Seduta n. 81 del 22/10/1996
(pomeridiana)

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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n.2298 (ore 20,20).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, onorevole D'Amico.

NATALE D'AMICO, Relatore per la maggioranza. Rinuncio alla replica, signor Presidente (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Ballaman.

EDOUARD BALLAMAN, Relatore di minoranza. Rinuncio anch'io alla replica, perché avrei piacere di conoscere i contenuti della replica del Governo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il sottosegretario di Stato per il tesoro.

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Presidente, più che di una replica, si tratterà di qualche osservazione alla fine di un dibattito estremamente approfondito.
Credo che non occorra motivare ancora le ragioni dell'intervento del Governo, perché le ha illustrate in modo molto preciso il relatore per la maggioranza, onorevole D'Amico, e sono emerse in numerosi altri interventi svolti in sede di discussione sulle linee generali.
Vorrei precisare che quella di cui stiamo parlando è una banca importante e che, alla fine del 1995, era la settima in Italia in termini di raccolta. Non solo, ma aveva il 15 per cento dell'intera raccolta meridionale e il 29 per cento di quella relativa alla Campania! Non si tratta quindi di un istituto qualsiasi; anche se qualsiasi istituto avrebbe dato origine - io credo - a problemi economici e sociali nel momento nel quale fosse entrato in difficoltà.
Ribadisco che si tratta di una banca importante, la lesione della quale avrebbe determinato taluni problemi a livello di rapporti bancari internazionali (su tale tema si è soffermato molto correttamente in precedenza il relatore per la maggioranza il quale, in una parte della sua relazione, ha stimato i costi che ciò avrebbe comportato) e problemi molto rilevanti nei rapporti interbancari nazionali lesionando, probabilmente in modo irrimediabile, ogni tentativo di rinforzare una delle economie più deboli del nostro paese.
Queste erano le ragioni che hanno determinato e che rendevano necessario l'intervento del Governo. Ma, allora, il problema non era se intervenire o meno, ma come intervenire. Si sarebbe, infatti, potuto procedere sia firmando una cambiale in bianco e andando poi alla fine a ricercare le perdite che si sarebbero determinate sia operando in un'altra maniera: il Governo italiano ed il Tesoro hanno scelto questa seconda soluzione.
Credo che il decreto-legge n.497 del 1996 possa essere definito un «decreto-programma», con il quale, nella sostanza, si fa un discorso di questo genere: «Io ci sto e sono pronto ad intervenire, se si verificheranno determinate condizioni!». Queste condizioni erano le seguenti: che si accertasse esattamente la situazione del Banco di Napoli con un check up neutrale e preciso; che sulla base di quello, si predisponesse un piano di ristrutturazione; che si stipulassero accordi sindacali in grado di determinare la riduzione e l'allineamento dei costi di lavoro del Banco di Napoli a quello nazionale; che vi fossero gli interventi privati.


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Ciò è esattamente quanto è avvenuto! Il check up, infatti, è stato effettuato entro il 30 giugno 1996, come era stato previsto, e il piano di ristrutturazione è stato adottato. Si è registrata una svalutazione violenta dei crediti, proprio perché si doveva affrontare il problema per quello che era ed era comunque meglio far emergere con la massima celerità possibile la situazione concreta. Nello stesso tempo è stata creata una rottura netta rispetto al passato, perché gli organi sono completamente cambiati e perché il Tesoro non ha esitato (lo affermo con estrema tranquillità, perché si è trattato di un passaggio non scevro di significato, utilizzando le azioni che gli erano state date per consentire la partecipazione in assemblea, unitamente a quelle già proprie) a deliberare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori precedenti, che di quest'ultima apparivano in qualche modo «affetti».
Questa è stata la logica, e in questa logica vi è stata la realizzazione della terza fase, cioè l'accordo sindacale che ha permesso di ridurre il costo del personale, avviando anche una riduzione del personale medesimo. Approfitto anzi dell'occasione per informare la Camera di quanto è avvenuto nel frattempo: con la cessione di alcuni sportelli del nord e con un processo di esito all'interno dell'azienda, di fatto, alla fine del 1996, avremo, grosso modo, 950 unità di lavoro in meno (che non significa 950 persone che restano a casa, perché in realtà circa 600 sono collocate negli sportelli ceduti alla Banca popolare di Brescia). Nell'insieme ciò dà anche la misura della riduzione del carico dei costi di lavoro all'interno del Banco di Napoli.
È stata effettuata una cessione di 50 sportelli al nord ed è stata ridotta la presenza alla rete internazionale, che oggi viene limitata (le ultime iniziative si stanno concludendo ora) alle piazze fondamentali di New York, di Londra e di Hong Kong (rimane una sede spagnola che, da quanto ho potuto constatare, è in rapida liquidazione).
Questi due aspetti, cessione di sportelli e riduzione della rete estera, sono anche ragioni di un presumibile e sperato - lo riteniamo in ragione dei colloqui intercorsi - assenso da parte della Comunità. Quest'ultima richiede infatti compensazioni, che sono esattamente la riduzione in presenze di aiuti che intervengono e la riduzione di presenze sui mercati.
È stata poi effettuata la cessione di assets per oltre 5 mila miliardi e cessioni di partecipazioni per 141 miliardi; è inoltre in corso la definizione di tutta una serie di vertenze. Dico questo perché l'Assemblea possa essere a conoscenza di quanto esattamente si è verificato ed anche per spiegare le ragioni per le quali il Tesoro ha emanato in questi giorni il decreto-legge che avvia la procedura competitiva. In realtà, si trattava di ristrutturare l'azienda in modo che fosse «prospettabile» al mercato. A cosa serviva, infatti, andare sul mercato nel momento in cui l'azienda non era competitiva, non era appetibile? E allora, un'azienda ristrutturata sul piano del personale, con l'eliminazione di una serie di sportelli di attività che non servono ed una cessione di assets non essenziali, può stare meglio sul mercato.
Il Tesoro ha accelerato il processo, da una parte emanando il decreto che consente l'inizio della procedura competitiva, dall'altra lavorando, come sta facendo in questi giorni, per condurre a termine l'operazione che ormai nel gergo universale si chiama bad bank. Il Governo, peraltro, è stato ben lieto di accogliere tra i cinque suggerimenti pervenuti dai membri della Commissione finanze, quello che attribuiva al Tesoro medesimo il sostanziale controllo della bad bank, perché è giusto così. Lì, infatti, vi sono dei crediti che sono stati ceduti, che vanno liquidati nell'interesse della collettività, perché sono indifferenti alla vita del Banco di Napoli. Era giusto allora che la gestione della bad bank venisse sganciata completamente da quella del Banco di Napoli.
Abbiamo accolto anche ulteriori indicazioni preziose giunte dalla Commissione - dico «preziose» perché dietro vi è stata una meditazione profonda -, come quella di definire la vicenda dei soci che, in qualche maniera, dopo un certo numero di anni (precisati in cinque), anche se la ri


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scossione dei crediti non è agevole, sapranno esattamente qual è il conto finale e, sulla base di esso, se, e in quale misura, vi sia un residuo che vada distribuito ai soci originari.
È questa la situazione ed è questa la ragione per la quale è stata avviata la procedura che oggi è giunta al rettilineo finale. La «tempistica» del decreto ministeriale per la cessione è infatti la seguente: entro il 18 novembre dovranno essere presentate le dichiarazioni di interesse, entro il 2 dicembre gli impegni all'acquisto, entro il 20 dicembre le offerte definitive e la gara competitiva, salvo quelle «normette» finali, per così dire, che attengono ad eventuali diritti di prelazione, eccetera. L'operazione si concluderà entro l'anno, secondo la previsione originaria, quindi il giudizio lo darà il mercato. L'operazione che è stata fatta dall'esecutivo e che il Governo chiede al Parlamento di fare propria, è quella non di intervenire con una specie di fondo perduto - diciamo così - illimitato, come pure qualche altro paese, non lontano da noi, ha compiuto per una banca; al contrario l'operazione è finalizzata a risanare la banca, renderla accettabile, lasciando poi al mercato il giudizio definitivo.
La ragione per la quale si insiste, anche ricorrendo agli strumenti che il regolamento consente, affinché si giunga ad una soluzione rapida della vicenda parlamentare, consiste proprio nel fatto che la celerità è la condizione perché la procedura di dismissione e di gara competitiva possa dare risultati. Difficilmente, infatti, si affaccerà ad una gara qualcuno nel momento in cui non si dà certezza alla norma che sta dietro a quella gara.
Queste erano le osservazioni, signor Presidente, che volevo svolgere, avendo avuto la possibilità di partecipare, a differenza del ministro, all'intero dibattito. Sarà tuttavia il ministro stesso a trarre le conclusioni politiche (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Ne ha facoltà.

CARLO AZEGLIO CIAMPI, Ministro del bilancio e della programmazione economica e del tesoro. Signor Presidente, onorevoli deputati, il sottosegretario, onorevole Pinza, che ha seguito il dibattito prima in Commissione ed oggi in quest'aula, ha esposto le linee di intervento del Governo in questa fase di conversione in legge del decreto-legge sul Banco di Napoli.
Ho qui l'onore di comunicare che il Consiglio dei ministri, dopo ponderata riflessione, ha deliberato di porre la questione di fiducia sull'articolo unico del disegno di legge n.2298... (Applausi polemici dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania) recante la conversione in legge del decreto-legge n.497 del 24 settembre 1996, in materia di privatizzazione del Banco di Napoli, nel testo della Commissione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi.
Si tratta di un provvedimento cruciale nei tempi, nei metodi e nei contenuti per la compiuta realizzazione del piano di risanamento e di rilancio del Banco di Napoli, istituto il quale deve riassumere il ruolo di promozione dello sviluppo economico nelle aree meridionali del paese.
Aggiungo che i meccanismi della procedura competitiva, i tempi e le modalità ad essi collegati richiedono la certezza del quadro normativo, sul quale peraltro la discussione parlamentare è stata ampia ed approfondita e delle cui indicazioni il Governo ha tenuto conto nelle reiterazioni del decreto (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro Ciampi.
Avverto che, avendo il Governo posto la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti ed articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione n.2298, la discussione prose


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guirà a norma dell'articolo 116, comma 2, del regolamento, secondo l'interpretazione fornita il 23 gennaio 1980 dal Presidente della Camera, su conforme parere della Giunta del regolamento e costantemente seguita nei casi successivi.
Potranno quindi intervenire per una sola volta i presentatori di emendamenti, che intendano illustrarli.
Avverto che, a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 20,40 nella biblioteca del Presidente per la definizione del prosieguo del dibattito.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 20,35, è ripresa alle 21,20.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA

PRESIDENTE. Avverto che, come preannunciato nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si procederà all'illustrazione degli emendamenti.
Passiamo quindi all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo della Commissione, sulla cui approvazione, senza emendamenti e senza articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che gli emendamenti, i subemendamenti e l'articolo aggiuntivo presentati sono riferiti agli articoli del decreto-legge, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla Commissione.
Avverto altresì che non sono stati presentati emendamenti all'
articolo unico del disegno di legge di conversione (per gli articoli, gli emendamenti, i subemendamenti e l'articolo aggiuntivo vedi l'allegato A).
Procediamo alla illustrazione degli emendamenti, subemendamenti ed articolo aggiuntivo, ai sensi dell'articolo 116, comma 2, del regolamento.
Nessuno chiedendo di parlare, è così esaurita, con l'illustrazione di tutti gli emendamenti presentati, la discussione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo della Commissione.
La votazione per appello nominale di tale articolo, sulla cui approvazione senza emendamenti né articoli aggiuntivi il Governo ha posto la questione di fiducia, avrà luogo nella seduta di domani, previe dichiarazioni di voto a norma dell'articolo 116, comma 3, del regolamento.

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