Seduta n. 44 del 31/7/1996

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DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI ALESSANDRO BERGAMO, NICANDRO MARINACCI, LUCA VOLONTÈ E MAURO FABRIS IN SEDE DI DISCUSSIONE SUL COMPLESSO DEGLI ORDINI DEL GIORNO RIFERITI AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1857.

ALESSANDRO BERGAMO. Vorrei illustrare brevemente il mio ordine del giorno n.27 teso a restituire alla regione Calabria la decurtazione di finanziamento per ben 40 miliardi nel settore della forestazione; decurtazione operata dal Governo Prodi nella cosiddetta manovrina su cui, prima, ha ottenuto la fiducia.
Vorrei semplicemente ricordare che tali finanziamenti vengono a mancare proprio quando questo settore in Calabria era diventato produttivo attraverso una serie di interventi che venivano indicati da progetti specifici finalizzati all'assetto del territorio dal punto di vista idrogeologico. Risultato, questo, ottenuto con il forte impegno di migliaia di forestali calabresi che ormai da tempo hanno capito che non si può più vivere di assistenzialismo.
Chiedo le ragioni di tutto ciò ai rappresentanti del Governo, nonostante non abbiano ritenuto di accogliere l'ordine del giorno mentre hanno pensato bene di accogliere l'ordine del giorno n.64 a firma Brunetti che contiene la solita aria fritta in favore del Mezzogiorno. E conseguentemente chiedo di non sottovalutare l'impegno dei forestali che mi preme ricordare anche a tutti i colleghi parlamentari calabresi dell'Ulivo e di rifondazione comuni


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sta i quali in campagna elettorale avevano assunto l'impegno a favorire l'occupazione della nostra regione. Lo stesso faccio rivolgendomi al Presidente della Repubblica, che è venuto in Calabria un mese fa insieme ai ministri Treu, Burlando e Di Pietro: tutti avevano garantito che questi impegni, assunti con la gente del sud, sarebbero stati poi mantenuti.
Vorrei far presente che la Calabria negli ultimi due mesi ha subito un'altra decurtazione di finanziamento per 20 miliardi da riferire ai lavori socialmente utili (ed in proposito, voglio dire al sottosegretario Gasparini che di speranza si muore). Ricordo che sono 600 i lavoratori della Sirti in cassa integrazione; centinaia i dipendenti della Isotta Fraschini senza stipendio da mesi; 3000 i lavoratori del settore ittico in crisi, mentre il comparto oleicolo e agroalimentare sventrato per la liberalizzazione del mercato delle clementine provenienti dal Marocco voluto dall'ex ministro Agnelli in cambio di una fabbrica di trattori a Casablanca.
Questi e altri sono i problemi, per non parlare delle industrie tessili di Cetraro e Castrovillari, l'Omeca di Reggio Calabria. Si tratta di sofferenze che diventano inevitabilmente focolai che alimentano giorno dopo giorno un'enorme tensione che non vorrei sfociasse in violenza subito dopo l'estate, dopo che finirà lo scarso apporto di un turismo sempre più in difficoltà a causa della totale assenza di infrastrutture mentre si assiste, impotenti, al balletto dei ministri sui grandi investimenti nelle altre parti d'Italia.
È proprio per questo che chiedo un atto di buona volontà al Governo, sottosegretario Cavazzuti rivedendo la decisione di non accogliere l'ordine del giorno. Chiedo anche un momento di serenità al Parlamento, per valutare questa mia richiesta e osservare i dati della Banca d'Italia che parlano ferocemente chiaro: in Calabria si registra il 27 per cento di disoccupazione a fronte di un dato nazionale pari al 12 per cento; 17.000 posti di lavoro sono stati persi nel 1995; il costo del denaro è di 3,5 punti in più rispetto alle altre regioni. Vi chiedo quindi di approvare questo ordine del giorno per le motivazioni che ho espresso sia pure in maniera frettolosa stante anche il tempo a disposizione e la drammaticità delle problematiche che affliggono la Calabria. La Calabria non è assolutamente solo terra di parassiti e di mafia, ma è terra che ha una propria dignità e che chiede rispetto e sostegno, il sostegno del suo unico Parlamento.

NICANDRO MARINACCI. L'ordine del giorno presentato dal gruppo CCD-CDU risponde non ad una esigenza ma ad una impellenza: quella cioè di affrontare in maniera nuova, responsabile e non più retorica il problema annoso della tassazione del reddito familiare. È il momento di passare dalle parole e dalle promesse ai fatti concreti.
Si avverte, infatti, questa impellenza di eliminare le iniquità sul regime fiscale della famiglia.
In merito, è giusto sottolineare e portare a conoscenza dei colleghi, qualora a qualcuno fosse sfuggito, che la Corte Costituzionale ha ripetutamente richiamato il Governo e il Parlamento a correggere l'attuale trattamento fiscale per la famiglia. E se ciò non bastasse aggiungo che non passa giorno che il Forum delle associazioni familiari, sindacati dei lavoratori, espressioni della società civile non esprimano orientamenti convergenti per sollecitare una inversione di rotta delle politiche in difesa della famiglia che resta unico baluardo a difesa dei valori indelebili della nostra società e punto di forza per uno Stato forte e sano. Sì, perché se la famiglia è forte lo Stato è forte. Se la famiglia è sana, lo Stato è sano in quanto essa è micronucleo insostituibile e basilare del macrosistema Stato. Al momento attuale le detrazioni fiscali per il coniuge e per i figli a carico sono addirittura risibili.
Con il suo ordine del giorno il gruppo CCD-CDU vuole riproporre con forza e impegnare solennemente questo Governo a prevedere, invece, come intervento urgente nella legge finanziaria per il 1997, una detrazione fiscale per il coniuge a carico di lire 1.500 mila e per ogni figlio a carico nella misura di 500 mila lire. Un


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solo esempio, In Germania per una famiglia con due figli si detraggono 5.900.000 dal reddito annuo mentre in Italia poco più di 300 mila lire. Questo esempio evidenzia un grosso disagio e la poca attenzione che si pone ad una istituzione così importante. Dobbiamo dunque compiere grandi passi verso adeguamenti di respiro comunitario. Si chiede perciò all'Assemblea di pronunciarsi, in modo chiaro, inequivocabile, affinché questa maggioranza e questo Governo, che nei programmi intendeva difendere e salvaguardare lo Stato sociale, affronti con il dovuto coraggio e determinazione una nuova stagione delle politiche familiari e, quindi, una politica fiscale in difesa della famiglia di cui lo splitting sia certamente il risultato finale.
Chiediamo anche la presentazione di un disegno di legge che modifichi il regime fiscale della famiglia con l'introduzione di correttivi al fine di determinare un più equo carico tributario sul nucleo familiare e sulle famiglie monoreddito, troppo penalizzate rispetto a quelle bireddito; in particolare che tenda ad agevolare la formazione della famiglia non dimenticando la posizione della donna come asse portante della famiglia e la famiglia come asse portante della intera società.
È per queste ragioni che auspichiamo un voto libero, di coscienza, fuori dai vincoli di maggioranza o di minoranza, affinché a proposito di tali valori prevalgano le convinzioni e non le logiche di partito.
Concludendo, voglio ricordare al Presidente che i costi per i figli rimangono cosa privata, i benefici che questi figli, invece, porteranno alla società sono cosa pubblica.
Inoltre, e dispiace dirlo, in questo campo il Governo Prodi, nei suoi pochi mesi di vita, abolendo il Ministero della famiglia, ha solo fatto e fatto fare alla nazione un terribile passo indietro.

LUCA VOLONTÈ. Esprimo stupore per il mancato accoglimento, per il parere contrario espresso dal Governo sull'ordine del giorno n.9/1857/16 sul quale intendo soffermarmi nella dichiarazione di voto. Infatti l'obiettivo del contenimento dell'inflazione ai livelli registrati in quest'ultimo periodo è un traguardo ambizioso che può essere conseguito soltanto operando su diversi livelli; fra questi, rientra sicuramente quello del contenimento delle tariffe dei prodotto energetici.
Ci sono, infatti, le condizioni per diminuzioni delle tariffe energetiche, seguendo l'esempio di quelle ENEL (che ricordiamo ha soltanto eliminato una sorta di tariffa occulta quale era la famosa «quota-prezzo») e intervenendo anche sui prodotti non soggetti a controllo pubblico. Non perseguiamo il blocco artificioso delle tariffe, perché ciò avrebbe effetti negativi sui bilanci delle aziende pubbliche erogatrici, bensì una politica tariffaria che consenta di evitare una perdita del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni. Una pressione fiscale che non consentisse una riduzione delle imposte indirette, e che perpetuasse la politica fiscale adottata dal precedente Governo, si riverserebbe inevitabilmente sull'economia reale che registra una produzione in forte calo e consumi ridotti all'osso.
Ma le condizioni cui facevamo riferimento non possono prescindere da una politica liberista che spezzi il potere assoluto dei monopoli introducendo elementi di concorrenza, ecco perché consideriamo insufficiente, sebbene utile, l'aggiustamento delle tariffe ENEL; insufficiente perché sappiamo che si tratta di una misura occasionale; utile perché dimostra l'impatto di una riduzione delle tariffe sul livello dell'inflazione. È per questi motivi che invitiamo il Governo a vigilare sull'andamento delle tariffe dei prodotti energetici, ma soprattutto lo invitiamo ad agire sulla leva fiscale per raggiungere l'obiettivo di un'inflazione programmata, che inneschi un ciclo economico virtuoso che consenta al nostro paese di entrare a pieno titolo in Europa.
Per queste ragioni chiedo che il nostro ordine del giorno venga posto in votazione dando atto che sui rimanenti ordini del giorno presentati dal nostro gruppo altri colleghi si sono puntualmrnte soffermati.


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MAURO FABRIS. Prendendo spunto dalle disposizioni contenute nel capitolo 57 delle istruzioni di vigilanza per gli enti creditizi emanate dalla Banca d'Italia in materia di emissioni di obbligazioni, viene spontaneo pensare e dedurre che ancora una volta questo Governo ha messo in pratica una legge naturale e cioè che il pesce grande mangia quello piccolo. Meno male però che ancora così non è in questa nostra nazione dove grazie a 50 anni di «vera democrazia» si è permesso a tutti il diritto alla vita ed alle aziende la sopravvivenza.
Infatti, le banche locali, con tali norme vengono di fatto escluse dal mercato regolamentare in quanto dispongono di un patrimonio inferiore a 50 miliardi e quindi non in grado di emettere obbligazioni per valore non inferiore a 300 miliardi. Si ricorda a questo Governo che, in effetti, sono le piccole banche locali a costituire la base di sostentamento e di approvvigionamento per le famiglie e le piccole e medie imprese che a loro volta sono la base economica e sociale su cui si regge tutta la nostra economia. Rendere più onerosa la raccolta bancaria significa rendere più caro il costo del denaro per le categorie sopra citate e quindi il processo di ripresa economica, caso mai si dovesse avverare. Ma con questa scelta fatta da questo Governo nutro moltissime perplessità.
Comunque, si chiede l'impegno di questo Governo a superare la disparità di opportunità che di fatto si genera tra i grandi istituti di credito e le piccole banche ed a diminuire la soglia di taglio, attualmente prevista in 100 milioni, in modo da rendere possibile l'accesso ai piccoli risparmiatori e da ripristinare le possibilità di raccolta a medio e lungo termine per le piccole banche di interesse locale affinché vengano tutelati quei ceti che sono veramente l'asse portante della nostra economia.

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