RELAZIONE - N. 2804 - 3175 - 3619-A




        Onorevoli Colleghi! - Il testo unificato del disegno di legge governativo n. 3619 e delle proposte di legge Labate ed altri n. 2804 e Giannotti ed altri n. 3175 si pone l'obiettivo di razionalizzare e riorganizzare, anche alla luce delle recenti disposizioni comunitarie in materia di IVA applicabile all'oro, il mercato dello stesso, prevedendo l'abolizione del relativo monopolio.
        Il monopolio dell'oro fu istituito per prevenire i potenziali effetti destabilizzanti sulla bilancia dei pagamenti derivanti dal procedimento di tesaurizzazione e successiva vendita del metallo. Il progressivo superamento della ratio iniziale del divieto di commercio dell'oro non ha impedito il permanere dei limiti imposti alla sua libera circolazione, probabilmente anche per evitare una distrazione della ricchezza nazionale da impieghi produttivi.
        Il delicato settore del mercato dell'oro assume una particolare rilevanza per l'Italia, che risulta uno dei principali produttori di oreficeria nel mondo, con l'utilizzazione del 20 per cento del quantitativo di oro greggio estratto dai paesi minerari. Il giro d'affari annuo dell'industria orafa italiana nel 1996 è stato di circa 11 mila miliardi, con esportazioni per 7 mila miliardi, corrispondenti alla quarta voce della bilancia commerciale. Il settore, tranne qualche grossa impresa, è un microcosmo di piccole imprese, per lo più concentrate nelle province di Vicenza, Arezzo e Alessandria.
        A fronte di tale realtà, in Italia vige, almeno formalmente (articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988), un regime di monopolio in favore dell'Ufficio italiano dei cambi, abilitato ad acquistare e a vendere oro. Il commercio dell'oro è sostanzialmente regolato da una procedura autorizzativa in base alla quale il Ministero del commercio con l'estero autorizza i residenti all'acquisto all'estero di oro grezzo per le sole finalità di produzione di beni in Italia e di vendita all'estero di oro grezzo. Ciò ha comportato e comporta anche l'esistenza di un mercato in "nero" dell'oro grezzo in Italia, come risulta evidente dalla non coincidenza, negli ultimi anni, tra la quantità di oro grezzo ufficialmente acquistata e affluita nel nostro Paese e la quantità di oro realmente lavorata per il mercato interno e per il mercato internazionale, con conseguenze negative anche dal punto di vista delle entrate fiscali.
        Il superamento di questa impostazione deriva non solo da esigenze di natura politica e finanziaria, bensì anche dalla necessità di ottemperare alle direttive comunitarie sulla libera circolazione delle merci. Ciò è di estrema importanza anche per quel settore vitale della nostra economia costituito dalle oreficerie e dalla lavorazione dell'oro. Con il sistema vigente, infatti, il mercato dell'acquisto dell'oro grezzo da parte degli operatori economici italiani conosce e sconta onerosi livelli di intermediazione di soggetti esteri, in primo luogo delle banche svizzere, che traggono grossi margini di profitto.
        In definitiva il mercato mondiale dell'oro è dominato da intermediari chiaramente individuabili; il superamento del regime monopolistico nel nostro Paese romperebbe tale struttura chiusa e aprirebbe ulteriori ambiti di iniziativa ai diversi soggetti economici, fermi restando gli obiettivi di lotta all'evasione fiscale ed al riciclaggio del danaro sporco (vedasi da ultimo il decreto legislativo n. 374 del 25 settembre 1999), all'interno delle esigenze fondamentali della trasparenza e della regolarità del mercato stesso.
La normativa nazionale vigente.

        Dal punto di vista normativo, il monopolio del commercio dell'oro (greggio) è, allo stato, attribuito all'Ufficio italiano dei cambi (UIC) in base all'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo luogotenenziale 17 maggio 1945, n. 331, e all'articolo 15 del testo unico delle norme in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.
        L'articolo 2 del citato decreto n. 331 del 1945 prevede, al terzo comma, che l'UIC abbia il monopolio del commercio dell'oro. A tal fine era addirittura previsto che l'UIC potesse proporre al Ministro per il tesoro norme sul commercio interno dell'oro, allo scopo di assicurare il monopolio dello stesso UIC sul commercio estero dell'oro. L'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988 dispone che l'UIC è istituzionalmente abilitato, secondo le attuali competenze, ad acquistare e a vendere oro. La Banca d'Italia, a sua volta, può liberamente negoziare oro greggio all'estero, nell'ambito della gestione delle riserve e con i limiti ad esse applicabili.
        Il vero e proprio commercio dell'oro è invece regolato dai commi 3 e successivi dello stesso articolo 15, in base ai quali il Ministro del commercio con l'estero autorizza i residenti, dandone comunicazione all'UIC, all'acquisto all'estero di oro greggio in lingotti, verghe, pani, polvere o rottami da destinare alla produzione di beni in Italia e alla vendita all'estero di oro greggio. I residenti, autorizzati ad acquistare all'estero e ad importare oro greggio, possono cederlo ad altri residenti quando i cessionari intendono utilizzarlo per la produzione di beni in Italia. I titolari autorizzati e i cessionari possono affidare in lavorazione ad altri residenti l'oro importato.
        L'attuale sistema, come si è detto, prevede quindi la necessità di provvedimenti autorizzativi per i residenti che vogliano acquistare oro all'estero per la produzione industriale e la rivendita all'estero. L'abolizione di tale monopolio si rende pertanto necessaria per adeguare la normativa italiana ai principi comunitari sulla libera circolazione delle merci (articoli 28 e seguenti del trattato CE, come modificato dal trattato di Amsterdam, entrato in vigore dal 1^ maggio 1999).

La normativa comunitaria.

        Il Trattato CEE fissava, all'articolo 67, il principio della libertà dei capitali, da attuarsi con gradualità e "nella misura necessaria al buon funzionamento del mercato comune". Il mercato dell'oro è rimasto escluso dai primi passi, risalenti ai primi anni '60, compiuti per l'eliminazione delle restrizioni ai movimenti di capitali. La seconda fase della liberalizzazione dei capitali si è aperta nella seconda metà degli anni '80 con lo scopo di sopprimere le restrizioni esistenti, di introdurre una clausola di salvaguardia per reintrodurre restrizioni in caso di grave pericolo per la politica monetaria e dei cambi di un Paese, di rafforzare il sostegno finanziario per i Paesi posti in difficoltà dalla liberalizzazione e di meglio coordinare la politica verso i Paesi terzi, con particolare riguardo agli scambi con il dollaro.
        Questi principi sono stati alla base della direttiva 88/361/CEE del 24 giugno 1988, che ha concluso il processo di liberalizzazione iniziato più di venti anni prima. La direttiva prevede la soppressione di tutte le restrizioni ai movimenti di capitali ed ha esteso la liberalizzazione alle operazioni di natura monetaria o "quasi monetaria". Dal 1^ gennaio 1994, il Capo 4 è stato integralmente sostituito. Si segnala soprattutto l'articolo 73-B (ora articolo 56, in seguito alle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam), il quale dispone in particolare che, "nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo", sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali fra Stati membri.
        Sul fronte della libertà di circolazione delle merci, si ricorda soprattutto l'articolo 28, che sancisce il divieto generale per gli Stati membri di restrizioni quantitative all'importazione e di qualsiasi misura di effetto equivalente.
        Sul versante della disciplina tributaria del mercato dell'oro occorre tener presente la direttiva 98/80/CE del Consiglio che completa il regime dell'IVA, con riferimento al commercio dell'oro. La direttiva prevede in particolare l'esenzione IVA dell'oro da investimento, e l'imponibilità ai fini IVA dell'oro ad uso industriale, con riferimento al quale si prevede peraltro la possibilità per gli Stati membri di applicare il meccanismo del cosiddetto reverse charge, che consente di assoggettare all'obbligo di versamento dell'imposta direttamente gli acquirenti del bene.

Contenuto dell'articolato.

        L'articolo 1 del provvedimento definisce, al comma 1, l'oro da investimento e l'oro ad uso industriale, secondo i principi definitori a livello comunitario. Il comma 2, in conseguenza della caduta del regime monopolistico e della liberalizzazione del mercato dell'oro, prevede l'obbligo di dichiarazione all'Ufficio italiano dei cambi di tutte le operazioni di acquisto del metallo pari o superiori a 20 milioni di lire, svolte sia per conto proprio, sia per conto terzi. Dall'obbligo di dichiarazione sono comunque escluse le operazioni effettuate dalla Banca d'Italia. Il suddetto tetto di 20 milioni deriva dalle attuali norme antiriciclaggio, e potrà essere aggiornato con decreto del ministro del tesoro, previa comunicazione alle competenti commissioni parlamentari.
        I commi 3 e 4 prevedono che l'esercizio in via professionale del commercio di oro, ad esclusione degli acquisti destinati alla lavorazione artigianale o industriale da parte dell'acquirente, sia svolto dalle banche o da altri soggetti, previa comunicazione all'UIC. Per quanto riguarda questi ultimi, è richiesta l'adozione della forma giuridica di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, ovvero società cooperativa con capitale non inferiore a quello minimo previsto per le s.p.a.; nell'oggetto sociale deve essere compreso il commercio d'oro e i partecipanti al capitale, gli amministratori e i dipendenti investiti di funzioni di direzione tecnica e commerciale, devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità previsti dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
        La verifica della sussistenza di tali requisiti è demandata, per gli intermediari diversi dalle banche, all'Ufficio italiano cambi, il quale fissa inoltre, coerentemente con gli standard in uso nei mercati internazionali, gli standard cui deve rispondere l'oro grezzo per avvalersi della qualifica di "buona consegna" nel mercato nazionale, attribuendo anche la relativa certificazione di idoneità alle aziende che ne facciano richiesta. Si prevede in tal modo un meccanismo inteso ad assicurare che l'oro grezzo che circola in Italia provenga da aziende in grado di garantire il rispetto di detti standard.
        Fatta eccezione per la Banca d'Italia, per l'UIC e per le banche, continuano ad applicarsi le vigenti leggi di pubblica sicurezza in materia di commercio di oro.
        L'articolo 2 riserva alle banche e agli intermediari abilitati all'effettuazione di servizi d'investimento, ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 58 del 1998, l'esercizio in via professionale di attività aventi ad oggetto operazioni finanziarie sull'oro, rappresentato o meno da titoli.
        L'articolo 3 disciplina i profili fiscali; tra i più rilevanti si ricorda il comma terzo lettera a) che esenta dall'IVA le cessioni di oro effettuate in relazione ad operazioni poste in essere dalla Banca d'Italia e dall'UIC, ai sensi del comma quinto dell'articolo quarto del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
        Attualmente la discplina IVA prevede che il cedente, nonostante realizzi un'operazione esente, mantenga il diritto a detrarsi l'imposta assolta a monte; il comma 5, lettera a), novella l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, limitando tale facoltà ai soli cedenti che producono oro da investimento o trasformano l'oro in oro da investimento. Nella lettera b) del medesimo comma, viene prevista una opzione per l'applicazione dell'imposta in luogo dell'esenzione secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997.
        Il comma 3 prevede l'estensione del regime di esenzione IVA a tutte le operazioni relative a strumenti finanziari, valute, metalli preziosi e merci, di cui ai punti c-quater) e c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 81 del testo unico delle imposte sui redditi.
        In relazione alla disciplina delle operazioni esenti vorrei segnalare anche come la VI Commissione abbia avviato nei giorni scorsi la discussione di una risoluzione diretta ad impegnare il Governo a riconoscere che le operazioni aventi ad oggetto oro greggio laminato sono esenti dall'IVA, ponendo così fine alle incertezze interpretative che si sono registrate sul punto. Il sottosegretario per le finanze aveva in quella sede annunciato l'intenzione del Governo di presentare a tal fine un emendamento al disegno di legge finanziaria. Non essendo stato possibile perseguire tale indirizzo, ritengo che l'Assemblea dovrà valutare l'opportunità di modificare in tal senso il testo della proposta di legge.
        Il comma 5 prevede la detraibilità dell'imposta assolta anche da parte di soggetti diversi da quelli citati nel comma 3, lettera a), limitatamente alle operazioni di acquisto di oro da investimento o destinato ad essere trasformato in oro da investimento, nonché per i servizi consistenti nella modifica di forma, peso, purezza.
        Il comma 7 introduce una diversa modalità di calcolo relativamente alla possibilità di richiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell'eccedenza di IVA assolta a monte modificando la lettera a) del comma 3 dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Nella determinazione del prevalente svolgimento di attività con operazioni soggette ad aliquote inferiori a quelle degli acquisti e importazioni, si prevede in particolare che debbano essere considerate anche le operazioni effettuate, a norma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
        Gli ultimi commi dell'articolo in esame stabiliscono inoltre nuove regole documentali nel caso di importazione.
        Per quanto riguarda il regime delle sanzioni, l'articolo 4 prevede per chi commercia oro senza averlo comunicato all'UIC, ovvero senza averne i requisiti, così come per l'esercizio abusivo di attività finanziaria, bancaria e mobiliare, l'arresto da 6 mesi a 4 anni e la multa da 4 a 20 milioni. Coloro che violano l'obbligo di comunicazione all'UIC di operazioni, anche a titolo gratuito, superiori ai 20 milioni, sono soggetti ad una sanzione pecuniaria compresa tra il 10 per cento ed il 40 per cento del valore negoziato. Ad essi si applicano le disposizioni del Testo unico delle norme in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988.
        L'articolo 5, recante le disposizioni transitorie e finali, prevede, infine, che i soggetti interessati debbano adeguarsi alle norme previste entro un anno dalla sua entrata in vigore. Fanno eccezione i soggetti autorizzati da almeno 5 anni dal Ministero del commercio con l'estero al commercio dell'oro e che dimostrino di aver utilizzato l'autorizzazione per un movimento di mercato annuo di almeno 30 chilogrammi.
        Da ultimo, si ricorda che il provvedimento di legge non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, se non una perdita di gettito di irrilevante entità, cosi come rilevato anche da una nota tecnica del Ministero delle finanze presentata alla Commissione Bilancio in sede di espressione del parere di relativa di competenza.
        In conclusione, auspico che il provvedimento possa essere approvato definitivamente in tempi rapidi, al fine di dotare il nostro Paese di una regolamentazione del mercato dell'oro, coerente con gli indirizzi in materia stabiliti dall'ordinamento comunitario e funzionale ad uno sviluppo del settore.

Gabriella PISTONE, relatore.




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