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Seduta del 15/7/1997


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Audizione del ministro degli affari esteri, Lamberto Dini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro degli affari esteri, Lamberto Dini, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen.
Nel ringraziare l'onorevole Dini per la cortesia e la disponibilità con cui ha risposto al nostro invito, ricordo che quella odierna si colloca al termine di un ciclo di audizioni con i ministri Napolitano e Flick, con il presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, professor Rodotà, ed infine con il commissario europeo professor Mario Monti.
Dalle varie audizioni e dai sopralluoghi effettuati nell'ambito dell'indagine conoscitiva avviata sono emersi i progressi compiuti dall'Italia in vista del suo ingresso a pieno titolo nello spazio Schengen. Non si possono però nascondere resistenze di Stati come l'Austria rispetto all'ammissione del nostro paese nello spazio di libera circolazione, com'è dimostrato dalla circostanza che la prossima riunione del Comitato esecutivo, la cui convocazione spetta, appunto, alla presidenza austriaca di turno, non sembra poter avere luogo prima dell'autunno, mettendo così in forse la data del 27 ottobre per l'ingresso a pieno titolo dell'Italia nello spazio Schengen.
A questo fatto occorre aggiungere le remore manifestate da paesi quali la Germania e l'Olanda relativamente ad un'adeguata protezione delle frontiere esterne da parte dell'Italia. Per tale motivo, signor ministro, assume grande importanza la riforma della legislazione italiana sull'immigrazione (materia che non è di sua stretta competenza); il relativo disegno di legge è proprio in questi giorni all'esame della I Commissione della Camera dei deputati ed oggi stesso entra nel vivo con la scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti.
L'efficacia dei controlli alle frontiere non dipende però esclusivamente da un'adeguata normativa, bensì anche dagli accordi diplomatici tra l'Italia e i paesi di maggiore immigrazione (si tratta di un problema che abbiamo avuto modo di constatare, in particolare, in una realtà come quella di Trapani), soprattutto ai fini della riammissione di soggetti sottoposti a provvedimenti di allontanamento.
Sarebbe pertanto utile per i membri del Comitato conoscere, sotto questo profilo, lo stato attuale delle negoziazioni del Governo italiano, anche al fine di verificare la posizione dell'esecutivo sulla questione del bilanciamento tra la tutela


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dell'interesse all'ordine pubblico e la garanzia dei diritti fondamentali degli stranieri.
Ci interessa, infine, conoscere l'orientamento del ministro (che ringrazio di nuovo unitamente al sottosegretario Fassino, anch'egli presente all'odierna audizione), in merito all'annunciata «comunitarizzazione» di alcuni aspetti dell'accordo di Schengen, che si è riscontrata in chiusura del vertice di Amsterdam.
Inoltre, l'audizione odierna diventa per noi occasione per ribadire al Governo la necessità di superare il raccordo difettoso con il nostro Comitato, che abbiamo constatato nelle ultime settimane e che non ci ha consentito di disporre sempre tempestivamente dei documenti necessari per esprimere i pareri vincolanti per l'Italia sui progetti di decisione pendenti davanti al Comitato esecutivo, così come previsto dall'articolo 18 della legge di ratifica dell'accordo.
Do ora la parola al ministro Dini, ringraziandolo ancora una volta per la cortesia con cui ha accolto il nostro invito.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Signor presidente, onorevoli parlamentari, sono lieto di poter riferire oggi sugli sviluppi della partecipazione dell'Italia all'accordo di Schengen, accogliendo il cortese invito del Comitato che lei presiede e che - a quanto mi consta - sta svolgendo le funzioni affidategli dal Parlamento in modo particolarmente costruttivo ed efficace, con audizioni e missioni conoscitive. Con ciò il Comitato sta dimostrando di aver colto appieno la valenza politica che il sistema di Schengen riveste. L'Europa non consiste, infatti, solo nella monete unica, nella politica estera e di sicurezza comune, nell'integrazione economica fra gli Stati membri: accanto a questo, un obiettivo prioritario è quello della costruzione dell'Europa dei cittadini.
L'auspicata libera circolazione delle persone e la sicurezza dei cittadini non devono, peraltro, essere messe in pericolo dalle varie forme di criminalità organizzata, che fra l'altro organizzano il traffico di droga e gestiscono l'immigrazione clandestina. La cooperazione giudiziaria civile e penale e, più in generale, tutto l'impianto del cosiddetto terzo pilastro devono concorrere alla formazione di una «nazione» di cittadini europei, che è una finalità primaria del processo di integrazione tra i nostri paesi.
Tale percorso richiede una cooperazione rafforzata, di cui l'accordo di Schengen rappresenta un esempio, pur esulando dal quadro comunitario. Non a caso, quindi, il recente Consiglio europeo di Amsterdam ed il progetto di trattato di Amsterdam prevedono l'assorbimento nel quadro dell'Unione dell'acquis e del segretariato di Schengen, proprio per rendere trasparente e ancor più incisivo il modulo di cooperazione che Schengen ha impostato.
Colmando ritardi di anni, il Governo italiano ha realizzato tutte le misure necessarie per l'integrazione dell'Italia nell'accordo di Schengen. Di ciò ha dato atto il Comitato esecutivo che, nella riunione tenutasi il 24 giugno scorso a Lisbona, ha fatto proprio il positivo rapporto predisposto ad hoc dalla presidenza portoghese. Fra le misure predisposte e attuate dall'Italia, ricordo in particolare le seguenti: alla fine dello scorso anno è stata approvata la legge sulla protezione delle persone dai dati informatizzati, che ci eravamo impegnati ad approvare all'atto di adesione all'accordo di Schengen, nel 1990; è stata completata l'informatizzazione delle ambasciate e dei consolati nei paesi «a rischio», cioè punti di partenza e di transito di flussi migratori illegali verso il nostro paese; si è altresì provveduto all'informatizzazione dei posti di frontiera esterni. È stato inoltre realizzato un approfondito addestramento dei funzionari che saranno addetti al rilascio dei visti validi per tutto il territorio Schengen, nonché di quelli preposti al controllo delle frontiere esterne. Sono stati realizzati gli adempimenti relativi al sistema di informazione nazionale, al suo adeguamento al sistema di informazione centrale Schengen a Strasburgo ed al suo collegamento con ambasciate, consolati e valichi di frontiera esterni. Gli aeroporti


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internazionali sono stati altresì adeguati alle esigenze della separazione fisica dei passeggeri provenienti dai voli intra-Schengen da quelli provenienti dai voli extra-Schengen.
Ad ulteriore consolidamento delle misure di sicurezza e di sorveglianza delle frontiere, l'Italia ha inoltre concluso con i principali paesi tributari di flussi migratori dal centro Europa numerosi accordi di «riammissione» per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno irregolare. Analoghi accordi sono in corso di negoziato con i paesi della riva sud del Mediterraneo.
Il Governo ha infine presentato in Parlamento un disegno di legge sull'immigrazione, che adegua a quelle della maggioranza degli altri paesi membri le norme relative all'ammissione di cittadini non appartenenti all'Unione europea e all'espulsione di cittadini di paesi terzi immigrati illegalmente. Alcune di tali misure sono già state incluse nel decreto emanato per far fronte all'emergenza dei profughi albanesi.
Senza calcolare il costo degli adattamenti degli aeroporti - che non si può stimare agevolmente, poiché occorrerebbe scomporre gli adempimenti per Schengen dai costi già previsti per ampliamenti ed ammodernamenti estranei alla nostra partecipazione all'accordo - gli investimenti effettuati dall'Italia ammontano complessivamente - dal 1994 (anno in cui i fondi furono effettivamente disponibili, dopo l'applicazione della legge di ratifica) alla fine del 1996 - a circa 51 miliardi di lire.
Siamo quindi giunti al completo adempimento degli obblighi previsti per l'integrazione del nostro paese nel sistema di Schengen, ove desideravamo entrare fin dal marzo di quest'anno. Aderendo ad una richiesta di tutti gli altri Stati membri, abbiamo acconsentito, il 19 dicembre dello scorso anno in occasione del Comitato esecutivo di Lussemburgo, ad integrarci contemporaneamente all'Austria e alla Grecia il 27 ottobre 1997. Tuttavia, a Lussemburgo venne espressamente riconosciuto che, nel caso in cui si fossero presentate difficoltà, l'Italia avrebbe avuto la priorità nell'ingresso in Schengen, avendo aderito all'accordo fin dal 27 novembre 1990 (la Grecia aderì nel novembre del 1992, l'Austria nell'aprile del 1995). Tale impegno è stato ribadito anche dal Comitato esecutivo di Schengen tenutosi a Lisbona il 25 aprile di quest'anno.
Il Comitato esecutivo di Lisbona del 23 e 24 giugno scorsi (al quale erano presenti per l'Italia il ministro Napolitano ed il sottosegretario Fassino) ha confermato l'integrazione piena dell'Italia nel sistema di informazione Schengen alla data del 27 ottobre prossimo. Nello stesso Comitato esecutivo del 23 e 24 giugno si è deciso che la prossima riunione dell'esecutivo stesso, prevista - lo confermo - per settembre, individuerà le modalità definitive dell'abolizione dei controlli di frontiera. Al fine di predisporre le intese necessarie per un accordo su tali modalità, fra due giorni (giovedì 17 luglio) si terrà a Innsbruck un incontro tra i capi di governo di Germania, Austria e Italia.
Signor presidente, onorevoli parlamentari, ho tracciato un quadro sintetico dello stato e delle problematiche di attuazione della Convenzione di Schengen. Come ho anticipato in apertura, siamo consapevoli dell'importanza prioritaria che anche il Parlamento annette alla tempestiva e completa integrazione dell'Italia nel sistema. L'azione del Governo intesa al raggiungimento di questo obiettivo ha tratto ispirazione e forza anche dalla certezza del costante sostegno parlamentare.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Dini per la sua esposizione e do la parola ai colleghi che intendono intervenire.

ANTONINO CARUSO. Introducendo gli argomenti che ha affrontato, il ministro Dini ha fatto un riferimento comune alle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico degli stupefacenti ed a quelle che viceversa si occupano dell'immigrazione clandestina. Chiedo allora se si tratti di un accostamento casuale, puramente dialettico, oppure se al ministro risulti che tali organizzazioni si sovrappongano, quasi


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fosse in atto una sorta di riconversione delle une verso le altre.
In secondo luogo, vorrei sapere se, da quanto risulta allo stesso ministro, si tratti di organizzazioni di matrice nazionale o internazionale.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Secondo quanto è a nostra conoscenza, si tratta sicuramente di organizzazioni internazionali, più che nazionali.
Per quanto concerne l'altra domanda che mi è stata posta, ritengo che il collegamento tra le varie organizzazioni sia del tutto evidente.

SANDRA FEI. Il ministro ha parlato dell'informatizzazione delle ambasciate nei paesi a rischio, dando così per acquisito che tale processo sia del tutto compiuto. Tuttavia, poiché ho avuto casualmente occasione di entrare in contatto con alcune ambasciate, non più di un mese fa ho potuto riscontrare che la situazione non è esattamente quella descritta: per esempio, venivano lamentati, a livello di consolato, gravi problemi di controllo nei confronti di chi ha già il permesso di soggiorno in un altro paese ed è considerato persona a rischio. Faccio un esempio che non corrisponde esattamente alla situazione che ho vissuto io, per non identificarlo troppo con essa: un indiano che ha un permesso di soggiorno in Olanda da noi è comunque considerato a rischio ed il problema che si pone ai consolati è quello che spesso non sanno come gestire questo tipo di situazioni. Inoltre, mi risulta che ad oggi questo non sia un dato scontato; che possa diventarlo in ottobre è un'altra cosa, ma lei, signor ministro, lo ha comunque dato per scontato.
In secondo luogo, lei ha parlato di numerosi accordi bilaterali con altri paesi trattando della questione del rimpatrio e dell'immigrazione clandestina. Non più tardi di pochi mesi fa (possono essere tre, può essere uno e mezzo, la memoria non mi aiuta) lo stesso ministro Napolitano aveva precisato che uno dei grossi problemi dell'Italia consisteva proprio nel fatto di non riuscire a concludere questo tipo di accordi. Tra l'altro, i colleghi ricorderanno che della questione si era discusso anche in aula in sede di esame del provvedimento sugli albanesi, quando si era tra l'altro sollecitata un'organizzazione di prevenzione da parte dell'Italia nei confronti degli altri paesi. Su questo vorrei qualche spiegazione in più, in particolare per ciò che concerne questi accordi bilaterali di cui non siamo stati informati né in Commissione esteri né come Parlamento in generale.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. In merito alla sua prima domanda, direi che le apparecchiature sono tutte disponibili nei nostri consolati e quindi per noi sono funzionanti ed in rodaggio. La stessa rete mondiale visti dovrebbe permettere di evitare il tipo di problema da lei sottolineato portando l'esempio del cittadino indiano ammesso in Olanda, per cui, una volta che il sistema sia globale, quel problema dovrebbe essere prevenuto e quindi si dovrebbe superare quel tipo di difficoltà.
Quanto al rimpatrio ed ai problemi di riammissione, stiamo stipulando i relativi accordi; abbiamo ancora difficoltà con alcuni dei paesi situati sulla sponda meridionale del Mediterraneo, per esempio con la Tunisia, mentre è stato possibile stipulare tale accordo con altri paesi, compresa l'Albania. Vi è certamente ancora qualche passo da fare, però mi pare che nell'insieme muoviamo in questa direzione. La Tunisia aveva fatto presente che non si sentiva di assumere quest'impegno per problemi di immigrazione interna dai paesi limitrofi, in particolare, ed avrebbe voluto che l'Italia accettasse uno scambio di lettere, come vi è stato con la Francia. Abbiamo proceduto ad un controllo con le autorità francesi, ma queste ci hanno detto che il sistema instaurato tra il loro paese e la Tunisia è inefficace. Quindi, abbiamo intenzione di ritornare presso le autorità tunisine per ottenere da loro l'accettazione della riammissione di cittadini di paesi terzi che immigrino illegalmente in Italia.


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PIERO FASSINO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Per quanto riguarda gli accordi di riammissione, abbiamo aperto negoziati con tutti i paesi tributari dei principali flussi migratori sia dell'est europeo sia della riva sud del Mediterraneo. Con i paesi dell'est europeo gli accordi di riammissione sono stati sottoscritti tutti, dai paesi baltici fino alla Bulgaria; l'ultimo rimasto era quello con l'Albania, che è in via di sottoscrizione. Vi sono, invece, difficoltà con i paesi del Mediterraneo, difficoltà che però non riguardano noi, ma tutti gli altri paesi, in quanto le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo sono molto restie a sottoscrivere accordi di riammissione con i paesi europei. Infatti, i medesimi problemi riguardano la Francia, la Spagna, il Portogallo. In virtù dei rapporti che storicamente ha avuto, con alcuni di questi paesi la Francia ha uno scambio di note verbali, ma non ha stipulato accordi di riammissione. In ogni caso, abbiamo posto e stiamo ponendo continuamente tale questione a tutti i paesi (il ministro sarà in Marocco tra qualche giorno e questo sarà uno dei temi in discussione) e vogliamo completare la rete, per così dire. Il fatto di aver sottoscritto tutti gli accordi di riammissione con i paesi dell'est costituisce già comunque un rilevante passo in avanti verso una condizione di maggior sicurezza delle frontiere e della sorveglianza.
Perché sia chiaro, vorrei insistere sul fatto che il punto di difficoltà in tutti questi accordi di riammissione è costituito dalla cosiddetta accettazione della riammissione dei cittadini terzi: in sostanza, il cittadino turco, afghano o pakistano che immigra clandestinamente attraverso l'Albania, quando viene da noi scoperto a chi va restituito, se siamo certi che è arrivato dall'Albania? Noi sosteniamo che in questo caso va restituito all'Albania, mentre questi paesi tendono a dire che va riportato nel suo paese d'origine. In ogni caso, lo ripeto, simili accordi sono già stati sottoscritti con tutti i paesi dell'est.
Per quanto riguarda l'informatizzazione, non solo sono stati attivati tutti i collegamenti con il sistema e quindi tutte le nostre strutture consolari e diplomatiche sono informatizzate, ma abbiamo anche predisposto un provvedimento di incremento dell'organico attraverso l'immissione di personale a contratto necessario per il pieno funzionamento nelle sedi consolari del sistema informatico di collegamento.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Lo strumento che forse ci permetterebbe di superare le difficoltà in atto con i paesi del sud del Mediterraneo è quello di accollarci le spese di trasporto degli individui dal posto d'arrivo al paese d'origine. Questa è una delle obiezioni che sono state mosse e che forse potremmo prendere in considerazione se ciò permettesse di arrivare alla firma dell'accordo di riammissione.

SANDRA FEI. Anche se nelle audizioni che abbiamo svolto ci è sempre stato detto che tale problema non esiste, ritengo che uno dei punti problematici per l'attuazione dell'accordo di Schengen sia quello che riguarda il narcotraffico e quindi il controllo degli stupefacenti. Anche nell'ambito del tema su cui oggi è intervenuto il ministro Dini vi sono implicazioni dirette con alcuni paesi: penso alla Turchia, all'Albania, a paesi anche più lontani, come la Colombia o la stessa Thailandia. Vorrei sapere a che punto siamo nel tentativo di controllare questo tipo di fenomeno e cosa si prospetti in materia. In proposito, vorrei comunque dare atto della circostanza che l'Italia ha sempre portato avanti la lotta al narcotraffico nel migliore dei modi possibili, ma sicuramente non nel migliore dei modi per cercare di eliminare il problema sul suo territorio: totalmente non potrà mai accadere, ma non è questa una ragione per non andare avanti.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Il problema del traffico di droga così come quello della criminalità organizzata sono stati tra l'altro all'attenzione dei Capi di Governo del gruppo G7 e G8


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che si sono riuniti a Denver. Questo rimane un tema fondamentale che richiede la collaborazione internazionale.
Progressi si stanno compiendo in questa direzione, ma perché l'azione sia sempre più efficace è necessario un miglior coordinamento delle forze di polizia e di tutte quelle forze addette a questo compito, perché un paese da solo non può affrontare questo problema. Si riconosce che si tratta di un problema che riguarda tutti e quindi si deve continuare ad affrontarlo nel modo che ho detto, il modo in cui tutte le autorità dei paesi industriali cercano di procedere.
Devo dire che le nostre autorità che vigilano su questo fronte anche attraverso i servizi sono stimate e quindi l'Italia non è indietro, non è incapace di rispondere alle richieste di cooperazione provenienti dagli altri paesi: al contrario, la cooperazione delle nostre forze di sicurezza che si occupano di tale materia è considerata come un raccordo molto efficace nell'opera di repressione di questi fenomeni criminosi.

SANDRA FEI. Mi riferivo all'informatizzazione.

PIERO FASSINO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'informatizzazione riguarda quattro milioni di dati relativi a cittadini segnalati o segnalabili ed è evidente che, in questo novero, vi saranno anche cittadini sospettati di aver commesso reati o che effettivamente li hanno commessi. Quindi, da questo punto di vista la banca dati è utilizzata anche nella lotta al narcotraffico.
Per altro aspetto, desidero segnalare che il ministro Napolitano sta affiancando agli accordi di riammissione che abbiamo negoziato con molti paesi accordi di cooperazione in materia di polizia, di lotta alla grande criminalità e segnatamente a due tipi di macrocriminalità: il narcotraffico ed il riciclaggio di denaro illecito. Con molti paesi con i quali abbiamo stipulato accordi di riammissione abbiamo sottoscritto anche accordi di cooperazione in materia di lotta alla criminalità. Si tratta, quindi, di una rete protettiva aggiuntiva che viene incontro alle preoccupazioni manifestate dall'onorevole Fei.
Infine, vorrei sottolineare un ulteriore aspetto che non ha attinenza con l'accordo di Schengen, ma che dimostra, come diceva il ministro, l'impegno che il nostro paese ha su questo fronte: da qualche settimana è stato nominato vicesegretario generale delle Nazioni Unite il senatore Arlacchi come responsabile delle Nazioni Unite di Vienna, dove ha sede l'attività delle Nazioni Unite contro la grande criminalità e particolarmente contro il narcotraffico; credo che anche quella presenza italiana sarà in grado di dare un contributo ad una lotta sempre più efficace.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Vorrei conferma dal sottosegretario Fassino, che ha partecipato agli ultimi incontri di Lisbona, riguardo al fatto che le riserve che vengono espresse sulla nostra partecipazione dalla Germania riguardano non l'aspetto della lotta alla criminalità, ma i cittadini, gli individui, la cosiddetta permeabilità delle nostre frontiere e quindi l'immigrazione clandestina.

PATRIZIO PETRUCCI. Pur dando atto al Governo di aver proceduto a marce forzate per rispettare la scadenza imposta dalla Convenzione, nell'incontro che abbiamo avuto a Bruxelles abbiamo assistito con preoccupazione all'emergere di una diffidenza, che si è manifestata in maniera ancora più aspra di quanto non sia apparsa sui giornali, da parte della Germania rispetto alla permeabilità delle frontiere italiane.
Non vorrei che questa diffidenza, che avvertiamo anche su altri temi (penso alla posizione assunta dal sottosegretario alle finanze Stark sul rapporto debito pubblico-euro), significasse poi una diffidenza globale tale da portare poi ad evidenziare gli elementi di debolezza nel nostro sistema per ritardare l'ingresso dell'Italia.
Vorrei sapere se anche da parte dei rappresentanti del Governo si sia avvertita questa sensazione e se le due cose, a loro


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avviso, possano essere separate; infatti, leggendo varie prese di posizione, ci è sembrato che alcune eccezioni sollevate nel corso dell'incontro cui hanno partecipato il ministro Napolitano ed il sottosegretario Fassino siano state strumentali, in quanto non si è capito come mai la maggioranza dei paesi europei valuti che l'Italia abbia adempiuto a tutti gli otto punti su ci si basa l'ingresso nell'accordo di Schengen mentre altri paesi, come la Germania, li hanno ritenuti non ancora pienamente soddisfatti e per la clausola - che ci auguriamo venga corretta quanto prima - dell'unanimità della decisione questo risultato, che avrebbe dovuto realizzarsi nell'incontro di giugno, è stato vanificato.
Vorrei sapere se, in questo quadro complessivo di posizioni, il Governo sia ancora ottimista sulla possibilità di rimuovere le difficoltà soprattutto tedesche e quindi se ritenga che nel vertice di Innsbruck che avrà luogo tra due giorni tra Germania, Austria ed Italia si supereranno le ultime difficoltà e quindi potremo entrare definitivamente alla scadenza del 27 ottobre. Di contro, vorrei sapere se l'accentuazione dei sistemi di sicurezza, imposta dalla Germania, possa indirizzarsi verso una politica non del tutto rispettosa dei diritti dei cittadini, tanto che il Parlamento europeo, sulla base delle esperienze dei paesi che negli anni scorsi hanno già applicato la Convenzione di Schengen, ha avvertito la necessità di adottare un documento in cui richiama l'esigenza di rispetto della privacy e dei diritti di cittadinanza. Ciò significa quindi che, nella fase iniziale, i paesi che hanno già applicato la Convenzione di Schengen non hanno osservato tali criteri. Anche dalla visita che abbiamo effettuato a Roma, è emerso che l'ottica prevalente, più che alla libera circolazione delle persone, sia improntata alla difesa delle frontiere.
Ritengo che i due aspetti debbano essere equilibrati, perché altrimenti l'accordo di Schengen potrebbe essere inteso esclusivamente come una politica volta a far sì che i paesi aderenti erigano, per così dire, barriere di filo spinato nei confronti di cittadini che hanno il diritto di transitare e di soggiornare nel loro territorio.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Non credo si debba condividere l'opinione secondo cui la Germania avrebbe assunto una posizione contraria nei confronti dell'Italia sulle grandi tematiche che abbiamo di fronte.
La questione della moneta unica è certamente importante e per la Germania, in particolare, si tratta di rinunciare al marco; anche a seguito delle pronunce della Corte costituzionale di Karlsruhe, tale rinuncia sarà possibile solo se l'euro sarà, in prospettiva, una moneta forte quanto il marco. Ne deriva, da parte tedesca, un atteggiamento che si può comprendere (ma che non è proprio delle autorità di Governo in particolare), in base al quale se i paesi che non hanno una tradizione di stabilità finanziaria, come quelli del Mediterraneo, compresa l'Italia, non riusciranno a mettersi in linea con i parametri di Maastricht, questo faciliterebbe il compito dell'unione monetaria ai fini del superamento delle difficoltà interne della Germania.
Non si tratta quindi, a mio avviso, di una prevenzione nei confronti dell'Italia, ma la questione riguarda piuttosto l'immagine che il nostro paese ha dato di sé nel corso degli anni ottanta, fino al momento in cui è stata intrapresa l'azione di risanamento.
Tuttavia, le autorità tedesche hanno affermato che ciò che conta sono i numeri: quindi, se l'Italia sarà in regola con i parametri di Maastricht, farà certamente parte dell'unione monetaria (sono convinto che questo accadrà). Restano naturalmente alcune spigolature, per cui si tende ad affermare che l'Italia ed altri paesi sono in regola con tutti i parametri ma non con quello relativo al debito pubblico in rapporto al prodotto nazionale. Ricordo però che nel Trattato di Maastricht era già previsto che sarebbero state importanti le tendenze.
Del resto, quello che ho ricordato è un parametro che non ha un grande


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significato economico, perché ciò che determina il debito pubblico è il risultato di politiche economiche e di azioni che sono già «incorporate» nella nostra economia e quindi le abbiamo, per così dire, già nel sangue; questo non costituisce un problema per gli altri paesi.
Effettivamente, negli ultimi giorni sono state svolte alcune osservazioni ed al riguardo ritengo che sia stata giusta la reazione venuta dall'Italia, anche da Palazzo Chigi: non cerchiamo scuse né intendiamo creare ora nuove condizioni, ma i problemi derivano da difficoltà interne piuttosto che da un atteggiamento negativo nei confronti dell'Italia.
Lo stesso discorso vale, a mio avviso, per gli ultimi problemi che sono stati posti dalla Germania: alla base - il sottosegretario Fassino può confermarlo - vi è il fatto che nel 1998 si terranno le elezioni in Baviera, il cui tema principale sarà la sicurezza dei cittadini. In Germania, ed in particolare in Baviera, è peraltro diffusa l'opinione secondo cui le frontiere austriache sono particolarmente permeabili all'invasione di clandestini provenienti da paesi terzi.
Tra l'altro, il sottosegretario Schelter, che rappresenta la Germania nel Comitato esecutivo di Schengen, è bavarese. È quindi presente tale atteggiamento e di qui nasce la posizione tedesca, volta a prevedere un'integrazione graduale dell'Italia nell'accordo di Schengen.
Credo che queste remore e difficoltà saranno oggetto della riunione che si terrà a livello di capi di governo, alla quale prenderà parte anche, insieme al ministro Napolitano, il sottosegretario Fassino. Ritengo per altro che dobbiamo superarle al più alto livello politico, facendo sì che l'Italia entri nel sistema di Schengen a partire dall'ottobre di quest'anno.

PIERO FASSINO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Ad integrazione e conferma di quanto osservato dal ministro, vorrei aggiungere che la questione della presunta permeabilità delle nostre frontiere è un argomento che ha come fondamento unicamente ragioni di politica interna, poiché in realtà è del tutto infondato dal punto di vista dei dati.
Nel giugno scorso, è stato presentato al Comitato esecutivo di Schengen di Lisbona il rapporto annuale sullo stato delle frontiere di Schengen, in cui si afferma che la Germania ha molti problemi nel garantire una sorveglianza adeguata della sua frontiera con la Polonia e che lo stesso discorso riguarda la Spagna con riferimento all'immigrazione dal Marocco; tutto questo perché si può tranquillamente affermare che l'immigrazione è come l'acqua: nel momento in cui si riesce ad arginarla, penetra da altre parti. Tutti, quindi, si trovano di fronte al problema di come contenere l'immigrazione clandestina, ma l'Italia non è certamente in condizioni peggiori rispetto ad un problema che riguarda anche tutti gli altri paesi.
Il ministro ha inoltre ricordato, nella sua esposizione, che il nostro paese ha rispettato tutti i criteri previsti dalla Convenzione ed ha osservato anche condizioni aggiuntive: per esempio, il fatto di rivedere tutti gli accordi di riammissione, di cui si è parlato, non era una condizione prevista dall'accordo di Schengen, ma nonostante ciò abbiamo proceduto in tal senso.
Ricordo altresì che i membri del Comitato esecutivo di Schengen hanno voluto acquisire una serie di informazioni suppletive da Italia, Austria e Grecia, sottoponendo a tutti e tre i paesi un questionario dettagliatissimo, formato da oltre 80 pagine, che abbiamo debitamente compilato. Anche questo non era previsto dagli accordi di Schengen.
Abbiamo inoltre adottato misure di rafforzamento delle nostre frontiere che vanno al di là di quanto richiesto dagli stessi accordi.
Ritengo pertanto che abbiamo effettivamente posto in essere tutti gli adempimenti possibili. Inoltre, come il Presidente Prodi ribadirà giovedì prossimo a Kohl e a Klima, occorre superare la convinzione che il nostro paese non sia sensibile a questo tema: infatti, la questione della sicurezza delle frontiere rappresenta


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innanzitutto una preoccupazione dei governanti italiani rispetto all'opinione pubblica del paese, la quale, con riferimento all'immigrazione clandestina, non è meno severa di quella della Germania o di altri Stati.
Crediamo comunque di aver risposto a tutti gli adempimenti che era necessario osservare e stiamo lavorando per garantire la massima sicurezza alle frontiere, prima di tutto per l'Italia e poi per tutti gli altri paesi nostri partner. Riteniamo quindi che, nell'incontro di giovedì prossimo, sarà possibile superare definitivamente le remore e le difficoltà finora emerse, dando così corso alle decisioni che sono state assunte nel Comitato esecutivo di Lisbona, allorché è stata ribadito il fatto che l'integrazione dell'Italia avverrà entro il 27 ottobre prossimo.

PRESIDENTE. Poiché non vi sono altri colleghi che intendono porre domande, mi soffermerò brevemente su una rilettura del comunicato finale della riunione di Lisbona del 24 giugno scorso, nel quale si afferma chiaramente che l'Italia ha compiuto un passo in avanti e che si trova in una condizione migliore rispetto ad Austria e Grecia. Tuttavia, devo rilevare che nello stesso comunicato si afferma che il Comitato esecutivo prende nota che l'Italia ha soddisfatto le condizioni preliminari e dichiara che essa può essere integrata nel sistema di informazione Schengen. Infatti, dal 1 luglio questo passo è stato compiuto ed il caricamento dei dati verrà effettuato a partire da agosto (in questo momento sono in corso le relative prove tecniche).
Nello stesso comunicato si aggiunge che le modalità relative agli altri aspetti dell'applicazione dell'accordo (quindi, l'abbattimento fisico delle frontiere) saranno definite in occasione della prossima riunione del Comitato esecutivo. Tale riunione era stata inizialmente prevista per il 18 luglio prossimo, ma è stata rinviata sotto la presidenza austriaca e si parla ora, come possibile data, della fine di settembre.
Dalle visite che abbiamo effettuato, in particolare presso il segretariato di Bruxelles, oltre che dagli incontri informali che abbiamo avuto con i partner austriaci e greci per valutare la possibilità di attuare sinergie in vista del raggiungimento dello scopo comune, è risultato che da parte austriaca non vi è un grande desiderio di convocare il Comitato esecutivo prima della ratifica, da parte dell'Assemblea nazionale francese, dell'adesione della stessa Austria all'accordo di Schengen. Questo crea un piccolo problema, anche se devo dire che personalmente sono tra coloro che sostengono che l'Italia ha adempiuto a tutti gli obblighi ed alle condizioni previste dall'accordo di Schengen. Occorre però superare alcune resistenze che si sono manifestate.
Intendo comunque porre in evidenza un aspetto di carattere non politico ma tecnico, non previsto nella convenzione né nell'accordo: per abbattere fisicamente le frontiere non servono soltanto le ruspe; soprattutto per quanto riguarda gli scali aeroportuali, si tratta di costruire «corridoi Schengen» che consentano l'arrivo dei voli che oggi sono internazionali presso i nostri scali nazionali. Per conseguire tale obiettivo, si pone anche il problema di rendere compatibili gli orari, gli slot di atterraggio e di decollo degli aerei tramite un intervento della IATA (l'associazione delle compagnie aeree).
Siamo quindi di fronte ad un carico che grava sulle nostre spalle (sottopongo tale aspetto alla sensibilità del Governo) ed è necessaria un'azione dello stesso Governo italiano nei confronti della IATA affinché sia predisposto tutto quanto è necessario per l'ingresso a pieno titolo dell'Italia nello spazio Schengen il 27 ottobre prossimo. Poiché in quella data si passa dagli orari estivi a quelli invernali, dovremmo essere pronti, appunto, per il 27 ottobre.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Altrimenti, si dovrebbe rinviare a marzo...!

PRESIDENTE. Questo aspetto, che sembra del tutto banale, assume rilievo


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perché, se l'Assemblea nazionale francese ratificherà l'adesione dell'Austria, per esempio, il 20 settembre prossimo, sarà poi necessario un mese solare di deposito dello strumento di ratifica presso il Governo lussemburghese, cui spetta tale incombenza; quindi, soltanto dal 1 novembre l'Austria potrà essere integrata.
Oggi dobbiamo giustamente lavorare insieme a quello Stato, perché rendere compiuto lo spazio Schengen significa includervi anche l'Austria (se non si riuscirà ad inserirvi anche la Grecia), ma questo potrebbe costituire un elemento, per così dire, di zavorra per il rispetto della previsione che era stata fatta in Lussemburgo il 19 dicembre dello scorso anno, secondo cui l'Italia sarebbe entrata a pieno titolo nello spazio Schengen il 27 ottobre prossimo.
In conclusione, la preoccupazione è che, se non sarà possibile rispettare quella data, l'Italia non entrerà nel sistema il 1 novembre, bensì il 25 marzo del prossimo anno.

PIERO FASSINO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Comitato esecutivo del 19 dicembre 1996 ha stabilito che ci si adoperi per far sì che Italia, Grecia e Austria entrino insieme nel sistema, ma in ogni caso è stato deciso che il nostro paese si trovi in una condizione di priorità: nel momento in cui l'Italia sia pronta e non lo fossero Grecia e Austria, il nostro paese entrerà da solo nello spazio Schengen. Questo aspetto è stato ribadito a Lisbona sia ad aprile sia a giugno.
Poiché l'Austria è un paese confinante con l'Italia, con il quale abbiamo intense relazioni, non intendiamo compiere alcun atto di ostilità nei suoi confronti, per cui nella misura del possibile cercheremo di entrare insieme, ma questo non dovrà andare a danno e a detrimento degli interessi del nostro paese. Quindi, se si è nelle condizioni di entrare insieme il 27 ottobre prossimo, bene; se non si è in queste condizioni, invocheremo il principio stabilito dal comitato esecutivo di Lussemburgo e l'Italia entrerà da sola il 27 ottobre: questo deve essere chiaro.

LAMBERTO DINI, Ministro degli affari esteri. Tra l'altro, vorrei ricordare che l'Italia non ha confini diretti con la Germania e quindi il problema della sicurezza che tocca la Baviera e di cui parlavo prima riguarda essenzialmente l'Austria. Quindi, da questo punto di vista dovrebbe essere più facile. Certo, è necessaria una decisione unanime del comitato esecutivo, che deve fissare, come ha detto il presidente, le modalità dell'integrazione, modalità che dovrebbero essere stabilite nel nuovo incontro del comitato, che avrà luogo il 28 settembre. Tra l'altro, vi sono anche i Paesi Bassi che non mi pare abbiano ratificato l'ingresso della Grecia.

PIERO FASSINO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sì, in effetti non lo hanno ratificato.

PRESIDENTE. Nel dichiarare conclusa quest'audizione, ringrazio nuovamente il ministro Dini, il sottosegretario Fassino e tutti i colleghi intervenuti.

La seduta termina alle 12,55.

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