Seduta n. 295 del 13/1/1998

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(Iscrizione scolastica bambini non vaccinati)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Boato n. 2-00673 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 7).
Mi scuso con la sottosegretario Rocchi per questo scambio nell'ordine delle risposte.
L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

MARCO BOATO. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

CARLA ROCCHI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Presidente, risponderò facendo riferimento ad una precisa sequenza di fatti che hanno determinato le ragioni dell'interpellanza ed anche di un'interrogazione presentata dall'onorevole Cento sullo stesso argomento (come risulta dai documenti in mio possesso).
La questione della obbligatorietà delle vaccinazioni prende le mosse da lontano. L'allora ministro Garavaglia ed il Governo del quale faceva parte adottarono un decreto-legge che consentiva l'accesso a scuola, e quindi il diritto all'istruzione, senza vincolarlo all'obbligatorietà delle vaccinazioni. Tale provvedimento, per vicende parlamentari, non fu convertito in legge. Pertanto, a partire da quel momento, si è dovuto tenere contro del fatto che la sensibilità manifestata sul problema non era stata tradotta in un atto legislativo.
A partire dall'insediamento dell'attuale Governo, chi vi parla ha sollecitato il ministro Berlinguer ad emanare una circolare - ciò è avvenuto nel 1996 - volta a consentire agli allievi l'accesso alla scuola senza che esso fosse necessariamente vincolato all'obbligo delle vaccinazioni. Rispetto a tale situazione, che peraltro non ha determinato alcun effetto negativo nel senso che non abbiamo assistito ad alcuno degli eventi paventati (epidemie o quant'altro), nel tempo si sono verificati due eventi: uno negativo, a mio modo di vedere, cioè un pronunciamento restrittivo del Consiglio di Stato teso, anche se ovviamente si tratta di un parere consultivo, a ribadire il divieto di accesso alla scuola dei ragazzi non vaccinati; un altro che rappresenta un'indicazione precisa da parte dell'autorità giudiziaria che ha assolto genitori che si erano rifiutati di far vaccinare i propri figli, avverso i quali era stato avviato un procedimento giudiziario.
Dunque, da una parte il Consiglio di Stato ribadisce l'obbligo delle vaccinazioni; dall'altra, la giustizia ordinaria ha ritenuto non perseguibili penalmente quei genitori che non si adeguino all'obbligo della vaccinazione.
A fronte di tale scenario, il Ministero della pubblica istruzione ha emanato, nel 1997, una seconda circolare restrittiva rispetto a quella precedente, giacché in essa si tiene conto del parere del Consiglio di Stato anche se correttamente viene richiamato il fatto giudiziario del quale ho dato notizia, e si prevede per l'accesso a scuola degli allievi una certificazione che può essere rilasciata non solo dall'unità sanitaria locale di riferimento ma anche dal pediatra che ha in cura il bambino.
Tale situazione ha determinato un alleggerimento rispetto all'obbligo secco di vaccinare i bambini per consentire il loro accesso a scuola (giustamente, gli onorevoli deputati si sono anche interrogati sulla valenza costituzionale di una situazione di questo genere). Va inoltre ricordato che spesso il pediatra non è sempre in grado di conoscere in anticipo le possibili conseguenze di un vaccino su un bambino, anche perché determinati effetti si verificano a posteriori e non vengono riferiti. È della scorsa settimana la notizia, divulgata dai giornali, di una bambina che, a seguito di una vaccinazione, è


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rimasta paralizzata. Si tratta dell'ennesima «perla» che fa parte di una collana che dovrebbe inquietare tutti noi e certamente inquieta molto chi vi parla.
Ciò detto, ho chiesto al ministro della sanità, già all'inizio dell'attuale legislatura, di costituire una commissione (avevo chiesto al ministro che di essa potessero far parte anche rappresentanti del Ministero della pubblica istruzione) con il compito di rivedere la materia, anche perché gli stessi addetti ai lavori, gli stessi medici, per quanto riguarda i vaccini, lamentano la persistenza di una disciplina non adeguata ai tempi. Per dirla in maniera più esplicita, sono obbligatorie vaccinazioni che vengono considerate ormai superflue, e non vengono prese in considerazione vaccinazioni che potrebbero avere una reale funzionalità.
Siamo, tra l'altro, di fronte ad un obbligo di vaccinazione che produce mediamente ogni anno un numero elevato di danni fisici irreversibili ai bambini vaccinati. Questo è un dato molto importante, cioè il fatto che lo Stato è nella condizione di non poter prevedere danni fisici a bambini. Non sono a mio avviso fondate le preoccupazioni che vedrebbero, in assenza di vaccinazione, chissà quali scenari apocalittici di epidemia, anche perché la richiesta di esenzione dalle vaccinazioni, durante la vigenza del decreto-legge Garavaglia e nei momenti successivi fino al 1996, ha consentito ad un numero relativamente ridotto di bambini di accedere alla scuola, all'interno di una comunità nella sua stragrande maggioranza vaccinata. Nessun danno, quindi, alla comunità ed all'interesse sanitario collettivo, ma salvaguardia dagli effetti indesiderati delle vaccinazioni rese obbligatorie.
Prendo atto con rammarico del fatto che il Ministero della sanità non ha ancora dato segnali al dicastero della pubblica istruzione nella direzione della costituzione della commissione. Da notizie informali apprendevo essere questa commissione in via di costituzione; le stesse notizie mi dicevano anche che nessuno del Ministero della pubblica istruzione era stato chiamato a farne parte. Questo è uno scenario che non lascia immaginare una modifica a breve del quadro all'interno del quale si collocano l'interpellanza e l'interrogazione cui faccio riferimento. Ciò detto continuo ad essere convinta della necessità di porre mano alla materia, tanto che mi domando, benché quello che affermo sia molto irrituale, se non debba essere il Parlamento, di fronte allo scenario che ho descritto, a riprendere i punti che avevano dettato il decreto Garavaglia.
È evidente quindi che la mia risposta all'interpellanza ed all'interrogazione in oggetto è interlocutoria, perché - debbo rilevarlo - condivido totalmente le argomentazioni contenute in quegli strumenti ispettivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00673.

MARCO BOATO. Signor Presidente, debbo francamente ringraziare il sottosegretario alla pubblica istruzione, senatrice Carla Rocchi, per l'irritualità della sua risposta, come lei stessa ha detto. Non è infatti consuetudine né si verifica spesso in quest'aula che un rappresentante dell'interlocutore Governo esca in qualche modo dagli schemi rigidi della ritualità secondo cui l'atto ispettivo riceve una risposta, scritta in genere dagli uffici, che il rappresentante del Governo recita ritualmente nell'aula cui segue la soddisfazione o l'insoddisfazione del deputato interrogante od interpellante. Ringrazio pertanto sinceramente, come dicevo, la collega Carla Rocchi per aver adottato uno stile problematico, che in sintesi mi permette di svolgere considerazioni che cercherò poi di motivare, sia pure brevemente.
Piena soddisfazione, quindi, per la risposta che il sottosegretario Rocchi ha dato alla mia interpellanza; insoddisfazione profonda, di lunga data, che non riguarda solo l'attuale esecutivo - ma adesso questo è l'interlocutore che ho di fronte e si tratta del mio Governo, quello che sostengo con il mio voto - per la


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situazione attuale per quanto riguarda la capacità di rispondere al problema delle - chiamiamole così - obiezioni di coscienza che si manifestano nel nostro paese rispetto all'obbligatorietà indiscriminata delle vaccinazioni, fino al punto di espellere dal diritto all'istruzione quei bambini che non siano stati vaccinati.
Il sottosegretario Rocchi ha anche ricostruito vicende precedenti, una delle quali riguarda il decreto Garavaglia, credo reiterato una o due volte e poi non convertito in legge, che comunque si era fatto carico in qualche modo, sia pure parzialmente, di dare una via d'uscita a questa situazione paradossale, e l'inerzia che allo stato, fino a questo momento, ha purtroppo caratterizzato non tanto in questo caso il Ministero della pubblica istruzione (oggi da me interpellato perché il mio strumento ispettivo riguarda la questione dell'espulsione dei bambini dalle scuole), ma il dicastero della sanità - d'altra parte c'è una collegialità anche di Governo che è stata richiamata poco fa - che dovrebbero assumere iniziative al riguardo.
Siamo l'unico paese, oltre alla Francia, ad avere una serie così ampia di vaccinazioni obbligatorie. Non la faccio lunga, ma in modo assolutamente sintetico voglio ricordare cosa succede in altri Stati europei, sapendo che all'interno dei vari paesi vi sono normative particolari.
In Austria le vaccinazioni sono su base esclusivamente volontaria; in Belgio è obbligatorio solo il vaccino antipoliomelitico, mentre tutte le altre vaccinazioni sono facoltative. In Danimarca tutte le vaccinazioni sono facoltative e prima ho parlato dell'analogia della Francia con l'Italia (non totale perché nel primo paese non è obbligatoria la vaccinazione antiepatite B introdotta da De Lorenzo). In Germania, in Gran Bretagna e in Irlanda tutte le vaccinazioni sono volontarie; lo stesso può dirsi in Lussemburgo, fatta eccezione per alcune categorie professionali che si possono considerare a rischio e per le quali alcune vaccinazioni diventano obbligatorie. In Olanda esse sono tutte facoltative ed in Portogallo sono obbligatorie alcune, mentre altre sono volontarie. In Spagna le vaccinazioni non sono obbligatorie, anche se in alcuni casi viene richiesto il certificato. In Svizzera - che fa parte dell'Europa, ma non dell'Unione europea - le vaccinazioni sono determinate dalle autorità cantonali, che indicano quali debbano essere eseguite obbligatoriamente: allo stato sono tutte volontarie, con l'eccezione dell'antidifterica nei cantoni di lingua italiana e francese.
Questo è il panorama - sia pure esposto in modo assolutamente sintetico - della realtà dell'Unione europea ed anche dell'Europa (ho citato la Svizzera): l'Italia - e parzialmente la Francia - è un caso totalmente difforme.
Il sottosegretario Rocchi ha giustamente ricordato, sia pure non facendo una epidemiologia sistematica, casi - ahimè, ne conosco alcuni, anche personalmente, drammatici - di bambini incautamente vaccinati, che hanno riportato conseguenze gravissime per la loro salute (ma vi sono stati anche casi di morte).
Che questa sia una situazione normativa assolutamente inadeguata, anche e particolarmente rispetto alle acquisizioni scientifiche, totalmente difforme dal resto della realtà europea, mi pare emerga chiaramente dall'odierna interlocuzione con il Governo, oltre che da un'amplissima documentazione che ho davanti a me, ma che cito solo sommariamente.
Quello che è più grave, signor Presidente e signor rappresentante del Governo - questo rappresentante del Governo, che ha interloquito in modo problematico ed irrituale, ne è consapevole - è che, quando i genitori si fanno carico delle preoccupazioni per la salute dei propri figli, che sono peraltro fondate scientificamente, sul piano medico e comunque su casi conosciuti che si sono verificati in molte realtà, al punto da non farli vaccinare totalmente o parzialmente, tali bambini vengano esclusi dalla scuola, cioè dal diritto all'istruzione, che è costituzionalmente garantito: questo è francamente inaccettabile in uno Stato democratico!
Io che sono un deputato dell'Ulivo, e dunque della maggioranza, esprimo la mia

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profonda insoddisfazione per l'inadeguatezza della risposta istituzionale che il Governo pro tempore, questo Governo, sta dando e, al tempo stesso, la mia soddisfazione che vi sia un membro coraggioso di questo esecutivo, che in qualche modo pone esplicitamente in aula, rispondendo ad uno strumento del sindacato ispettivo, la necessità di intervenire anche per iniziativa parlamentare.
Il gruppo dei verdi ha presentato in questa legislatura una proposta di legge al riguardo che reca il n. 3757. Credo che ne siano state presentate anche al Senato dal senatore Lavagnini del gruppo dei popolari. In precedenti legislature altri colleghi parlamentari (ed io stesso) hanno presentato strumenti di iniziativa legislativa.
È chiaro a tutti che è assai difficile che il Parlamento possa approvare disegni o proposte di legge di modifica di questa disciplina così rigidamente e ciecamente restrittiva se non c'è, da parte dell'autorità sanitaria nazionale e del Governo, la capacità di interloquire e di assumere un'iniziativa adeguata al riguardo.
Signor Presidente, esiste in Italia addirittura un movimento, non nel senso politico della parola, vale a dire il coordinamento del movimento italiano per la libertà di vaccinazione, che riunisce migliaia e migliaia di genitori e anche molti medici e operatori sanitari che cercano di sensibilizzare su tale questione; esiste però una barriera il più delle volte insormontabile.
Non voglio aprire qui strumentalmente un dibattito sul caso Di Bella, che in questi giorni riempie gli organi di informazione televisivi e giornalistici, ma qualche connessione esiste. Non do mai giudizi sommari, e non ne esprimo neanche in questo caso, ma c'è troppa rigidità nell'affrontare le questioni del diritto alla salute, del rapporto con il proprio corpo e con quello dei propri familiari, nonché il problema della cura, della salute, delle terapie o delle prevenzione, in modo che non siano rigidamente imposte da interessi talvolta parascientifici o talvolta anche industriali e farmaceutici.
Infatti, quella delle vaccinazioni è una gigantesca industria. Non voglio fare polemica di basso livello, come avviene da qualche parte, sul fatto che l'ultima vaccinazione imposta solo in Italia, l'antiepatite B, è stata introdotta all'epoca da un ministro che ora non gode di grande fama, De Lorenzo; infatti, alla fine l'ha approvata il Parlamento, in realtà una Commissione in sede legislativa, senza un vero dibattito (sappiamo come fare quando in Parlamento si vuol far approvare una leggina in fretta). Ripeto, è il Parlamento che l'ha approvata, su proposta di quello sciagurato ministro; ma non voglio infierire, perché sarebbe addirittura inelegante da parte mia (Commenti del deputato Cola). Sono molto attento, collega, al rispetto delle persone, anche nei confronti di quelle cadute in disgrazia; la disgrazia però resta, nel nostro paese, per gli effetti che ha prodotto.
Ripeto, non voglio cogliere questa occasione - l'ho fatto soltanto in amplissima sintesi - per affrontare la totalità di questa materia; chiedo al rappresentante del Governo - che ha dimostrato così acuta sensibilità, in modo così problematico ed anche esponendosi politicamente in questo momento, rispondendo nel modo in cui ha risposto - che questa questione sia collocata in una più generale, concernente il modo di affrontare il diritto alla salute nel nostro paese. Esistono sospetti sulle medicine non convenzionali, su ciò che non è asseverato non dalla scienza ma da un certo tipo di scienza, che io non demonizzo affatto e di cui anzi molte volte mi avvalgo personalmente; c'è un modo vecchio, autoritario e dogmatico di affrontare questi problemi. Se poi questo modo si traduce in normative che addirittura vengono interpretate, magari sulla scorta di uno sciagurato parere del Consiglio di Stato, che al riguardo non è infallibile e che comunque dà pareri, in modo tale da imporre addirittura l'esclusione dei bambini dalla scuola, questo è inaccettabile, in uno Stato di diritto, dove il diritto all'istruzione e

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quello alla salute sono sanciti come fondamentali nella prima parte della Costituzione.
Per questi motivi concludo nello stesso modo in cui ho iniziato: esprimo la mia soddisfazione per la risposta della senatrice Rocchi, che ringrazio, in rappresentanza del Governo ed esprimo la mia insoddisfazione per l'incapacità attuale anche di questo Governo, come in parte è stato dei precedenti (con l'eccezione del decreto Garavaglia già citato), di affrontare la materia; e poiché l'interpellanza è qualcosa di più di un'interrogazione, eventualmente la tradurrò anche in ulteriori strumenti (una mozione di indirizzo al Governo), ma vorrei usare questa conclusione per dare forza alla volontà già espressa da parte del rappresentante del Ministero della pubblica istruzione prima di tutto per gli aspetti che riguardano il diritto dei bambini all'istruzione e a non essere espulsi dal sistema scolastico. Più in generale, vorrei che il Governo si facesse carico di adottare una normativa più adeguata ad affrontare una questione che, ripeto, può anche essere oggetto di una iniziativa parlamentare (chi vi parla e il gruppo cui appartengo ha assunto tale iniziativa), ma rispetto alla quale è evidente che non può venir meno una responsabilità dell'autorità governativa, che dovrebbe avere strumenti di conoscenza, di informazione e di indirizzo più adeguati di quelli di cui dispongono i singoli gruppi parlamentari.

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