Allegato A
Seduta 173 del 2/4/1997

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INTERROGAZIONI SUGLI SVILUPPI DELLA SITUAZIONE IN ALBANIA

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PIVETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai ministri dell'interno e della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno venerdì 28 marzo 1997 la nave «Sibilla» della Marina militare italiana, in perlustrazione nel mare Adriatico, è entrata in collisione con una motovedetta albanese che trasportava un numero imprecisato di profughi - si parla di oltre cento persone - diretti a Brindisi, provocandone l'affondamento. Nella sciagura, il pronto intervento della nave italiana ha consentito il salvataggio di trentaquattro persone, mentre, ad un primo accertamento, risulterebbero decedute ottantatré persone, in gran parte donne e bambini;
nei giorni precedenti, da un'altra motovedetta albanese sovraccarica di profughi sono stati sparati colpi di arma da fuoco all'indirizzo delle navi militari italiane in servizio di pattugliamento;
nella stampa italiana sono apparse ripetute notizie circa lo stretto collegamento fra la malavita italiana ed internazionale e la malavita albanese, che avrebbero promosso la coltivazione in Albania di diverse forme di droga da trasferire e commercializzare in Italia ed in Europa per mezzo di promotori e corrieri, che si mescolerebbero nella massa dei profughi, utilizzando donne e bambini e le pratiche del ricongiungimento familiare per venire in Italia-:
con quale atto ed in quali esatti termini il Governo abbia dato incarico allo stato maggiore della Marina militare italiana di vigilare e di bloccare la continua fuoriuscita di profughi diretti dall'Albania verso il suolo italiano; quali comandi e quali istruzioni siano state date esattamente alle navi italiane, oltre alla prescritte procedure di identificazione dei natanti, in relazione alla necessità di dissuadere, intralciare ed ostacolare l'approdo in Italia di navi e di naviglio albanese non autorizzato; cosa comporti, in termini concreti e precisi, per le navi militari italiane l'eventuale disobbedienza al «fermo» da parte delle navi e del naviglio albanese; come si configuri e si eserciti esattamente ed in termini concreti il rispetto delle acque territoriali albanesi da parte delle navi militari italiane, e, viceversa, il rispetto delle acque territoriali italiane da parte delle navi militari albanesi;
se risulti che, nei giorni precedenti alla sciagura sopra indicata, navi militari italiane siano state fatto oggetto di colpi di arma da fuoco e quale sia l'ordine esatto di difesa impartito alle navi militari italiane di pattuglia nel mare Adriatico nel caso che queste siano fatte oggetto di colpi di arma da fuoco e di altre forme varie di aggressione;
quali misure di salvaguardia e di sicurezza siano previste per i militari italiani che saranno impegnati nella prossima missione di pace in Albania, quali forze armate risultino al momento coinvolte e per quale durata, e quali ordini si preveda di affidare in caso di aggressione ai comandati militari italiani impegnati nella prossima missione;
se siano state formulate richieste al Governo albanese da parte del Governo italiano di attivare misure atte a bloccare

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e, al limite, porre sotto sequestro nei porti di quel paese il naviglio, anche militare, che può essere utilizzato impropriamente per il trasporto dei profughi;
quali informazioni esatte il Governo sia in grado di fornire circa la coltivazione di piante e la produzione di droghe di vario tipo in Albania e il loro trasferimento e commercializzazione in Italia e in Europa per il tramite di profughi albanesi collegati alla malavita italiana; quali notizie abbia acquisito in merito dalle procure della Repubblica italiana, e quali collegamenti risultino al Governo fra la malavita organizzata albanese e la malavita italiana in altre attività criminose, come la prostituzione, anche minorile, il riciclaggio di denaro sporco, il commercio di armi ed altre forme di commercio illegale;
quali informazioni e quali previsioni siano pervenute dai servizi segreti italiani, in particolare dal Sisde, al Governo italiano circa l'esplodere della crisi albanese, con la conseguente guerra civile, e circa il rapporto fra il movimento dei profughi e l'attività delle organizzazioni criminose albanesi;
per quali motivi il Governo italiano - d'accordo con il Governo albanese - non abbia attivato già nei mesi addietro, fin dall'esplodere della crisi interna di quel paese, un piano complessivo ed organico di aiuti umanitari che consentisse veramente di alleviare la fame di quelle popolazioni con la distribuzione di viveri sul loro territorio; come si configuri attualmente il piano di aiuti all'Albania predisposto da parte del Governo italiano e quali organizzazioni, private e pubbliche, vi siano coinvolte; per quali motivi in particolare non sia stato dato ascolto al direttore della Caritas di Brindisi, Bruno Mitrugno, che per tempo aveva avvertito il Governo della gravità della situazione determinata dal flusso dei profughi ed aveva sollecitato un preciso piano di accoglienza (si veda Il Giornale del 19 marzo 1997);
quali ragioni abbiano indotto il Governo italiano a distribuire i circa diecimila profughi su gran parte del territorio nazionale, invece di mantenere la loro concentrazione in poche località, magari vicine alle antiche comunità albanesi già insediate da secoli sul nostro territorio nazionale, soluzione che avrebbe potuto facilitare il controllo dei profughi;
quanti siano stati i provvedimenti di rimpatrio finora concretamente effettuati e quanti se ne prevedano nel prossimo futuro; quali forme di collaborazione siano in essere fra le autorità di polizia italiane ed albanesi per l'individuazione dei criminali evasi dalle carceri e, comunque, degli albanesi coinvolti direttamente o indirettamente in attività criminose; quali risultati pratici abbia dato finora questa collaborazione e se, in particolare, siano stati individuati e rimpatriati i detenuti per delitti comuni evasi dalle carceri albanesi che risulterebbero emigrati in Italia;
quale sia il costo complessivo dell'operazione Albania finora sopportato dal contribuente italiano e quali previsioni sia possibile effettuare al riguardo per il prossimo futuro;
quali siano i compiti effettivi affidati al nostro Paese dalle organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite all'Unione europea, se esistano impegni precisi per l'Italia in questo contesto e quali iniziative concrete siano state attivate a livello internazionale. (3-00949)
(1 aprile 1997)

DANIELI, PISCITELLO e SCOZZARI. - Ai Ministri della difesa e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'immane tragedia che ha coinvolto decine di profughi albanesi nel canale di Otranto non potrà mai essere archiviata come semplice incidente;
debbono essere attivate dal Governo e dagli organi competenti tutte le iniziative tese a chiarire l'esatta dinamica degli avvenimenti e le relative perplessità-:


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quali disposizioni siano state discusse ed approvate dal Governo in relazione al controllo del flusso immigratorio proveniente dall'Albania;
quali disposizioni siano state conseguentemente diramate ed a chi per l'applicazione delle disposizioni governative;
quali disposizioni precise siano state date in ordine all'applicazione del cosiddetto «pattugliamento concordato»;
quali iniziative concrete siano state assunte nelle sedi internazionali proprie, a livello europeo ed a livello Onu, per superare ritardi incomprensibili di fronte ad un deterioramento prevedibilissimo della situazione politica e sociale in Albania;
quali iniziative politiche ed umanitarie il Governo italiano, assieme all'Unione europea ed all'Onu intenda attivare direttamente in Albania per avviare concrete opportunità di sviluppo e per aiutare l'apertura di una fase politico-istituzionale effettivamente democratica in Albania.
(3-00937)
(1 aprile 1997)

CREMA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri degli affari esteri, della difesa e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il tragico incidente verificatosi la sera del 28 marzo 1997 nel canale di Otranto, che ha visto coinvolte la corvetta «Sibilla» della Marina militare italiana ed un'unità albanese carica di profughi, conclusosi con il naufragio ed un imprecisato numero di morti tra gli occupanti di quest'ultima, ha destato il più profondo cordoglio nella popolazione dei due Paesi;
la dinamica dei fatti, non ancora sufficientemente chiarita, ha dato origine a perplessità e polemiche a livello nazionale, mentre a Valona hanno avuto luogo proteste di piazza contro l'Italia;
il nostro Paese avrà un ruolo determinante nel tentativo di portare a soluzione la grave crisi nazionale che coinvolge l'Albania, tenuto conto non solo della vicinanza geografica tra i due paesi, ma anche dell'incarico attribuito all'Italia nelle operazioni umanitarie decise dall'Osce-:
se non sia opportuno chiarire al più presto e senza ombra di dubbio alcuno quale sia stato il ruolo effettivamente svolto dalle nostre unità navali in occasione del luttoso evento in oggetto;
quali misure intenda adottare affinché sia scongiurato il ripetersi di episodi analoghi, anche qualora fosse dimostrata l'assoluta correttezza dell'operato italiano;
se si intenda dare una maggiore organicità all'eventuale ulteriore accoglimento di profughi albanesi, alla permanenza del contingente già attualmente presente in Italia e, più in generale, al ruolo che, inevitabilmente, il nostro Paese continuerà ad avere nella tragica emergenza in corso in Albania. (3-00938)
(1 aprile 1997)

BUTTIGLIONE, TASSONE, SANZA, MARINACCI, TERESIO DELFINO, CARMELO CARRARA, GRILLO, PANETTA e VOLONTÈ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per conoscere:
se intenda rendere noto ogni elemento utile ad accertare ed a fare piena luce sulle responsabilità per il tragico affondamento nel canale di Otranto della nave albanese carica di disperati, che ha portato all'annegamento di ottantanove uomini, donne e bambini;
se non ritenga che il tragico evento sia stato causato dalle incertezze nella politica del Governo, incapace di affrontare adeguatamente la questione degli immigrati albanesi;
se non ritenga di estrema gravità il fatto che il Parlamento sia stato tenuto all'oscuro della decisione di procedere al blocco navale operato in acque internazionali,


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così come la circostanza che la deliberazione dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale fino al 30 giugno 1997, assunta dal Consiglio dei Ministri il 20 marzo 1997, non sia stata neppure resa nota dal Ministro dell'interno Napolitano nella seduta della Camera dei deputati convocata per le ore 12 dello stesso giorno, nonostante lo stesso Consiglio dei ministri fosse terminato alle ore 10,25;
considerato che il comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri del 27 marzo 1997 faceva riferimento ad uno scambio di note con il Ministro degli esteri albanese, Starosa, per il «pattugliamento da parte italiana delle acque territoriali albanesi», chi abbia dato disposizioni alla Marina militare per il pattugliamento delle acque internazionali in assenza di qualsiasi decisione parlamentare e se tale improvvisa decisione non sia stata la causa di una serie di errori commessi dal Governo;
se non ritenga che l'impegno italiano nei riguardi della questione albanese debba essere riconsiderato, previa determinazione parlamentare, visto lo stato di isolamento in cui è venuto a trovarsi il Governo italiano sia nelle sedi europee che nei consessi internazionali, ponendo - alla luce della tragedia occorsa in mare - a grave rischio la missione militare in Albania, essendo venuto meno il quadro di sicurezza in precedenza ipotizzato;
chi abbia dato disposizioni per annullare la prevista conferenza stampa del comandante della corvetta «Sibilla» e se non ritenga tale disposizione un tentativo di occultare la verità sulla tragedia;
se ritenga che una generica informativa telefonica al leader dell'opposizione possa essere sufficiente per dare al Governo la pienezza dei poteri in politica estera e militare, piuttosto che promuovere un corretto rapporto istituzionale tra Governo e Parlamento su un tema così delicato, che investe la sicurezza del Paese e delle forze armate;
se ritenga infine che la situazionedeterminatasi sia compatibile con l'ulteriore permanenza del Ministro della difesa nella compagine governativa.
(3-00939)
(1 aprile 1997)

PAISSAN, LECCESE, BOATO, CENTO, DALLA CHIESA, DE BENETTI, GALLETTI, GARDIOL, PECORARO SCANIO, PROCACCI, SCALIA e TURRONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri della difesa, degli affari esteri e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
venerdì 28 marzo 1997, in acque internazionali al largo di Brindisi, la corvetta «Sibilla» della Marina italiana entra in contatto con una motocannoniera albanese, che successivamente si ribalta ed affonda;
vengono salvati trentaquattro albanesi e recuperati quattro cadaveri, mentre resta imprecisato il numero dei dispersi che, secondo l'ambasciata di Tirana, sarebbero ottantacinque: una tragedia di proporzioni pesantissime;
nel Paese si registra un clima pesante, esasperato da un'informazione «drogata», che ha legato gli albanesi alla mafia ed alla delinquenza comune -:
quali siano gli ordini impartiti alla Marina italiana per le operazioni di «pattugliamento» delle coste e se il Governo non ritenga opportuno sospendere questo tipo di operazione;
a quale accordo tra il Governo italiano ed albanese facciano riferimento tali ordini e se l'eventuale accordo rispetti la normativa internazionale sulla navigazione e le convenzioni internazionali sullo status dei rifugiati;
di quale natura sia la missione con presenza militare che si sta approntando e se non ritengano, anche alla luce degli ultimi tragici fatti, che essa allo stato non possa avvenire in condizioni di relativa sicurezza e che, soprattutto, non possa


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conseguire gli auspicati risultati di sostegno e di pacificazione. (3-00940)
(1 aprile 1997)

SBARBATI, MANCA e LA MALFA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri degli affari esteri, della difesa, dell'interno e per la solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
la grave e difficile crisi dell'Albania ha determinato il crollo rovinoso delle istituzioni statali del Paese, con un crescendo drammatico di manifestazioni di violenza a livello di guerra civile;
l'esodo di profughi, tra i quali vi è un numero elevatissimo di bambini soli, senza nome, spesso abbinati in modo poco chiaro ad adulti sospetti, è inarrestabile;
l'attività delle organizzazioni malavitose che speculano sulla paura e sulla disperazione di una popolazione inerme, già molto provata anche dalla perdurante crisi economica, sfugge ad ogni controllo;
l'incidente nel canale di Otranto e gli stretti limiti delle possibilità di accoglienza del nostro Paese, pressato dalla disoccupazione e dalla cronica insufficienza dei servizi sociali, hanno posto il problema dell'immigrazione nel nostro Paese in termini troppo radicali e di facile strumentalizzazione alla vigilia di importanti elezioni amministrative-:
quali provvedimenti il Governo italiano abbia assunto e intenda assumere al fine di:
a) chiarire definitivamente l'incidente nel canale di Otranto;
b) tutelare i minori albanesi, nel rispetto della convenzione sui diritti dell'infanzia;
c) impedire l'ingresso in Italia ai criminali fuggiti dalle carceri albanesi;
d) aiutare l'Albania nella ricostruzione civile, economica e politica mediante una missione umanitaria;
e) favorire un'intesa internazionale che solleciti una politica più chiara e decisa dell'Europa nei confronti del problema dell'immigrazione albanese, in modo da caricare il peso temporaneo di questa fuga di massa sui diversi paesi che si affacciano sul Mediterraneo;
f) facilitare il rientro in patria dei profughi, cessata l'emergenza. (3-00941)
(1 aprile 1997)

CASINI e GIOVANARDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le vicende relative al naufragio di venerdì Santo sono il tragico epilogo della gestione della crisi che ha colpito l'Albania;
l'imprevidenza del Governo italiano, che non è intervenuto con la necessaria determinazione per evitare trasporti illegali su imbarcazioni assolutamente inadeguate e che non ha provveduto a predisporre le necessarie forme di accoglienza temporanea nel nostro Paese per chi cerca scampo da una situazione di grave pericolo, rischia di mettere a repentaglio la stessa possibilità di riuscita di una missione di pace;
la Marina militare è stata chiamata ad un ingrato compito, sulla base di una politica del Governo incerta ed ambigua;
l'Italia dovrà assumere la responsabilità di una missione internazionale di pace in Albania con l'impiego delle forze armate, per cooperare con le autorità albanesi al fine di ristabilire l'ordine e le garanzie minime della convivenza civile -:
quali atti e quali iniziative il Governo intenda adottare o intraprendere per chiarire senza possibilità di equivoci le regole che intende seguire per l'invio dei militari italiani che saranno impegnati nella missione di pace in Albania. (3-00942)
(1 aprile 1997)


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DILIBERTO, MANTOVANI, BRUNETTI, NARDINI, MICHELANGELI, VENDOLA e BERTINOTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'affondamento di una nave di profughi albanesi, avvenuto in acque internazionali nel canale di Otranto in seguito ad una collisione con la prua della nave della Marina militare «Sibilla», ha provocato la morte per annegamento di oltre ottantacinque cittadini albanesi, molti dei quali donne e bambini;
la «Sibilla» era tra le navi militari italiane impegnate in un blocco navale deciso dal Governo italiano in accordo con quello albanese senza l'assenso del Parlamento e senza aver ancora reso note le «regole d'ingaggio» delle forze militari impegnate nell'operazione di respingimento e di dissuasione di profughi albanesi in fuga dal quel paese;
anche la versione dei fatti avanzata dalla Marina militare appare lacunosa e discutibile, in quanto risulta che la «Sibilla» si sia avvicinata al cargo albanese, che era in evidenti precarie condizioni di navigazione, nonostante il mare mosso, per «consigliare» tramite megafono all'imbarcazione di tornarsene in Albania. In quelle condizione di mare (a forza cinque), una nave delle dimensioni e della stazza della «Sibilla» è tenuta a rispettare una distanza di sicurezza di almeno cento metri, cosa che invece, deplorevolmente, non è avvenuta;
al di là della dinamica dei fatti, che dovrà essere accertata dalla magistratura e da eventuali commissioni d'inchiesta, anche di natura parlamentare, resta comunque una grave responsabilità oggettiva e politica del Governo, in particolare per ciò che riguarda il cosiddetto «pattugliamento navale» e la finalità per la quale è stato organizzato;
questo blocco navale italiano innanzi alle coste albanesi, volto ad interdire la navigazione ai profughi diretti verso l'Italia, è stato assunto senza mandato parlamentare e con la reiterata opposizione di due forze politiche essenziali per la maggioranza di Governo: Rifondazione comunista ed i Verdi;
la legittimità del blocco è stata contestata, prima della tragedia, dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Fazlum Karim. Il Governo italiano, replicando al rappresentante dell'Onu, aveva escluso l'esistenza del blocco navale, richiamando un non meglio specificato accordo con Tirana (sconosciuto almeno da parte del Parlamento) per il pattugliamento dell'Adriatico e la dissuasione dell'immigrazione illegale;
risulta inoltre che la «Sibilla» ha attuato l'interdizione navale in alto mare del cargo albanese in acque esterne a quelle territoriali sia italiane sia albanesi. Appare discutibile dunque la legittimità di questa operazione, in quanto in aperta violazione di un principio consuetudinario ed antichissimo del diritto internazionale che assicura la libertà dell'alto mare, ribadito dalla convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958, ratificata dall'Italia con legge n.l658 dell'8 dicembre 1961;
in virtù di tale principio, nessuno Stato può catturare, fermare, ispezionare, visitare o ostacolare comunque la navigazione di navi appartenenti ad un altro Stato, salvo il caso della repressione della pirateria o del commercio di schiavi;
secondo il Governo italiano, l'attività d'interdizione navale esercitata dalla Marina militare sarebbe legittimata da un trattato concluso in forma semplificata (con uno scambio di note) con il Governo albanese;
non risulta che tale trattato sia stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, come invece prevede la legge 11 dicembre 1984, n.839; è dunque ignoto al Parlamento se i soggetti che hanno siglato il trattato stesso siano capaci di rappresentare su piano internazionale lo Stato albanese, quali poteri siano stati attribuiti alle unità navali italiane e se lo stesso fosse già entrato in vigore al momento del tragico affondamento della nave albanese;

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non potendo due Stati accordarsi per privare i cittadini di uno di tali Stati del diritto di lasciare il proprio paese (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948; articolo 10 del patto internazionale sui diritti civili e politici dell'Onu del 1966), l'esistenza stessa del blocco o dell'interdizione navale appare illegittima sotto il profilo del diritto umanitario internazionale ed inaccettabile sotto il profilo politico;
tale blocco ha finito inoltre per enfatizzare il rischio di una «invasione» di albanesi (in verità poche migliaia), assolutamente risibile per un Paese di cinquantotto milioni di abitanti come l'Italia, che è la quinta potenza economica mondiale, contribuendo in questo modo ad accentuare nell'opinione pubblica pulsioni xenofobe;
la strage della nave albanese ha avuto come contraccolpo, specialmente in Valona, la città di provenienza delle vittime, manifestazioni dichiaratamente ostili nei confronti dell'Italia. Le supposte responsabilità italiane nell'affondamento della nave dei profughi vanno a sommarsi all'immagine negativa che il nostro Paese continua ad avere in Albania, a causa della politica di sostegno al corrotto e screditato regime di Berisha;
nelle attuali condizioni, la ventilata spedizione militare in Albania, per quanto promossa dall'Onu, sarebbe assolutamente sbagliata. Questo per due motivi: a) per l'evidente ostilità della popolazione albanese nei confronti delle forze armate italiane a causa della strage; b) perché si configurerebbe come un sostegno al regime di Berisha, principale responsabile dell'attuale crisi-:
quali siano le regole d'ingaggio delle unità navali della Marina militare impegnate nell'operazione d'interdizione navale, il contenuto del trattato siglato con il Governo albanese e quali autorità dello stesso l'abbiano sottoscritto;
se non ritenga di dover sospendere il cosiddetto «pattugliamento navale», contribuendo in questo modo ad allentare la tensione in Albania ed a porre un freno alla campagna xenofoba in corso nel nostro Paese;
se non ritenga urgente una radicale inversione della linea politica fin qui seguita, dissociando la politica dell'Italia nei confronti dell'Albania dal sostegno al regime di Berisha, le cui dimissioni sono necessarie per conseguire una soluzione politica della crisi;
se non intenda accelerare la sostituzione dell'ambasciatore italiano a Tirana con un nuovo diplomatico, non compromesso con la politica di aperto sostegno a Berisha ed al suo regime;
se non si debba valutare l'eventualità di rinunciare all'invio di una missione militare in Albania, almeno fino a quando non sarà ivi stipulato un'accordo di pacificazione nazionale tra tutte le parti in causa, inclusi i comitati dei rivoltosi;
se non ritenga comunque di dichiarare all'Onu l'indisponibilità dell'invio di un contingente militare italiano in Albania fino a quando Berisha continuerà ad essere Presidente di quella Repubblica.
(3-00943)
(1 aprile 1997)

LEMBO, CAVALIERE e FONTANINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri degli affari esteri e della difesa. - Per sapere - premesso che:
occorre prendere atto del deteriorarsi della situazione nel canale di Otranto e del crescere dei sentimenti di ostilità nei riguardi dell'Italia in Albania, a seguito del grave, recente incidente navale, culminato nell'affondamento di un'imbarcazione carica di albanesi;
occorre inoltre considerare il carattere ambiguo delle iniziative di pattugliamento e di controllo del flusso migratorio dall'Albania verso le coste pugliesi e lo stato di grave incertezza in cui debbono operare i comandanti delle unità della


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Marina impegnate in queste operazioni, situazione che favorisce il verificarsi di incidenti come quello che ha provocato recentemente la morte di decine di albanesi a bordo del battello speronato dalla corvetta «Sibilla»-:
quali siano le istruzioni operative e le regole d'ingaggio in base alle quali operano le unità navali della Marina militare italiana coinvolte in azioni di pattugliamento nel canale di Otranto e quali provvedimenti siano stati assunti per evitare che il comandante della corvetta «Sibilla» o eventuali altri nostri militari, che potrebbero essere coinvolti in futuro in operazioni connesse con l'emergenza in questione, assumano per intero la responsabilità di una politica di contenimento dell'immigrazione albanese, che è stata finora quanto meno incerta, oscillante ed ambigua. (3-00944)
(1 aprile 1997)

MATTARELLA, MARINI, BRESSA, PISTELLI, CASINELLI, CIANI, FRIGATO, MAGGI, MOLINARI, MONACO, PICCOLO, REPETTO, ROMANO CARRATELLI e RUGGERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri, dell'interno e della difesa. - Per sapere - premesso che:
come è noto, nella notte del 28 marzo 1997 si è consumata una tragedia che ha suscitato l'emozione generale e, innanzitutto, sentimenti di tristezza e cordoglio;
tale drammatico avvenimento si è verificato nel corso di operazioni di pattugliamento ad opera della nostra marina militare;
si è nell'imminenza dell'annunciata partecipazione italiana all'intervento multinazionale in Albania-:
se intendano chiarire se la decisione di procedere al pattugliamento delle acque tra Albania e Italia sia stata unilaterale o sia stata concordata con il Governo albanese, o addirittura da questo sollecitata;
a che scopo e con quali istruzioni di comportamento siano state disposte le operazioni di pattugliamento;
se le istruzioni impartite alla Marina militare e da questa alle unità in mare abbiano tenuto conto della possibilità del verificarsi di condizioni di mare pericolose nonché dell'alta probabilità che i natanti provenienti dall'Albania fossero condotti da persone inesperte e prive di scrupoli;
cosa sia realmente avvenuto nella notte del 28 marzo 1997 e se siano state osservate, con scrupolo ed intelligenza, le istruzioni impartite alle unità in mare;
quale comportamento il Governo intenda adottare per i giorni che precederanno l'intervento multinazionale in Albania;
quali siano i motivi della missione multinazionale in Albania e quali siano gli obiettivi e le condizioni di svolgimento della stessa;
quale sia il ruolo dell'Italia nella missione;
quali effetti, ad avviso del Governo, potranno derivare dal tragico fatto del 28 marzo 1997 sulla partecipazione dell' Italia alla missione e quali iniziative il Governo intenda assumere per vanificare o per ridurre la portata di quegli effetti.
(3-00945)
(1 aprile 1997)

FINI, TATARELLA, TREMAGLIA, SELVA, NANIA, ARMAROLI e GASPARRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
a differenza del leader del Polo, nessun esponente di Governo si è recato a Brindisi dopo l'affondamento dell'imbarcazione albanese-:
quali misure intenda adottare affinché la missione italiana in Albania non sia a rischio;


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se non reputi opportuno rinnovare l'appello alla comunità internazionale perché partecipi più attivamente all'intervento in Albania;
quali passi intenda intraprendere presso il Governo albanese affinché gli aiuti umanitari contribuiscano al ristabilimento dell'ordine, soprattutto nei porti e sulle coste, e sia scongiurato il pericolo di un esodo in massa verso l'Italia. (3-00946)
(1 aprile 1997)

BERLUSCONI, PISANU, MARTINO, BIONDI, MARZANO, REBUFFA, SERRA, ROMANI, PRESTIGIACOMO, VITO, CALDERISI e BERGAMO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il tragico incidente accaduto al largo delle coste di Otranto, con il naufragio di una motovedetta albanese e la scomparsa di decine di persone, civili, donne e bambini, obbliga il Governo ad assumere finalmente una precisa posizione dinanzi alla crisi albanese, sostenuta dal dibattito e dal voto parlamentare;
il Governo italiano non si è preoccupato di sottolineare immediatamente come si sia trattato di un tragico incidente e successivamente è stato colpevolmente assente nell'esprimere ai superstiti ed ai familiari delle vittime partecipazione al dolore e sostegno, rischiando così tanto di compromettere i rapporti di buon vicinato tra la nazione italiana e quella albanese, quanto di caricare la prossima missione internazionale a guida italiana di un clima di pericolosa tensione, nonché di ledere l'immagine ed il prestigio internazionale del nostro Paese proprio quando è chiamato a guidare un'importante missione-:
in quale modo il Governo intenda impegnarsi concretamente al fine di evitare che la già drammatica situazione albanese si evolva ancora più negativamente, anche a causa dell'atteggiamento ondivago assunto dal Governo medesimo;
quali iniziative il Governo abbia assunto per il pieno accertamento della verità sulle cause del tragico incidente e per manifestare la propria solidarietà ai familiari delle vittime ed all'intero popolo albanese. (3-00947)
(1 aprile 1997)

D'ALEMA, MUSSI, RUFFINO, PEZZONI, CAMPATELLI, GUERRA, LUCÀ e VOZZA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri della difesa e degli affari esteri. - Per sapere:
come si siano svolti i fatti e quali siano le responsabilità, secondo quando risulta allo stato attuale al Governo, della collisione tra la corvetta «Sibilla» della Marina militare italiana e la motovedetta «Cater 1 Rades», che ha avuto come tragica conseguenza la morte di decine di cittadini albanesi;
quali siano le direttive in base alle quali il comandante della «Sibilla» abbia agito e, più in generale, quali direttive il Governo abbia impartito alla Marina militare italiana per il pattugliamento dell'Adriatico;
se il pattugliamento avvenga sulla base di uno specifico accordo con le autorità albanesi e, in caso affermativo, quali siano i contenuti dell'accordo;
quali siano i principi del diritto internazionale che rendono legittime le direttive del Governo e l'attività di pattugliamento della Marina militare italiana;
come intenda il Governo favorire il rapido accertamento dei fatti da parte della magistratura e quali iniziative abbia assunto per permettere al Governo albanese di partecipare efficacemente all'accertamento delle cause della tragedia.(3-00948)
(1 aprile 1997)


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CITO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante, per sua formazione e per sua personale conoscenza, ha grande stima delle forze armate italiane e nutre una particolare considerazione nei confronti delta Marina militare, di cui Taranto - città della quale l'interrogante è stato sindaco - è base importante per tutta l'area del Mediterraneo; la Marina militare si è sempre distinta, per professionalità ed equilibrio, nelle missioni di pace che le sono state affidate, e che hanno riscosso il plauso incondizionato dei vertici della difesa e delle nazioni dell'Europa e del mondo;
esemplari e degni di grande considerazione sono il livello di professionalità, l'abnegazione e l'attaccamento alla bandiera, oltre al rispetto dell'uomo e delle civiltà con cui sono venuti a contatto, degli uomini della Marina militare, guidati da ufficiali di grande esperienza e di sicura affidabilità;
ottima prova di sé la Marina militare ha fornito in ogni occasione della storia più recente, operando con grande equilibrio in situazioni di grande pericolo e di estrema delicatezza, quale la crisi del Golfo Persico o, ancora, appena qualche settimana fa, nell'offrire soccorso ai cittadini italiani e di altre nazioni assediati dalle bande armate in Albania, nel corso della recente crisi;
esemplare è sempre stato, in queste settimane, il servizio di vigilanza nell'Adriatico espletato dalle unità della Marina militare italiana, segnalatesi anche per il soccorso prestato a numerose imbarcazioni di profughi in grave pericolo per le condizioni del mare, oltre che per la precarietà dei loro mezzi-:
se non ritenga del tutto inadeguata, perché tiepida, elusiva e reticente, la posizione del Governo di fronte alle accuse rivolte alla Marina italiana, in occasione del naufragio della motocannoniera albanese nel canale di Otranto;
se non ritenga che doverosa e opportuna sarebbe stata una decisa presa di posizione del Governo, e del Ministro della difesa in prima persona, contro le accuse strumentali non solo dei sopravvissuti al naufragio, ma addirittura dell'ambasciatore d'Albania, cui il molo ricoperto e l'opportunità di mantenere buone relazioni tra i due paesi avrebbero dovuto suggerire un maggiore equilibrio;
se non ritenga che, nelle more delle indagini, che è opportuno si svolgano per dissipare ogni ombra sull'operato della nostra Marina militare, il Ministro della difesa in prima persona, a nome del Governo, avrebbe dovuto affiancare e sostenere i vertici della Marina militare nel fornire all'opinione pubblica, ai partner europei, al mondo intero, al Governo e al popolo albanese la versione corretta ed equilibrata dell'accaduto, tutelando il buon nome della Marina e scongiurando i pericoli che da questa assurda e infondata crisi nei rapporti tra i due paesi deriverebbero per l'incolumità dei militari italiani incaricati di una missione di pace in territorio albanese. (3-00951)