei peraltro la correzione degli atti parlamentari con l'eliminazione dei nomi dei genitori dei bambini dal testo dell'atto ispettivo.
In merito alla vicenda, sulla base degli elementi acquisiti dai competenti uffici, riferisco quanto segue. Con nota in data 10 marzo 1999 la procura della Repubblica presso il tribunale di Modena ha rappresentato che il procedimento penale relativo ai fatti ai quali si fa riferimento nell'interpellanza, iscritto al n. 1381/97, si è recentemente concluso con la richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio di più imputati per i reati di sequestro di persona ed atti sessuali commessi in danno di minori di anni dieci (articoli 110, 605, 609-quater, ultimo comma, del codice penale).
L'udienza preliminare è fissata per il 31 marzo 1999. Il procedimento ebbe inizio a seguito delle dichiarazioni rese da una delle persone offese, che chiamerò M.M., di nove anni, agli psicologi della ASL di Modena. La bambina affermò che lei ed altri bambini venivano sottoposti a pratiche orgiastiche, anche con contenuti macabri di tipo satanico, da un gruppo di adulti. Tra questi ultimi vi erano i suoi due genitori, i fratelli di suo padre e suo nonno.
Secondo le dichiarazioni di M.M. anche i quattro fratellini ai quali si riferiscono gli interpellanti avevano partecipato a tali pratiche abusive. I quattro fratellini sono i cugini di M.M., poiché la madre degli stessi è la sorella del padre di M.M.
Tali dichiarazioni furono poi confermate al pubblico ministero ed al GIP in sede di incidente probatorio. Il predetto ufficio giudiziario ha riferito che anche i quattro fratellini sono stati visitati da medici legali. Tali visite hanno accertato l'esistenza di tracce di abusi sessuali, peraltro di entità gravissime in relazione alla maggiore dei quattro fratelli.
I genitori sono stati convocati due volte dal pubblico ministero ed esaminati come persone informate sui fatti; la seconda


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volta sono stati anche informati circa l'esito delle visite mediche che ho ricordato.
Quanto alla perquisizione domiciliare, fu disposta dall'ufficio giudiziario che ho ricordato per la ricerca di eventuali prove dei reati per i quali si procedeva.
Con la nota del 10 marzo che ho ricordato la procura della Repubblica ha precisato anche che la bambina M.M. aveva riferito che i due genitori dei quattro fratellini, a suo avviso, erano all'oscuro dei fatti, sicché fino ad allora non avevano mai assunto la qualità di persone sottoposte ad indagini. Nella stessa nota del 10 marzo si segnalava, però, che nell'ultima relazione dei servizi sociali si riferiva di dichiarazioni rese da uno dei quattro fratelli in ordine a fatti concernenti i genitori. Al riguardo, proprio in data 10 marzo, era pervenuta la relativa segnalazione che doveva ritenersi al momento coperta dal segreto investigativo.
Con nota in data 16 marzo, la predetta procura ha ulteriormente precisato che, in data 11 marzo 1999, cioè il giorno dopo la data della nota di cui abbiamo riferito, era stato ascoltato, come persona informata dei fatti, l'affidatario della più grande dei quattro fratelli, il quale aveva riferito che la bambina gli aveva confermato di aver subito abusi da parte delle persone già indagate, ma anche che sarebbe stata oggetto di violenze sessuali da parte del padre, con l'attiva complicità della madre. A quanto riferito dalla bambina, le violenze sarebbero avvenute anche in danno dei fratelli.
Con ulteriore nota del 17 marzo, cioè alla vigilia della giornata in cui rispondo all'interpellanza dell'onorevole Giovanardi, il predetto ufficio ha comunicato che il verbale relativo alle dichiarazioni rese dall'affidatario era stato versato negli atti del procedimento pendente dinanzi al GUP e che, quindi, era stato avviato un procedimento penale nei confronti dei genitori dei quattro fratelli.
Quanto al provvedimento con il quale il tribunale dei minori di Bologna ha sospeso la potestà dei genitori sui quattro fratellini, si rappresenta quanto segue. Dalla lettura della motivazione del decreto del 6 novembre 1998, trasmesso con nota in data 10 marzo scorso, emerge che il tribunale adottò tale provvedimento in via provvisoria, su richiesta del pubblico ministero, esclusivamente a tutela dei bambini in una situazione che, all'epoca, cioè prima dello svolgimento degli ultimi fatti che ho ricordato, era oggettivamente di difficile valutazione e vedeva coinvolte persone del nucleo familiare della madre, ma senza ipotesi di responsabilità dei genitori stessi.
Nel decreto, il tribunale sottolineava in particolare che, poiché appariva presumibilmente vero quanto affermato dalla minore M.M., anche se all'epoca i bambini non erano stati ancora sottoposti alle visite mediche e pur apparendo allo stato i genitori non coinvolti, essi quanto meno non si erano accorti di nulla e non avevano affatto percepito l'inevitabile stato di malessere dei bambini. Questi ultimi, a loro volta, non avevano evidentemente una relazione affettiva tale da far loro individuare lo svolgimento di un ruolo di protezione da parte dei genitori se, nell'ipotesi più favorevole ai genitori stessi, non avevano riferito nulla di quanto stavano subendo da parte di altri.
Nel predetto provvedimento, tra l'altro, il tribunale aggiungeva che il collocamento dei bambini in ambiente protetto doveva ritenersi finalizzato anche a comprendere meglio le esperienze vissute dai minori, oltre a rendere praticabili gli accertamenti medico-legali ed una approfondita indagine psicodiagnostica.
Con successiva nota dell'11 marzo, il presidente del tribunale precisava, poi, che il tribunale aveva ritenuto di dover attendere a procedere all'audizione diretta dei genitori sia per essere in possesso degli esiti delle indagini psicodiagnostiche demandate all'ASL, richieste già con il decreto citato, sia per poter comunicare loro più approfonditamente l'esito delle indagini penali. Infine, con nota del 18 marzo - cioè di oggi - è stato comunicato che nella camera di consiglio del 10 marzo, già in calendario, nell'ambito dell'attività


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istruttoria in corso è stata esaminata l'evoluzione della situazione di minori ed è stata fissata la convocazione dei genitori dinanzi al collegio per il 31 marzo prossimo. Ritengo opportuno, infine, un ulteriore chiarimento.
Nella seduta della Camera dell'11 marzo scorso l'onorevole Giovanardi ha accennato anche al rifiuto del presidente del tribunale di fornirgli telefonicamente informazioni sulla vicenda. Al riguardo sottolineo che con la nota in data 10 marzo - ricordata più volte - il presidente del tribunale ha trasmesso anche la nota a sua firma in data 3 marzo 1999 indirizzata al presidente della Corte d'appello e al Consiglio superiore della magistratura con la quale chiariva i motivi per i quali non aveva ritenuto di dare tali informazioni. In tale nota il presidente del tribunale rappresenta che, ricevuta la telefonata, aveva ritenuto di far presente che non si potevano dare notizie per telefono e che eventuali richieste avrebbero dovuto essere rivolte al tribunale per iscritto. Egli aveva anche precisato che l'accesso al fascicolo era garantito solo ai difensori degli interessati, genitori dei minori.
Assai sommessamente voglio ricordare che l'esito di tale vicenda non è definito. Inoltre, poiché per tutti deve valere la presunzione di innocenza ma soprattutto perché sono in gioco la vita e la prospettiva di vita di soggetti deboli - come indubbiamente sono i bambini in genere e, in particolare, quelli di cui ci occupiamo - ritengo si debba avere molto pudore nel mettere sotto la luce dei riflettori della polemica politica una vicenda umana che deve indurre a riflessioni anche più generali su delicate questioni. In molte occasioni, in nome dell'interesse dei bambini, vengono assunte decisioni che suscitano contrasti, polemiche se non, addirittura, ferite nella coscienza dei cittadini. Eppure nessuno sa dare una risposta al tema ineludibile di chi, al di fuori della magistratura, possa e debba assumere in alcuni casi decisioni spesso drammatiche. Questo credo sia uno dei punti di quelle riflessioni generali che richiamavo. Certamente il controllo giurisdizionale e i rimedi a scelte sbagliate sono previsti dall'ordinamento; resta il fatto, però, che spesso le vittime diventano due volte vittime. Concludendo, posso solo affermare che, nel trattare fatti di tale natura, occorrerebbe un alto tasso di umanità e una capacità di percezione dei danni che possono aggiungersi a quelli già realizzatisi.
Come l'onorevole Giovanardi, anch'io sono angosciato che la vita di quattro bambini e fratelli, da mesi separati, non sia - me lo auguro e credo che tutti ce lo auguriamo - irreparabilmente segnata. Ma questo pensiero non deve farci dimenticare i fatti tremendi che l'accusa ha ipotizzato.

PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, ancora più sommessamente di lei mi permetto di sottolineare alcune vicende collegate a questo caso che non voleva assurgere a caso politico perché sono intervenuto in seguito ad una lettera autografa di due genitori che mi hanno scritto in quanto parlamentare. Essi mi hanno segnalato il caso di un padre e di una madre - così era scritto nella lettera - che quattro mesi fa, il 12 novembre, alle 6 del mattino, hanno visto la polizia entrare in casa, sottrarre loro i quattro figli minori (dai quattro agli undici anni) che da quella data non hanno più visto. Sono passati quattro mesi e mezzo nei quali quei genitori non hanno più avuto occasione di vedere i loro figli! Sanno che sono stati divisi fra di loro, affidati a diverse famiglie e ad un istituto. In quella lettera mi segnalavano che non erano indagati loro personalmente, che non era stata ascritta loro alcuna responsabilità. Come ha detto il sottosegretario, una cuginetta dei bambini, di nove anni, aveva accusato il proprio padre e il proprio nonno di averla coinvolta in pratiche orgiastiche e di violenza carnale nei suoi confronti e aveva detto: «anche i miei cuginetti sono stati coinvolti in queste pratiche».


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Ho letto questa lettera e ho voluto capire come fosse possibile una vicenda di questo tipo. Sono andato fino in Emilia, perché naturalmente di queste cose i giornali locali hanno parlato tantissime volte; sono comparsi sui giornali nomi e cognomi dei protagonisti, non è una storia segreta, ma localmente ha avuto grande eco ed è stata approfondita e dibattuta. Ho incontrato questi genitori, ho incontrato il parroco di quel paese, un monsignore stimatissimo, sono entrato in contatto con l'ambiente parrocchiale, con le maestre e con gli scout; ebbene, tutto il paese ha solidarizzato con questi due genitori, perché né le maestre, né gli scout, né il parroco, né gli amici, nessuno si era accorto di nulla e nessuno sospettava delle violenze che sarebbero state commesse ai danni di questi minori; nessuno sospettava o aveva responsabilità da attribuire a questi due genitori, uno dei quali (la madre) insegna catechismo nella scuola parrocchiale, mentre il padre è uno stimato operaio.
Mi sono anche domandato perché due genitori scrivano a un parlamentare, chiedendo aiuto al fine di riavere i loro figli e mi sono detto che difficilmente una persona, se sa di avere responsabilità, vuole sfidare i servizi sociali, il tribunale dei minorenni; se ha qualcosa da nascondere, difficilmente vuole fare una battaglia aperta, chiedere aiuto apertamente. Su questo sono stato anche confortato - lo ripeto - da persone stimabili e autorevoli del luogo, che mi hanno detto di non credere assolutamente a nessuna responsabilità di questi genitori. Quando i giornali hanno cominciato a parlare della vicenda, che è diventata di pubblico dominio, e i servizi sociali hanno mandato al ministro la loro relazione (quella del 9 marzo, spedita il 10 marzo), il ministro Diliberto mi ha detto qui una settimana fa che erano arrivate le relazioni, che aveva bisogno di approfondirle e che mi avrebbe risposto oggi in maniera approfondita sulla questione.
Io ho letto questa relazione e pongo intanto qualche problema generale, che segnalo al sottosegretario. Non sapevo che fossero i servizi sociali a fare il processo, a svolgere le istruttorie. Nella relazione si spiega: «Ugualmente è stato spiegato ai genitori che si sarebbe mantenuto uno stretto contatto all'interno dell'équipe degli operatori, per consentire di lavorare sul sistema delle relazioni familiari ed in particolare di quelle fra i bambini e i loro genitori, portando materiale emerso dai colloqui con i bambini e i genitori e viceversa. A tal fine, le sedute con i genitori sono state effettuate con l'utilizzo di una telecamera a circuito chiuso, facente la funzione dello specchio unidirezionale, alla presenza almeno di una delle psicologhe dei bambini».
Quindi, mi sembra di capire che viene registrato quel che dicono i genitori, viene fatta vedere ai bambini la registrazione di quel che hanno detto i genitori e poi i genitori verrebbero messi a conoscenza di quel che dicono i bambini e di tutto quello che emerge. È chiaro che i bambini, in questi quattro lunghissimi mesi, sono stati sottoposti ripetutamente dai servizi sociali e dagli psicologi ad interrogatori, a domande, a sollecitazioni. Qui emergono certamente fatti inquietanti. Io non contesto l'indagine giudiziaria che era in corso, che ha portato all'arresto di quel padre e di quel nonno, sulla base delle dichiarazioni della cuginetta; era in corso un'indagine penale e la rispetto. Però, leggo nella relazione che: «di recente una delle bambine ha raccontato di essere stata accompagnata dal papà e dalla mamma a strane feste, dove c'erano persone travestite da pagliacci e da pinguini. La bimba dice di essersi spaventata molto e di non voler più tornare a queste feste. Ha spiegato all'educatrice che non aveva paura dei signori travestiti, ma degli animali (una lepre, un serpente, un gatto), perché venivano uccisi e li mangiavano. La bambina dice di non voler più tornare a casa e, messa di fronte al fatto che i suoi genitori dicono che non è vero che qualcuno le ha fatto del male, lei risponde che i suoi genitori hanno detto una bugia e che se li dovesse incontrare gli direbbe di smettere di far del male ai loro bambini e di picchiarli. Ultimamente ha


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aggiunto di aver molta paura di essere uccisa, ma di sentirsi protetta nel posto dove abita adesso». Questa era la festa dell'asilo, quella con le persone travestite. Certo, poi ci sono altri passaggi nei quali dicono che li invitavano a fare il gioco del bruco che era di due colori, giallo e rosa, e la bambina dice che quando faceva questo brutto gioco con i marocchini - che temeva molto - c'era sempre il nonno che voleva fare i giochi che a lei non piacevano. A questo punto l'educatrice le ha chiesto se il bruco fosse per caso il «pisellino» e Agnese avrebbe risposto di sì.
In quattro mesi, quindi, si è svolta una vera e propria azione dei servizi sociali, naturalmente senza contraddittorio, senza uno psicologo di parte diversa che potesse sollecitare i bambini a parlare. Ho letto tutte le relazioni del 10 marzo e ciò che mi ha colpito è che, in qualche modo, venisse confermata la versione della cuginetta, che aveva detto: «mio padre, mio nonno mi hanno coinvolto insieme con i cuginetti». La bambina non aveva mai detto che gli zii, le persone alle quali sono stati tolti quattro figli, erano a loro volta responsabili della violenza, non li aveva mai coinvolti.
Allora, cosa mi stupisce non poco? Premesso che al mondo è tutto possibile, desidero far rilevare un fatto: oggi, giovedì 18 marzo, il ministro Diliberto - o il Ministero degli affari sociali - avrebbe dovuto confermarmi un giudizio in merito alla questione, e proprio ieri, alle 18,30, i genitori dei quattro fratellini sono stati incriminati, è arrivato loro l'avviso di garanzia e sono diventati violentatori perché il pubblico ministero di Modena, sulla base della dichiarazione della più grande dei quattro bambini, che ha undici anni, ha detto che le violenze sono state opera dei genitori. Tutto ciò dodici ore prima della risposta del Governo in questa sede.
Apprendo, quindi, notizie inquietanti. Personalmente ho cercato di ragionare, non solo influenzato dall'ambiente che ho visitato e da una madre piangente con la quale ho parlato, nonché dalle persone vicine alla famiglia, e mi sono domandato se l'indagine non fosse stata costruita sin dall'inizio sulle dichiarazioni della cuginetta. Il padre di quet'ultima, che è stato arrestato, è il fratello della madre dei quattro fratellini, mentre il padre dei fratellini non è parente del violentatore. Ora, improvvisamente, si costruisce un puzzle incredibile: i violentatori non sono solo componenti di quella famiglia, ma vi è anche una terza persona, padre dei bambini. Inoltre la cuginetta che aveva raccontato delle violenze, riferendo che il papà e il nonno avevano coinvolto i quattro bambini, non esiste più perché il vero violentatore diventa l'altro padre che violentava i suoi bambini a casa, senza evidentemente aver mai partecipato alle orge e ai riti satanici dai quali è partita l'inchiesta. Infatti, né la cuginetta, né gli arrestati avevano mai fatto il suo nome come partecipante a tale tipo di attività.
Anch'io, a questo punto, sono in difficoltà; cosa devo pensare dopo quattro mesi e mezzo? Devo supporre che il pubblico ministero sia stato obbligato ad inviare l'avviso di garanzia nel momento in cui è comparso un affidatario che, all'ultimo secondo, ha detto che i bambini da quattro mesi e mezzo sono stati tolti alle loro famiglie? L'avviso di garanzia è stato forse inviato perché una figlia ieri ha detto che era il padre a violentarla? È credibile? È plausibile?
Il sottosegretario dice che per il 31 marzo è prevista un'udienza al tribunale dei minori per un chiarimento e ritengo si tratti dell'udienza relativa ai motivi per i quali quattro bambini minorenni sono stati tolti al papà e alla mamma, accusati di non essersi accorti di ciò che accadeva ai propri figli.
È possibile che in una famiglia italiana, come la mia o tante altre, al mattino si presenti la polizia per portare via i figli di quell'età e dopo cinque mesi il tribunale chiami per fare domande, confrontare o capire? Il sottosegretario ha detto che in questi casi non bisogna aggiungere violenza a violenza. Ma sono queste le procedure da utilizzare nei confronti dei piccoli?


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Leggendo il verbale, ci si chiede se i bambini, anche di quattro o sei anni, abbiano parlato in una certa maniera perché pian piano è venuta fuori la verità o lo abbiano fatto come a volte succede anche agli adulti: l'altro ieri era il 16 marzo e mi è venuto in mente Aldo Moro, che non era un bambino di quattro o sei anni, ma, dopo un mese in una situazione particolare, aveva evidentemente assunto un atteggiamento psicologico forse più rancoroso rispetto a coloro che pensava non lo volessero salvare che rispetto ai suoi sequestratori.
Allora, penso alla situazione di questi bambini dopo un po' che non vedono più i genitori e questi non hanno più nessuna relazione con loro. Una parte di quella lettera mi ha particolarmente colpito: a Natale i genitori volevano mandare loro un biglietto di auguri, ma i servizi sociali hanno detto che era inutile farlo, tanto non avrebbero mai più rivisto i loro figli. Cosa può pensare un bambino quando, per quattro o cinque mesi, non vede più i suoi genitori, perché sono spariti, se ne sono andati?
Chiedo al sottosegretario - non lo faccio in modo polemico -, in quanto rappresentante del ministro della giustizia, ma vorrei rivolgere la domanda anche alla collega Turco: quale autorità giudiziaria ha disposto che venissero fatti interrogatori ed indagini relative a dei minori, senza alcun contraddittorio, senza che vi fosse nessuno che potesse difendere la controparte?
Dico ciò anche alle colleghe che siedono nei banchi della sinistra, perché ieri sono stato particolarmente colpito da un intervento di un loro collega di Ancona, che ha sollecitato il Governo a rispondere ad una serie di interrogazioni dei colleghi DS, relative al tribunale dei minori di Ancona, segnalando una serie di iniziative, a suo dire allucinanti, che sono un po' una variazione sul tema; si tratta di realtà in cui determinati soggetti si muovono senza alcun contraddittorio, prendono decisioni senza che si sappia bene con chi si confrontino.
A volte ho l'impressione che si tratti di una situazione patologica, come quando un organismo è malato; ma, se una persona ha la febbre, si cerca di farla scendere e non si ammazza il malato, perché così non c'è più la febbre.
Mi sembra che determinati approcci alla materia rischino di essere più traumatizzanti di una situazione che, se non vogliamo essere khomeinisti - perché credo che nessuno abbia in mano la verità rivelata -, può avere almeno due sbocchi: il primo è quello di dimostrare la responsabilità che emerge dalle accuse; ma il secondo, dopo aver conosciuto gli interessati, dopo aver parlato con i testimoni, dopo essere stati sul luogo, può anche essere quello di giungere alla conclusione - e forse questa è la soluzione più probabile - che questo padre e questa madre non abbiano nulla a che vedere con quanto è accaduto.
In questo caso, dopo cinque mesi, dopo un traumatico allontanamento, dopo le prove a cui sono stati sottoposti i figli in questa maniera, chi recupera una situazione che è stata, comunque, compromessa fino a tal punto? E se non fosse vero - è un ragionevole dubbio, visto che per cinque mesi nessuno ha accusato questo padre e questa madre - che essi hanno fatto violenza ai loro figli, dato che la cosa è venuta fuori, come un fulmine a ciel sereno, dodici ore prima che il Governo rispondesse in quest'aula e, casualmente, proprio dopo che i genitori avevano scritto ad un parlamentare, dopo che il fatto era stato conosciuto, non solo localmente, ma anche a livello nazionale e i giornali ne avevano parlato?
Crede che qualcuno mi possa togliere dalla testa che vi è stata un'improvvisa accelerazione di determinate dinamiche, talché, non sapendo o non potendo spiegare all'opinione pubblica come sia possibile che in un paese civile come l'Italia per cinque mesi quattro minori siano stati allontanati dai genitori senza che questi fossero indagati, è stata subito «spiattellata» la soluzione: ma come non sono indagati?


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Dalle 18,30 di ieri hanno ricevuto l'avviso di garanzia: i violentatori sono loro. Questa è l'accusa, che peraltro mi sembra arrivi fuori tempo massimo rispetto alla dinamica degli avvenimenti che ho illustrato.
Non voglio fare il khomeinista, voglio fare la persona ragionevole: accolgo l'invito del sottosegretario, ma nello stesso tempo vorrei che i ministri della giustizia e degli affari sociali, non tanto alla luce della mia interpellanza ma in relazione a strumenti di sindacato ispettivo presentati da colleghi di tutti i gruppi politici, si occupassero più da vicino dei tribunali dei minorenni, verificandone il funzionamento. Dovrebbero anche accertare il ruolo dei servizi sociali territoriali, che non si capisce se siano la longa manus dei tribunali, se rappresentino l'accusa ovvero se debbano aiutare l'accusa ad indurre, attraverso una serie di indagini, di domande e di suggestioni, i bambini a dichiarare come vero l'assunto accusatorio iniziale. È questo lo scopo che si prefiggono? Leggendo i verbali ho l'impressione che sia così, specialmente nella parte iniziale, dove si descrive l'atteggiamento dei genitori che, nel momento in cui i bambini vengono portati via, piangono, si disperano, protestano e inveiscono. Chiedo a ciascuno di voi: se un giorno accadesse che la polizia vi portasse via da casa i figli alle sei del mattino, non protestereste, non definireste impossibile l'accusa? Mi sembrerebbero reazioni molto normali rispetto ai fatti.
Vorrei ora fare un cenno al rapporto tra le istituzioni, di cui si è anche occupato il sottosegretario. Certamente avrei potuto presentare immediatamente un'interpellanza parlamentare o un esposto al Consiglio superiore della magistratura. Mi riservo tuttavia di trasmettere al CSM quanto ho detto oggi in quest'aula perché la dinamica e i tempi di questa vicenda sicuramente non mi lasciano soddisfatto, anche perché credo che fra le istituzioni debba esservi un rapporto civile. Così come ho sentito il parere dei genitori, del parroco, di cittadini di Finale Emilia, degli avvocati, mi è sembrato giusto, prima di presentare un'interpellanza parlamentare, conoscere l'opinione del presidente del tribunale. Quello al quale mi sono riferito avrebbe potuto benissimo parlare con me spiegandomi le dinamiche e le procedure a cui si attiene il tribunale. Non era necessario entrare nel merito della questione, avrebbe potuto benissimo dirmi: venga a trovarmi. Qui siamo tutti impegnati sul fronte delle istituzioni, non c'è chi ha diritto ad avere un «delirio di onnipotenza» e chi non lo ha: un magistrato è una persona impegnata istituzionalmente come lo è un parlamentare e in un confronto tra istituzioni ciascuno porta la propria esperienza e le proprie osservazioni. Mi pare che l'unico tipo di rapporto che si vuole instaurare sia quello di rinviare agli avvocati per recuperare gli atti o di invitare alla presentazione di un'interpellanza parlamentare; mi chiedo allora quale tipo di rapporto tra istituzioni voglia instaurare chi, davanti a situazioni di questo genere, ritiene di risolverle attraverso carte bollate e timbri o avvisi di garanzia che all'ultimo secondo «coprono» - lo dico tra virgolette - una situazione.
Faccio questa riflessione nell'interesse dei minori e delle famiglie. In Italia si parla tanto di famiglia ma non si può non riflettere quando si legge sui giornali che negli ultimi quaranta giorni in più casi diversi tra loro i tribunali dei minorenni si sono trovati nell'occhio del ciclone, quando interpellanze presentate da deputati di tutti i gruppi politici lamentano situazioni che non si può credere siano vere (a volte abbiamo assistito anche a marce indietro o a conferme). Peraltro si deve constatare una costante mancanza di dialogo su decisioni che potrebbero essere assunte dopo un confronto con le famiglie interessate e con un po' più di umanità, anche perché spesso si tratta di famiglie che versano in uno stato di difficoltà, per lo più economiche, il che non significa che i genitori vogliano meno bene ai propri figli o che, di fronte a difficoltà, i figli debbano essere allontanati.


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Credo che il Governo - il ministro della giustizia ed il ministro per la solidarietà sociale - debba farsi carico di questioni del genere.
Per quanto riguarda la specifica fattispecie oggetto dell'interpellanza, prendo atto che vi è un'indagine in corso; tuttavia, credo che le procedure siano state assolutamente atipiche; il ruolo dei servizi sociali non è disegnato, credo, da nessuna norma del nostro ordinamento. Do tuttavia atto al sottosegretario di aver risposto nella maniera in cui oggi era in grado di rispondere. Trasmetterò, comunque, questo mio intervento anche al Consiglio superiore della magistratura.

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