Seduta n. 186 del 5/5/1997

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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 marzo 1997, n.79, recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica (3489) (ore 15,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 marzo 1997, n.79, recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica.
Ricordo che nella seduta del 28 aprile si è svolta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Governo ha presentato l'emendamento Dis. 1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, del quale la Presidenza ha verificato l'ammissibilità (vedi l'allegato A).
Avverto inoltre che su tale emendamento il Comitato dei nove della Commissione bilancio ha espresso parere favorevole.
Con riferimento agli emendamenti Armani 14.41 e Teresio Delfino 14.42, sui quali questa Presidenza si era riservata un ulteriore giudizio dopo la dichiarazione di inammissibilità espressa dal presidente della Commissione bilancio, sentite le ragioni dei presentatori e del Governo, comunico che è stata presentata una nuova formulazione degli emendamenti stessi.
Giudico ammissibili gli emendamenti in questa nuova formulazione, nonché la compensazione n.2, anche se essa risolve solo in parte le eccezioni sollevate dal rappresentante del Governo. Resta in particolare aperto il problema...
Chiedo scusa, colleghi, è una questione di non secondaria importanza. Onorevole Armani, riguarda proprio il testo di un suo emendamento!
Come dicevo, resta in particolare aperto il problema della valutazione degli effetti degli emendamenti alla stregua delle regole adottate per il computo dell'obiettivo del limite massimo del disavanzo, conseguente al Trattato di Maastricht.
La Presidenza ritiene che tali regole siano sotto ogni aspetto giuridicamente rilevanti e che debbano essere certamente applicate come parametro di ammissibilità degli emendamenti.
Tuttavia, a tal fine è necessario che esse siano previamente precisate e comunicate ai gruppi parlamentari ed ai singoli deputati, come è sempre avvenuto per le regole di ammissibilità degli emendamenti fino ad ora consolidate.
La Presidenza si farà carico di procedere in questo senso, prima dell'avvio della prossima manovra di bilancio, riservandosi di assumere gli opportuni contatti con la Presidenza del Senato per una comune iniziativa verso il Governo.
Ha facoltà di replicare il relatore, presidente Solaroli.

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Signor Presidente, essendo io un relatore un po' particolare...

GIUSEPPE TATARELLA. In che senso?

BRUNO SOLAROLI, Relatore. ...quindi, nel rispetto della funzione istituzionale che ho svolto portando il provvedimento in aula, dopo l'andamento dei lavori nella Commissione bilancio, e considerato il


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ruolo che ho assunto nella discussione sulle linee generali in aula, rinuncio alla replica.
Ovviamente, ho ascoltato le considerazioni e le osservazioni critiche che sono state formulate, però credo che, nel rispetto del mio ruolo di relatore istituzionale, io debba - ripeto - rinunciare alla replica.

PIETRO ARMANI. Potrei avere il testo che lei ha letto poco fa, Presidente?

PRESIDENTE. Glielo faccio avere immediatamente, onorevole Armani.

ELIO VITO. Il Comitato dei nove non si è pronunciato sull'emendamento!

LUCA DANESE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA DANESE. Signor Presidente, lei ha dato per acquisito il fatto che il Comitato dei nove si sia espresso favorevolmente sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo, mentre non è così, perché il Comitato dei nove non lo ha potuto neanche esaminare. Ci è stato detto che l'emendamento era sottoposto all'esame della Presidenza per l'ammissibilità, quindi il Comitato dei nove non ha preso visione dell'emendamento su cui il Governo porrà la fiducia.

PRESIDENTE. La ringrazio. Se così fosse si tratterebbe di un gravissimo errore degli uffici, i quali invece mi hanno comunicato che il Comitato si era pronunciato. Presidente Solaroli, la prego di chiarire la questione.

ELIO VITO. Allora sospendiamo la seduta!

PRESIDENTE. Ascolti il presidente Solaroli, onorevole Vito. Siamo all'inizio della settimana, se comincia così, come arriva a giovedì?

ELIO VITO. Sono calmissimo!

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Vorrei precisare che ho convocato il Comitato dei nove alle 14,45, appunto per esaminare eventuali emendamenti o subemendamenti ad emendamenti sui quali era stato già espresso parere favorevole, che potevano essere presentati prima della discussione in aula. In quella sede abbiamo preso in esame il testo originario più le modifiche apportate dalla Commissione bilancio. Contemporaneamente (era presente il sottosegretario Macciotta) abbiamo appreso che era stato presentato dal Governo un maxiemendamento che recepiva il testo base frutto del lavoro della Commissione bilancio. Il sottosegretario Macciotta ci ha illustrato le ulteriori modifiche introdotte, che mantenevano fermo l'impianto del testo approvato dalla Commissione bilancio ed abbiamo preso atto di tutto questo, anche perché di più non potevamo fare, non essendoci ancora pervenuto regolarmente...

PRESIDENTE. Allora non è esatto che il Comitato dei nove ha espresso il parere!

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Il Comitato dei nove ha esaminato l'emendamento illustrato verbalmente.

PRESIDENTE. Presidente Solaroli, mi deve dire «sì» o «no».

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Dal punto di vista formale la risposta è «no».

ALFREDO BIONDI. La forma è sostanza in questo caso (Commenti del deputato Pisanu)!

PRESIDENTE. Chiedo scusa, sono incorso in un errore. Sospendo la seduta fino alle 16,15 per consentire la riunione del Comitato dei nove affinché esprima il parere sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo.


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La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,15.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, presidente Solaroli.

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Presidente, la ringrazio innanzitutto per avermi consentito di riconvocare il Comitato dei nove.

PRESIDENTE. Era un dovere, non una facoltà da parte mia!

BRUNO SOLAROLI, Relatore. Mi consenta comunque di ringraziarla, perché ci ha consentito di riprendere in esame l'emendamento del Governo e di farlo avendo questa volta il testo a disposizione. Ricordo infatti che avevamo già svolto l'esame nella seduta precedente del Comitato dei nove, anche se sulla base del testo originario più le modifiche apportate dalla Commissione bilancio, ascoltando inoltre, per via orale, dal sottosegretario Macciotta, le modifiche introdotte dal Governo. Non avevamo quindi potuto completare o esaurire fino in fondo l'esame che, a questo punto è completo anche sul piano formale. Esprimo quindi il parere favorevole a maggioranza del Comitato dei nove sull'emendamento presentato.

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Intervengo richiamandomi anche all'articolo 72 e ad altri che riguardano le competenze delle Commissioni per rilevare - perché ne resti comunque una traccia a verbale - che l'Assemblea è stata oggetto di una informazione falsa, perché era stato dato per acquisito un parere - per giunta favorevole - sul maxiemendamento da parte del Comitato dei nove che invece si è accertato, solo dopo l'eccezione sollevata dai rappresentanti dell'opposizione, non essere stato mai espresso; tant'è che poi si è dovuto riunire il Comitato dei nove.
Questo comportamento è molto grave in presenza inoltre di una procedura già molto forzata, poiché ci troviamo di fronte ad una manovra che è stata bocciata in Commissione e sulla quale verrà annunciato tra breve un voto di fiducia. Credo che sia un dato molto grave!
Ribadisco, quindi, che l'Assemblea ha avuto una informazione falsa e credo che su questo il Presidente - che evidentemente o ha dato una informazione falsa o ha subito una informazione falsa - debba poi rispondere all'Assemblea sul come, sul perché e sul chi è stato all'origine di una tale informazione in ordine a procedure importanti, visto che il maxiemendamento è stato, sia pure frettolosamente e dopo l'eccezione sollevata, esaminato dal Comitato dei nove. Questo ci sembra un ulteriore aspetto procedurale che deve essere denunciato in questa sede, soprattutto in vista delle probabili decisioni che da qui a qualche attimo verranno annunciate da parte del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, la sua denuncia non è necessaria, avendo il Presidente della Camera detto per primo che l'informazione era scorretta.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'impostazione che è stata data dal Governo fin dalla presentazione al Parlamento del documento di programmazione economico-finanziaria per il 1997-1999 è quella di una soluzione di fondo dei problemi che hanno fin qui segnato il funzionamento del sistema economico italiano, affrontando i nodi essenziali del settore pubblico. Se il Governo avesse seguito una logica puramente contingente a fronte di un avanzo primario di bilancio che si trova da anni su cifre che hanno pochi riscontri in Europa, si sarebbe potuto sostenere che il risanamento era di fatto in gran parte compiuto e che


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comunque si poteva lasciare al tempo di provvedere. In realtà, il Governo ha adottato una linea fondata sulla realizzazione di condizioni di efficienza del sistema, mirando nel contempo ad una maggiore equità nella creazione e distribuzione della ricchezza. È per questo che l'azione del Governo si è concentrata, sin dal documento di programmazione economico-finanziaria dello scorso anno, sulle riforme, a cominciare da quella del fisco, per arrivare a quella della organizzazione della pubblica amministrazione e della razionalizzazione dei processi di formazione, presentazione ed attuazione del bilancio statale.
Questa linea si è fusa con l'«obiettivo Europa». È questa una scelta che il Governo ha fatto definitivamente nel settembre scorso, che aveva già preannunciato nel documento di programmazione economico-finanziaria e che volge a far sì che l'Italia possa partecipare sin dall'inizio alla costituzione dell'unione economica e monetaria.
Queste scelte di Governo hanno trovato, come è a tutti noto, una reazione positiva nell'economia, rappresentata dal forte calo dei prezzi, dalla discesa dei tassi di interesse, che sono la risposta che il funzionamento delle forze di mercato interne ed internazionali hanno dato all'impostazione della politica economica del Governo.

FILIPPO MANCUSO. Un falsario!

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Il Governo è consapevole che le misure presentate nella manovra correttiva al vostro esame non hanno, per la maggior parte, natura permanente, anche se l'effetto di molte di esse va al di là dell'esercizio in corso; tuttavia, come ho sopra accennato, occorre aver presenti due aspetti. Il primo è la scelta di anticipare il raggiungimento dell'obiettivo del 3 per cento nel 1997 rispetto all'impostazione precedente, che vedeva questo obiettivo fissato per il 1998. In sostanza, mentre si costruiva un ponte definitivo che ci allacciasse all'Europa, si è proceduto a costruire una parte del ponte provvisorio per anticipare l'ingresso in Europa nel 1997, cioè fin dalla costituzione della moneta unica.
Secondo aspetto: la manovra proposta interviene nel quadro e dopo l'impostazione di profonde correzioni strutturali, organizzate nei disegni di legge collegati alla manovra per il 1997. Questi disegni di legge hanno visto il proprio compimento legislativo nelle ultime settimane con l'approvazione da parte del Parlamento (è in corso l'approvazione finale di una di queste riforme da parte del Senato), ma è già avvenuta l'approvazione della riforma del bilancio e delle misure in materia di riorganizzazione e decentramento dell'amministrazione pubblica. Queste si aggiungono alla riforma fiscale che il Parlamento ha già approvato a dicembre nell'ambito del provvedimento collegato.
Nell'anno in corso verranno varate tutte le norme delegate destinate ad incidere su profili cruciali del nostro sistema. Ha così inizio la tanto attesa innovazione del funzionamento della macchina fiscale, della semplificazione delle attività della pubblica amministrazione, della razionalizzazione dei processi di formazione e realizzazione del bilancio statale. Insisto su questi punti perché non bisogna accettare la critica che viene fatta, cioè che il Governo ha assunto solamente misure contingenti: le misure di riforma avranno piena efficacia dal 1998 ed è dal 1998 che esse incideranno sul comportamento degli operatori ed anche quantitativamente sul bilancio pubblico.
L'aggiornamento dei dati della finanza pubblica indicati nell'ultima relazione di cassa presentata ai primi di aprile ha permesso al Governo di riconsiderare con precisione maggiore lo scostamento dall'obiettivo definito con la legge finanziaria. Come sapete il divario è stato indicato nello 0,8 per cento, cioè una somma intorno ai 15.500 miliardi, rispetto al 3 per cento di disavanzo pubblico previsto dal Trattato di Maastricht. Le cause di questo scostamento sono state chiarite


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alla Commissione bilancio dal sottosegretario Giarda nel corso di audizioni e in un intervento svolto da chi vi parla.
In estrema sintesi, come è stato osservato, le nuove stime incorporano valutazioni più prudenziali degli effetti di alcuni interventi correttivi attuati con la manovra per il 1997; tengono altresì conto sia delle componenti permanenti delle maggiori spese prodotte rispetto alle previsioni del settembre 1996, sia della minor crescita del prodotto interno lordo.
Voglio comunque sottolineare come le componenti più dinamiche della spesa corrente nel 1996 e nel 1997 - mi riferisco in particolare agli oneri del personale e all'area delle prestazioni previdenziali e assistenziali - siano state generate da decisioni normative e contrattuali avvenute prima dell'avvio dell'attività di questo Governo.
Mi sembra comunque importante ricordare il grande progresso compiuto con la legge finanziaria per il 1997 già prima della presentazione delle misure oggi all'esame. Siamo cioè partiti da un rapporto di disavanzo rispetto al prodotto interno lordo che superava il 7 per cento ed a fine anno lo indicammo nel 7,4 per cento per il 1996. Dopo una riclassificazione per passare dall'impostazione del fabbisogno a quello dell'indebitamento della pubblica amministrazione, cioè il criterio previsto dalle norme comunitarie, si è riportato tale rapporto dal 7,4 al 6,7 per cento. Ora, stando alle previsioni effettuate dai nostri uffici tecnici e confermate dalle valutazioni formulate da istituzioni internazionali, mi riferisco in particolare a quella di Washington (il Fondo monetario internazionale) ed a quella di Bruxelles, si è nell'ordine del 3,8 per cento, prima della manovra proposta. Una riduzione di oltre 3,5 punti del fabbisogno rispetto al PIL di un paese è fatto - credo - che non ha precedenti in Europa, per lo meno negli ultimi decenni.
L'esame delle previsioni effettuate dal Governo ha dunque portato all'accertamento della differenza di cui parlavo e quindi all'esigenza di assumere provvedimenti. Se non avessimo proposto le misure oggi al nostro esame, si sarebbe dato un messaggio sbagliato, cioè che l'Italia, pur avendo ottenuto un così importante miglioramento, si contentava del 3,8 per cento per il 1997, implicitamente rinunciando all'obiettivo di partecipare sin dall'inizio all'unione monetaria europea.
La manovra al vostro esame, dunque, intende garantire il recupero integrale di tale scostamento. Le misure messe in campo sono di impatto immediato e sicuro nel 1997; nel decidere si è tenuto conto della situazione congiunturale di ancor debole crescita economica e quindi dell'opportunità di non incidere negativamente sulle aspettative.
È opportuno inoltre ricordare che l'approvazione del decreto-legge del 28 marzo ultimo scorso, al vostro esame, è stata contestualmente accompagnata dall'impegno, assunto dal Governo in sede di Consiglio dei ministri, di affrontare il problema dell'equilibrio di lungo periodo del sistema previdenziale nel quadro della riconsiderazione delle condizioni dello Stato sociale. Tutto ciò è stato confermato solennemente in Parlamento nel corso del dibattito sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio, che si è concluso con il recente voto di fiducia.
Il Governo, quindi, si è posto e si pone il problema di completare il quadro delle riforme strutturali, ponendosi l'obiettivo di assicurare la sostenibilità dell'attuale assetto. Il problema non poteva essere solo quello di assumere misure parziali quali sarebbero state necessariamente quelle adottate in una manovra del tipo di quella in esame. È una questione che deve essere affrontata in modo sistemico, perché ciò che interessa è un sostenibile equilibrio intertemporale. Questa è la verifica da fare; le conseguenze saranno valutate ed avranno incidenza - è bene ricordarlo - sulla dinamica della spesa e non sul suo livello.
Il quadro generale delle ulteriori misure strutturali che consentiranno di completare il processo di risanamento della finanza pubblica italiana sarà tracciato entro breve nel documento di programmazione economico-finanziaria per il

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triennio 1998-2000, che costituirà altresì la base dell'aggiornamento del piano di convergenza da sottoporre all'esame dei competenti organi comunitari.
Tutto quanto sopra richiamato è da valutare nel quadro delle iniziative assunte dal Governo in favore dell'occupazione, specie nel Mezzogiorno, per accelerare la realizzazione di infrastrutture soprattutto in quelle aree del paese e per favorire gli investimenti delle imprese.
A tale proposito ed in risposta ad alcune valutazioni critiche, voglio in rapida sintesi ricordare alcuni interventi a favore del sistema delle imprese: gli sgravi contributivi al Mezzogiorno per il 1997, oltre 2.500 miliardi disposti con il decreto-legge convertito nella legge n.30 del 1997; gli sgravi contributivi al settore agricolo con la legge n.81 del 1997; la decontribuzione delle retribuzioni in sede di contrattazione integrativa aziendale (si tratta di una misura di carattere permanente con effetti crescenti nel tempo); la riduzione degli elementi della retribuzione sottoposti ai fini previdenziali; gli interventi a favore della rottamazione degli autoveicoli; il complesso di misure a favore dell'economia contenute nel cosiddetto pacchetto Bersani. Ricordo che in questo pacchetto, tuttora all'esame del Parlamento, sono previsti rilevanti rifinanziamenti per la legge Sabatini (acquisto di macchinari), per la legge Ossola (credito all'esportazione), per l'Artigiancassa, per il commercio e per il turismo. Ricordo, infine, che nelle misure previste sono stati anche indicati fondi per effettuare nuovi mutui che permettano di disporre di circa 10 mila miliardi da distribuire, da parte del CIPE, a favore delle iniziative nelle aree depresse.
Non meno importanti sono altre decisioni prese dal CIPE, in particolare 4 mila miliardi di ulteriori assegnazioni nel marzo scorso ed il lancio di nuovi strumenti di promozione dello sviluppo. Mi riferisco soprattutto ai patti territoriali (di cui 11 sono stati già approvati) ed ai contratti di area.
A tutto ciò si aggiungono le misure contenute nell'articolo 13 del decreto-legge al vostro esame, recante misure fiscali a sostegno dell'innovazione delle imprese industriali. Si tratta della concessione di un credito di imposta rapportato all'importo delle spese sostenute per l'innovazione, con un onere di 350 miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999.
Mi soffermo ora rapidamente su alcuni aspetti specifici del decreto in esame, tenendo conto anche di alcuni profili che sono emersi in sede di discussione parlamentare.
Circa l'anticipo di imposta sui trattamenti di fine rapporto, ricordo che esso fu già oggetto di discussione, politica e tecnica, nella fase di preparazione della manovra del 1997 e fu inserito nel collegato sulla base di una specifica proposta di copertura formulata dall'opposizione.
L'anticipo fiscale proposto ora dal Governo, che ha natura temporanea (un biennio), si inserisce in questa logica e non mette in alcun modo in discussione i diritti acquisiti dai lavoratori.
Aggiungo infine che sono state anche introdotte forme di garanzia per le imprese di minori dimensioni, prevedendo l'esclusione dal provvedimento delle imprese fino a 15 dipendenti, esonerando così la maggior parte delle aziende operanti nell'artigianato e nel commercio (su questo punto verte una disposizione dell'emendamento che il Governo ha ora presentato).
Per quanto riguarda la revisione della disciplina degli anticipi sugli appalti, ricordo che si tratta del ritorno ad un quadro coerente con quanto praticato in Italia fino a quando vivemmo in condizioni di stabilità dei prezzi. Il provvedimento dell'anticipo fu inserito dopo lo shock petrolifero dell'inizio degli anni settanta ed il ritorno a condizioni di stabilità giustifica quindi l'eliminazione di un anticipo che dovrebbe trovare pieno assorbimento nel quadro degli equilibri finanziari sottesi ai progetti di appalto che risultino vincitori di gare o, comunque, a contratti di forniture pubbliche.
Le misure di contenimento delle autorizzazioni di cassa rappresentano il proseguimento

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di quella linea di riesame selettivo delle autorizzazioni già avviata con la legge di bilancio 1997.
Gli interventi sul part time rafforzano l'elemento di correzione già prodotto nel provvedimento collegato e sul quale erano emersi dubbi in sede di monitoraggio sull'implementazione delle misure. Dal lato delle entrate tributarie le misure proposte procedono nello stesso senso della razionalizzazione della riscossione, soprattutto nel campo delle concessioni.
Con l'emendamento che oggi viene presentato si è inteso e si intende inserire...

TEODORO BUONTEMPO. Escludere il Parlamento! Si intende eliminare la funzione del Parlamento!

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Siamo qua appunto per rendere omaggio al Parlamento!

ALFREDO BIONDI. Meno male!

GENNARO MALGIERI. Rendiamo omaggio!

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Si è inteso - dicevo - includere nel provvedimento la maggior parte degli emendamenti che erano stati discussi ed approvati nella Commissione bilancio. In particolare, si prevede un ulteriore vantaggio per le piccole e medie imprese, nel senso che vengono escluse da questo provvedimento sul TFR, oltre alle imprese fino a quindici addetti, anche quelle fino a cinquanta addetti, nel limite dei primi dieci occupati.
Vorrei aggiungere che alcune proposte, avanzate dall'opposizione, volte a sostituire la misura sul TFR con altri provvedimenti, non erano, a giudizio del Governo, praticabili; mi riferisco, in particolare, all'utilizzo dei fondi per le privatizzazioni. Il Governo sta andando avanti con le privatizzazioni ed ha annunciato di recente anche la terza tranche per quanto riguarda l'ENI, ma quei fondi, come voi sapete, vanno a riduzione del debito e non a riduzione del disavanzo. Qualcuno ha fatto riferimento al caso STET, in cui vi è stato un utilizzo del fondo di ammortamento per acquisire la STET e a fronte di quel trasferimento di fondi all'IRI vi è l'estinzione di debiti dell'IRI che erano garantiti al 100 per cento dallo Stato, e quindi di debiti dello Stato.
D'altra parte, pensare di sostituire un provvedimento dell'ordine di 6 mila miliardi con interventi sull'IVA, interventi di cui pure dovremo tenere conto in futuro anche in relazione agli impegni comunitari, avrebbe significato in questo momento, in cui cominciano a vedersi segni di miglioramento della congiuntura economica del nostro paese, dare una frenata a queste aspettative di ripresa dell'economia.
Vorrei anche aggiungere, in questa occasione, che proprio quanto emerso nelle ultime settimane in sedi internazionali (mi riferisco alle riunioni a Washington del Fondo monetario e, prima, alla riunione dell'Ecofin in Olanda) pone in rilievo il grande apprezzamento che in sede internazionale viene rivolto a quello che sta facendo l'economia italiana, un'economia che è riuscita, nel giro di un anno, a ridurre il tasso d'inflazione dal 5 all'1,7 per cento e che vanta la più solida bilancia dei pagamenti dell'intera Europa; abbiamo infatti una bilancia dei pagamenti che contribuisce per oltre un terzo all'avanzo che l'insieme dei paesi della Comunità europea vanta nei confronti del resto del mondo.

NICOLA BONO. Ci parli della recessione, ministro!

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. È un'economia che è riuscita in un anno a ridurre di quasi quattro punti il proprio disavanzo (Commenti del deputato Bono). Per quanto riguarda la recessione, come sa, il problema del ristagno produttivo ha caratterizzato l'intera Europa dopo due anni


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positivi (il 1994 e il 1995); dalla fine del 1995 si è in presenza, in tutta Europa, di una situazione di rallentamento produttivo dalla quale l'Europa sta uscendo. Vi sono indicazioni più precise in alcuni paesi come la Francia e la Germania; noi abbiamo una situazione che soltanto nei dati più recenti mostra segni di ripresa, che i provvedimenti adottati dal Governo intendono consolidare, favorire e stimolare.
Vorrei aggiungere, per quanto riguarda l'andamento della pubblica finanza, uno dei punti più importanti che in questo momento interessano il paese, che i dati dei primi quattro mesi del 1997 indicano un andamento che è in linea con gli obiettivi che ci siamo posti.
Vorrei altresì aggiungere in questa sede che le previsioni che si possono fare oggi, anche con prudenza, sull'andamento del totale del primo semestre (cioè includendo anche le previsioni su maggio, un mese che vedrà un fabbisogno superiore a quello dell'anno scorso che fu particolarmente basso per motivi tecnici, e giugno, che vedrà invece un considerevole avanzo, maggiore di quello che avemmo lo scorso anno) portano a prevedere (si tratta - lo ripeto - di previsioni) che chiuderemo il semestre con un saldo di fabbisogno certamente inferiore alla metà di quello che si ebbe nel primo semestre dello scorso anno. È un risultato, a mio avviso, che, se si realizzerà (come ho motivo di ritenere), ci permetterà anche di affrontare il secondo semestre con il convincimento che ce la possiamo fare a raggiungere l'obiettivo che ci siamo proposti.
Al termine di questa breve esposizione, vorrei far presente che, a nome del Governo, atteso il numero degli emendamenti presentati, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e senza articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis.1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n.3489, di conversione in legge del decreto-legge 28 marzo 1997, n.79, recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica.

ALFREDO BIONDI. Ci dispiace!

NICOLA BONO. Ci ha sorpreso, signor ministro! Non ce lo saremmo mai aspettato!

TEODORO BUONTEMPO. Ci dica quanti emendamenti si possono presentare!

GIUSEPPE TATARELLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Il dibattito di oggi si basa, a mio parere, sull'interruzione del collega Buontempo e sulla risposta del ministro Ciampi. Il collega Buontempo ha sostenuto che il Parlamento viene messo fuori gioco nella decisione; il ministro Ciampi sostiene invece che si tratta di un omaggio al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

ALFREDO BIONDI. Non fiori ma opere di bene!

GIUSEPPE TATARELLA. Al ministro Ciampi (che quando fu Presidente del Consiglio si presentò a noi come cittadino Ciampi, avendo un concetto della vita pubblica che noi apprezziamo) voglio ricordare che l'omaggio non è conciliabile con la centralità del Parlamento. Fino a quando non si cambia la Costituzione (e noi vogliamo cambiarla) la centralità del Parlamento non porta all'omaggio ma alla decisione, all'intervento, all'esame, al colloquio, al confronto. Con la questione di fiducia tutto questo cade: c'è l'omaggio, ma il Parlamento non è più centrale. Noi ci lamentiamo di questo, perché vogliamo il Parlamento centrale fino a quando non si cambierà la Repubblica secondo le nostre visioni ultrademocratiche.
La situazione è la seguente. Siamo di fronte ad un abuso di voti di fiducia ed io credo, ministro e cittadino Ciampi, che non si sia voluto trovare un'intesa con l'opposizione, o meglio con la minoranza


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che non è maggioranza, come voi siete una minoranza che non è maggioranza. Questa mattina, infatti, è circolata la nostra proposta della riduzione del numero degli emendamenti; la vostra decisione di porre la questione di fiducia è antecedente alla nostra proposta, che è successiva. Ciò significa che la questione di fiducia che voi ponete, così come avviene nella storia delle fiducie, non è tanto contro di noi o contro il Parlamento, ma è una fiducia interna corporis (questo è il punto): interna corporis degradato.
Voglio cominciare da un attacco che ho rivolto pubblicamente al ministro Bassanini con riferimento alla forma, anche se nella sostanza aveva ragione. Quando Bassanini scrisse la famosa lettera che noi abbiamo censurato quanto al metodo, egli si riferiva all'inefficienza della struttura Presidenza del Consiglio. Questa Italia che vuole andare in Europa non ha nella Presidenza del Consiglio un istituto efficiente; questa Italia che vuole andare in Europa ha una struttura Presidenza del Consiglio che ha permesso ed ha prodotto un evento per noi amichevolmente felice, cioè la nomina a ministro del sottosegretario Bogi. Lei sa (perché fu colui che si oppose alla nomina di un ulteriore ministro) che Bogi da sottosegretario è diventato ministro perché non era in condizioni di riferire a noi e alla Presidenza della Camera ciò che avveniva in Consiglio dei ministri in quanto, essendo sottosegretario, non vi partecipava. Grande evento storico: Bogi è diventato ministro e le cose sono rimaste come prima!
Viviamo in un clima di degrado, per cui oggi non si sa chi informa il TG1 da parte della Presidenza del Consiglio. Tutti quanti dicono che si è abbaiato alla luna o che la luna ha abbaiato; chi ha abbaiato è Micheli, il regista di tutte le operazioni di potere clientelare, insieme a due suoi colleghi, che si chiamano, ministro Ciampi, Draghi da una parte e Tommasi dall'altra. Questa è la situazione di degrado: tre persone che comandano sul Parlamento e sul Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)! Sul Governo, su di lei, perché uno dei tre può essere d'accordo con lei, ma quando si uniscono tutti e tre non sono più d'accordo con lei!
Viviamo in questo clima di degrado. Ministro e cittadino Ciampi, voglio leggere - non per noi che conosciamo tutte queste cose, ma a fini documentativi e per la stampa - i dati relativi alle ultime fiducie in questo Parlamento: sesto Governo Andreotti, otto fiducie in ventuno mesi di governo; settimo Governo Andreotti, undici fiducie su quattordici mesi di governo; Governo Amato, dodici fiducie su dieci mesi di governo; Governo Ciampi, dodici fiducie in dodici mesi di governo - lei rientra di più nei canoni, una al mese mi sembra perfetto ...

MAURIZIO GASPARRI. Un ciclo!

GIUSEPPE TATARELLA. ...Governo Berlusconi, due fiducie in otto mesi di governo; Governo Dini, otto fiducie in sedici mesi di governo - Dini è sempre dimezzato, o sta da questa parte o sta da quella (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)!-; Governo Prodi, venti fiducie (questa è la ventunesima). È vero, è il più coriaceo Presidente che abbiamo avuto nella storia del lungo dopoguerra in Italia (Commenti del deputato Biondi): uomo testardo che sorride per rimanere, che utilizza tutti gli infortuni degli altri perché vuole rimanere e che sa che la sua sostituzione non la chiediamo noi ma è chiesta all'interno della maggioranza. Noi pubblicheremo tutti i giudizi che sono stati dati su Prodi dai componenti della maggioranza; non li manderemo all'estero, avranno circolazione interna perché abbiamo interesse al decoro delle istituzioni e di chi ci rappresenta (Commenti del deputato Malgieri).
Dunque, Presidente, la fiducia è stata posta. È un atto difensivo della maggioranza; a questo atto difensivo come ad ogni azione corrisponde - lo direbbe anche il Presidente Violante come giurista - una reazione...

ALFREDO BIONDI. Anche in chimica, anche in fisica!


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GIUSEPPE TATARELLA. ...uguale e contraria: reazione democratica e regolamentare. Noi vogliamo in quest'aula questa sicurezza, perché la fiducia è un atto del Governo e gli interlocutori sono il Parlamento ed i gruppi di opposizione. Noi chiediamo alla Presidenza di assicurare il libero svolgimento della nostra reazione regolamentare per denunziare al paese la violazione rappresentata da questi voti di fiducia. Infatti, poiché la fiducia è un atto tra chi governa e chi sta all'opposizione, che avviene in Parlamento, tutti i poteri estranei a questo dialogo debbono garantire la par condicio di esposizione al pubblico, di notizie ai cittadini. Abbiamo saputo, per esempio, che Prodi parteciperà alla trasmissione Pinocchio; ha titoli per parteciparvi, dal nome della trasmissione, ma sotto elezioni un Presidente del Consiglio non dovrebbe interferire né intervenire.
È questa una settimana elettorale durante la quale, come in tutti i paesi democratici, si dovrebbe consentire ai rappresentanti del popolo di parlare con il popolo. Non acceleriamo le procedure, perché farlo significa essere strumenti, volontari o involontari, di un rapporto, che viene inficiato dall'enormità quantitativa di fiducie poste, fra Governo ed opposizione. E questa volta non si potrà dire, come per altre Presidenze, che lo si fa per il bene della patria, dell'Europa e del mondo; lo dobbiamo fare per i rapporti corretti fra i gruppi parlamentari, la maggioranza, il Governo e questa Camera, in modo che tutti insieme possiamo, ora e nelle successive alterne vicende politiche e parlamentari, avere quel minimo di correttezza generale che ci consente, quando siamo espropriati dal diritto di intervenire ed interferire con emendamenti, di far conoscere le nostre posizioni al popolo: cittadini ed elettori (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo voto di fiducia era in realtà già scritto di fatto tra le righe del calendario dei lavori approvato la settimana scorsa con il voto contrario delle opposizioni. Un calendario, per certi aspetti, inusuale: ristretto solo ad una settimana, sovraccarico di argomenti, senza spazio alcuno per l'opposizione, nonostante le prescrizioni del nostro regolamento, con sedute antimeridiane, meridiane, pomeridiane e notturne. Un calendario che stringe oltre ogni limite i tempi del dibattito, lo soffoca e, quando non lo soffoca, lo relega alle ore notturne, lontano dalle orecchie e dagli occhi indiscreti della pubblica opinione.
Quello di oggi, come ha ricordato il collega Tatarella, è il ventunesimo voto di fiducia che, tra Camera e Senato, chiede questo Governo e lo chiede, come in altri casi, su un «emendamentone» (questa volta di nove pagine), che stravolge di fatto il testo originario del decreto. Un «emendamentone», per quanto abbiamo visto, che reca anche alcuni miglioramenti alla «viva Savoia!», perché in campagna elettorale, come si sa, tutto fa brodo. E a proposito dei Savoia, signor ministro del tesoro, perché non ha ricordato al Presidente del Consiglio che alla Camera erano già pendenti ben dieci proposte di legge di iniziativa parlamentare sull'argomento...

GENNARO MALGIERI. Ma lui è contrario!

BEPPE PISANU. ...e che lo zelo del Governo, oltre ad essere urtante per qualcuno dei ministri, era assolutamente fuori luogo ed anche fuori bersaglio come mezzuccio elettorale?
Ma, tornando alla sostanza delle cose, questo «emendamentone» stravolge il testo originario del decreto e così accade ancora una volta che il combinato disposto tra voto di fiducia ed emendamento sconvolgente mette la Camera di fronte ad un testo totalmente nuovo, che aggira le prescrizioni dell'articolo 72 della Costituzione e dell'articolo 81 del nostro regolamento e lo sottrae alla valutazione, al confronto pieno dell'aula.


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Tra l'altro, signor Presidente, mi chiedo se il parere favorevole espresso poc'anzi dal Comitato dei nove sull'emendamento sia perfettamente conciliabile con il parere negativo espresso dalla Commissione bilancio - di cui il Comitato è espressione ridotta - contro l'intero provvedimento e se già questo fatto - ma anche a prescindere da esso - non ponga l'esigenza di ricondurre la vicenda su binari costituzionalmente corretti, portando il testo così emendato alla valutazione della Commissione bilancio prima che la questione di fiducia venga affrontata, perché anche il voto di fiducia possa essere dato in maniera consapevole.
Questo è un abuso grave, tanto più grave perché si ripete, e si ripete - guarda caso - dopo che la Corte costituzionale aveva preso una certa decisione in materia di decretazione d'urgenza. La «verità vera» è che il combinato disposto della richiesta di fiducia e dell'«emendamentone» - ecco il perché di tanti voti di fiducia - sostituisce la legislazione per decretazione di urgenza (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)! E la sostituisce aggirando ulteriormente il Parlamento, imbavagliando l'opposizione, ma riducendo anche voi, colleghi della maggioranza, ad un ruolo ancillare, di pura e mera ratifica delle decisioni del Governo.
È da qui che nasce la richiesta di
fiducia, onorevole Mattarella. Altro che ostruzionismo dell'opposizione! Dov'è stato l'ostruzionismo dell'opposizione? Nella discussione generale, forse? È stato in Commissione, dove avete potuto regolarmente concludere i lavori, peraltro con una sconfitta?
Ma non basta. Mentre qui si predisponeva il voto di fiducia su questo provvedimento, il ministro Treu ne annunziava un altro sull'omonimo pacchetto...

ALFREDO BIONDI. Non c'è due senza... Treu!

BEPPE PISANU. E questo, signor Presidente della Camera, in netto contrasto con le assicurazioni date da lei anche all'ultima riunione della Conferenza dei capigruppo sul fatto che alla Camera intorno a provvedimenti quali il «pacchetto Treu» sarebbe stato garantito il massimo spazio possibile per la discussione e la valutazione. L'ostruzionismo è qui! L'ostruzionismo lo fa e lo sta facendo il Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!
Lo fa per le ragioni che abbiamo detto, lo fa per impedire che emergano dal suo interno le contraddizioni insanabili che esistono nella maggioranza. Comunque, se il Governo vuole procedere a colpi di fiducia, faccia pure. In questione di regolamento non è il Governo il nostro interlocutore, anzi dopo comportamenti del genere sarebbe un interlocutore quanto mai sgradito.
Signor Presidente della Camera, il nostro interlocutore è lei in questa materia; l'interlocutore è il massimo garante dei diritti non solo della maggioranza ma anche dell'opposizione. Pertanto mi rivolgo a lei, chiedendole di fare quanto è nelle sue possibilità non per arrestare questa irrefrenabile voglia di fiducia da parte del Governo, ma quanto meno per garantire calendari dei lavori parlamentari non più ristretti ad una sola settimana, rispettosi degli spazi dell'opposizione e in grado di garantire un corretto confronto parlamentare su tutte le questioni che vengono all'attenzione del Parlamento.
Per questo motivo, anche per essere chiari, desidero dirle, signor Presidente, che d'ora innanzi noi diremo di «no» a calendari settimanali. Diremo di «no» ...

TEODORO BUONTEMPO. Era ora!

BEPPE PISANU. ...e, se si vorrà continuare su questa strada, vuol dire che faremo le comparse - rispettose - alla Conferenza dei capigruppo e niente più. Diciamo di «no» alle sedute notturne se non in casi eccezionali; altrimenti ci costringerete a garantire il numero legale durante la notte: vorrà dire che la maggioranza lo garantirà durante il giorno! E diremo di «no», signor Presidente della


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Camera, anche all'utilizzazione dei pomeriggi del lunedì per discussioni importanti come questa; discussioni che si svolgono venendo meno ad una prassi consolidata che lei stesso in diverse circostanze - gliene do atto - ha tenuto a far valere.
Diciamo quindi di «no» a queste cose e diciamo naturalmente di «sì» al rispetto del regolamento, un regolamento per il quale la sinistra italiana ha profuso il meglio delle sue risorse costituzionali, che ora sembra bisognevole di cambiamento e che può essere cambiato, ma non con questi sistemi.
Se il modo di procedere del Governo sarà questo e se non troveremo l'ascolto, a cui crediamo di avere diritto - ma nei fatti -, della Presidenza della Camera, allora diventerà anche intransigente la difesa di questo regolamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Presidente Pisanu, credo che le questioni che lei ha correttamente posto si affronteranno nelle sedi opportune.
Voglio solo ricordarle che, per quanto riguarda i provvedimenti in materia di occupazione, avevo assicurato a lei - e naturalmente lo confermo adesso - che non vi sarebbe stato contingentamento nella prossima settimana. È questo quello che ho assicurato e che farò.
Per quanto riguarda i calendari, come lei sa, il regolamento ne fissa la durata massima, non oltre tre settimane, e non quella minima. Si tratta ovviamente di una scelta.

ALBERTO LEMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO LEMBO. Presidente, devo dire che, avendo ascoltato con attenzione il ministro Ciampi durante la sua lunga e molto seria - da parte sua, almeno - esposizione, sembrava quasi che ci credesse.
Mi è venuta in mente - si tratta di una immagine scherzosa - la soddisfazione che può provare una persona che, avendo saltato colazione e cena, prima di andare a letto si trovi in tasca un cioccolatino. L'avanzo primario al quale lei faceva riferimento, signor ministro, è questo cioccolatino: lei va a letto con un po' di dolce in bocca e con lo stomaco vuoto! Credo però che la situazione economica e di bilancio dello Stato italiano non si possa tenere in piedi con un cioccolatino.
Venendo al merito del voto di fiducia che lei, ministro Ciampi, ha preannunciato alla fine del suo intervento, dopo aver parlato di interventi strutturali, devo dire che i deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania vedono una sola cosa strutturale in questo Governo, e cioè il voto di fiducia: è effettivamente un elemento strutturale del Governo di cui lei fa parte, signor ministro; è un cardine dell'azione di questo Esecutivo; è una vostra scelta, adottatela pure.
Già altre volte abbiamo espresso il nostro parere su questo uso strumentale e, così come è incardinato, strutturale del voto di fiducia. Che manifesti un apprezzamento o un disprezzo nei confronti del Parlamento potrebbe interessarci relativamente poco. Prendiamo atto di questa che è sicuramente una situazione anomala e degenerata.
Adesso dobbiamo rivolgerci anche dall'altra parte, verso il Polo. Grazie al cielo, siamo una componente che non si identifica né con lo schieramento di maggioranza (l'Ulivo), né con quello di opposizione (il Polo). Allora, quando sento il presidente Tatarella lanciare bordate contro il Governo e la maggioranza perché non si attengono al rispetto di regole che dovrebbero essere in vigore oggi, ma che dovrebbero attendere quell'evento veramente messianico che dovrebbe essere la riforma dello Stato, la quale dovrebbe scaturire - uso sempre il condizionale - dalla Commissione bicamerale, mi viene da ridere. E mi viene da ridere, collega Vito e collega Armaroli - vi cito perché siete miei colleghi nella Giunta per il regolamento...


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PAOLO ARMAROLI. Compagni di sventure!

ALBERTO LEMBO. Sì, certo, anche compagni di sventura! Come dicevo, si spara contro questo modo di agire del Governo, ma poi - lo affermo apertamente ed il Presidente è testimone, poiché presiede i nostri lavori, mentre altri colleghi forse non lo sanno - quando si cerca nell'autonomia e nella libertà di questa Camera di modificare, con un'azione concertata, una serie di norme che non sono catenaccio, ma «ferri vecchi» del regolamento, ed il Polo sistematicamente e aprioristicamente - mi permetto di usare due avverbi molto forti: aprioristicamente e sistematicamente - tenta di «stoppare» qualunque riforma del regolamento della Camera, attendendo la salvezza da un evento incerto, eventuale ed esterno, noi, colleghi del Polo, evidentemente non ci stiamo! Non abbiamo alcun motivo di avere preferenze o simpatie per una parte o per l'altra, ma quando vediamo che viene fatto un gioco sporco (Commenti del deputato Armaroli)... Collega Armaroli, se il gioco sporco lo fa il Governo, giudichiamo male il Governo, ma se siete voi a giocare sporco, allora giudichiamo male anche voi.

ALFREDO BIONDI. Par condicio!

ALBERTO LEMBO. Certo, par condicio. È possibile, nel pantano in cui ci troviamo, cercare di compiere qualche passo avanti. Possono essere piccoli passi, come quelli relativi alla riforma del regolamento su cui stiamo lavorando, ma sarebbe bene se venissero compiuti anche altri passi in avanti. La lega non partecipa ai lavori della bicamerale, e sappiamo per quali ragioni. Altri andranno avanti su quella via. Siamo invece presenti nella Giunta per il regolamento, dove cerchiamo di compiere dei passi in avanti. Se non siamo presenti nella bicamerale, se il lavoro della bicamerale è vanificato anche per la nostra assenza, non è un problema nostro, ma di tutti. Al di là dei vani appelli che ci vengono rivolti a rientrare, ci vorrebbe qualche segnale concreto, qualche offerta concreta, qualche apertura che presenti dei contenuti.

GUSTAVO SELVA. Venite...!

ALBERTO LEMBO. Svolgo questo ragionamento perché non è che la lega sistematicamente si ponga al di fuori del sistema; la lega si pone al di fuori quando non c'è spazio per un'azione riformista a tutto campo.

GUSTAVO SELVA. Se parlate di secessione, però...

ALBERTO LEMBO. Ma anche in un'ambito limitato, la lega è intenzionata a portare avanti un'azione riformista, sempre che sia possibile. Se volete che la lega torni ad operare in senso riformista su tutto, senza preclusioni e senza simpatie precostituite da una parte o dall'altra, vi ripeto che stiamo aspettando dei segnali. Signor Presidente, li aspettiamo da tutti, ma questo intervento tende ancora una volta a diversificare la nostra posizione rispetto a quella degli altri.
È vero che spesso il calendario dei nostri lavori è, per così dire, schizofrenico e che sovente va al di là di quanto previsto dal regolamento, ma è vero anche che ci si indigna o si finge di indignarsi quando ci sono queste forzature, ma poi, quando si tratta di portare avanti una opposizione seria e programmata, qualche componente «se la squaglia», così come «se la squaglia» quando è il momento di avanzare delle controproposte serie, concrete ed operative.
Noi siamo in mezzo e continueremo ad osservare la situazione da questa posizione, liberi da qualunque condizionamento ma sempre pronti ad inserirci in un gioco che ci consenta di realizzare, anche attraverso piccole riforme come quella del nostro regolamento, una riforma più ampia, quella dello Stato, una riforma in senso federale dello Stato...

GUSTAVO SELVA. Dica a Bossi che non parli più di secessione!


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ALBERTO LEMBO. ...una riforma, ministro Ciampi, che porti questo Governo finché si è in tempo - perché può anche darsi che non ci sia più tempo a disposizione - a dare alle regioni italiane e a quelle che il mio movimento, la lega nord per l'indipendenza della Padania, rappresenta risposte adeguate alle loro aspettative. Se siamo ancora in tempo, ministro Ciampi, ci pensi bene!
Non ci interessano tanto le sottigliezze, i formalismi, gli artifici od i cavilli, ci interessa portare a casa per i nostri cittadini, per i nostri elettori e per i nostri popoli delle soluzioni che diano risposta ad esigenze concrete. Si tratta infatti di esigenze concrete e non di fantasie od utopie, perché, anche se la lega non esistesse, signor Presidente della Camera, questa realtà esisterebbe lo stesso, questo disagio sarebbe comunque presente e qualcuno dovrebbe comunque confrontarsi con il malessere delle regioni della Padania, con l'insofferenza dei popoli della Padania nei confronti di questo sistema, nonché con quell'altro mostro che avete fuori dalla porta: il debito pubblico. Ebbene, non credo proprio che lei possa accontentarsi del fatto di essersi trovato in tasca un cioccolatino (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PAOLO ARMAROLI. Onorevole Lembo, lei ha fatto l'elogio della schizofrenia!

GUSTAVO SELVA. Non ha risposto alla questione della secessione!

LUIGINO VASCON. Non hai capito il messaggio politico, allora!

ROBERTO MANZIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, ho verificato che l'autorevole capogruppo della lega, mentre parlavamo dell'ennesima richiesta di fiducia avanzata in maniera amabile, rispetto a quella del collega Bassanini, dal ministro Ciampi (è comunque la ventunesima richiesta di fiducia!), perché...

ALFREDO BIONDI. Anche Prodi!

PRESIDENTE. Presidente Biondi!

ROBERTO MANZIONE. Ho detto in maniera «amabile» perché il ministro Ciampi ci ha illustrato un documento e ci ha dato una parvenza di motivazioni.

NICOLA BONO. È chiaro, con il tempo si migliora!

ALFREDO BIONDI. L'invito a migliorare nel paese dei migliori!

ROBERTO MANZIONE. Che fosse una parvenza di motivazione appare con estrema chiarezza allorché, alla fine, ha detto che il Governo era stato indotto nelle ultime ore a presentare la richiesta di fiducia dal numero degli emendamenti presentati dal Polo, quando proprio nelle ultime ore il Polo, per tentare di porre rimedio ai danni che molto spesso questo Governo provoca, con atteggiamento molto responsabile aveva cercato - illudendosi - di ridurre il numero degli emendamenti per riuscire a ragionare, a discutere, per evitare che vi fosse l'ennesima prova «muscolare». Purtroppo, dobbiamo verificare (in parte questo era già scritto negli atti) che si è trattato di una disponibilità soltanto di facciata, soltanto teorica e si è avuta l'ennesima - la ventunesima - richiesta di fiducia annunciata.
Che questo in buona sostanza si evincesse anche dall'ordine del giorno, dallo stesso calendario dei lavori lascia comprendere come tutto fosse preordinato e come di fatto questo Governo renda sterile ogni rapporto di collaborazione ed inviti, se non addirittura costringa, l'opposizione ad un ruolo che deve essere sempre più forte, sempre più coerente, sempre più capace di contrastare in qualche modo questa arroganza di gestione del potere.


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È la stessa arroganza che a Milano, nei confronti di una manifestazione legittima, pubblica ed aperta, veniva espressa dal candidato Fumagalli, il quale arrivava a dire che la manifestazione del Polo (lo ripeto, una manifestazione libera, aperta, senza contrapposizioni verso alcuno, tant'è vero che al suo interno vi erano componenti non appartenenti esclusivamente all'opposizione) impediva lo shopping a Milano.

ALFREDO BIONDI. Di sabato!

ROBERTO MANZIONE. Avete ragione! Il dato vero è questo, la verità è che questo Governo, che ha il coraggio nella premessa di metodo di parlare di interventi strutturali, dimentica una sola cosa: che di fatto, con il provvedimento sul quale è stata posta la questione di fiducia, vengono aumentate o anticipate le imposte e vengono ritardati i pagamenti. Lo possono comprendere anche i bambini! C'è uno Stato che chiede di avere prima e di pagare dopo. Questo è l'atteggiamento sulla base del quale il Governo ci vuole portare in Europa!
Se questa è la verità, si tratta di un atteggiamento di protervia assoluta che sicuramente vuole comprimere la libertà del Parlamento di misurarsi e confrontarsi. Probabilmente il Presidente della Repubblica tenta in qualche modo di zittire le autorità monetarie, che per noi restano autorità monetarie...

PRESIDENTE. Onorevole Manzione, come lei sa, chi è politicamente non responsabile, non può essere chiamato...

ROBERTO MANZIONE. Come se non l'avessi richiamato, anche se non era una valutazione in negativo.

PRESIDENTE. Sa bene cosa intendevo dire.

ROBERTO MANZIONE. Il Governo tenta di zittire in qualche modo il Parlamento attraverso la continua richiesta di fiducia, ma siamo convinti che, anche per quanto è accaduto domenica scorsa in Milano, non riuscirete in nessun modo a zittire l'Italia; dobbiamo solo aspettare che l'Italia si decida a parlare (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

FABIO MUSSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Poco fa mi sono rivolto all'onorevole Fini in replica, in risposta - spero anche in interlocuzione - ad una sua dichiarazione bellicosa. Ora vorrei farlo direttamente qui, in aula, parlando ai colleghi del Polo, in particolare ai colleghi Tatarella e Pisanu, che però non vedo.

ELIO VITO. Ti devi accontentare di noi!

FABIO MUSSI. Parlerò ai vicepresidenti di gruppo, sperando che riferiscano.

GUSTAVO SELVA. Anche voi non eravate in molti quando parlava Tatarella!

FABIO MUSSI. Però il presidente del gruppo era presente.

ALFREDO BIONDI. Non si vedeva!

FABIO MUSSI. Comunque, devo parlare al Presidente.

PRESIDENTE. Possiamo rimandare a dopo questo scambio di opinioni!

FABIO MUSSI. Sì, rimandiamo questa discussione.
Le ragioni di questo decreto le ha esposte, sobriamente e convincentemente il ministro Ciampi...

GUSTAVO SELVA. «Convincentemente» per lei!


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FABIO MUSSI. Per me, naturalmente. Infatti, parlo io; se parlasse lei direbbe un'altra cosa! Vi assicuro che votare spesso la fiducia...

ALFREDO BIONDI. Non allunga la vita...!

FABIO MUSSI. ...non è un esercizio divertente per nessuno. Sarebbe come reiterare frequentemente la celebrazione dello stesso matrimonio: ci sono le nozze d'argento e quelle d'oro, ma se si dovessero fare una volta all'anno, diventerebbe fastidioso (Commenti del deputato Bono).
Per quale ragione però ne sono state reiterate in questi ultimi mesi e in questa legislatura così tante di fiducie?

ELIO VITO. Per colpa del Polo, come è noto!

FABIO MUSSI. Io vorrei rivolgere un'obiezione a Tatarella per il difetto di omissione della sua divertente e spiritosa ricostruzione e permettermi una critica alle conclusioni che ha tratto dalle sue valutazioni il presidente Pisanu: delle conclusioni che credo vadano nella direzione esattamente opposta a quella necessaria.
Tatarella è partito con la sua ricostruzione dal sesto Governo Andreotti, tornando indietro in feedback e prendendo in esame le varie questioni di fiducia che via via sono state poste. Nella sua ricostruzione vi è stata però un'omissione perché, contemporaneamente, non ha ricordato il numero di decreti-legge che a partire da quel Governo Andreotti (questo punto il collega Pisanu lo aveva colto, sia pure polemicamente) hanno cominciato a riempire l'attività legislativa, la vita pubblica italiana.

GUSTAVO SELVA. Parli di quelli di Dini?

BRUNO SOLAROLI. Compresi quelli di Dini!

PRESIDENTE. Non suggerisca, per cortesia!

FABIO MUSSI. Da allora in poi la decretazione d'urgenza è diventata forse la forma principale del governare. Nel corso degli anni vi è stata una progressiva avocazione del potere legislativo dal Parlamento al Governo; e questo è stato il processo vero di svuotamento...

ALFREDO BIONDI. Un vuoto a perdere!

FABIO MUSSI. ... della forza, della funzione e dell'autorità del Parlamento. Questo è durato, senza eccezione alcuna (con i Governi Ciampi, Berlusconi e Dini) fino ad oggi ed è diventata una via obbligata (Commenti del deputato Selva) per poter legiferare fino al momento in cui la Corte costituzionale ha posto uno stop, uno sbarramento. E questo Governo è stato ligio al dettato di quella sentenza (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

GENNARO MALGIERI. E cosa poteva fare?

NICOLA BONO. Volevate fare un golpe?

FABIO MUSSI. No, c'erano dei margini.
In ogni caso dopo potremo privatamente fare un seminario, per mostrarvi che lì vi erano dei margini di forzatura se si fosse voluto utilizzarli. Il nostro comportamento è stato assolutamente ligio...

ELIO VITO. Assolutamente, no!

FABIO MUSSI. ... alla sentenza della Corte, che prevedeva l'emanazione di un numero minimo di decreti e nessuna reiterazione (Commenti del deputato Mancuso).
La Corte lascia, caro Mancuso, un margine persino all'azione di reiterazione dei decreti. Ma di questo discuteremo in altra sede.

FILIPPO MANCUSO. Al seminario?


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FABIO MUSSI. È evidente però che una via del legiferare, dell'esercitare la funzione legislativa è stata sballata.
Quello che sostengo, e questa omissione rendeva più debole il ragionamento del collega Tatarella (Commenti del deputato Selva)... Quello che vorrei dire, cari colleghi, è che quella sentenza della Corte non faceva riferimento solo al Governo e alla maggioranza, ma a tutto il Parlamento, compresa l'opposizione! E tutti dovevamo, dobbiamo e dovremo partire da lì per stabilire la coerenza dei nostri comportamenti.
Ora, il regolamento, elaborato in un'altra epoca, consente la presentazione di un numero sterminato di emendamenti.
Vedete, colleghi, è stata annunciata qui la presentazione di un Libro bianco sulla richiesta di fiducia. Noi stiamo preparando un Libro bianco di questo primo anno di legislatura...

NICOLA BONO. Nel caso vostro è «rosso»!

GENNARO MALGIERI. Non c'è scritto niente!

FABIO MUSSI. ...con l'elenco, su ogni provvedimento di legge che è giunto in questa sede, degli emendamenti presentati in Commissione e in Assemblea e degli iscritti a parlare.

ELIO VITO. Se vuoi, togliamo il disturbo, Mussi.

FABIO MUSSI. Su questo decreto in Commissione sono stati presentati mille emendamenti, e stamane, fino ad una certa ora, prima di questa «mossetta» per far vedere la buona volontà, erano ancora cinquecento; gli iscritti a parlare per ciascun gruppo o in dissenso sono stati su ogni provvedimento un numero sterminato...

ELIO VITO. Uno a seduta!

GENNARO MALGIERI. Ottomila!

FABIO MUSSI. In sostanza, si è usato un metodo volto a consumare tempo, si è fatto un gioco arroccato di interdizione, in cui non si è capito più neppure quali fossero, di volta in volta, la materia vera del contendere, le idee e le proposte alternative.
Credo che il regolamento parlamentare dovrà essere rivisto: pensate solo se vi fosse una norma - ciò vale per questo Governo e per questa maggioranza e per quelli che verranno negli anni a seguire - che desse tempi certi per la votazione delle leggi! Invece così, in assenza di tempi certi, nel «consumo» del tempo si è fatto un danno alle istituzioni, ai cittadini e si è resa anche enorme la fatica del legislatore. Anche su questo decreto si è giocato con centinaia di emendamenti...

ELIO VITO. Ma se siete stati battuti in Commissione!

FABIO MUSSI. ...con una intenzione, caro Vito, che è qualche volta dichiarata, qualche volta non dichiarata, ma ugualmente efficace, strisciante, di ostruzionismo. Così un Parlamento di una moderna democrazia non funziona e questo problema non riguarda me e i signori seduti da questa parte dell'aula,...

ELIO VITO. Cambiamo la Costituzione?

PAOLO ARMAROLI. Se si cambiasse la Costituzione...

FABIO MUSSI. ...questo problema riguarda tutti! E allora la posizione della questione di fiducia è stata lo strumento non gradito a nessuno ma inevitabile per saltare ostacoli che altrimenti ci avrebbero ogni volta fermati...

ELIO VITO. Comodo, comodo!

FABIO MUSSI. ...perché l'opposizione ha dei doveri, la maggioranza ha dei doveri, un Governo ha dei doveri e ciascuno di questi doveri ha la medesima dignità!


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GENNARO MALGIERI. Ma il Parlamento ha dei diritti!

FABIO MUSSI. Per questo, siccome la richiesta del voto di fiducia è perfettamente legittima e costituzionale, la situazione incresciosa della ripetizione potrebbe essere evitata non solo se vi fosse un nuovo regolamento ...

GUSTAVO SELVA. Prima ci vuole la repubblica presidenziale!

FABIO MUSSI. ... cosa alla quale, collaborando, vogliamo arrivare, ma se vi fosse anche un rapporto tra maggioranza e opposizione più «dialogante», più disteso, meno animato dalla volontà di entrare a gamba tesa per troncare la gamba dell'altro, perché in questi casi uno la gamba se la difende!
E se voi dite che la richiesta di fiducia è un atto difensivo della maggioranza (Commenti del deputato Bono), benissimo, allora saggezza e persino astuzia (dote di cui si dice l'onorevole Tatarella abbondi particolarmente) vorrebbero che si presentassero pochi emendamenti, che si tenesse una normale condotta parlamentare e si mettessero alla prova la maggioranza e le sue contraddizioni.

ELIO VITO. Sul disegno di legge Bassanini lo abbiamo fatto!

FABIO MUSSI. Se questo non viene fatto, amici e colleghi cari, è perché ci si muove su un'altra linea...

PAOLO ARMAROLI. Queste cose le dicevano i democristiani!

FABIO MUSSI. ... che danneggia prima di tutto il Parlamento e i cittadini. E allora, in questo caso, la ventunesima fiducia è quella che noi daremo, ma vi consiglio caldamente un cambiamento di atteggiamento, che eviterebbe la protesta sui voti di fiducia reiterati e consentirebbe di far funzionare meglio il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

ELIO VITO. È inquietante quello che hai detto!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mussi.
Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo all'esame dell'
articolo unico del disegno di legge di conversione e dei relativi emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi (per gli articoli, gli emendamenti, i subemendamenti e gli articoli aggiuntivi vedi l'allegato A).
Avverto che, avendo il Governo posto la questione di fiducia sull'approvazione del suo emendamento Dis. 1.1, sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata alle 17,30 nella biblioteca del Presidente.

La seduta, sospesa alle 17,25, è ripresa alle 18,25.

PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo è stato esaminato il seguito da dare al dibattito relativo al disegno di legge n.3489, dopo la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sul suo emendamento Dis.1.1.
In tale sede si è convenuto che la discussione (di cui all'articolo 116, comma 2, del regolamento, come interpretato, su parere della Giunta per il regolamento, nella seduta del 28 gennaio 1980, e costantemente applicato in numerosi casi successivi) prosegua con gli interventi dei rappresentanti dei gruppi, attribuendosi a ciascun gruppo un tempo complessivo di un'ora, comprensivo delle dichiarazioni di voto sulla fiducia di cui al comma 3 del citato articolo 116.
Il dibattito si svolgerà nella seduta di domani, con inizio alle ore 9, fermo restando che la votazione sulla fiducia non avrà luogo prima delle ore 16,45.
Le iscrizioni a parlare dovranno pervenire alla Presidenza entro le ore 20 di oggi.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

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