Seduta n. 43 del 30/7/1996

Back Index Forward

Pag. 2343


...

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 757. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 1996, n.323, recante disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica (approvato dal Senato) (1857) (ore 11,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 1996, n.323, recante disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica.
Ricordo che nella seduta del 25 luglio scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali, i relatori hanno rinunziato alla replica ed ha replicato il rappresentante del Governo.
Passiamo all'esame dell'
articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A).
Avverto che gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi presentati sono riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Avverto altresì che non sono stati presentati emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge di conversione (Per gli articoli, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi vedi l'allegato A).
Faccio presente che, a norma dell'articolo 121, commi 2 e 4, del regolamento, non sono proponibili in Assemblea emendamenti che non siano stati già presentati in Commissione e da questa respinti, né quelli già dichiarati in quella sede inammissibili.
Per quanto riguarda le inammissibilità dichiarate in Commissione, ricordo che nel corso dell'esame in sede referente sono stati dichiarati, tra gli altri, inammissibili, gli emendamenti ed articoli aggiuntivi Teresio Delfino 1.26, Tab. 2.3 e 3.40, Pagliarini 1-bis.1, 6.1 e 6.03, Giancarlo Giorgetti 3.155 (numerato 6.04 in sede di esame in Commissione) e Cicu 7.10.
In merito all'emendamento Pagliarini 1-bis.1 e all'articolo aggiuntivo Pagliarini


Pag. 2344

6.03, i presentatori già presso la V Commissione (Bilancio) avevano richiesto che la valutazione di inammissibilità fosse rimessa al Presidente della Camera.
Per quanto riguarda gli altri emendamenti e articoli aggiuntivi citati, tale richiesta è stata successivamente avanzata per iscritto.
La Presidenza ritiene di poter ammettere l'emendamento Teresio Delfino 1.26, che non sembra avere effetti sul saldo netto da finanziare, e l'articolo aggiuntivo Giancarlo Giorgetti 3.155 (già 6.04), in quanto la proposta, opportunamente ricollocata all'articolo 3, comma 9, potrebbe permettere agli enti locali, nei cui confronti opera il taglio dei trasferimenti, di utilizzare risorse bloccate.
La Presidenza conferma invece il giudizio di inammissibilità per gli altri emendamenti ed articoli aggiuntivi citati, già pronunciato dal presidente della V Commissione nel corso dell'esame in sede referente. In particolare tale giudizio investe: l'emendamento Pagliarini 1-bis.1, tendente ad introdurre un nuovo modello di formazione del bilancio dello Stato, in quanto diretto ad introdurre modifiche ordinamentali prive di effetti finanziari quantificabili; l'emendamento Teresio Delfino 3.40, in quanto la proposta di reinserire finalizzazioni nei fondi speciali della legge finanziaria per il 1996 contrasta con l'articolo 11-bis della legge n.468 del 1978; l'emendamento Pagliarini 6.1, volto a consentire la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge costituzionale per disciplinare la gestione dei contributi sindacali e la redazione dei bilanci delle organizzazioni sindacali, in quanto estraneo alla finalità ed al contenuto del provvedimento; l'articolo aggiuntivo Pagliarini 6.03, volto a conferire al Governo una delega legislativa all'interno di un decreto-legge, anche in quanto inidoneo a produrre effetti finanziari di risparmio immediatamente quantificabili; l'emendamento Cicu 7.10, sostitutivo dell'intera manovra in materia di entrata con un taglio trasversale di capitoli di spesa del bilancio, in quanto carente di compensazione in termini di cassa; l'emendamento Teresio Delfino Tab. 2.3, soppressivo di una riduzione di autorizzazione di spesa, in quanto carente di compensazione, risultando le somme iscritte nel relativo capitolo totalmente impegnate ed erogate.
La Presidenza non ha altresì ritenuto riproponibili in Assemblea gli emendamenti: Pittella Tab. 1.10 (proposto dal deputato Roscia) e Ferrari 3.10, non essendo stati gli stessi respinti in Commissione, bensì ritirati o decaduti per assenza del presentatore.
Passiamo agli interventi sul complesso degli emendamenti ed articoli aggiuntivi riferiti agli articoli del decreto-legge.
Pregherei quanti intendano intervenire di segnalarlo alla Presidenza in modo da avere un quadro del nostro lavoro.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, anche altri colleghi del mio gruppo interverranno sul complesso degli emendamenti presentati al provvedimento al nostro esame.
Nella discussione svoltasi alla Camera su questo provvedimento è parso chiaro al sottoscritto e a molti colleghi di minoranza che era stata presa dalla maggioranza la decisione di non accettare il confronto su alcuni emendamenti, dal momento che al Senato si era definita una linea di comportamento piuttosto chiara, diretta ad appoggiare una manovra il cui parto è stato molto difficile. Infatti essa è stata varata in ritardo e porta con sé tutti i mali di una manovra malfatta. Con quanto è scritto sulla carta si cercano di ingannare i mercati finanziari e gli operatori finanziari, ma di fatto gli interventi previsti non apporteranno i vantaggi previsti in termini di saldo di bilancio, a tutti noti anche perché abbiamo letto sui giornali, anche su quelli più autorevoli, quali obiettivi si prefigga questa manovra.
Non possiamo non rilevare che la maggioranza si è chiusa a riccio di fronte ai numerosi emendamenti presentati, soprattutto dal gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania. Eppure su alcuni punti salienti da noi evidenziati ci saremmo


Pag. 2345

aspettati un confronto; è il caso della certificazione per gli assegni pagati agli invalidi, ai tanti invalidi che purtroppo in Italia, soprattutto al sud, ricevono da anni tali assegni. Si è calcolato infatti che in Italia si pagano 52 mila miliardi di assegni agli invalidi e, da controlli a campione, si è visto che, almeno in un caso su quattro, il diritto a questi assegni di invalidità è fasullo.
La notizia sui giornali di oggi è che a Napoli su 60 mila invalidi ben 50 mila hanno fatto perdere le loro tracce. È una notizia che la dice lunga sulla possibilità di risanamento che avrebbe avuto questa manovra finanziaria solo se una maggioranza meno sorda di quella attuale avesse avuto il coraggio di accettare il confronto e accogliere le indicazioni contenute nei nostri emendamenti. Si parla di risparmi di spese per 10 mila miliardi ma se fosse stata accertata la certificazione delle invalidità sottoscritte dai medici, i 10 mila miliardi li avremmo visti «scodellati» con maggiore facilità. Certo, ormai siamo a metà anno, ma nel 1997 e 1998 avremmo potuto contare su tale risparmio evitando così il ricorso ogni tre mesi a manovre e manovrine correttive i cui risultati sono solo sulla carta.
Vorrei ora fare riferimento a quel gruppo di emendamenti tendenti a ridurre, in un paese che si richiama all'unità, quella sperequazione assurda in base alla quale vi sono aliquote differenziate sui consumi. Per esempio, per il gas metano, l'aliquota pagata al sud è del 10 per cento mentre al nord dove ahimè il consumo è sicuramente maggiore l'aliquota è pari al 19 per cento. Il giudizio di inammissibilità per mancata compensazione di questi emendamenti fa un po' ridere perché la compensazione, che lasciava inalterato il fabbisogno, era indicata in una aliquota intermedia affinché fosse riconfermato l'equilibrio finanziario e riaffermata quella giustizia fiscale adeguata ad un paese unitario.
Non parliamo poi delle riduzioni degli stanziamenti a favore dei patronati, che rappresentano una vera e propria nefandezza nel nostro paese. I patronati sono sorti e continuano ad essere floridi grazie ad una burocrazia che sta pian piano facendo affondare il paese; essi non sono altro che la dimostrazione non solo dello sperpero delle risorse sottratte allo Stato per essere destinate ai patronati stessi, ma anche della mancanza di volontà della nuova maggioranza, cosiddetta di centro-sinistra, di voler cambiare strada, di voler dare una svolta significativa. Questo la dice lunga sulle possibilità di vedere in futuro grandi cambiamenti.
Vorrei ora fare riferimento ad un gruppo di emendamenti presentati dal Polo e alla discussione in occasione dell'esame della legge finanziaria 1995 allorquando, sempre da parte del Polo, fu presentato il famoso emendamento con la clausola di salvaguardia. Allora scoprimmo (e non vorrei che anche gli emendamenti presentati in questa occasione avessero la stessa strumentalità) che dietro la posizione formale di contenere le spese, se i saldi delle relazioni trimestrali dall'anno successivo fossero stati mantenuti, non c'era nulla perché, analogamente a quanto è avvenuto oggi, negli emendamenti non erano indicati i capitoli di spesa sui quali operare i tagli. In quell'occasione il Polo si divise proprio perché nei tagli di spesa erano compresi quelli del pubblico impiego, dei trasferimenti agli enti locali e di altri capitoli che non trovavano il consenso del Polo stesso.
Ai colleghi del Polo vorrei chiedere maggiore chiarezza su questi punti, perché è inutile presentarsi sempre di fronte al grande elettorato sostenendo di essere i rappresentanti di partiti che vogliono tagliare la spesa pubblica, senza specificare, però, per «amore» del consenso elettorale, dove verranno effettuati tali tagli. Bisogna avere il coraggio di supportare con coerenza tale posizione; altrimenti, è troppo comodo presentarsi in Parlamento per fare queste affermazioni, affermazioni che se vengono seguite da atteggiamenti coerenti, fanno sicuramente perdere molti consensi, ma sono relative ad azioni inevitabili per giungere a quelle grandi trasformazioni di cui necessità il «paese Italia».

Pag. 2346

Anche a questi colleghi vorrei ricordare che i proclami non cambiano lo stato di fatto di una disastrata finanza pubblica che non si vuole correggere e che sicuramente non si corregge da sola. Per di più oggi il quadro politico è sicuramente più difficile rispetto al passato. Mi riferisco all'attuale maggioranza, composita ed articolata, che dovrà affrontare sia i gravi problemi che emergeranno in sede di esame della legge finanziaria sia quelli relativi alle privatizzazioni. A fronte di tali considerazioni, vi chiedo se l'attuale quadro politico sia o meno in grado di sostenere anche la manovra finanziaria in esame, che è di proporzioni minimali.
Credo che negli emendamenti presentati dal gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania vi siano tutti gli elementi di buona volontà per partecipare al risanamento del paese. Noi pensiamo, però, che questa strada sia difficile da percorrere, perché non esiste la volontà di farlo! Dobbiamo dire che in questo Parlamento, nonché nei gruppi parlamentari e nei partiti, non ravvisiamo una reale volontà di risolvere i problemi. Siamo convinti di ciò anche alla luce degli emendamenti e degli articoli aggiuntivi presentati.
Vorrei, a questo punto, ricordare le richieste di alcuni colleghi siciliani a favore di un incremento dei trasferimenti per la regione Sicilia. Sottolineo che si tratta di una regione che dispone di un suo statuto e che potrebbe utilizzare strumenti propri per il risanamento delle finanze locali che a quanto si legge sono ancora più disastrate di quelle dello Stato nazionale. A questi signori vorrei ricordare che, oltre ai diritti sanciti dallo statuto, esistono anche i doveri, come quello di partecipare al gettito nazionale!
Vorrei inoltre ricordare loro che, quando abbiamo discusso provvedimenti che prevedevano forti agevolazioni a quella regione, abbiamo visto tutti i parlamentari siciliani schierati a favore dei favoritismi da attribuire ad intere province. Se ciò non bastasse, li vediamo chiedere ulteriori privilegi, pur sapendo che le condizioni generali del paese non possono più permetterlo!
Devo dire che dalla manovra in esame ci attendiamo l'ennesimo inganno verso i mercati finanziari, soprattutto quelli internazionali. Leggendo i giornali di questi giorni, constatiamo che la Borsa è in continua perdita e che i mercati valutari stanno penalizzando ancora la lira: tutto ciò sta a dimostrare che non ci si può permettere di ingannare oltremodo i nostri partner europei e i mercati internazionali! Oltre a questo giudizio concreto espresso dagli organismi internazionali, occorre considerare anche le proteste del mondo bancario perché è stato sconvolto il meccanismo delle ritenute sugli interessi dei cosiddetti certificati di deposito. Gli effetti di tale misura non garantiranno peraltro maggiore gettito.
Vorrei dire al sottosegretario Giarda che ha seguito in rappresentanza del Governo la discussione sulla manovra che si è svolta in Commissione, ma che non è attualmente presente in aula che non è vero che i mercati finanziari nazionali siano mercati chiusi: molta gente, infatti, sta già pensando, e forse lo sta già facendo, di portare all'estero ingenti quantitativi di capitali, perché non si sente assolutamente protetta da un mercato finanziario che, prima o poi, la colpirà pesantemente. Esistono già i primi forti segnali verso quella direzione: sono segnali molto gravi, com'è stato segnalato più di una volta in Commissione. Ma in quella sede, ripeto, vi è stata una risposta di grande chiusura che è stata motivata sulla base della «conduzione ostruzionistica» del dibattito da parte dei gruppi di minoranza. Di fronte a tale atteggiamento di chiusura noi riproponiamo un atteggiamento di mediazione, purché vengano accolti alcuni principi, che tra l'altro erano stati indicati dal Governo stesso nel disegno di legge e che non si capisce quale fine abbiano fatto nel passaggio al Senato.
Mi riferisco ad interventi per noi significativi come quelli, ripeto, in ordine alla certificazione da parte di strutture mediche della situazione di invalidità, alla riduzione dei trasferimenti ai patronati ed ancora alla parificazione dell'aliquota IVA sul gas metano: su questi temi, ripeto,

Pag. 2347

potremmo anche cercare dei punti di convergenza, purché la maggioranza non si chiuda a riccio, così come ha fatto in sede di Commissione, altrimenti il nostro atteggiamento sarà sicuramente di reazione, sempre nel rispetto del regolamento.
Concludo, considerato che è scaduto il tempo a mia disposizione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Leggo l'elenco dei colleghi che hanno chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti ed articoli aggiuntivi: Ballaman, Apolloni, Molgora, Faustinelli, Frosio Roncalli, Cè, Dalla Rosa, Gnaga, Cavaliere, Rodeghiero, Bampo, Caparini, Chincarini, Dozzo, Martinelli, Signorini, Campatelli, Guerra, Di Rosa, Cherchi e Contento.
S'intende così concluso l'elenco di coloro che hanno chiesto di parlare.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ballaman.Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,10)

EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, non vorrei essere tacciato di fare un discorso di parte ed è per questo che mi permetto di leggere alcuni passi de il Sole 24-Ore in relazione a questa manovra. Leggo testualmente: «Per quanto riguarda l'introduzione del prelievo del 20 per cento sui proventi dei depositi effettuati per garantire finanziamenti concessi alle imprese, segnaliamo che il sistema bancario sarà costretto ad una sorta di contrattazione delle garanzie con la clientela e probabilmente che in alcune situazioni verranno liberati i depositi già costituiti, ma la presenza di minore garanzie dovrebbe far lievitare il costo del finanziamento. In sostanza, l'interesse passivo, pagato dall'impresa che ricorre al sistema bancario, sarà più elevato». Ecco allora che in un attimo, praticamente, si tolgono tutti quei benefici che erano stati previsti dalla Banca d'Italia quando, qualche giorno fa, aveva abbassato il tasso ufficiale di sconto dal 9 all'8,25 per cento. Quindi da una parte si abbassa il tasso ufficiale di sconto, dall'altra si assumono iniziative legislative che annullano completamente questo beneficio.
Ma c'è dell'altro. Ricordo infatti, come ha fatto il collega che mi ha preceduto, l'aumento dal 12,5 al 27 per cento dell'aliquota sui proventi dei titoli emessi a partire dal 20 giugno quando si tratta di certificati di deposito di durata superiore a 18 mesi. Questi certificati di deposito rappresentavano praticamente l'altra possibilità di risparmio operata dai cittadini in riferimento ai titoli di Stato, ai BOT, ai CCT o altro.
Ebbene, cosa si è ottenuto con tale provvedimento? Si è ottenuto un effetto di spiazzamento: aumentando la tassazione dal 12,5 al 27 per cento e mantenendo invece i titoli di Stato al 12,5 per cento, non si è avuto un maggior gettito; tale dato ci è stato fornito ufficialmente dal sistema informativo dell'associazione bancaria italiana. Infatti, i primi dati denunciano che il risparmio in certificati di deposito bancario è diminuito da 4.110 miliardi a 1.059 miliardi, cioè di un quarto rispetto alla cifra originaria. Paradossalmente, dunque, tale norma non ha portato gettito, ma anzi lo ha ridotto grandemente.
Ebbene, siamo estremamente contrari alla norma in questione tanto che chi vi parla, insieme al presidente del consiglio del governo-sole, Giancarlo Pagliarini, ha presentato una denuncia all'anti-trust, poiché con tale manovra si va ad effettuare uno spiazzamento in favore dei titoli di Stato; questa almeno era la seconda intenzione del Governo. La prima, invece, era quella di aumentare il gettito; obiettivo che è stato completamente vanificato, come risulta dai dati dell'associazione bancaria italiana che ho citato.
La seconda intenzione, come dicevo, avrebbe potuto essere quella di rivolgere il risparmio non più ai certificati di deposito, ma ai titoli di Stato. Ebbene, anche questa seconda intenzione risulta del tutto vanificata dal fatto che vi sono obbligazioni che continuano ad avere una tassazione del 12,5 per cento, che le banche


Pag. 2348

offrono proprio in alternativa ai certificati di deposito.
Posso affermare che, come risulta già dai primi dati relativi agli ulteriori rinnovi dei certificati di deposito, l'abbassamento delle sottoscrizioni, attualmente pari al 75 per cento, è in via di aumento; i certificati di deposito verranno quindi praticamente cancellati dal sistema del risparmio.
A parte tali norme, in virtù delle quali verranno annullati i benefici del ribasso del tasso ufficiale di sconto e sarà eliminata la possibilità di sottoscrivere certificati di deposito, sono previste altre operazioni di tipo fiscale.
Alcune disposizioni, infatti, sono finalizzate alla riduzione della deducibilità di una serie di costi per le aziende. Anche tali norme, in poche parole, innalzeranno il prelievo fiscale.
Inoltre vi è la riduzione da dieci a cinque anni per la tassazione dei contributi in conto capitale. In pratica lo Stato chiederà di effettuare la tassazione non più con una proroga di dieci ma di cinque anni; in tal modo avremo un ulteriore aggravio della pressione fiscale.
Vi sarà poi il blocco, oltre i 100 milioni, della deduzione forfettaria del 5 per cento dei compensi per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. È un'operazione che, tra l'altro, ha portato sul piede di guerra scrittori e giornalisti che hanno rapporti di collaborazione e che potevano contare su una deduzione forfettaria del 5 per cento, che la norma prevista nel provvedimento elimina; si condanna, dunque, la cultura a fare tutto ciò. Ebbene, si tratta di un'altra disposizione che di fatto innalzerà il prelievo fiscale. Infatti quest'ultimo può essere aumentato elevando le aliquote, ma ciò apparirebbe assai negativo per il Governo. Si può però elevare la pressione fiscale anche aumentando artificiosamente la base imponibile ed è questo che il Governo sta facendo. Bisogna inoltre ricordare che le nuove disposizioni, oltre a rendere indetraibile l'IVA sull'acquisto, introducono l'esenzione in caso di cessione da parte di imprese non costruttrici, quindi con un ulteriore aggravio fiscale. Tale innovazione si applica già dal 20 giugno, ma il decreto-legge è stato reso noto il 21 giugno. Pertanto, chi ha effettuato cessioni nella giornata di giovedì 20 giugno dovrà provvedere a regolarizzare la propria posizione, sia ai fini IVA, sia per l'imposta di registro. In questo caso cadiamo addirittura nel ridicolo, perché abbiamo norme con effetto retroattivo per quanto riguarda l'imposizione fiscale. Colleghi, mi insegnate che prima di effettuare un'operazione si deve essere a conoscenza del sistema fiscale che regola la materia, ma ciò non è dato sapere.
Avremo inoltre un aumento delle imposte fisse che gravano in particolare sulla cessione dell'abitazione, a partire dagli immobili che hanno per l'acquirente la caratteristica di prima casa. Ma questo non doveva essere un Governo che avvantaggiava questo tipo di operazioni, cioè l'acquisizione della prima casa? Invece, si va ad aumentare l'imposizione fiscale.
Gli interventi in materia di donazione assestano invece un colpo non indifferente alle operazioni che riguardano i titoli di Stato, che vengono assoggettate a tassazione ordinaria; un ulteriore incremento dell'imposizione fiscale. Ma scusate, questo non doveva essere quel Governo che aveva dichiarato che non vi sarebbe stato aumento della pressione fiscale? Questa era stata la dichiarazione programmatica, ma già alla prima manovra anzi, «manovrina» ci troviamo in aperta contraddizione con le indicazioni programmatiche, a parte il fatto che il Governo aveva anche premesso che vi sarà la possibilità di mettere a regime i 18.500 miliardi che erano prelievi una tantum.
Per quale motivo tutte queste operazioni, per il Giubileo? Per il Banco di Napoli, per il quale lo Stato presterà dei soldi per riaverli successivamente! Peccato che attuerà questo sistema tramite una normativa che si chiama decreto Sindona! Lo Stato, cioè, presterà soldi ad un tasso diciamo dell'1 per cento per consentire al Banco di Napoli di lucrare reinvestendo questi soldi ad un tasso del 10, 15 o 20 per cento. In pratica, verrà fatto un prestito al valore nominale che verrà restituito sempre al valore nominale. Il Banco di Napoli

Pag. 2349

lucrerà su tale operazione e lo Stato italiano pagherà, perché questi soldi lo Stato non li ha di tasca propria, ma deve prenderli a prestito dai cittadini, pagando quindi gli interessi che vengono corrisposti per BOT, CCT ed altro. Ebbene, noi non siamo assolutamente d'accordo ad elevare le aliquote fiscali per questo tipo di operazioni; oppure, si ha in mente di realizzare qualche altra operazione, come quella di prevedere un condono per il falso in bilancio, magari per finanziare la famosa variante di valico? A me sembra che ciò rasenti la pazzia! Con questo tipo di provvedimenti si vuole effettivamente mettere una pietra sopra Tangentopoli; forse il falso in bilancio sarà un reato inutile, come lo sono il furto, la corruzione, la concussione...! Non possiamo permettere operazioni di questo genere, alle quali ci opporremo con tutte le nostre forze.
Arriviamo poi al famoso dilemma della CUF, la commissione unica del farmaco. Ebbene, tale commissione detiene poteri incredibili, dal momento che può decidere della vita e della morte di una serie di imprese che comunque hanno una fortuna molto grande: quella di costituire e di rappresentare delle vere e proprie lobby, che possono esercitare una decisiva influenza.
Per i farmaci, dunque, non vi saranno molte possibilità; l'unica speranza che abbiamo è San Gennaro, il santo che ha fatto guarire in poco tempo 43 mila invalidi iscritti nelle liste di collocamento di Napoli e che d'un tratto sono spariti!

GIUSEPPE DEL BARONE. Contiamo anche su Sant'Ambrogio!

EDOUARD BALLAMAN. Magari! Lo spero! Spero anche che questo fenomeno dilaghi su tutto il territorio, ma non solo per quelli che sono nelle liste di collocamento, bensì anche per coloro che sono stati assunti, guarda caso, al posto di chi magari aveva il sacrosanto diritto di avere quel lavoro! Ma forse questi ultimi hanno un unico grosso difetto rispetto a tanti altri, e cioè non hanno lobby che li proteggono! Infatti, nel nostro paese, si va alla distruzione del mercato finanziario, la gente comincia a riprendere la via dell'esportazione dei capitali, ma ciò si verifica solo tra chi possiede grandi capitali, perché i semplici cittadini non protetti dalle lobby ci rimettono sempre!
Ecco uno dei problemi da affrontare, perché noi siamo stati eletti proprio da questi cittadini e abbiamo il compito fondamentale di difendere solo ed esclusivamente i loro interessi e non quelli delle industrie che hanno diverse lobby alle loro spalle.
In conclusione, chiedo al Governo di prestare particolare attenzione a determinati provvedimenti, perché dopo il Banco di Napoli avremo problemi con Sicilcasse, e dopo questa chissà cos'altro! Siamo stati eletti dai nostri cittadini; dobbiamo fare i loro interessi ed è per questo che richiamo con forza l'autodeterminazione dei cittadini: richiamo l'autodeterminazione di tutti i popoli italiani (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Apolloni. Ne ha facoltà.

DANIELE APOLLONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la clamorosa e intransigente linea condotta dalla maggioranza, capace di bocciare la bellezza di 92 emendamenti presentati nella V Commissione bilancio della Camera, ha dimostrato una volta per tutte e agli occhi di tutti la precisa intenzione di non comunicare con le forze di opposizione.
Il nostro non può essere uno Stato in cui, se le opposizioni chiedono che non siano previsti aumenti di tasse e che vi siano meno spese, la maggioranza sceglie appositamente il contrario in una forma palesemente ostruzionistica e per nulla costruttiva!
Per ciò che riguarda il nostro impegno nel fornire emendamenti obiettivamente utili alle categorie lavorative maggiormente oppresse dal sistema fiscale, ricordo che la lega nord per l'indipendenza della Padania ha presentato in Commissione bilancio ben 47 emendamenti, di cui 24 (oltre


Pag. 2350

la metà, dunque) ritenuti inammissibili dalla maggioranza.
Ma non è dei numeri e delle statistiche che ci preoccupiamo, bensì delle gravi conseguenze di cui questo Governo è gravemente responsabile e che il decreto-legge n.323 porterà nel paese e alle categorie economiche che lo compongono.
Non dimentichiamoci che questa manovra fiscale ha cancellato 1.500 miliardi di aiuti che sarebbero andati completamente a beneficio della produzione di ricchezza e di lavoro; ha decurtato gli aiuti previsti per aree depresse nel nord e ha destinato 100 miliardi in meno agli aiuti per la produzione industriale. Per non parlare delle questioni relative ai sindacati, rispetto ai quali è apparsa chiara e inconfondibile agli occhi di tutti la palese discriminazione attuata proprio dall'Ulivo nei nostri confronti, diretta ad impedire alla lega nord per l'indipendenza della Padania di imporre ai propri sindacati di predisporre e rendere pubblici bilanci attendibili. Sono proprio il Governo e il gruppo che lo sostiene a non voler imporre un normalissimo obbligo di trasparenza ai sindacati, il cui giro di affari è quantificabile in circa tremila miliardi l'anno.
In campo sanitario, signor Presidente, non condividiamo le disposizioni in materia di riclassificazione dei farmaci, che appaiono in contrasto con i principi di concorrenza o si prestano ad interpretazioni distorsive. Parlando di sanità non possiamo tralasciare l'altra piaga della società italiana, quella dei cosiddetti falsi invalidi, sulla quale abbiamo presentato uno specifico emendamento proponendo che la certificazione sia vistata dal medico della USL.
In materia di occupazione nel settore statale abbiamo proposto un emendamento finalizzato al blocco delle assunzioni relative ai concorsi già banditi, che non dovrebbero aver luogo prima della fine del 1998. Abbiamo ovviamente ribadito la nostra netta posizione a favore della cosiddetta mobilità per il personale in esubero per lo svolgimento di lavori socialmente utili.
Ciò che ha destato le maggiori perplessità è l'aumento della pressione fiscale. Nel secondo comma dell'articolo 10 è previsto un gravoso aumento della soprattassa da pagare in caso di mancato versamento dell'IVA risultante sia dalle dichiarazioni annuali che da quelle periodiche. La soprattassa diventa pari all'imposta da versare, per cui un'azienda che non versa l'imposta per problemi di sopravvivenza, per necessità e per la possibilità di eventuali rateizzazioni, al momento dell'accertamento pagherà più del doppio.
Il sesto comma dell'articolo 10 prevede l'aumento dell'imposta fissa sui registri ipotecari e catastali da 105 mila a 250 mila lire. Siamo dell'opinione che l'incidenza di questo aumento diventi eccessiva per la compravendita di immobili e fabbricati. Inaccettabile è anche l'aumento dei diritti ipotecari nonché di quelli catastali. Anche il governo della Padania è bene dirlo proprio in quest'aula non ha espresso un parere positivo in merito al nuovo prelievo fiscale del 20 per cento sui depositi di contanti e titoli di garanzia, né sull'aumento del 27 per cento della ritenuta fiscale sui certificati di deposito a lungo e medio termine. Inoltre, le previsioni effettuate dal Governo per valutare le maggiori entrate scaturite dalle norme sui certificati di deposito hanno lasciato non poche perplessità a causa della loro virtualità. Da un lato, il sistema bancario sarà costretto ad una sorta di contrattazione delle garanzie con la clientela, un'evenienza in cui potrebbero essere liberate in depositi già costituiti, dove tuttavia la presenza di minori garanzie dovrebbe far lievitare il costo del finanziamento; dall'altro lato, visto che la disposizione concerne i proventi maturati a partire dal 1^ luglio 1996, dal lato della corresponsione degli interessi le banche dovranno effettuare una suddivisione pro rata temporis, al fine di determinare l'importo da assoggettare a nuovo prelievo.
Concludendo, rimane comunque molto grave tengo di nuovo a sottolinearlo il comportamento della maggioranza finalizzato alla pura distruzione dell'operato dell'opposizione (Applausi dei deputati del

Pag. 2351

gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Faustinelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO FAUSTINELLI. La manovra correttiva varata dal Governo è costituita in misura notevole da tagli alle spese e da interventi sulle entrate. La prima parte del provvedimento è dedicata in modo specifico alla riduzione delle spese, cui si riferiscono le disposizioni in materia di spesa di cui al titolo I (articoli 1-6). Le norme fiscali sono invece contenute nel titolo II, recante disposizioni in materia di entrata (articoli 7-11), e comportano evidenti quanto allarmanti e preoccupanti novità.
Per maggiore chiarezza e per un sicuro riferimento, mi riferisco a quanto è stato pubblicato in proposito da Il Sole-24 ore (e mi ricollego in tal modo a quanto detto dal collega Ballaman), nell'inserto «Documenti» del giorno 22 giugno 1996, dove, a firma di Roberto Lungano, viene effettuato un rapido riepilogo intitolato «Reddito di capitale». Tale riepilogo riporta quanto segue: «I due filoni della manovra riguardano le limitazioni delle operazioni elusive e l'armonizzazione del sistema delle ritenute sugli impieghi. Per quanto riguarda, in particolare, l'introduzione del prelievo del 20 per cento sui proventi dei depositi effettuati per garantire finanziamenti concessi alle imprese, segnaliamo due conseguenze. In primo luogo il sistema bancario sarà costretto ad una sorta di contrattazione delle garanzie con la clientela; è probabile che in alcune situazioni verranno liberati i depositi già costituiti, ma la presenza di minori garanzie dovrebbe far lievitare il costo del finanziamento (in sostanza, l'interesse passivo pagato dall'impresa che ricorre al sistema bancario). In secondo luogo, poiché la disposizione riguarda i proventi maturati a partire dal 1^ luglio 1996, all'atto della corresponsione degli interessi le banche dovranno effettuare una suddivisione pro rata temporis in modo da determinare l'importo da assoggettare al nuovo prelievo.
Per quanto riguarda invece l'armonizzazione delle ritenute, riepiloghiamo il complesso sistema delle decorrenze. La ritenuta passa dal 30 al 27 per cento dei proventi maturati dal 20 giugno quando siamo in presenza di depositi e conti correnti bancari o postali; la ritenuta passa dal 25 al 27 per cento sui proventi maturati dal 20 giugno per i certificati di deposito inferiori ai 18 mesi e dei depositi nominativi vincolati; l'aumento dal 12,5 al 27 per cento, infine, riguarda i proventi dei titoli emessi a partire dal 20 giugno quando si tratta di certificati di deposito di durata superiore ai 18 mesi».
Balza quindi agli occhi in modo evidente che l'aumento dal 12,5 al 27 per cento riguardante i proventi dei titoli emessi a partire dal 20 giugno quando si tratta di certificati di deposito di durata superiore ai 18 mesi integra tutti i presupposti di quei comportamenti tipici che dovrebbero venire sanzionati dall'autorità anti-trust la quale, in simili occasioni, dovrebbe in ogni caso avviare un'indagine al fine di impedire che uno Stato che pretende di qualificarsi di diritto, incida sul mercato limitando così prepotentemente l'attività di altri concorrenti effettivi o potenziali.
Nella presente fattispecie la ritenuta è stata elevata dal 12,5 al 27 per cento per tutti i certificati di deposito di durata superiore ai 18 mesi, naturalmente a beneficio dei buoni ordinari del tesoro, che continuano invece a scontare un'imposta del 12,5 per cento. Lo scarto differenziale di tassazione tra le due fattispecie è evidentemente così ampio da prevedere come del tutto inutile una norma legislativa, che di fatto ora esiste, che obbliga il cittadino, il risparmiatore, ad investire solo ed esclusivamente in titoli di Stato. Del tutto incidentalmente si vuole anche far notare non solo che lo Stato sui titoli subisce una tassazione minore, ma che tale tassazione finisce tra l'altro comunque nelle entrate erariali, di fatto elevando il differenziale tra Stato e privato non al delta tra il 12,5 ed il 27 per cento, ma tra lo 0 ed il 27 per cento. Ci si domanda a questo punto se questo non sia il comportamento tipico


Pag. 2352

che determina e configura l'abuso di posizione dominante, tale da far sì che il mercato ne venga distorto. Le banche, che dovrebbero essere proiettate verso il mercato in un'atmosfera sempre più privatistica, vengono in tal modo oppresse e coartate dalla mano pubblica, che agisce in modo medievale e si rifiuta di prendere coscienza dei nuovi tempi e delle prospettive future in un più vasto ambito di globalità europea.
È già stata presentata in proposito una denuncia all'anti-trust e si spera che quest'ultima, come autorità indipendente, dimostri di essere effettivamente libera di prendere le proprie decisioni sulla base della legge, senza che sia possibile alcuna ingerenza da parte del Governo e provveda conseguentemente all'eliminazione del lamentato abuso, che sta creando oltre tutto un aggravio di costi nel reperimento di fondi del mercato creditizio, che si ripercuoteranno anche su tutti gli altri mercati.
Per questo non possiamo essere favorevoli a questa manovra e voteremo contro il provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, colleghi, nell'affrontare i problemi relativi alla cosiddetta «manovrina» non posso non sottolineare l'atteggiamento estremamente intransigente delle maggioranze che ha caratterizzato il dibattito in Commissione bilancio. A fronte di un numero consistente di emendamenti, ci siamo sentiti dare sempre la stessa risposta: inammissibili per carenza parziale di copertura; per gli emendamenti che non hanno avuto questo esito, le risposte sono state tutte contrarie. Questo ormai l'atteggiamento che caratterizza la politica dell'attuale maggioranza.
Nessuno ha mai sostenuto che la maggioranza non debba portare avanti con autonomia e con una certa forza la propria linea politica. Tuttavia, se gli incontri nelle Commissioni hanno un senso e se il confronto ha un senso, bisogna anche essere capaci di entrare nel merito delle questioni, capire fino in fondo se abbia significato modificare qualcosa in termini migliorativi o se, invece, questa sia la solita farsa, un modo per perdere tempo all'interno delle Commissioni.
In questa esposizione generale, voglio chiarire che l'intento della lega per l'indipendenza della Padania è quello di sostenere tutti gli emendamenti che vanno contro il disegno complessivo dell'attuale manovra, un disegno che, per l'ennesima volta, ha uno stampo dirigistico e centralista, che tende a colpire le aziende private ed il risparmio, per indirizzarlo verso il debito pubblico.
I punti salienti che caratterizzano negativamente questa manovra riguardano innanzitutto il problema della spesa sanitaria. Sappiamo bene quanto paghiamo in termini di contributi sanitari e quanto riceviamo in termini di servizi peraltro carenti. La maggioranza, in particolare il ministro Rosy Bindi, anche in questa occasione ha pensato bene di spremere ulteriormente i cittadini e garantire un livello inferiore al minimo dei servizi e dell'esenzione dal pagamento dei farmaci, pur realmente necessari per la cura di patologie non marginali. Tra l'altro, il problema è stato affrontato in maniera estremamente scorretta, non tenendone in debita considerazione gli aspetti fondamentali, che vanno dalla tutela del paziente alla responsabilità del medico prescrivente, dalla salvaguardia della competitività delle aziende sul mercato al ridimensionamento, per esempio, della commissione unica del farmaco che, con questo provvedimento, si erge quasi a giudice della possibilità o meno di inserire nell'elenco un determinato farmaco. Sappiamo bene che i criteri che guidano tale scelta sono sempre abbastanza discrezionali. Tra l'altro, la CUF soffre di varie pressioni esercitate dalle grandi lobby delle case farmaceutiche.
Vorrei sottolineare che è stato appena sottoscritto un accordo collettivo nazionale e già l'articolo 2 di questo decreto-legge prevede, in deroga a quanto stabilito, che i medici ed i pediatri di base possano


Pag. 2353

prescrivere i farmaci in modo peraltro da contenere la spesa farmaceutica al di sotto dell'1 per cento rispetto a quella dell'anno 1995. Questo obiettivo è sacrosanto, tutti lo condividiamo, ed è giusto, compatibilmente con l'esigenza di tutelare la salute dei cittadini che pagano per essere assistiti, però non ha molto senso sottoscrivere un accordo collettivo e poi contemporaneamente introdurre una deroga.
Non parliamo poi della farsa riguardante il risparmio sui contributi previdenziali a carico del personale dell'Ente ferrovie dello Stato. Questo è un marchingegno il cui funzionamento, all'inizio, ben conoscevano soltanto gli esperti di economia e di contabilità. Oggi, dopo aver visto le relazioni di vario tipo, lo conosciamo anche noi e sappiamo perciò che non cambia niente, non vi è cioè alcun risparmio reale a carico dello Stato. L'Ente ferrovie verserà direttamente i contributi previsti in un conto corrente intestato a «Ferrovie-pagamento pensioni», continuando a prendere i soldi da mutui, il cui pagamento è a totale carico dello Stato. Si tratta unicamente di un lifting, cioè non è cambiato nulla: è sempre lo Stato che deve sborsare i soldi!
Un altro esempio tipico è quello dell'aumento della soprattassa per mancato pagamento dell'IVA. Si continua a dire che occorre cercare di semplificare la burocrazia, di andare incontro all'utente, alle imprese, ma qui, per l'ennesima volta, emerge quel piglio dirigista della sinistra che dice: «io ti dico quello che devi fare e se sbagli ti sanziono in maniera pesante». Allora, o semplifichiamo e poi al limite sanzioniamo, oppure, se non tocchiamo niente, non ha alcun senso aggravare le sanzioni.
Che dire poi dell'aumento dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale? O dell'assurdo prelievo del 20 per cento sui depositi di contanti e titoli in garanzia? Oppure ancora della famosa e già descritta ritenuta fiscale del 27 per cento sui conti correnti di depositi a medio e lungo termine? Il senso di questa manovra, che sarebbe realmente quello di raccogliere più fondi, avrà come esito finale quello di raccoglierne meno, come del resto è già stato detto. Ci sarà infatti un fuggi fuggi da questa forma di risparmio ed i risparmi non andranno più a finanziare le diverse attività e a fare diminuire gli attuali tassi di interesse, ma andranno a gonfiare ancora il debito pubblico, una montagna di soldi che è carta straccia! Viene anche da pensare che realmente la sinistra (io la chiamo così) abbia qualche intenzione di bloccare questo debito pubblico anche perché non si riesce più a capire come sia possibile uscirne.
Che dire poi dei tagli sui fondi alle imprese e all'Artigiancassa? Inoltre vergogna delle vergogne! si rinviano gli stanziamenti per le zone alluvionate del Piemonte e della Liguria. Questi stanziamenti non dovevano essere toccati perché le persone interessate, che pure si sono rimboccate le maniche e si stanno arrangiando da sole, avevano realmente diritto (visto che erano state colpite da una catastrofe naturale, spesso e volentieri causata dall'inefficienza, dalle incapacità, dalla noncuranza dei partiti politici che hanno gestito leamministrazioni di quelle zone, e del potere centrale che si è sempre disinteressato) di essere aiutate in questa situazione di disagio.
Indubbiamente tutti questi piccoli o grandi tagli potevano essere evitati se si fosse realmente modificata l'impostazione strutturalmente scorretta del bilancio dello Stato, andando a toccare, in particolare, quelle voci che da sole avrebbero potuto tranquillamente sanare certe situazioni ed anzi avrebbero potuto evitare che le prossime manovre fossero così importanti. Mi riferisco, in proposito, alla situazione del Banco di Napoli, che tutti conosciamo. Ebbene, affrontiamo veramente la necessità di privatizzare o di vendere le banche che sono assolutamente inefficienti! Non si capisce infatti come esse possano avere simili debiti. Tutti sappiamo, quando ci rivolgiamo ad una banca, che è possibile ottenere un prestito a condizione che si abbia un deposito bancario quasi quasi più consistente della cifra richiesta; ma il Banco di Napoli guarda caso concede prestiti a chiunque

Pag. 2354

si presenti; dopo un po' di tempo però i relativi crediti diventano inesigibili. Spiegatemi bene allora come funziona!
Che dire poi dei soldi stanziati per il Giubileo (3.500 miliardi)? O di quelli per Roma capitale? E l'Alitalia, che viene ricapitalizzata dall'IRI? Sono soldi dello Stato che andranno poi a finire all'IRI, la quale, quando è in deficit, finisce con il prendere i soldi sempre dallo Stato.
Vi è poi il problema relativo al controllo dei falsi invalidi. C'è già una norma, ma certamente intervenendo in modo radicale si potranno reperire grossi fondi. È necessario, inoltre, affrontare il problema delle privatizzazioni. Quanto poi alla materia di competenza della Commissione di cui sono membro, è chiaro che l'impostazione che si è voluta dare alla riforma del prontuario farmaceutico non è assolutamente condivisibile. Vi sono vari fattori da tenere in considerazione. Innanzitutto, poiché il paziente ha diritto ad una giusta assistenza perché paga per averla, si deve procedere ad una vera razionalizzazione della spesa farmaceutica che porti ad una sua riduzione, senza però torchiare troppo questo settore ed incidendo, invece, su altri che possono essere più redditizi.
Dobbiamo poi garantire il libero mercato perché, se si procede ad una riclassificazione dei farmaci, si può certo giungere ad una riduzione del loro costo, ma non si può stabilire, a giudizio insindacabile della CUF, una declassazione di alcuni di essi, anche se hanno un'azione terapeutica simile a quelli che restano in classe A. Questo è il modo di agire di chi è influenzabile dalle corporazioni e dalle lobby, che come ben sappiamo in questo settore hanno una forza incredibile. Prima di procedere a tali manovre, occorre compattare un'ampia maggioranza, ascoltando le opposizioni, tutti i settori ed anche i medici. Così si può giungere ad una classificazione che non crei distorsioni nel mercato.
Si è voluto introdurre in maniera improvvisata l'idea del farmaco di riferimento. Si dice: bisogna scegliere un farmaco che all'interno di una categoria terapeutica appaia per tollerabilità, rapporto efficacia-efficienza e sulla base della letteratura internazionale come il migliore al prezzo più basso. Ma l'introduzione estemporanea di questo concetto creerà certamente grossi danni. Sarebbe stato preferibile affrontare il problema in maniera chiara tramite un decreto-legge, stabilendo che per farmaci uguali, con formula chimica e molecolare uguale, lo Stato deve rimborsare l'equivalente del prezzo più basso previsto per questo gruppo di farmaci. Una scelta del genere non avrebbe creato grandi scompensi né le lamentele delle industrie farmaceutiche che, a causa di estemporanee esigenze di ristrutturazione, subiranno sconquassi incredibili dai quali deriverà una riduzione dei livelli occupazionali.
La CUF in questo modo assumerà più poteri di prima, mentre è importante che la legislazione indichi a tale commissione la direzione nella quale deve muoversi e i criteri il più oggettivi possibile ai quali deve attenersi.
Per quanto riguarda, poi, l'articolo 1, comma 4, che è stato fonte di tante polemiche, voglio ribadire che vi sono svariati interessi in campo che, in sede di esame degli emendamenti, verranno sicuramente a galla.
L'idea di portare in classe C tutti i farmaci relativi a patologie non gravi è giusta, ma i farmaci inseriti in tale categoria non sono tutti omogenei, non tutti hanno la stessa qualità, né mostrano lo stesso rapporto efficacia-costo; non per tutti la validità viene garantita dalla letteratura internazionale.
Le pressioni delle case farmaceutiche sono dunque volte a superare questo ostacolo. Occorreva opporsi a tale decisione esaminando gli emendamenti, vedremo che molti gruppi si sono mossi in quel senso che comunque non condividiamo affatto.
Sempre per quanto riguarda l'articolo 1, l'atteggiamento ...

PRESIDENTE. Onorevole Cè, siamo in «zona Cesarini»: la prego di concludere.

ALESSANDRO CÈ. Da quanto previsto dall'articolo 1 deriverà sicuramente un


Pag. 2355

danno ai pazienti, un virtuale risparmio, una pesante influenza sul libero mercato, danni alle aziende che non saranno messe nella condizione di affrontare, almeno per un periodo, una ristrutturazione che consenta loro di entrare realmente in competizione.
Abbiamo presentato un maxiemendamento con il quale affrontiamo la questione dei farmaci identici e rimandiamo nel tempo, per sottoporlo ad un accurato approfondimento, il problema della individuazione del farmaco di riferimento.

PRESIDENTE. Onorevole Cè, il tempo a sua disposizione è trascorso.

ALESSANDRO CÈ. Ho superato il tempo a mia disposizione? Ho ancora un paio di pagine da leggere.

PRESIDENTE. Il tempo è trascorso e le pagine no. La prego di concludere.

ALESSANDRO CÈ. Nel nostro maxiemendamento avevamo previsto che, per quanto riguarda i farmaci identici, il farmaco di riferimento fosse individuato all'interno di classi terapeuticamente omogenee e di sottoclassi omogenee per struttura chimica e meccanismo di azione, i tempi di attuazione fossero più lunghi, i criteri di classificazione certi e non discriminanti e che il prezzo dei farmaci fosse lasciato libero. Il farmaco più caro sarebbe stato in ogni caso rimborsato solo per la parte corrispondente al costo del farmaco di riferimento (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. La prego di concludere perché ha superato di due minuti il tempo di cui può disporre; altrimenti dovrei concedere una deroga analoga anche ad altri colleghi.

ALESSANDRO CÈ. Ho concluso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dalla Rosa, che è l'ultimo oratore della mattinata. Dopo il suo intervento sospenderemo la seduta per riprendere i nostri lavori alle 14.
L'onorevole Dalla Rosa ha facoltà di parlare.

FIORENZO DALLA ROSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sono presentato candidato alle ultime elezioni politiche perché intendevo e tuttora intendo cercare di riuscire a dare il mio modesto contributo per realizzare, innanzi tutto, la riforma dello Stato in senso federale, perché allora ed ancor più oggi ritengo che il nostro povero e disastrato paese non possa attendere oltre una riorganizzazione, o meglio una riforma strutturale dello Stato fatta di un federalismo integrale, senza la quale non si potrà che prendere atto di un irreversibile fallimento.
Leggendo che, all'articolo 3, commi 3 e 4, vengono previste riduzioni alla tabella 1 ed alla tabella 2 per quel che concerne gli enti locali, capisco che l'idea federalista si allontana sempre di più. Sono pertanto favorevole agli emendamenti presentati dagli onorevoli Delfino, Giorgetti e Pagliarini, così come sono favorevole all'emendamento Peretti che prevede la soppressione del capitolo 7775 (Fondo Mediocredito centrale), con conseguente elevazione, per pari importo, delle quote di riduzione dei capitoli di bilancio relativi agli acquisti di beni e servizi.
A tre mesi dalle elezioni mi trovo oggi ad assistere da deputato, quindi da rappresentante del popolo, a ciò che di persona non avrei mai voluto vedere: il solito ed eterno teatrino della politica al quale ho assistito per molti anni da semplice cittadino. Mi riferisco, signor Presidente del Consiglio dei ministri, alla proposta sua e del suo Governo per la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica, meglio conosciuto come «manovrina».
Questa «manovrina» viaggia in senso diametralmente opposto rispetto all'idea federalista. Infatti la diminuzione al 12,5 per cento della ritenuta sul rendimento del debito pubblico, contro il 27 per cento della tassazione del debito ordinario, è una tipica manovra accentratrice di uno Stato accentratore.


Pag. 2356

Le chiedo, signor Presidente, quale risanamento si avrà nella finanza pubblica dopo l'approvazione di questo disegno di legge di conversione perché ritengo che esso non potrà che avere ripercussioni negative sulla nostra economia. Per l'ennesima volta avremo un aumento della pressione fiscale sul sistema produttivo delle piccole e medie imprese con l'ennesimo taglio di servizi ai cittadini; il tutto evitando accuratamente di urtare la sensibilità di rifondazione comunista e dei sindacati.
L'operazione che ella sta conducendo, signor Presidente, alla faccia del tanto sbandierato rinnovamento da lei promesso in campagna elettorale, non è altro che la prosecuzione del consueto modo di operare dei Governi precedenti ed è l'ulteriore dimostrazione di ciò che la lega nord per l'indipendenza della Padania va affermando da anni, cioè che è impossibile superare la crisi mortale che attanaglia la nostra finanza pubblica con interventi correttivi di piccolo cabotaggio.
Concordo parimenti con la proposta avanzata dai colleghi Cicu e Roscia, di aggiungere un articolo 3-bis al fine di limitare le spese per le aziende autonomee, conseguentemente, di sopprimere il comma 2 dell'articolo 6.
Questa manovra correttiva di 16 mila miliardi, che in realtà avrebbe dovuto essere di 20 mila miliardi avrebbe dovuto essere un'anticipazione della manovra complessiva di fine anno collegata al documento di programmazione economico-finanziaria 1997-1999, finalizzata all'aumento dell'occupazione e al miglioramento della finanza pubblica. In realtà, signor Presidente del Consiglio, scopriamo che tutto ciò si è rivelato un grande bluff: si tratta infatti, per un verso, di provvedimenti semplicistici, quali ad esempio il ricorso allo spostamento dei pagamenti pubblici al 1997 con il blocco degli impegni di spesa e i rinvii degli investimenti e dei flussi di cassa verso gli enti locali, l'ANAS e le Ferrovie; per un altro verso si tratta di provvedimenti con effetti drammatici nei confronti delle piccole e medie industrie, che rappresentano la quasi totalità del sistema produttivo padano, quali la minor fiscalizzazione degli oneri sociali alle imprese oppure i tagli effettuati ai fondi destinati alla finanziaria 1996 e ai trasferimenti alle aziende o, peggio ancora, provvedimenti cinici quali il blocco fino al 1998 dei fondi destinati agli alluvionati della Liguria e del Piemonte.
Signor Presidente del Consiglio, la parificazione dell'aliquota IVA nella misura del 19 per cento prevista dall'articolo aggiuntivo Giancarlo Giorgetti 3.127 mi trova perfettamente concorde per un principio di fondamentale giustizia. Lei sa, o finge di non sapere, che la riduzione della defiscalizzazione dei contributi sociali farà lievitare i costi per le aziende senza portare alcun beneficio al lavoratore? Lei sa, o finge di non sapere, che il ritardo dei trasferimenti e degli impegni di spesa verso gli enti locali, le Ferrovie e l'ANAS porteranno un ritardo degli investimenti pubblici ed un prolungamento dei termini di pagamento? Lei sa, o finge di non sapere, che per quanto riguarda l'ANAS, a causa di questi provvedimenti non verranno svolti i programmi utili per migliorare la viabilità e quindi la circolazione delle merci, soprattutto in quelle aree fortemente sviluppate, quali ad esempio quelle della mia zona che si trova in piena pedemontana veneta, dove il nostro sistema produttivo ha bisogno di nuova viabilità, così come un individuo ha bisogno dell'aria per vivere? Lo sa che lo scorso anno nella mia regione ci sono stati 800 morti e oltre 20 mila feriti a causa di incidenti stradali dovuti soprattutto all'inadeguatezza delle nostre strade?
Signor Presidente del Consiglio, i casi sono due: o lei sa, e allora dovrebbe spiegare il perché di queste scelte sconsiderate, oppure lei non sa, e allora logica vorrebbe che lei presentasse le dimissioni per manifesta incapacità, che lei peraltro ha già ampiamente dimostrato quando l'onorevole De Mita la nominò Presidente dell'IRI, istituto che lei ha letteralmente distrutto regalando l'Alfa ad Agnelli e mettendo a capo dell'Alitalia un incapace dilapidatore di patrimoni peggiore soltanto a lei, cioè il dottor Giovanni Bisignani.
Infine, concordo pienamente con l'articolo aggiuntivo Pagliarini 6.02 in merito al blocco delle assunzioni di personale del

Pag. 2357

pubblico impiego. Nulla è stato fatto per l'occupazione, così come nulla è stato fatto per sostenere gli investimenti e creare le infrastrutture indispensabili per contrastare la concorrenza estera.
In pratica tutta questa manovra è finalizzata solo a tappare le falle della finanza pubblica e dirottare i risparmi sui titoli del debito pubblico. Tutto ciò considerato, signor Presidente del Consiglio, ci dica quanto dobbiamo attendere affinché ella dia corso al folle sogno di rifondazione di applicare una patrimoniale. Quello sarebbe il ko definitivo! Capisco, Presidente Prodi, che lei è nella stessa posizione di Don Abbondio e cioè si trova ad essere come un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro: tuttavia la esorto ad avere un po' di coraggio e, in attesa di una nuova forma di Stato, a cominciare a stornare i 3.500 miliardi di fondi previsti per il Giubileo, a non ricapitalizzare né il banco di Napoli né l'Alitalia ma a cederli direttamente ai privati, a creare le gabbie salariali. Sarebbero piccoli ma significativi segnali di cambiamento di rotta. Per applicarli però, per quanto piccoli, ci vorrebbe un po' di coraggio; capisco anche che, come diceva quel tale: «Il coraggio uno non se lo può dare». Auguri, signor Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

Back Index Forward