Seduta n. 300 del 21/1/1998

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(Illustrazione degli emendamenti ex articolo 116 - A.C. 4454)

PRESIDENTE. Passiamo pertanto all'illustrazione degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (per gli articoli e gli emendamenti vedi l'allegato A - A.C. 4454 sezione 1).


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Ha chiesto di parlare l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, riteniamo importante, proprio per le ragioni regolamentari che sono state richiamate dal Presidente della Camera, svolgere in maniera non formale un intervento illustrativo dei nostri emendamenti. Ciò per evidenziare la ragionevolezza dei loro contenuti e la possibilità di trovare, nell'ambito di quelle proposte, una soluzione equilibrata rispetto alle esigenze della compatibilità europea ed a quella, fondamentale, dei produttori.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 19,45)

TERESIO DELFINO. Intervengo quindi per testimoniare in questa sede la nostra profonda convinzione che si poteva e si doveva svolgere una riflessione ancora più approfondita su tutta la vicenda. Sulle singole proposte emendative si doveva sviluppare un dibattito serio e su di esse arrivare al voto per capire fino in fondo la coerenza di atteggiamenti e dichiarazioni rispetto al momento della verità rappresentato dalla posizione che ogni forza politica e ciascun parlamentare assume appunto nel momento del voto sulle diverse proposte emendative.
All'articolo 1, sulla materia della restituzione degli importi trattenuti per le annate 1995 e 1996, l'accoglimento di alcune proposte nel quadro di uno sforzo di mediazione che auspicavamo e sollecitavamo da parte del relatore, della maggioranza e del Governo, poteva in qualche misura rendere più equo il provvedimento.
Secondo la nostra impostazione si trattava di accogliere un'indicazione forte che veniva dai produttori e dai loro rappresentanti, nel senso di restituire le somme trattenute a titolo di prelievo per la produzione lattiera negli anni 1995-1996 e 1996-1997, compresa la liberatoria sulle garanzie fideiussorie, da considerare in custodia presso i titolari, anziché presso i primi acquirenti.
Si era parlato anche dell'ipotesi di una disponibilità a valutare le proposte di altre forze dell'opposizione che suggerivano una restituzione in percentuale inferiore a quella da noi indicata. Tuttavia, nonostante la tardività del lavoro di indagine e di accertamento svolto dalla commissione in termini puntuali e, soprattutto, coinvolgendo i produttori, le associazioni e gli enti preposti, qualche elemento era emerso e le proposte emendative sembravano raccogliere i primi risultati di tali accertamenti.
Ci pare dunque che aver negato il consenso su di essi in Commissione agricoltura abbia rappresentato un segnale di chiusura che non è coerente con le pseudoaperture, cui il relatore ha fatto riferimento nella sua relazione introduttiva in Commissione.
Su questa materia avevamo poi avanzato un'altra richiesta importante, quella di procedere alla restituzione ai produttori delle somme trattenute, in modo da consentire la ricostituzione della necessaria liquidità delle aziende, mentre contestualmente i produttori avrebbero dovuto provvedere al pagamento del superprelievo supplementare, ove questo fosse dovuto dopo l'effettuazione delle compensazioni.
Anche tale proposta, che indubbiamente offriva al Governo garanzia della disponibilità degli allevatori a consentire la conclusione dei necessari accertamenti e a rendere il dovuto dopo le compensazioni nazionali intervenute a seguito dello svelamento delle truffe e del recupero delle quote impropriamente utilizzate, non è stata però accolta.
Ci sembrava un suggerimento assolutamente pertinente, sul quale si sarebbe dovuto svolgere un confronto ed una discussione con i produttori e con il Governo. Così, invece, non è stato.
Per quanto concerne l'articolo 2, abbiamo già detto in Commissione e vogliamo ribadirlo qui con estrema chiarezza che abbiamo sempre aderito allo


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sforzo di individuare le azioni illegali che erano state compiute e che potevano essere ancora compiute nella vicenda delle quote latte. Abbiamo tuttavia rivendicato con forza che nello svolgimento di tale azione si sarebbe dovuto tenere conto - ed al riguardo abbiamo presentato un emendamento - della conformità della gestione rispetto alla normativa comunitaria. Non ci sembrava dunque che si potesse e dovesse fare di tutte le questioni un fascio unico, in modo da condannare o criminalizzare nella totalità.
Noi vogliamo, rivendichiamo e chiediamo che ci sia una puntuale verifica di tutti gli atti, di tutte le aziende, di tutti i passaggi, avendo presenti fino in fondo gli elementi della normativa comunitaria e della nostra legislazione, per consentire effettivamente una lettura che non sia di parte, che dia garanzia a tutte le parti in causa di essere non perseguitati ma accertati con equità e con rigore. Anche questa parte delle nostre considerazioni avevano trovato una puntuale indicazione negli emendamenti che noi del CDU avevamo presentato in Commissione.
Analogamente ritenevamo che rispetto al comma 2 dell'articolo 2 dovesse esserci una più adeguata puntualizzazione dei compiti della Commissione, un reale approfondimento di tutte le questioni che venivano ad essere affidate all'indagine e all'analisi di questa Commissione. Quindi, anche in ordine a ciò abbiamo condiviso i suggerimenti e le proposte provenienti dai produttori, traducendo questa impostazione in apposito emendamento.
Noi ritenevamo altresì che gli accertamenti, proprio perché si vuole pulizia, chiarezza e trasparenza, non potessero essere limitati - come prevedeva il comma 3, lettera a) - al periodo 1995-1996, ma volevamo che fossero estesi anche ai periodi precedenti e seguenti. Infatti, tutti coloro che hanno determinato situazioni confuse ed illegali devono essere perseguiti nello stesso modo e con la stessa modalità operativa, senza distinzioni che potrebbero creare problemi.
Avevamo chiesto anche di rivedere al comma 5, così come in altre parti, i termini previsti dal decreto per alcune proposte di ricorso. Noi riteniamo che i 15 giorni per il riesame entro la data di ricezione della comunicazione previsti nel secondo periodo del comma 5, a pena di decadenza, siano troppo pochi, per evitare poi proteste, e intendevamo portare tale termine ad un periodo temporale più congruo di 30 giorni. Quindi, un'attenzione per consentire a tutti di valutare e di applicare sul campo una normativa che rischia di creare altre confusioni e difficoltà.
Avevamo poi trovato singolare una norma che francamente non so se abbia altri elementi di riferimento; per la mia esperienza non solo di parlamentare ma anche di pubblico amministratore, credo che porre a carico del produttore ricorrente tutte le spese derivanti dai ricorsi senza determinarle, come la legge prevede per esempio per altri tipi di procedure di ricorso, sia assolutamente penalizzante ed improprio, al di là del merito specifico della norma. Se tale norma ci doveva essere, doveva individuare eventualmente degli oneri a carico dei produttori.
Noi volevamo la soppressione tout court; lo diciamo per chiarezza. Riteniamo infatti che tutte le norme che non chiariscono ai cittadini l'ambito degli obblighi da sopportare debbano essere eliminate, perché sono contraddittorie rispetto a quel comitato per la legislazione che la Camera, a mio avviso in modo positivo, ha voluto istruire per far sì che la normativa legislativa sia corretta, trasparente ma soprattutto comprensibile per tutti i cittadini. La norma in questione, francamente, non ha assolutamente tali requisiti, per cui si trattava o di precisarla o di stralciarla, come abbiamo chiesto.
Sul piano della partecipazione a questo processo di chiarimento, abbiamo ritenuto di dover coinvolgere anche i soggetti che rappresentano in qualche misura i produttori. A questo riguardo abbiamo avanzato precise proposte in merito all'articolo 4, ritenendo che non si potessero escludere dalla comunicazione degli adempimenti da parte dei produttori le associazioni degli stessi. Chi ha qualche dimestichezza

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con la realtà dei produttori sa che non tutti possono essere avvertiti della qualità della comunicazione che ricevono, quindi della necessaria urgenza di avviare tutte le procedure ricorsuali. Ci domandiamo allora perché queste comunicazioni non riguardino anche le associazioni dei produttori, oltre che i soggetti indicati dal decreto-legge.
Con riferimento all'articolo 5, abbiamo previsto un termine diverso da quello indicato nel decreto, in quanto riteniamo sia necessario che le associazioni dei produttori abbiano un termine chiaro e definito, che, alla fine del comma 1 dell'articolo 5, abbiamo indicato nella data certa del 15 marzo 1998.
Sono questi gli interventi che a nostro avviso potevano rendere più efficace, più chiaro e più comprensibile il provvedimento. Insieme ad altri colleghi abbiamo inoltre presentato un emendamento teso ad introdurre un comma aggiuntivo all'articolo 5, il quale si proponeva di sostituire i produttori di latte agli acquirenti nella custodia delle somme trattenute, ad esclusione della fattispecie definita dal comma 2 dell'articolo 1. Credo che anche questo intervento avrebbe dato maggiore serenità ai produttori e avrebbe consentito di mantenere una garanzia certa rispetto al versamento di quanto dovuto nell'eventualità che le compensazioni non fossero esaustive degli splafonamenti. Ritengo che tale questione avrebbe potuto sicuramente trovare elementi di composizione.
Ritenevamo quindi che il nostro lavoro, che non abbiamo svolto da soli, signor Presidente e signor ministro, ma in un sereno confronto con le associazioni dei produttori, avrebbe potuto rappresentare in qualche misura un contributo positivo, se ci fosse stata da parte del Governo e della maggioranza una volontà in tal senso. Quanti decreti in 10 giorni hanno concluso il loro iter alla Camera e sono ritornati per la seconda lettura nell'altro ramo del Parlamento, e viceversa? Ci spiace e mortifica il Parlamento il fatto di aver voluto in questa occasione, su una questione così fondamentale, sulla quale il disagio sociale è ampio e la comunità nazionale è largamente attenta, un colpo di mano, con motivazioni che abbiamo - forse con eccessiva foga, ma con profonda convinzione - dichiarato inconsistenti e insufficienti.
Questo voto di fiducia, signor ministro, non rappresenta un gesto distensivo e di serenità rispetto ai grandi problemi del comparto lattiero e di tutto il mondo dell'agricoltura. Auspichiamo quindi che il Governo e la maggioranza si rendano conto che è necessario lasciar perdere le posizioni di principio quando queste non siano fondate rispetto agli obiettivi che, pure, devono essere perseguiti per trovare il modo di mettersi tutti insieme e dare risposte vere a questo settore ed a tutti gli altri, che hanno bisogno di fatti e non di parole (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Signor Presidente, cari colleghi, signor ministro, è difficile prendere la parola dopo il Demostene delle quote latte rappresentato dal nostro amico Teresio Delfino! Peraltro, sono stati spesi fiumi di parole e di inchiostro su questa vicenda che purtroppo pare non abbia fine; non credo proprio, infatti, che avrà fine con l'approvazione di questo decreto. Un decreto che abbiamo cercato di emendare senza ricorrere a nessun tipo di strumento ostruzionistico, nemmeno i pochi rimasugli che l'attuale regolamento ci consente di adottare, ma con la serietà di una forza di opposizione che si ripromette di tornare a governare per risolvere un domani non dico questo problema (auspichiamo che sia risolto prima), ma altri che riguardano la nostra agricoltura.
Ci poniamo sempre in una posizione ragionevole, sensata e concreta di dialogo. Dialogo con le istituzioni - in questo caso il Governo, il ministro -, dialogo con gli allevatori; è questo un atteggiamento che


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abbiamo mantenuto sempre e che non è certamente venuto meno in questa circostanza. Come dicevo abbiamo cercato di emendare un testo obiettivamente difficilmente emendabile. Il testo che ci è stato presentato, infatti - signor ministro, oltre ad essere ministro delle politiche agricole, lei è anche un avvocato, quindi sicuramente si renderà conto meglio di me di ciò che sto per dire -, poteva essere molto più breve e più chiaro, poteva essere scritto in una prosa leggibile, accettabile e comprensibile non solamente per lei e per i suoi aiutanti o per noi parlamentari, più o meno addetti ai lavori, ma magari anche per gli allevatori (non solo i loro rappresentanti), i quali giorno per giorno vivono nelle stalle nelle nostre campagne e che non necessariamente devono essere dotati di laurea in giurisprudenza o di specializzazione in diritto amministrativo per poter comprendere quanto viene loro indicato di fare.
Purtroppo questo testo è scandalosamente complicato. Una buona parte di esso poteva essere tranquillamente demandata ad una circolare applicativa del Ministero. Mi è stato perfino detto oggi da qualcuno dei suoi collaboratori, signor ministro, che in fondo questo non è un rilievo importante perché la parte che riguarda i controlli e tutta la parte successiva a quella fondamentale del decreto non interessa direttamente, ma semmai coloro i quali devono poi controllare cosa abbiano fatto. Mi sembra un'argomentazione piuttosto difficile da seguire. Malgrado ciò, nonostante, nonostante un testo che complessivamente non ci poteva piacere nemmeno da un punto di vista formale, oltre che dal punto di vista sostanziale, abbiamo cercato di emendarlo, appunto senza ricorrere a strumenti ostruzionistici, senza ricorrere ad una marea di emendamenti.
Sostanzialmente, abbiamo costruito il nostro lavoro emendativo attorno ad un principio fondamentale, che voglio qui ricordare e che è stato più volte richiamato dai colleghi di vari schieramenti, e, per quanto ci riguarda, in modo più autorevole ed efficace, dal nostro capogruppo, onorevole Pisanu. Noi non riteniamo accettabile che possa essere comminata una multa, una sanzione - che rappresenta un danno effettivo e immediato agli allevatori - prima che sia fatta definitivamente chiarezza su due dati fondamentali, cioè il quantitativo effettivo di produzione nazionale relativamente agli anni 1995-1996 e successivi e i quantitativi individuali e le singole posizioni dei singoli allevatori.
Ormai innumerevoli sono stati i dibattiti in quest'aula sulla vicenda delle quote latte e noi non abbiamo mai accettato - questa è stata sempre la nostra posizione - che ci fosse una criminalizzazione a spaglio, una criminalizzazione di categorie, che non fosse indirizzata a situazioni particolari, individuali, chiaramente accertate. Bene, adesso è stata messa finalmente in atto questa procedura con una commissione d'indagine che, fase dopo fase, un po' alla volta sta raccogliendo dei dati, sta lavorando e sta portando a conoscenza - si spera anche dei parlamentari - quanto sta facendo. C'era la possibilità di arrivare a definire le singole posizioni e successivamente di andare a colpire i singoli allevatori che eventualmente avessero «splafonato» con dolo rispetto a determinate norme, che tra l'altro, occorre ricordare, sono sempre state alquanto incerte; ricordo per tutte il decreto dell'agosto 1996, che applicò in modo retroattivo determinate norme che quindi non avrebbero potuto essere rispettate dagli allevatori, creando un quadro normativo assolutamente incomprensibile dagli allevatori.
Quindi, noi riteniamo inaccettabile che possa essere comminata una sanzione prima che siano chiarite le posizioni. Riteniamo moralmente inaccettabile, un qualcosa che può far scattare una ribellione morale in ognuno di noi - voglio parlare in modo più piano e sereno ma anche più chiaro, perché dopo il linguaggio esoterico cui purtroppo ci ha abituato la vicenda delle quote latte forse è bene anche tornare ad una prosa piana e comprensibile da tutti -, che possano essere chiamati a rispondere, con un

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danno economico fortissimo, tale da minacciare eventualmente anche la chiusura di determinate aziende, degli allevatori per i quali non sia stata chiarita la posizione individuale. Riteniamo che i soldi degli allevatori debbano restare nella disponibilità dei produttori, i quali naturalmente non li andranno a sperperare al casinò, ma li gestiranno e li conserveranno. Naturalmente, terminato il lavoro della commissione d'inchiesta e rifatta la compensazione relativamente all'annata 1995-1996 Lei mi dirà, signor ministro, che la compensazione è già stata fatta, ma tanto siamo già in infrazione! Diceva prima Pisanu che il commissario Fischler ha scritto al ministro Dini e quindi al Governo informandolo che è stata avviata una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese. Quindi, dal momento che siamo già in infrazione, credo che sarebbe stato possibile farlo; su questo, credo che lei, signor ministro, possa convenire, anche se qui naturalmente non me ne potrà mai dare atto.
Il nostro tentativo di emendare questo decreto era informato alla volontà di riportare un minimo di giustizia in tutta questa vicenda, che ha prodotto gli effetti sociali che ormai sono noti a tutti e che hanno portato centinaia, migliaia di persone a scendere in piazza, a rimanere al freddo durante le vacanze di Natale, a privarsi a tutt'oggi di moltissime cose, proprio perché veramente preoccupate, angosciate di non poter più svolgere in futuro il proprio lavoro.
Signor ministro, i nostri colleghi della maggioranza si sono prodigati in visite presso i vari accampamenti, per esempio a Vancimuglio. Durante le vacanze di Natale pare che ci sia stata una particolare attenzione «turistica» dei nostri colleghi della maggioranza che hanno cavalcato e strumentalizzato una protesta. Una cosa, questa, che noi di forza Italia non abbiamo mai fatto. Anche noi ci siamo posti, dinanzi a certe situazioni di disagio obiettivo, il problema se andare più spesso in quelle zone. Ci siamo fatti scrupolo di dare l'impressione di cavalcare e di strumentalizzare una protesta; una protesta che invece proviene da imprenditori che sono disperati per una situazione in cui sono capitati certamente non per colpa loro ma per colpa di tutta una serie di cause e sicuramente per colpa di una pubblica amministrazione e di una legislazione estremamente farraginosa e incomprensibile, e di truffe che si sono alimentate grazie a questa legislazione in parte criminogena.
I nostri colleghi, che sono andati a visitare gli accampamenti ma che poi qui «blindano» il provvedimento oggi al nostro esame, dicono che bisogna guardare al futuro e che ormai la situazione è quella che è, e che dobbiamo andare in Europa. Ma in Europa c'eravamo anche prima e continuiamo ad esserci; speriamo di esserci in modo sempre più dignitoso, in futuro.
Ci dicono che è assolutamente improponibile modificare, in questa fase, tale decreto perché l'Europa ci sta guardando; per tale motivo non è possibile modificare nemmeno una virgola di questo decreto; bisogna guardare al futuro con fiducia perché sicuramente il Governo Prodi - così dicono - avrà la capacità di riformare la legge n. 468 e di dare un futuro di certezza e di costruire un quadro normativo finalmente chiaro e stabile, in cui i produttori agricoli e i produttori di latte potranno sviluppare le proprie attività imprenditoriali. Ebbene, noi non crediamo a tali propositi; preferiamo basarci sugli atti concreti, sugli atti cartacei e la vicenda delle quote latte, come ella sa, signor ministro, è piena di atti cartacei! Ma alcuni atti cartacei sono anche atti chiari e sono i nostri emendamenti, i nostri interventi, ma anche le cose che abbiamo detto, scritto e fatto un po' tutti noi, senza primogeniture.
Credo che sia stupido che qualcuno si alteri perché anche altri gruppi politici si impegnano con dedizione per cercare di venire incontro alle problematiche del settore lattiero-caseario, in questo caso dell'agricoltura in generale. Nessuno di noi ha un diritto di privativa rispetto a problematiche che riguardano tutti: la maggioranza e l'opposizione.

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Signor ministro, cosa vuole che le dica? Io non la invidio e gliel'ho detto molte volte, anche in Commissione: non invidio la sua posizione. Le confesso che mi sono chiesto se oggi ella sia arrivato in quest'aula, anticipando una decisione che ha poi formalizzato successivamente, sulla base di una sua convinzione dell'opportunità di arrivare alla questione di fiducia su un provvedimento che avrebbe potuto tranquillamente essere modificato e approvato la prossima settimana. C'era tutto il tempo per farlo, signor ministro; gli emendamenti del resto erano pochissimi e questo lo abbiamo detto mille volte. Mi sono chiesto se sia stata questa una sua volontà oppure se essa sia stata necessitata da una compagine di maggioranza che fa acqua a destra e a manca o se vi siano state, ad esempio, delle indicazioni di qualche «capataz» dell'azionista di maggioranza.
Una cosa è certa: stasera lei è venuto qui (e non è nella sua personalità perché tutti noi le riconosciamo sicuramente una cortesia, un approccio formalmente e sostanzialmente estremamente corretto) a presentare, in fondo, un'azione che non può non risultare arrogante.
Signor ministro, glielo dico con umana comprensione, ma oggettivamente non può non sembrare arrogante a chi anche fuori di qua ci sta ascoltando. Sì, signor ministro.

MICHELE PINTO, Ministro delle politiche agricole. Tutto il contrario...

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Noi siamo stati arroganti? Non credo proprio.

MICHELE PINTO, Ministro delle politiche agricole. Tutto il contrario dell'atteggiamento che mi è stato attribuito; ben lungi dall'essere arrogante, era un atto di lealtà e di rispetto del Parlamento. Altrimenti sarei stato accusato di far svolgere un dibattito inutile senza annunciare quello che poi sarebbe stato comunicato e che era pressoché noto a tutti.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Lei lo ha anticipato prima, però non si può non evidenziare il fatto che è stata posta la fiducia.
Signor ministro, non mi permetto di rimproverarla, ma mi limito a fare delle valutazioni. E il fatto che il rappresentante del Governo, in questo caso lei, questa sera abbia posto la questione di fiducia non può che essere oggettivamente letto, indipendentemente dai suoi modi cortesi e formalmente cortesi, come un atto di arroganza inaccettabile da noi parlamentari, che abbiamo il dovere di migliorare il provvedimento per cercare di andare incontro alle istanze di tutto il mondo agricolo, in questo caso del settore lattiero-caseario.
Signor ministro, lei ha dato l'impressione di una caparbietà che forse i suoi stessi colleghi di maggioranza non apprezzano. Infatti, lei sa benissimo che nella sua stessa maggioranza, nella maggioranza che dice di sostenerla, si annidano dei violenti oppositori alla sua azione; vi sono persone che la sostengono in aula apparentemente con convinzione, mentre non mi pare esprimano nei corridoi del palazzo un particolare sostegno nei confronti della sua azione. Alla fine, signor ministro, sono le carte che cantano!
Ebbene, con l'azione di oggi lei ha dimostrato una caparbietà che i suoi colleghi di maggioranza hanno sottovalutato. Vorrei per un attimo cercare di stemperare la polemica di oggi, che continuerà domani e che si protrarrà fino a quando non verrà risolto il problema delle quote-latte. È una polemica che si protrarrà fino a quando non vedremo i nostri allevatori tornare a lavorare in stalla, non perché sconfitti, ma perché convinti di avere finalmente un futuro per se stessi, per le proprie aziende e per le proprie famiglie, perché quello sarà il momento in cui torneranno tutti pacificamente a lavorare come hanno sempre fatto.
Ebbene, signor ministro, lei ha dimostrato una caparbietà degna di essere premiata con il «tapiro d'oro» di Striscia la notizia. Mi auguro veramente che gli amici di Canale 5 di Striscia la notizia


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possano insignirla nei prossimi giorni con il «tapiro d'oro» per la caparbietà (Commenti del deputato Losurdo). Non credo sia poco, anzi reputo sia un riconoscimento importante, che il ministro si è meritato.
Signor ministro, l'hanno mandata qui oggi a fare una figura obiettivamente non eccelsa e me ne dispiaccio per lei. Le confermo quindi la mia solidarietà umana, così come le confermo il mio più totale dissenso sul piano politico. Le assicuro inoltre che il gruppo di forza Italia anche in futuro effettuerà un controllo sui provvedimenti e cercherà di modificare e di emendare quello che il Governo dice di fare, qualche volte fa e il più delle volte realizza in modo sbagliato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono l'unico esponente della maggioranza che ha presentato degli emendamenti al provvedimento; infatti, ho presentato gli emendamenti 4-bis.6 e 4-bis.7, concernenti i poteri della commissione «Lecca-ter» - credo ormai si possa chiamare così - cui fa riferimento il provvedimento al nostro esame. Non è un caso che mi sia trattenuto in aula per illustrare i miei emendamenti, perché credo che alcune questioni vadano chiarite.
La vicenda del decreto-legge in esame è, indipendentemente dal fatto che se ne condivida o no il merito, estremamente lineare. La Commissione agricoltura ha lamentato un fatto a nostro avviso gravissimo, vale a dire che il Senato avesse trattenuto il provvedimento per molto tempo. Anche gli esponenti della maggioranza hanno chiesto al Governo di valutare, al fine eventualmente di accoglierle, alcune modifiche al provvedimento.
Esse riguardavano l'annata 1995-96, l'aumento della restituzione relativamente agli anni 1997-98 nonché una definizione più precisa dei poteri della commissione di garanzia. Io mi sono limitato ad emendamenti specifici su questo terzo aspetto perché non comportano oneri di spesa per cui, se il Governo avesse ritenuto di dover modificare, sia pure parzialmente il decreto-legge, sul tema della commissione di garanzia certo non sarebbero state sollevate obiezioni di carattere finanziario o di altro genere.
Ritengo corretto che il Governo, secondo una prassi che mi auguro possa instaurarsi nei rapporti istituzionali perché favorirebbe sia i gruppi di maggioranza sia quelli di opposizione, avendo deciso che un decreto-legge adottato ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione non debba essere modificato, chieda la fiducia. Se il Governo rischia di ricevere un voto contrario sul proprio provvedimento non solo da parte dell'opposizione (che può votare in tal senso anche per scelta politica sullo specifico provvedimento) ma anche da parte della sua maggioranza (non dimentichiamo che alcuni colleghi, come per esempio l'onorevole Caveri, hanno presentato pregevoli emendamenti circa la necessità di tutelare alcune aree del territorio, emendamenti poi fatti propri dall'onorevole Lembo), si crea una vera e propria assurdità, nel senso che una maggioranza, che pure su alcuni punti chiedeva modifiche, si troverebbe ad essere giustamente «sbeffeggiata» in aula da legittime attività dell'opposizione, la quale farebbe propria una serie di emendamenti, condivisa anche dalla maggioranza. Conseguentemente quest'ultima si troverebbe costretta a votare contro emendamenti che originariamente erano suoi. È una situazione che in un corretto sviluppo dei rapporti istituzionali non si può creare perché la demagogia e la «presa in giro» devono avere fine.
Rivendico di aver sottolineato fin dall'inizio al Governo e pubblicamente direttamente al ministro che il decreto necessitava di due o tre modifiche. Ho avanzato tale richiesta non nella mia qualità di rappresentante della maggioranza bensì di deputato del gruppo dei verdi, i quali


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avevano manifestato il proprio impegno a valutare con il Governo la possibilità di far accogliere tali modifiche. Avevamo anche detto che, ove il Governo non potesse accoglierle, ne avremmo preso atto, ma è giusto che a questo punto il Governo chieda la fiducia. Riteniamo legittima la posizione di coloro i quali preferiscono la «decadenza» del decreto, piuttosto che la sua conversione nel testo originale; sapendo però che non può essere reiterato, è altrettanto legittimo che la maggioranza alla «decadenza» preferisca la conversione tout court del decreto e, piuttosto che il «vuoto», preferisca che si continui ad andare avanti anche se con passi che non sono definitivi. Tutto questo rientra nella legittima dialettica tra maggioranza e Governo.
Se avessimo accettato le logiche di alcuni rappresentanti dell'opposizione, che volevano far decadere tutti i decreti in materia, non si sarebbe potuta neanche costituire la commissione Lecca, voluta da un decreto-legge di questo Governo a seguito di una protesta legittima, a mio parere. Ovviamente mi riferisco alla sostanza delle richieste e non ai metodi, che a volte possono essere più o meno condivisibili.
Oggi peraltro abbiamo avuto un grave disguido (per il quale faccio rimostranza al Presidenza della Camera) che abbiamo potuto superare grazie all'interessamento mio personale e di alcuni colleghi sia della maggioranza sia dell'opposizione. Mi riferisco ad una documentazione non trasmessa dal Senato per cui oggi abbiamo una serie di atti derivanti dalla conversione in legge di quel decreto-legge.
Per essere chiari, quindi, credo che ciascuno di noi possa legittimamente continuare a fare la sua battaglia per ottenere alcune modifiche. Se verrò invitato, continuerò ad incontrare gli allevatori; mi comporterò in tal modo perché lo ritengo un atto doveroso non in quanto presidente della Commissione agricoltura - perché non sono stato invitato in tale veste - ma in quanto parlamentare della Repubblica che pensa che si debba discutere con coloro i quali manifestano delle ragioni che per il 90 per cento ho ritenuto di dover condividere.
Credo che la garanzia vera di avere chiarezza e trasparenza si avrà se alcune procedure andranno avanti. Questa è la ragione per la quale ho presentato alcuni emendamenti che andavano nella direzione di chiedere maggiori definizioni dei poteri e per cui credo che il Governo - come già il ministro aveva assicurato in Commissione, anche in circostanze come quella della posizione della questione di fiducia - debba impegnarsi a definire in maniera più univoca i compiti della Commissione di garanzia che dovrà istituire ai sensi dell'articolo 4-bis, attribuendole idonei poteri al fine di rendere efficaci le funzioni di verifica che sarà tenuta a svolgere in raccordo con le altre funzioni affidate per gli stessi scopi al Ministero per le politiche agricole e all'AIMA. Il Governo stesso potrebbe e dovrebbe accertare le modalità attraverso cui sono stati erogati i contributi anche per l'abbandono della produzione lattiera a partire dall'anno 1993 e fino ad oggi, riferendo al Parlamento l'entità degli stessi, i singoli beneficiari e la riduzione equivalente di quantità di latte che si sarebbe dovuto commercializzare in funzione dei capi che con quelle provvidenze avrebbero dovuto cessare di produrre. Si prevede quindi non solo il lavoro della Commissione - per essere chiari - ma anche il lavoro del Governo, che dovrà andare fino in fondo sulla strada di un accertamento che deve essere caratterizzato da una trasparenza totale. Sostengo tale punto di vista perché sono convinto che solo di fronte a dati chiari su tutti potremo anche evitare la demagogia e i giochi di chi scaglia pietre, pur nascondendo scheletri nell'armadio che sono grandi come dinosauri.
Chiediamo inoltre di impegnare il Governo ad intraprendere una nuova trattativa con l'Unione europea - è un'altra richiesta che avanzo - affinché con l'approvazione della nuova OCM del latte per gli anni 2000-2006, siano recepite dalla Commissione ed inserite nel relativo regolamento

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tutte le proposte avanzate dall'antitrust italiano nella sua comunicazione del 29 dicembre 1997.
Quelle che ho indicato sono tre richieste precise che ho avanzato nel momento in cui ho dovuto rinunciare all'esame dei miei emendamenti a causa della posizione della questione di fiducia da parte del Governo: è infatti evidente che quest'ultima non fa decadere solo gli emendamenti dell'opposizione, ma anche quelli della maggioranza.
Chiedo inoltre al Governo di adottare un impegno - il più netto possibile - in materia, perché sono convinto che solo nei prossimi mesi potremo valutare fino in fondo quello che dovrà diventare un elemento di chiarezza definitiva. Ciò non toglie che, a seguito dei primi dati che la Commissione ha prodotto e che lei, ministro, ci ha comunicato, io riterrei utile - ferma restando la conversione in legge con la fiducia di questo decreto-legge - se il Governo valutasse se non vi siano, prima ancora della riforma della legge n. 468, elementi urgenti e straordinari sulla base dei quali l'esecutivo possa emanare anche decreti-legge, se si tratta di definire elementi di chiarezza e trasparenza. Se disporremo di dati certi, provvederemo a rimuovere alcune vicende vergognose che hanno caratterizzato questa che io definisco la «Tangentopoli del latte» (mi riferisco, ad esempio, a notizie come quella sulle stalle a piazza Navona). È importante capire anche chi era nelle strutture, nelle funzioni e negli apparati (e che magari ancora ci sta) del Ministero, dell'AIMA e di tutti questi settori. Sarebbe molto importante ed utile se poi scoprissimo chi aveva realizzato queste truffe e se il Governo disponesse già degli elementi necessari per emanare un decreto-legge con il quale si possano anticipare elementi di trasparenza. Questo sarebbe - lo ripeto - un elemento utile; piuttosto che far decadere questo decreto-legge per non poterne poi produrre altri, credo che tra la decadenza e l'approvazione, quest'ultima sia la strada migliore da seguire.
Ultimo elemento di grande importanza è la trasparenza che dobbiamo garantire agli allevatori onesti ed anche a noi stessi. Devo dire, fra l'altro, che ho incontrato molti giovani che fanno un lavoro egregio, in stalle in cui è garantita una qualità positiva anche dal punto di vista ecologico (stalle aperte e rinnovate). Stranamente, invece, non protestano coloro che utilizzano stalle che dal punto di vista ecologico sarebbero, più che da chiudere, da eliminare. Non so se protesta solo chi si trova in queste condizioni: dico semplicemente che ho avuto modo di conoscere allevatori che hanno fatto un grande sforzo, cercando anche di «stare in Europa» con quelle caratteristiche di benessere animale che sono fondamentali nel nuovo tipo di allevamento di qualità nel nostro paese. Sono scelte che rispetto in coloro che portano avanti una battaglia con cuore, intelligenza, forza ed energia. Queste persone secondo me devono avere un riconoscimento in positivo.
Ecco perché credo che il Governo - che ha progressivamente raccolto una serie di dati - possa emanare provvedimenti che diano il segno di un'attenzione costante ai problemi del settore. Secondo me ha il dovere di farlo, senza attendere nuove proteste ad opera di singoli o di gruppi, magari tra una settimana o venti giorni.
Ciò detto, occorre subito mettere mano alla legge n. 468, perché è necessario garantire una chiarezza definitiva alle persone che lavorano nel settore, che meritano una risposta chiara e certa.
Spero poi che la vicenda di questo decreto blindato ci serva ad evitare casi del genere nel futuro. Naturalmente il Governo ha il potere di blindare un provvedimento, presentando un decreto-legge e ponendo la questione di fiducia. Tuttavia sarebbe il caso che non si ripetessero situazioni del genere. Forse dopo la vicenda di oggi il Governo dovrebbe essere più attento - insieme con le Camere - affinché i sessanta giorni disponibili per la conversione dei decreti siano utilizzati in maniera bilanciata tra i due rami del Parlamento.

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MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Non spetta al Governo!

ALFONSO PECORARO SCANIO. Certo, non è compito del Governo. Lo so perfettamente. Dico soltanto che il Governo potrebbe avere un'attenzione in più, magari perché altrimenti poi si vede costretto a chiedere la fiducia. D'altra parte, con il nuovo regolamento il Governo ha buone possibilità di intervenire nella fase della programmazione dei lavori. È molto importante trovarsi nelle condizioni per cui opposizione e maggioranza possano disporre di un margine di agibilità, che renda praticabile la strada di apportare le modifiche eventualmente ritenute opportune. Se avessimo avuto questi margini oggi, anche noi alla Camera avremmo potuto pensare a modifiche migliorative (avremmo potuto fare un lavoro migliore rispetto al Senato o anche peggiore, non lo so ...).
Per esempio, signor ministro, sono convinto che per l'annata 1995-96 - anche se forse non era possibile procedere al cambiamento del sostituto d'imposta esattamente così come era stato chiesto - avremmo potuto studiare soluzioni per evitare che questi soldi fossero esclusivamente nella disponibilità degli industriali. Ne parlo come di un'ipotesi possibile, che sappiamo essere stata suggerita anche da altri colleghi della maggioranza. Ci è stato detto che dagli studi approntati risultava che non sarebbe stato possibile e che comunque non vi era il margine per modificare ulteriormente il decreto.
In definitiva, credo si possano anche varare provvedimenti urgenti in presenza di esigenze particolari. Occorre dare una risposta rispetto ai dati allarmanti che sono stati resi noti. Di fronte a notizie chiare, che fanno luce sull'esistenza di truffe, l'adozione da parte del Governo di provvedimenti urgenti per dare un segnale forte potrebbe essere un'iniziativa molto apprezzata (almeno, io personalmente l'apprezzerei).
Dobbiamo riconoscere che in un anno la commissione Lecca ha compiuto un buon lavoro. D'altra parte era stata istituita con un decreto e - diciamo la verità - se fossimo stati in un'altra epoca storica probabilmente, nonostante la protesta, una commissione d'inchiesta governativa sarebbe stata composta in modo tale da non produrre i risultati che sono stati raggiunti. Si tratta quindi di un dato positivo. Ovviamente si tratta di una bottiglia piena soltanto per una piccola parte: restano ancora molti vuoti da riempire.
Ci auguriamo che le situazioni successive ci consentano di entrare nel merito dei problemi. Bisogna investire di più sul latte o su altre produzioni? Sarebbe meglio dividersi su questi argomenti, piuttosto che discutere su vicende che forse dovrebbero essere esaminate più nei tribunali che in Parlamento: finiamo così per sospettare reciprocamente, in una pratica deprimente che ci impedisce di dibattere realmente su problemi politici. Evidentemente si tratta dell'eredità che dobbiamo affrontare; cerchiamo però anche di dare scossoni forti.

ENZO CARUSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ENZO CARUSO. Questo mio intervento non mira all'illustrazione degli emendamenti...

PRESIDENTE. Onorevole Caruso, lei sa che, in base alle nuove disposizioni regolamentari, sono costretto a chiederle su quale questione specifica attinente all'ordine dei lavori intende intervenire.

ENZO CARUSO. Sull'assenza del relatore durante il dibattito sul provvedimento. Comprendo che il nostro sia diventato un rito stanco e per certi versi inutile. Tuttavia non riesco a capire che funzione svolga un relatore nel momento in cui, avendo il Governo posto la questione di fiducia e mentre si sta intervenendo per cercare quanto meno di convincere i colleghi - o meglio i banchi


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vuoti, purtroppo - non dico a negare la fiducia ma almeno a votare contro il provvedimento...

PRESIDENTE. Onorevole Caruso, lei ha posto il problema e ciò è sufficiente.
Per quanto riguarda la questione da lei sollevata, dal punto di vista regolamentare non è scritto da nessuna parte che il relatore debba essere presente; è presente il presidente della Commissione e quindi la seduta può proseguire.

ENZO CARUSO. Tutti i provvedimenti sono seguiti da un relatore!

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Caruso, ma sono tenuto a far rispettare il regolamento, il quale prevede che, in materia di richiami, essi siano specifici e «secchi».
Lei si è rammaricato del fatto che non è presente il relatore. Ne prendiamo atto e la questione è chiusa.
Onorevole Caruso, lei intende parlare per illustrare i suoi emendamenti?

ENZO CARUSO. Per ora no.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che rinuncia ad intervenire.
Poiché tutti i colleghi di alleanza nazionale che hanno presentato emendamenti hanno chiesto di parlare, in un primo momento ho ritenuto - e di ciò mi scuso con l'onorevole Poli Bortone - di poter operare un'interpretazione diciamo lata del regolamento; tuttavia, mi sono reso conto che ciò non è possibile. Debbo invece far presente che può prendere la parola solo uno dei firmatari. Mi scuso nuovamente con l'onorevole Poli Bortone. Chi intende intervenire dei firmatari?

ADRIANA POLI BORTONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIANA POLI BORTONE. Presidente, noi non abbiamo difficoltà circa l'interpretazione del regolamento, giacché ci troviamo in una fase di rodaggio. Tuttavia, ci piacerebbe capire che cosa accada ai firmatari degli emendamenti. Infatti, se ha la possibilità di intervenire solo uno dei firmatari, non riesco più a comprendere cosa significhi presentare emendamenti che rechino la firma di più deputati, i quali poi non hanno facoltà di intervenire.

PRESIDENTE. Onorevole Poli Bortone, dato il clima colloquiale che si determina in taluni momenti e ad una certa ora, le dico che, dovendo questa mattina mettere a punto, insieme al collega Cerulli Irelli, alcuni emendamenti da presentare nella Commissione bicamerale, pur avendo più o meno le stesso opinioni, abbiamo comunque deciso di presentare emendamenti formalmente difformi in modo tale che entrambi possiamo intervenire sui rispettivi emendamenti.
Purtroppo debbo ribadirle che può prendere la parola solo un deputato fra quelli che hanno sottoscritto gli emendamenti. Può non sembrare logico, tuttavia è così e la prassi va in tal senso.

ENZO CARUSO. Non c'è prassi, è una regola nuova!

PRESIDENTE. Chiedo ai deputati del gruppo di alleanza nazionale di usarmi la cortesia di segnalare chi intenda prendere la parola per illustrare gli emendamenti.

STEFANO LOSURDO. Intervengo io, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Losurdo.

STEFANO LOSURDO. Non dovrei parlare, Presidente, dovrei urlare, fare qualcosa, poiché non si capisce più nulla.

PRESIDENTE. Nei limiti della buona educazione, può fare tutto quello che vuole.

STEFANO LOSURDO. Sono naturalmente educato e l'educazione in genere è speculare e riguarda tutti, quindi anche il


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Governo, che oggi invece ci sta veramente trattando, per così dire, a pesci in faccia. Infatti, ha posto la questione di fiducia eccependo che vi erano 67 emendamenti, quando le proposte emendative erano 7. Al comportamento del Governo si aggiunge ciò che definisco il massimo disdoro: illustrare emendamenti che non si potranno votare. Questa è un'aula kafkiana nel senso che non si sa quale sia l'oggetto del nostro dibattito né chi sia a favore e chi contro.
Non si sa nulla di quello che sta avvenendo in questa sede e non si capisce quale sia l'oggetto all'esame di questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale), nella quale non possiamo votare. Possiamo soltanto illustrare gli emendamenti. Peraltro, non possono farlo tutti i tre i firmatari, ma uno soltanto.
A questo punto, Presidente, non mi avvarrò della facoltà di parlare per 30 minuti, perché non voglio essere preso in giro per tutto quel tempo, ma interverrò solo per 2 o 3 minuti.
Gli emendamenti sono scritti e può capirli chiunque; li capirebbe, a mio avviso, anche la mucca Ercolina. A questo punto, la considerazione da fare è che mentre venivo a sapere dal funzionario che non tutti e tre i firmatari degli emendamenti potevano illustrarli, come avevamo deciso, ma poteva intervenire solamente uno, all'improvviso ho sognato di volere un'altra aula, nella quale ci si possa confrontare e dove la democrazia sia una cosa viva, non una morta gora, come è questa.
Quello che sta avvenendo è un insulto alla democrazia (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). Siamo qui riuniti a parlare di tutto e di nulla. Soprattutto, viene meno la sostanza di ogni democrazia vera e netta, cioè il confronto ed il giudizio.
Ritengo quindi che quando viene posta la questione di fiducia stare in quest'aula ad illustrare gli emendamenti è una presa in giro veramente intollerabile e non starò per molto a farmi prendere in giro. Però, Presidente, ho sognato ad occhi aperti che in quest'aula bisognerebbe fare qualcosa di più serio e di più definitivo. Ad un certo punto, cioè, le opposizioni saranno costrette (mi auguro che l'opposizione, nella persona della lega, comincerà a fare politica, invece di sognare impossibili risultati politici della sua azione) non dico ad occupare l'aula - era comunque un sogno, Presidente - ma a fermarsi in questa sede ed a praticare - l'opposizione da sola - la democrazia. Il contrario, dunque, di quanto è avvenuto l'anno scorso durante l'esame della finanziaria, quando siamo usciti dall'aula.
In questo caso, sugli emendamenti dovremmo riunirci noi, 300 deputati dell'opposizione, per discutere, votare e dire alla metà, anzi alla maggioranza, degli italiani che per noi il vero problema delle quote latte è quello che è risultato da un dibattito democratico, libero, vero e non quello che il Governo - e la Presidenza della Camera in un certo senso, se è lecito dirlo - ci impongono.
Questa è la mortificazione della democrazia e speriamo che non sia...

PRESIDENTE. Onorevole Losurdo!

STEFANO LOSURDO. ... perché ci penseremo noi...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Losurdo; non si faccia richiamare all'ordine!

STEFANO LOSURDO. Non mi interessa granché se mi richiama all'ordine!

PRESIDENTE. La Presidenza della Camera ha il dovere di fare rispettare il regolamento ed il regolamento è chiaro (Commenti del deputato Caruso)...
Onorevole Caruso, la prego.
In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è stato precisato...

ENZO CARUSO. È la prima volta che si verifica e lei mi dice che ci sono dei precedenti!

PRESIDENTE. Non è vero! C'è costanza di precedenti.


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Onorevole Caruso, basta!
Andiamo avanti, per piacere!

STEFANO LOSURDO. Siccome ho detto che non voglio farmi prendere in giro per mezz'ora, non illustrerò gli emendamenti e ritengo che in quest'aula si stiano uccidendo la democrazia e la libertà degli italiani, con la complicità anche dei regolamenti e delle interpretazioni benevole degli stessi.
Lei oggi avrebbe potuto benissimo far parlare ognuno di noi tre presentatori.

PRESIDENTE. No!

STEFANO LOSURDO. Sì!

PRESIDENTE. Se avessi potuto, lo avrei fatto volentieri.

STEFANO LOSURDO. Mi auguro, Presidente, che possa continuare a vivere in un sistema in cui può dire che l'avrebbe fatto volentieri. Forse, fra qualche tempo, in questa sede non potrà dire neanche questo.
Comunque, rinuncio ad illustrare gli emendamenti e comincio a pensare che sarebbe opportuno che quel sogno ad occhi aperti diventasse realtà.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Presidente, vorrei chiederle una cosa. Visto che il ministro nel suo ultimo intervento ha detto che c'erano sessantanove emendamenti...

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Sessantasei!

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, le sto parlando!
Signor Presidente! Signor Presidente!
Signor Presidente, sto ponendo un quesito a lei, se mi permette...

PRESIDENTE. Mi dica!

GIANPAOLO DOZZO. Lei sta telefonando!

PRESIDENTE. No, ho ricevuto una telefonata dalla Presidenza della Camera. C'è anche un problema di organizzazione dei lavori!

GIANPAOLO DOZZO. La capisco benissimo.
Nell'ultimo intervento il ministro Pinto diceva che c'erano sessantasei emendamenti. Chiedo allora a lei se debbo illustrare tutti i sessantasei emendamenti, naturalmente quelli a mia firma, od anche quelli che abbiamo ritirato, visto che il ministro Pinto ancora non sa quali siano. Pertanto, prima di iniziare la mia argomentazione, le chiedo la cortesia di spiegarmelo.

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, quando abbiamo voglia di scherzare, scherziamo fuori di quest'aula!

GIANPAOLO DOZZO. No, Presidente, io non scherzo assolutamente!

PRESIDENTE. La sua domanda...

GIANPAOLO DOZZO. Presidente, lei non deve assolutamente...

PRESIDENTE. ... è provocatoria!

GIANPAOLO DOZZO. Non lo è affatto! Lei non deve rispondermi in questa maniera! Io le ho posto un quesito ben preciso!

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, ovviamente lei può illustrare gli emendamenti che non ha ritirato: quelli ritirati «non sono più di questo mondo»!

GIANPAOLO DOZZO. Quindi, alcuni emendamenti sono stati ritirati: me lo conferma?

PRESIDENTE. Certo!


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GIANPAOLO DOZZO. Benissimo, mi basta questo, signor Presidente! Le chiedevo solo questo!

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, lo sapeva benissimo!

GIANPAOLO DOZZO. Ma non lo sapeva il ministro, signor Presidente, e continua a non saperlo!

PRESIDENTE. È lei che deve saperlo, non l'onorevole ministro!

GUIDO DUSSIN. È il ministro!

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, non so dov'era quando abbiamo discusso della questione: probabilmente non era in aula...

GUIDO DUSSIN. Come al solito!

GIANPAOLO DOZZO. ... e per questo fa certe osservazioni! Quindi la scuso.
Vorrei brevemente illustrare gli emendamenti, ma solo per il resoconto stenografico e - spero - per chi ci sente da casa attraverso Radio radicale, che mi auguro sia collegata.
Secondo le dichiarazioni dei colleghi, tutti avevano intenzione di migliorare il testo del decreto. L'onorevole Pecoraro Scanio ha sostenuto che parecchi colleghi della maggioranza non erano d'accordo sul provvedimento al nostro esame e volevano migliorarlo, ma hanno dovuto chinare la testa davanti al Governo.
Mi chiedo allora (e altrettanto faranno i produttori): se c'era la volontà di quasi tutti i gruppi politici di fornire certezze agli allevatori e naturalmente di provvedere alle restituzioni che essi attendono, perché non lo si è fatto? I cittadini si chiederanno anche come mai questo Parlamento è stato, ancora una volta, espropriato della potestà legislativa che gli compete. Due sono infatti le possibilità: o i colleghi della maggioranza parlavano tanto per parlare oppure erano convinti di quello che dicevano. Non è il caso, per sostenere il Governo e per appoggiare un decreto del genere, di trascurare le proprie convinzioni, più volte manifestate in quest'aula.
Onorevole Losurdo, che parlavi del modo di fare politica della lega, vorrei dirti che mi dispiace che dimentichi che fino a poco fa eravamo i soli a fare opposizione (Commenti del deputato Losurdo)! Non gridare!

PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, siamo anche in pochi; cerchiamo di...

GIANPAOLO DOZZO. Non gridare, Losurdo: siamo qui presenti tutti i componenti della Commissione e tu sai benissimo che è stato così! Adesso vi siete svegliati anche voi e siete entrati nel clima!

STEFANO LOSURDO. Li avete portati voi al Governo questi qui! Li hai portati tu!

GIANPAOLO DOZZO. Losurdo, stai calmo!

PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, per cortesia.

GIANPAOLO DOZZO. Stai calmo, stai calmo! Non farti espellere!
Non devi venire a dire a noi come far politica, l'abbiamo sempre fatta.
Guarda che, mentre tu eri impegnato in qualcos'altro, ben quattro anni fa noi abbiamo sollevato il problema delle quote latte, anche votando contro, caro Losurdo (e tu hai votato a favore), la legge n. 46 del 1995...

STEFANO LOSURDO. Non ero neanche deputato, come potevo votare?

PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, per cortesia, non si faccia richiamare all'ordine!

GIANPAOLO DOZZO. La collega Poli Bortone se ne ricorderà benissimo, anche


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in considerazione delle dichiarazioni rese all'epoca. Ricordo, peraltro, che lei votò contro quella legge!

STEFANO LOSURDO. Io non ero neanche deputato: l'ha votata Robusti!

PRESIDENTE. Onorevole Losurdo, o si siede al suo banco o, per piacere, lasci l'emiciclo!

STEFANO LOSURDO. No, me ne vado: ho già detto che non voglio essere presente!

PRESIDENTE. Buonasera!
Prego, onorevole Dozzo.

GIANPAOLO DOZZO. Dicevo che, fatta eccezione per la collega Poli Bortone, che espresse un voto contrario, il 99 per cento dei deputati del gruppo di alleanza nazionale votò a favore della legge n. 46 del 1995, relativa al famoso taglio del 74 per cento della quota B, quel taglio famoso che adesso tutti i produttori della Padania stanno scontando. Non penso di aver detto delle falsità!

ADRIANA POLI BORTONE. Siamo lì!

GIANPAOLO DOZZO. Vai a prenderti le votazioni: se vuoi, te le do!

ADRIANA POLI BORTONE. Ce l'ho!

GIANPAOLO DOZZO. Non dire questo: sai benissimo che hai fatto una battaglia all'interno del tuo partito e lo hai confermato anche questa mattina! Quindi non dire cose che non sono vere!
Dicevo che avevamo presentato degli emendamenti che proponevano la restituzione totale del superprelievo relativamente alle annate 1995-1996 e 1996-1997.
Non solo noi, ma anche la stessa commissione d'indagine (che dai colleghi della maggioranza si è detto che è stata voluta dal Governo Prodi, ma che io dico che è stata fortemente voluta dai produttori, che all'epoca erano scesi in piazza bloccando gli aeroporti), a pagina 236, se non sbaglio, ha detto una cosa molto semplice, vale a dire che il superprelievo è inesigibile. Quindi, le parole sono chiare. Non vedo come mai il Governo vada contro ciò che la commissione d'indagine governativa ha dichiarato con parole testuali. Per fare cosa? Per quanto riguarda la restituzione relativa al 1995-1996 e perché i veri produttori potevano così costituire una custodia delle somme appunto trattenute a titolo di superprelievo, e quindi fare loro da primi acquirenti, abolendo il sostituto d'imposta, che tanti malaffari ha creato, purtroppo, in questa gestione. Sappiamo benissimo infatti quanti primi acquirenti e quanti caseifici hanno acquistato latte proveniente tra triangolazioni tedesche, polacche e così via. Lo sappiamo benissimo, lo sanno tutti, però ancora una volta non si può e non si vuole, visto che questi produttori sono supercapitalizzati, restituire qualcosa che spetta loro di diritto.
Finora, in questo dibattito non ho sentito dire da parte di nessuno, nemmeno da parte del ministro, quale sia la vera produzione e commercializzazione del latte in Italia; infatti, finché non abbiamo questo dato, se non si sa quanto si sia commercializzato e prodotto, logica vuole che non si possano assolutamente trattenere somme non dovute.
Signor ministro, lei ha sbagliato allorquando, all'epoca della conversione in legge del decreto n. 440, è andato in Europa a dire alla Comunità: signori, la produzione per la campagna 1995-1996 è di tot milioni di quintali. Questo è stato il suo sbaglio. Lei doveva dire: la produzione preventivata è di tot milioni, ma stiamo procedendo agli accertamenti. Lei, convinto dagli uffici - anche perché era appena arrivato e non sapeva nemmeno cosa fossero le quote latte, me lo ricordo benissimo - è andato in Europa a dire questa fesseria (detto tra virgolette, me lo consenta). Dico che il ministro non sapeva cosa fossero le quote latte perché - è a verbale della Commissione, signor ministro...


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MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Quale verbale?

GIANPAOLO DOZZO. A verbale della sua prima audizione, quando ho sollevato il problema delle quote latte e lei mi ha detto: «Caro collega Dozzo, io non so cosa siano le quote latte ...»

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Lei sta mentendo. Lei non ha il diritto di mentire!

GIANPAOLO DOZZO. Signor ministro, è a verbale della Commissione! Come sempre, lei sta cambiando le carte in tavola! Lei non può dire questo, signor ministro!

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Lei sta mentendo!

GIANPAOLO DOZZO. È a verbale! È a verbale, signor ministro!.

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Lei sta mentendo! Presidente, lei non può consentire che io sia offeso!

GIANPAOLO DOZZO. È a verbale, signor ministro, che lei non sapeva cosa fossero le quote latte!

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Un verbale personale, che ha scritto lei! Queste cretinate non le ho mai dette! Io dico cose serie, delle quali mi assumo per intero la responsabilità.

GIANPAOLO DOZZO. Signor ministro, non si permetta! È a verbale della Commissione.

PRESIDENTE. Per cortesia, onorevole Dozzo...

GIANPAOLO DOZZO. È a verbale dell'audizione...

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, un minimo di correttezza nei confronti dell'onorevole ministro è dovuta!

GIANPAOLO DOZZO. Io sono stato correttissimo!

PRESIDENTE. No, lei non è stato corretto.

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Ormai sono sguinzagliati nell'insulto!

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, ho detto che la mia dichiarazione è nel verbale dell'audizione del ministro in sede di Commissione agricoltura, se non sbaglio nel giugno 1996. Può far verificare immediatamente da parte degli uffici se siano cretinate o meno! La invito a farlo subito, signor ministro!
Occorre definire in maniera chiara i compiti della commissione di garanzia; naturalmente staremo a vedere da quali persone sarà formata.
Da ultimo, vi è il problema dell'eliminazione delle priorità compensative agli obiettivi 1, alle zone svantaggiate e alle isole, di cui all'emendamento 3.6, da me presentato insieme al collega Anghinoni. In questa situazione, infatti, non riteniamo giusto che vi siano ancora delle priorità, visto che non vi è assolutamente certezza di diritto per altri produttori.
Concludo, signor Presidente, sottolineando come sia strano che il ministro ancora una volta si sia rimangiato le parole e le buone intenzioni che aveva espresso in uno dei tanti suoi interventi. Non vorrei che questa prassi si fosse consolidata, perché sono sicuro che sarebbe la fine della nostra agricoltura, in particolare per quei giovani agricoltori che in questo momento stanno combattendo una giusta battaglia e che, come diceva il presidente Pecoraro Scanio, sono pronti ad affrontare le sfide con l'Europa.

ADRIANA POLI BORTONE. Chiedo di parlare per un chiarimento.


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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIANA POLI BORTONE. Presidente, poiché vorrei parlare per fatto personale, a norma dell'articolo 42, comma 2, del regolamento, essendo stata componente di un precedente Governo, gradirei sapere fin da ora quanto tempo ho a disposizione.

PRESIDENTE. Cinque minuti, onorevole Poli Bortone, ma potrà intervenire al termine della seduta.

SERGIO COLA. Chiedo di parlare per un richiamo agli articoli 116 e 85 del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. L'articolo 116 del nuovo regolamento recita testualmente al comma 1: «Se il Governo pone la questione di fiducia sull'approvazione o reiezione di emendamenti ad articoli di progetti di legge» (è il caso che ci occupa in questa circostanza) «non è modificato l'ordine degli interventi e delle votazioni stabilito dal regolamento». Devo ritenere che il comma 1 dell'articolo 116 faccia espresso riferimento e rimandi all'articolo 85 e che, ai fini della disciplina degli interventi, rimandi automaticamente allo stesso articolo 85.
Orbene, l'articolo 85 così recita testualmente al comma 1: «Chiusa la discussione sulle linee generali si passa alla discussione degli articoli. Questa consiste nell'esame di ciascun articolo e del complesso degli emendamenti e articoli aggiuntivi ad esso proposti». I commi 2, 3 e 4 stabiliscono il termine degli interventi e il diritto che ciascun deputato ha di intervenire. Sul complesso degli emendamenti, il comma 2 dell'articolo 85 recita testualmente: «Ciascun deputato può intervenire nella discussione una sola volta per non più di venti minuti (...)». Il comma 3 dà a ciascun deputato la facoltà di intervenire per un tempo ridotto di 5 minuti su ciascun emendamento e si riferisce ai firmatari degli stessi emendamenti.
Il quesito che pongo è il seguente. Siamo nell'ambito di una pratica molto recente del nuovo regolamento, quindi ci troviamo di fronte a questioni che si pongono per la prima volta. Chiedo alla Presidenza se una Conferenza dei capigruppo possa o meno derogare a quanto dettato dall'articolo 85, facendo rientrare in questa deroga tutto il gruppo, e se tutto questo si concili o meno con il dettato dell'articolo 85 stesso, che fa riferimento a ciascun deputato. Chiedo cioè se si debba ritenere compressa la facoltà o il sacrosanto diritto dei singoli deputati di intervenire sul complesso degli emendamenti a prescindere dall'appartenenza ad un gruppo.
Mi sembra che questo sia un quesito legittimo, che va al di là di quelli che possono essere gli accordi o le intese che emergono nel corso della Conferenza dei capigruppo. Ritengo inoltre che la questione riguardi il mandato parlamentare considerato uti singulus e non come appartenenza ad un gruppo parlamentare.
Mi pare che i termini del problema siano chiari e desidererei in proposito un'esaustiva risposta da parte sua.

PRESIDENTE. Le darò una risposta - non so se esaustiva - ma se me lo consente, onorevole Cola, vorrei fare una piccola premessa. Se lei fosse stato presente, o avesse ascoltato il Presidente della Camera alla ripresa dei lavori non avrebbe posto la questione. Se mi è consentito un «latinetto» liceale multa renascentur quae iam cecidere.

SERGIO COLA. Melius re perpensa!

PRESIDENTE. Lei ha riproposto questioni già chiuse. Alla ripresa della seduta, infatti, il Presidente della Camera ha letto quanto segue (rispondo così al primo dei suoi quesiti): «Avendo il Governo posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti dell'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 4454


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sulle quote latte, nel testo trasmesso dal Senato, la discussione prosegue a norma dell'articolo 116, comma 2, del regolamento, secondo l'interpretazione a suo tempo fornita dal Presidente della Camera, su conforme parere della Giunta per il regolamento nella seduta del 23 gennaio 1980, e costantemente seguita nei casi successivi. Possono quindi intervenire i presentatori degli emendamenti che intendano illustrarli, per un tempo che la prassi individua in 30 minuti, considerando che la discussione assume un carattere politico generale che la colloca al di fuori delle previsioni dell'articolo 85».
In secondo luogo, è pur vero che siamo sotto il regime di un nuovo regolamento, ma sappiamo benissimo che vi sono parti innovate e parti confermate. Il comma che lei ha letto non è innovativo ma è rimasto immutato. Sulla base di questa disposizione rimasta immutata le debbo ricordare, dato che non c'è più l'onorevole Caruso, che per così dire con una certa vivacità ha dichiarato che non vi erano precedenti, che l'ultimo precedente in ordine di tempo è del 24 febbraio 1997, Presidenza del Presidente Violante, il quale affermò: «Dopo la posizione della questione di fiducia potranno prendere la parola i presentatori degli emendamenti per una sola volta e per un tempo non superiore ai venti minuti. È evidente peraltro che, essendo finalizzati tali interventi all'illustrazione degli emendamenti, l'intervento di un deputato che sia presentatore di più emendamenti comporta che sui medesimi non possano ulteriormente intervenire gli altri cofirmatari». Un altro precedente più recente, identico, è del 20 maggio 1997...

SERGIO COLA. Presidente...

PRESIDENTE. Non posso aprire una discussione su questo...

SERGIO COLA. Presidente...

PRESIDENTE. No, onorevole Cola, lei mi ha chiesto un chiarimento e gliel'ho dato. Non posso derogare al regolamento. Se vuole ne parleremo fuori...

SERGIO COLA. Chiedo di parlare...

PRESIDENTE. No...

SERGIO COLA. Non mi fa parlare...

PRESIDENTE. No, non la faccio parlare su questa questione.

SERGIO COLA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. No, mi scusi, onorevole Cola, lei aveva il diritto di chiedere...

SERGIO COLA. Io ho il sacrosanto diritto di presentare un nuovo richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Sì. Su questa questione ha posto un problema. Nei limiti che sapevo le ho dato una risposta e su tale questione non posso tollerare un nuovo intervento. Su altre questioni ha facoltà di parlare.

SERGIO COLA. Chiedo di intervenire per richiamo al regolamento in relazione ad una questione che non è la stessa posta in precedenza. Quando dice no, Presidente, deve anche far porre la questione nei giusti termini. Proprio in relazione a quello che lei ha detto, chiedo di parlare per richiamo all'articolo 116, comma 2, che non ho assolutamente richiamato in precedenza per chiedere...

PRESIDENTE. Lei lo ha richiamato e lo ha letto!

SERGIO COLA. Il comma 2 dell'articolo 116, no!

PRESIDENTE. Onorevole Cola, non scherziamo, lei lo ha letto!

SERGIO COLA. Ho letto il comma 1 dell'articolo 116, con richiamo all'articolo 85. Una richiesta cortese, Presidente, senza alcun tipo di polemica.
Ritengo che per la verità il precedente, la decisione adottata nel 1997 - e una


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sola; il funzionario giustamente diceva che ce ne erano due precedenti e non tre - non può assolutamente essere «Vangelo» e sostituirsi all'interpretazione corretta del regolamento, perché può capitare - e lei che è un illustre giurista lo sa - che una interpretazione, sia sbagliata. Ora, solo perché vi è stata un'interpretazione non vedo perché questa interpretazione, debba divenire tralaticia e poi trasformarsi automaticamente in «legge». No, assolutamente no, questa è una concezione che noi non potremmo giammai accettare.
Il motivo del mio intervento invece è diverso. Dalla sua cortesia di giurista, soprattutto, con la collaborazione dell'illustre funzionario che le sta accanto, vorrei sapere da che cosa si tragga la necessità o la via obbligata per cui deve essere solamente un deputato ad intervenire, quando il secondo comma dell'articolo 116 recita testualmente così: «Se il Governo pone la questione di fiducia sul mantenimento di un articolo, si vota sull'articolo dopo che tutti gli emendamenti presentati siano stati illustrati», e basta. Se volesse chiarirmi la interpretazione - perché lei ha richiamato l'articolo 116, secondo comma - per la quale debba essere un solo deputato ad intervenire, io mi dichiarerei soddisfatto.

PRESIDENTE. Vede, onorevole Cola, le dirò poi il mio pensiero, però le debbo contemporaneamente dire che non trovo corretto che, avendo il Presidente della Camera letto in aula questa decisione, si pongano simili questioni alla fine della seduta. Avrebbero dovuto essere poste non appena il Presidente della Camera ha letto questa dichiarazione.

SERGIO COLA. Ora ne è nata l'esigenza!

PRESIDENTE. No, per piacere! Da buoni avvocati sappiamo che con questa tesi non ci sarebbe mai decadenza dei termini, se io posso impugnare l'atto presupposto ogni volta che c'è la lesione. Quando il Presidente della Camera ha letto questa disposizione, in quel momento avrebbe dovuto esporre il problema.
Ad ogni modo, se lei vuole la mia personale interpretazione, la decisione nasce da questo: siccome si tratta di una illustrazione di emendamenti che non serve più agli effetti di una deliberazione, ma agli effetti della conoscenza delle ragioni che avevano portato alla presentazione di quegli emendamenti, l'intervento da parte di un solo deputato vale per illustrare tutti gli emendamenti. Questa è la mia personale opinione.

SERGIO COLA. È comprensibile, ma non soddisfacente.

PRESIDENTE. Però, francamente, le dico che la questione, se lei mi consente, è stata posta in un momento sbagliato.

SERGIO COLA. Capisco le sue ragioni, Presidente.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti, ai sensi dell'articolo 116, comma 2, del regolamento.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani, che inizierà alle ore 17 con le dichiarazioni di voto. Successivamente, avrà luogo la votazione sulla questione di fiducia.

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