Doc. IV-quater, n. 98





Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità concernente il deputato Vittorio SGARBI con riferimento ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il Tribunale di Brescia (n. 50/99 R.G. Trib.).
I capi di imputazione contestati sono due e riguardano entrambi l'ipotesi di reato di diffamazione col mezzo della stampa.

Il primo (A) così recita:
«perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e avvalendosi del mezzo della stampa, rilasciando dichiarazioni ai giornalisti - riportate dai Quotidiani di cui appresso - con riferimento ad un comunicato diffuso dalle persone offese, ledeva la reputazione dei Magistrati A. Di Pietro, P. Davigo, F. Greco e Gherardo Colombo, sostituti Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Milano, affermando:
1) "sono criminali, se ne vadano pure. Nessuno li rimpiangerà" - dichiarazioni pubblicate dal quotidiano "L'Indipendente" del 15/7/1994, nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi, sono criminali se ne vadano";
2) "Di Pietro, Colombo, Davigo e gli altri sono degli assassini che hanno fatto morire della gente ed è giusto quindi che se ne vadano (...) Vadano anzi in chiesa a pregare per tutta quella gente che hanno fatto morire. Moroni Gardini e Cicogna: hanno tutte queste croci sulle loro coscienze (...) Ringrazino Iddio che con questo decreto eviteranno loro stessi il carcere per tutti gli assassinii che hanno commesso" - dichiarazioni pubblicate dal quotidiano "L'Unità" del 15/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi insulta i magistrati milanesi" sono "assassini, nessuno li rimpiangerà".

Con l'aggravante di aver commesso il fatto ai danni di Magistrati, pubblici ufficiali. Il 15/7/1994, nei luoghi di stampa dei citati quotidiani».

Il secondo (B) così recita:
«perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e avvalendosi del mezzo della stampa, rilasciando dichiarazioni ai giornalisti - con riferimento al comunicato diffuso dalle persone offese ed alle affermazioni fatte di cui al capo che precede pubblicate sui quotidiani di cui appresso - ledeva la reputazione dei Magistrati. A. Di Pietro, P. Davigo, F. Greco, e Gherardo Colombo, sostituti Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Milano, affermando:
1) "non intendo cambiare neppure il tono, il senso della mia frase .... non intendo dire che era un'altra cosa, che mi riferivo alla questione morale: Ho detto assassini e lo confermo ... dico morte a Di Pietro quando Di Pietro porta morte" - dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "Il Corriere della Sera" del 19/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi: l'ho osannato più volte ma ora dico \`morte a Di Pietro'";
2) "vengano sottoposti a provvedimenti disciplinari ed arrestati" dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "La Repubblica" del 16/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi querelato dal Pool";
3) "sono un'associazione a delinquere con libertà di uccidere ... vanno arrestati e processati" dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "Il Giorno" del 16/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi querelato dal Pool per quel \`sono assassini'";
4) "I giudici del Pool Mani Pulite di Milano vanno processati ed arrestati: Sono un'associazione a delinquere con libertà di uccidere che mira al sovvertimento dell'ordine democratico" - dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "La Stampa" del 16/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi querelato per l'"assassini";
5) "assassini certo, in quanto corresponsabili dei suicidi di gente come Moroni, Cagliari, Gardini" - dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "Il Giorno" del 18/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi: è una contromisura al protagonismo di alcuni giudici";
6) "A morte Di Pietro ... i giudici sono responsabili di quei suicidi e quindi sono assassini. Io non recedo di una virgola da questa cosa. Sono fermissimo"
- dichiarazioni pubblicate sul quotidiano "L'Unità" del 17/7/1994 nel corpo dell'articolo dal titolo "Sgarbi contestato alza il tiro: a morte Di Pietro";

Con l'aggravante di aver commesso il fatto ai danni di Magistrati, pubblici ufficiali. Il 16, 17, 18 e 19 luglio 1994, nei luoghi di stampa di citati quotidiani.»

Va detto fin d'ora che tanto la Giunta quanto l'Assemblea si sono già occupate dei fatti oggetto del procedimento in questione e della presente relazione. L'Assemblea ha deliberato nel senso dell'insindacabilità nella seduta del 10 giugno 1998.
Per intendere compiutamente il significato della odierna proposta di deliberazione della Giunta occorre ripercorrere brevemente gli antefatti processuali e parlamentari della medesima.
Con lettera pervenuta in data 15 ottobre 1999, che richiamava una sua precedente missiva del 21 gennaio 1999, l'onorevole Vittorio SGARBI ha informato la Presidenza che nell'ambito di un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il Tribunale di Brescia (su querela degli allora pubblici ministeri di Milano dottori Di Pietro, Davigo, Greco e Colombo, per una serie di sue dichiarazioni pubblicate dai giornali quotidiani all'indomani del «decreto Biondi» il giudice per le indagini preliminari lo ha rinviato a giudizio malgrado la Camera, con deliberazione del 10 giugno 1998, avesse deliberato l'insindacabilità delle sue opinioni.
L'onorevole Sgarbi chiedeva che, conformemente alla prassi, prima di proporre eventualmente l'elevazione di un conflitto di attribuzione, il Presidente della Camera invitasse il Presidente dell'organo giudicante a prendere atto delle conseguenze che derivano in termini costituzionali dalla deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera. In base all'esame dei documenti processuali trasmessi dall'onorevole Sgarbi si è tuttavia prospettata una questione preliminare di natura interpretativa.
Gli atti del procedimento furono inviati a suo tempo dal Tribunale di Brescia, presso il quale il provvedimento pendeva già nella fase dibattimentale. Il capo di imputazione contenuto nel decreto di rinvio a giudizio a suo tempo formulato dal pubblico ministero faceva riferimento a dichiarazioni (dello stesso tenore di quelle dei capi di imputazione sopra riportati) rilasciate ad alcuni quotidiani (corsivo nostro).
Con una successiva ordinanza (dal cui testo non è possibile ricavare la data) il Tribunale ha avuto modo di rilevare che, contrariamente a quanto riportato nel capo di imputazione originario, le frasi riportate sui giornali traevano spunto non da una intervista ai predetti giornali ma piuttosto «da dispacci d'agenzia e da affermazioni rese nel corso di una trasmissione televisiva». Sulla base di tali constatazioni il Tribunale rilevava pertanto «l'assoluta diversità del fatto contestato sotto il profilo essenziale della condotta» e pertanto disponeva la restituzione degli atti al pubblico ministero.
Riformulato il capo di imputazione (e intervenuta la delibera della Camera: dai documenti pervenuti presso questo ramo del Parlamento non è possibile individuare compiutamente la sequenza temporale) il GIP ha, come si è detto, disposto un nuovo rinvio a giudizio, in quanto «venuta meno la causa di procedibilità prevista da un decreto decaduto prima della riformulazione del capo di imputazione per un fatto diverso, diversità del resto dichiarata dal Tribunale di Brescia».
Nel decreto di rinvio a giudizio il GIP sembra pertanto prospettare due distinti argomenti: la decadenza dei decreti-legge che hanno regolato la materia e il mutamento del capo di imputazione. Mentre il primo argomento appare senz'altro privo di pregio alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, non è escluso che, anche eventualmente in sede di conflitto di attribuzione, la seconda questione possa essere ritenuta rilevante.
Investita della questione da parte del Presidente della Camera, la Giunta, nella seduta del 27 ottobre 1999 ha concordato all'unanimità nel ritenere che, alla luce della nuova ricostruzione dei fatti operata dall'autorità giudiziaria, fosse necessario procedere ad una nuova deliberazione della Giunta e poi dell'Assemblea sul complesso dei fatti oggetto del procedimento.
La Giunta ha pertanto esaminato la questione nel merito nella seduta del 17 novembre 1999.
Premesso che, come si è detto sopra, il mutamento del capo di imputazione ha comportato un mutamento nella ricostruzione del fatto e, quindi un mutamento nell'oggetto della deliberazione della Camera, tale da giustificare una nuova deliberazione sul punto, la Giunta ha tuttavia ritenuto, per evidenti ragioni di coerenza sostanziale, di non riesaminare ex novo il fatto nel suo complesso, ma di limitarsi a valutare se i nuovi elementi contenuti nel capo di imputazione potessero incidere sul merito della deliberazione già adottata dalla Camera. Tale valutazione è stata negativa poiché, infatti, secondo la costante giurisprudenza dell'Assemblea, non incide sulla qualificazione di opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari il fatto che le opinioni medesime siano state rese a dei quotidiani o ad agenzie di stampa ovvero espresse nel corso di trasmissioni televisive.
I fatti oggetto del procedimento devono farsi risalire al dibattito politico-parlamentare che era in corso all'epoca. Non va dimenticato, peraltro, che le dichiarazioni dell'onorevole Sgarbi si riferivano al contenuto di un decreto-legge (sia pure in un momento successivo ritirato dal Governo), atto che in re ipsa è sottoposto all'attenzione del Parlamento e dei singoli parlamentari.

Per il complesso delle ragioni sopra evidenziate la Giunta, a larga maggioranza, propone di riferire all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

Filippo BERSELLI, Relatore.


Frontespizio