PROGETTO DI LEGGE - N. 3757
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge
intende sottolineare che nel caso delle vaccinazioni
l'interesse pubblico alla salute entra in conflitto con il
diritto della persona a non subire invasioni della sua sfera
personale e prevale su di esso. La dottrina e la
giurisprudenza più recenti tendono a sostenere la non
ammissibilità a trattamenti personali coatti nell'esclusivo
interesse della società: il singolo deve essere comunque
consenziente e i trattamenti imposti devono essere
indispensabili. Ciò significa che non devono esistere
possibilità diverse per fronteggiare quella malattia o per
raggiungere quell'obiettivo sociale. E' evidente infatti che,
ove esistano alternative, l'obbligatorietà di un particolare
mezzo non si giustifica soprattutto se sono trattamenti
sperimentali, cioè se non è ancora chiarito se il rapporto tra
rischi e benefìci è a favore dei secondi.
Attualmente in Italia sono quattro i trattamenti di
vaccinazione obbligatoria: quello antidifterico, ai sensi
della legge 6 giugno 1939, n. 891, per tutti i bambini dal
secondo al decimo anno di età; quello antitetanico, ai sensi
della legge 5 marzo 1963, n. 292, e successive modificazioni,
per tutti i bambini nel secondo anno di età; quello
antipoliomielitico, ai sensi della legge 4 febbraio 1966, n.
51, per tutti i bambini entro il primo anno di età; quello
antiepatite virale B, ai sensi della legge 27 maggio 1991, n.
165, per tutti i nati nel primo anno di vita.
Prescindendo, nella presente sede, da tutte le valutazioni
di ordine medico-scientifico sulla reale efficacia - rispetto
alle controindicazioni - della somministrazione dei vaccini,
non può tuttavia sfuggire all'attenzione del legislatore che
l'obbligo dei menzionati trattamenti sanitari, salvo quello
antiepatite virale B, si fonda su normative e su una
conoscenza scientifica vecchie e superate.
Infatti, nonostante il mantenimento dell'obbligatorietà
delle vaccinazioni molti cittadini fanno obiezione non tanto
per un fenomeno degenerativo di disinformazione quanto
piuttosto per una mutata coscienza sanitaria degli stessi, che
non accettano più di sottoporsi passivamente ad interventi che
mutano le condizioni del proprio organismo ed esigono di
conoscere e di essere debitamente informati.
Seri studi nazionali ed internazionali ed illustri
esponenti del mondo scientifico hanno sollevato e continuano a
sollevare numerose riserve sulle pratiche vaccinali e pongono
con forza l'attenzione sulle controindicazioni di esse.
Fino a ieri coloro che intendevano sottrarre i propri
figli a trattamenti vaccinali obbligatori ricorrevano a
pratiche clandestine, oggi una mutata coscienza ha fatto sì
che nelle conseguenze dell'obiezione i suoi fautori si
assumano tutte le responsabilità, anche con sempre più
frequenti casi giudiziari e non.
Crediamo che sia giunto il momento che il Parlamento si
faccia carico di rimuovere una condizione che penalizza
ingiustamente il cittadino e pone nello stesso tempo il nostro
Paese in posizione decisamente arretrata rispetto alla
legislazione vigente nella maggioranza delle nazioni europee e
non.
Con questo provvedimento ci proponiamo di introdurre nel
nostro ordinamento il diritto all'obiezione del singolo
cittadino alla sottoposizione di sé o di colui su cui esercita
la potestà o la tutela a trattamenti sanitari quali le
vaccinazioni obbligatorie. Così non si premia la negligenza
del singolo attraverso una indiscriminata abolizione
dell'obbligatorietà, come non si sopprime il diritto del
cittadino alla propria libertà e dignità.
Per queste ragioni pare opportuno proporre la possibilità
che il cittadino possa sottrarsi, mediante una libera e
motivata scelta, a pratiche che prevedono la forzosa ed
innaturale introduzione nel proprio organismo di sostanze ad
esso estranee ed a volte con esso incompatibili.
L'introduzione di questa facoltà - soprattutto nelle
attuali condizioni in cui non sussiste il pericolo di epidemie
e pertanto un rischio per la pubblica salute - non sarebbe
altro che la riaffermazione del principio contenuto
nell'articolo 32 della Costituzione della Repubblica, secondo
il quale l'individuo non può mai essere strumento e mezzo di
interessi collettivi tanto da prevaricare il rispetto della
persona umana.
D'altro canto, con una formulazione al passo con i tempi e
attenta alle garanzie civili, la legge n. 833 del 1978 di
riforma sanitaria ha previsto, all'articolo 33, che gli
accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori debbano
essere accompagnati da iniziative volte ad assicurare il
consenso e la partecipazione da parte di chi vi sia obbligato.
Si subordina inoltre la disposizione del trattamento sanitario
obbligatorio alla proposta motivata di un medico.
E' da ritenere stridente con questo moderno orientamento
il mantenimento di forme di vaccinazioni obbligatorie di
massa, per di più senza alcun accertamento preventivo di
eventuali controindicazioni da parte della pubblica
amministrazione.
Inoltre, ripetute affermazioni della Corte costituzionale
hanno ribadito che una legge che pareggiasse situazioni che
sono oggettivamente diverse contrasterebbe con il principio
dell'uguaglianza.
Del pari, fin dalla pronuncia n. 53 del 14 luglio 1958, la
stessa Corte costituzionale ha stabilito che il legislatore
viola tale principio ogniqualvolta assoggetta ad una
indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera
e dichiara diverse. Obbligando tutti i cittadini ad uno stesso
intervento sanitario si parifica il trattamento di situazioni
tra loro differenti, peraltro riconosciute dal legislatore
stesso, prevedendo forme di esonero temporaneo o permanente,
la cui richiesta e giustificazione è posta tuttavia a carico
del privato.
Il provvedimento di cui si propone l'approvazione sembra
ai proponenti in linea sia con la legislazione internazionale,
sia con i princìpi costituzionali, sia con i più moderni
orientamenti della normativa vigente. D'altra parte esso è
sufficientemente equilibrato e rigoroso, tanto da non
stravolgere alcuni attuali canoni ma da temperarli con una
maggiore sensibilità alle esigenze di tutela e libertà.
La proposta di legge, nell'introdurre il diritto alla
obiezione di coscienza, nei confronti delle vaccinazioni
obbligatorie, ne disciplina le modalità; prevede, agli
articoli 1, 2, 3 e 4, precise incombenze per gli organi della
pubblica amministrazione e con l'articolo 5 interviene anche
in modo attivo per lo stimolo di una corretta e completa
informazione tanto sui benefìci quanto sui rischi delle
vaccinazioni, operando in tal modo secondo le direttive
informatrici della stessa legge di riforma sanitaria.
La salvaguardia della obiettività dell'informazione è poi
garantita dall'apposita commissione mista e interdisciplinare
prevista nell'articolo 6 e istituita presso il Ministero della
sanità.
Infine, l'articolo 7 detta indicazioni per assicurare la
pubblicità della nuova normativa, mentre l'articolo 8 dispone
in ordine alla regolamentazione delle situazioni in atto alla
data di entrata in vigore delle nuove disposizioni.