All'Onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Roma, 12 dicembre 1997.
Oggetto: Richiesta di autorizzazione a norma dell'articolo 68 della Costituzione nei confronti di un membro del Parlamento della Repubblica (onorevole Cesare Previti).
Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano ha inviato l'allegata richiesta di «misura cautelare della custodia in carcere» (rectius: di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere) nei confronti di un membro del Parlamento della Repubblica (v. richiesta 11 dicembre 1997, pervenuta il 12 dicembre 1997 ore 09.38).
Per quanto di competenza, trasmetto pertanto sia la predetta richiesta sia l'ordinanza, in duplice esemplare, 11 dicembre 1997 del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, con indice in unico originale degli allegati e gli allegati stessi costituiti da numero 12 faldoni sigillati dall'ufficio richiedente.
L'ordinanza risulta emessa nei confronti dell'onorevole Cesare Previti (nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934) e contenuta, insieme all'indice degli allegati, in apposito plico a me diretto (v. fax 11 dicembre 1997 pervenuto il 12 dicembre 1997 ore 09.37).
N. 9520/95/21 R.G. notizie di reato
N. 1029/96 R.G G.I.P.
ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURA CAUTELARE
(articoli 272 e seguenti, 282 del codice di procedura penale)
Il Giudice, Dottor Alessandro Rossato
esaminata la richiesta depositata in data 29 settembre 1997 dai Pubblici Ministeri Dott.ri Piercamillo Davigo, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Francesco Greco, per l'applicazione della misura cautelare personale della custodia in carcere nel procedimento indicato in epigrafe nei confronti di:
Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il 21 ottobre 1934,
in ordine:
A) al reato di cui agli articoli 81, 110, 321, in relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri pubblici ufficiali, unitamente ad Attilio Pacifico o comunque in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto, e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità, probità e indipendenza.
In Milano e altrove sino al 1989.
B) del reato previsto e punito dagli articoli 81-110, 112 n. 1, 321 in relazione agli articoli 319 e 319-ter c.p. perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni, PACIFICO Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità indicata al capo precedente), VERDE Filippo - nella sua qualità prima di magistrato con funzioni giudicanti presso le sezioni civili del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia - ROVELLI Nino e con i suoi eredi BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice, nonché in concorso con altri magistrati appartenenti al distretto di Corte d'Appello di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio appartenenti all'amministrazione giudiziaria, intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE - tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed i pubblici ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i loro doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi di giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. - procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e passato in giudicato a seguito della dichiarazione d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
In particolare, tra gli altri:
VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della controversia IMI/Rovelli, in data 31 ottobre 1986, decideva ed induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr. MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma, componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno - di partecipare al predetto giudizio ed in particolare all'udienza del 4 aprile 1989, organizzava per lo stesso giorno pretestuosamente una inutile riunione presso il Ministero di Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni di edilizia giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione ed imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione, violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto occuparsi della questione della improcedibilità - che il Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un appunto, indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e che nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità del ricorso IMI;
SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv. Francesco BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a 500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio giudicante della Corte di Cassazione, per indurlo a violare l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
a) Pacifico FRS 28.850.000 presso:
1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire 11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21 marzo 1994;
2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta 31 marzo 1994;
3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.812.040.000), S.B.S. Lugano, a favore di Veteri Anstalt, valuta 07 aprile 1994;
4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.724.740.000), Verwaltungs und PrivatBank Vaduz, a favore di CODAVA Est., valuta 13 maggio 1994;
5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto Pavone, valuta del 24 giugno 1994;
b) Previti, FRS 18.000.000 (pari a lire 21.019.140.000), SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif. Filippo, valuta del 21 marzo 1994;
c) Acampora FRS 10.850.000:
1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta 24 giugno 1994;
2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto SWLAMA, valuta 24 giugno 1994;
3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto BLAWOR, valuta 24 giugno 1994;
4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.085.04, valuta 24 giugno 1994;
5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.088.09, valuta 24 giugno 1994;
e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire 66.789.541.000.
Reato aggravato dal numero delle persone superiore a cinque.
Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal 1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo, Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno fino al 1994.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano chiede l'emissione di provvedimento applicativo della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di PREVITI CESARE, per le ipotesi di reato contestate in rubrica (concorso in corruzione e concorso in corruzione in atti giudiziari).
In precedenza lo stesso Ufficio aveva chiesto al Parlamento l'autorizzazione a procedere contro PREVITI, parlamentare eletto alla Camera dei Deputati del Parlamento della Repubblica.
Sulla richiesta la Camera dei Deputati aveva deliberato l'inammissibilità di un ricorso diretto da parte del Pubblico ministero e restituito gli atti all'ufficio richiedente.
La richiesta ulteriore del Pubblico Ministero che qui si esamina è solo in parte la ripetizione della richiesta inviata al Parlamento: contiene, infatti, nuovi elementi di valutazione, essendo stata nel frattempo compiuta ulteriore attività processuale.
Particolarmente significativa l'audizione dello stesso on.le PREVITI il giorno 23 settembre 1997 davanti al Pubblico Ministero.
Anche dopo il deposito in cancelleria della richiesta è stata compiuta attività d'indagine ed il Pubblico Ministero ha prodotto la documentazione dei risultati delle proprie attività.
Si possono anticipare, in maniera sintetica, ai fini di una più agevole lettura del provvedimento, gli esiti della valutazione compiuta sulla richiesta del Pubblico Ministero, sulla documentazione allegata e sui contenuti delle difese di PREVITI.
A carico di CESARE PREVITI, ad avviso di questo giudice, vi sono gravi indizi di colpevolezza della commissione di entrambe le fattispecie di reato contestate.
Vi sono anche due specifiche esigenze cautelari: primaria è l'esigenza di tutela dalla concreta ed elevata probabilità di alterazione delle fonti di prova; vi è anche, con un livello di probabilità minore ma pur sempre significativo, il pericolo di reiterazione di condotte criminose. È, invece, altamente improbabile il pericolo di fuga.
Gli indici di colpevolezza sono ricavabili dai seguenti elementi:
per la prima vicenda in esame:
dalle dichiarazioni della teste ARIOSTO STEFANIA;
dagli elementi di riscontro da lei stessa provenienti e provenienti da altre fonti;
dalla non sostenibilità processuale di un quadro calunniatorio in danno di PREVITI costruito dalla donna o orchestrato da altri;
dagli accertamenti compiuti dallo S.C.O. (Servizio centrale Operativo della Polizia di Stato), confermativi del complesso di dichiarazioni rese dalla donna;
dalle indagini compiute dall'ufficio del Pubblico Ministero;
dagli esiti (ancora parziali) delle rogatorie esperite all'estero;
dalla non contraddizione con gli esiti del procedimento nei riguardi di altri magistrati (archiviazioni);
per la seconda vicenda in esame:
dalle dichiarazioni degli eredi di Nino Rovelli;
dal pagamento da parte di costoro di una rilevante somma di denaro priva di un sottostante rapporto negoziale lecito e verificabile;
dalla descrizione della vicenda processuale in sede civile nella causa IMI-ROVELLI (SIR);
dagli elementi di interferenza sulla regolarità della vicenda processuale emersi nel corso delle indagini;
dalla verifica dell'anomala frequenza di rapporti tra gli indagati in coincidenza con le fasi determinanti della vicenda processuale;
dagli esiti (ancora parziali) delle rogatorie esperite all'estero;
dalla verifica delle dichiarazioni di PREVITI con esiti contrari a quelli prospettati dallo stesso indagato con l'emergere di ulteriori elementi a carico.
Le esigenze cautelari sono ricavabili dai seguenti indici:
attività volta a scoprire l'esistenza del presente procedimento;
accertamento negativo sulle dichiarazioni di PREVITI in merito alla persona che lo informò dell'esistenza del procedimento;
condotte volte a eliminare ab origine le tracce della propria attività (intestazione di telefoni a terze persone; utilizzazione di terze persone per operazioni bancarie e per fittizie intestazioni di quote azionarie; ritiro totale di documentazione bancaria nel periodo delle indagini);
modalità commissive dei fatti addebitati;
natura dei fatti addebitati e protrazione nel tempo delle condotte;
rilevanza delle vicende in esame.
Si svolgeranno di seguito le valutazioni analitiche delle prospettazioni del pubblico ministero e della difesa di PREVITI.
A) PRIMO CAPO D'IMPUTAZIONE PRELIMINARE.
A) al reato di cui agli articoli 81, 110, 321, in relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri pubblici ufficiali unitamente ad Attilio Pacifico o comunque in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto, e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità, probità e indipendenza.
In Milano e altrove sino al 1989.
a) l'ipotesi d'accusa.
La notizia di reato ha origine dalle dichiarazioni resa da ARIOSTO STEFANIA al Pubblico Ministero nel corso di numerose audizioni e sottoposte a verifica - e sostanzialmente confermate dalla teste - nel corso dell'incidente probatorio effettuato davanti a questo stesso Giudice per le Indagini Preliminari nei giorni 24, 25, 30, 31 maggio e 1o giugno l996.
In sintesi la donna ha raccontato quanto segue.
Aveva appreso da CESARE PREVITI che, a metà degli anni '80, Silvio BERLUSCONI, avvalendosi della collaborazione di PREVITI e dell'avvocato PACIFICO, aveva a «libro paga» una serie di magistrati romani per ottenerne favori di vario genere attinenti le loro funzioni.
Tra questi, in particolare il dottor Renato SQUILLANTE (all'epoca dei fatti Consigliere Istruttore Aggiunto presso l'Ufficio Istruzione di Roma) fungeva da «collettore» (e cioè era colui il quale riceveva per sé e per altri denaro che poi ridistribuiva); la donna indicava, poi, nell'avvocato ATTILIO PACIFICO la persona che, sempre su incarico di PREVITI e BERLUSCONI, manteneva i contatti con i pubblici ufficiali.
Precisava di aver assistito personalmente, in due occasioni (negli anni 1988-1989) a dazioni di denaro a Renato SQUILLANTE.
La prima, nel corso di una cena organizzata a casa PREVITI, quando questi abitava in Roma in via Cicerone (con la cena si festeggiava un'importante vittoria giudiziaria e nel corso della riunione conviviale vi fu una conversazione telefonica per rallegrarsi con Berlusconi - si veda il verbale di informazioni in data 28 luglio 1995).
La seconda volta in occasione di una partita di calcetto svoltasi al Circolo Canottieri Lazio.
La Ariosto precisava che era abitudine di PREVITI, per mantenere e consolidare i rapporti con i magistrati, organizzare dei ricevimenti a casa sua, ai quali partecipavano assiduamente sia Renato Squillante che Attilio Pacifico.
Sempre a proposito dei contatti con magistrati, riferiva di un viaggio organizzato in America dalla NIAF per la premiazione di Bettino Craxi come «uomo dell'anno 1988». I magistrati che vi parteciparono viaggiarono e soggiornarono gratuitamente, nel senso che le spese di viaggio aereo furono sostenute da PREVITI e quelle dell'albergo dalla NIAF. A riscontro di ciò la ARIOSTO esibiva le fotografie fatte il 21 e 22 ottobre 1988 durante la permanenza in America: a New York, la sera del 21, in occasione della cena di compleanno organizzata a casa PREVITI e il giorno dopo a Washington nel corso della premiazione.
Ricordava, ancora, la ARIOSTO che presso EFIBANCA PREVITI aveva a disposizione un fondo illimitato per la sua opera corruttiva.
b) la difesa di PREVITI.
Va subito detto che PREVITI e i suoi difensori hanno fermamente contestato le dichiarazioni della ARIOSTO, fin dai primi momenti dello svolgimento dell'incidente probatorio e da ultimo con memoria depositata il 3 ottobre 1997.
PREVITI in proposito sostiene di essere vittima di una calunnia, a suo dire dimostrata documentalmente; altri difensori, nel corso dell'incidente probatorio hanno fatto balenare la prospettiva di un'operazione orchestrata da altri.
Afferma, in particolare, l'indagato che la donna non ha mai neppure messo piede nei luoghi (appartamento di via Cicerone e Circolo Canottieri Lazio) nei quali sarebbero avvenute le dazioni di denaro a Squillante.
Per questo egli può far leva su alcune vistose incertezze della teste nella parte finale dell'incidente probatorio. Su specifica domanda di questo stesso giudice, infatti, la donna non ha saputo descrivere l'appartamento di via Cicerone (eppure, a detta di PREVITI, vi era esposta in bella mostra una statua di Venere di particolare pregio, cosa che non sarebbe dovuta sfuggire ad una persona dalla memoria iconica come l'Ariosto che per di più ha gestito un negozio di antiquariato); PREVITI ha poi prodotto documentazione per dimostrare che negli anni in cui sarebbe avvenuta la dazione di denaro egli aveva già trasferito il proprio appartamento in via Farnese.
In merito alle presenze al Circolo Canottieri Lazio la donna ha ammesso di esservi stata solo due volte (e ciononostante ha affermato che molti magistrati frequentavano il circolo, affermazione che presupporrebbe una più intensa frequentazione da parte della signora, come è stato contestato nell'incidente probatorio).
L'indagato nega radicalmente anche questa frequentazione e con pari vigore nega che la moglie possa mai aver tenuto tra le mani la busta che secondo il racconto della Ariosto conteneva il denaro.
PREVITI contesta inoltre l'esistenza del fondo presso EFIBANCA di cui ha parlato la donna, essendo incompatibile l'esistenza di un tale fondo con la natura dell'Istituto.
c) le valutazioni sul complesso degli elementi indiziari.
Vi è da prendere atto delle contestazioni di PREVITI e delle incertezze della ARIOSTO.
Vi è però anche da osservare che le indagini svolte hanno portato ad autonome verifiche della veridicità delle affermazioni della donna.
In primo luogo è da tener presente che la stessa ARIOSTO ha depositato numerose fotografie e documentazione che attestano l'esistenza di rapporti di amicizia tra lei e PREVITI (e che spiegano come la donna possa aver ricevuto delle confidenze come quelle riferite) ed altre fotografie che rappresentano, in particolare, la cena negli USA in occasione della premiazione di Craxi e che riprendono PREVITI, SQUILLANTE, PACIFICO ed altri magistrati.
Per il viaggio in America in occasione della premiazione di Bettino Craxi quale «uomo dell'anno 1988», specifici accertamenti venivano richiesti, dal P.M. procedente, al CUSTOM SERVICE (servizio doganale USA), per accertare la presenze sul suolo americano per quei giorni delle persone sottoposte ad indagini.
L'esito è stato positivo, essendo risultata la presenza di PREVITI, di PACIFICO e di SQUILLANTE e di numerosi altri soggetti, fra cui magistrati.
Lo stesso Cesare PREVITI ha fornito un indiretto riscontro della veridicità delle dichiarazioni della ARIOSTO: la donna ha infatti ricordato che era intenzione dell'On.le Craxi «creare una lobby di magistrati»; circostanza fermamente contestata.
Nel corso dell'interrogatorio in data 23 settembre 1997 PREVITI ha dichiarato: «mi sono occupato dell'organizzazione di questo viaggio, io credo che il... l'onere della spesa lo abbia in principio sostenuto per molti di questi magistrati il Partito Socialista... l'ho pagato io ma con denaro del partito socialista».
A domanda del P.M. se avesse staccato un assegno da un suo conto corrente, e alla precisazione dell'altro P.M. interrogante che tutto ciò era ricostruito documentalmente, PREVITI risponde: «è probabile che ho avuto il contante dal partito socialista... sostanzialmente queste persone erano invitate dal Partito Socialista, perché in questa occasione NIAF veniva festeggiato CRAXI, e della cosa si è occupato prevalentemente Squillante... essendo io in dimestichezza con gli Stati Uniti... ho organizzato io questo viaggio e il denaro per l'operazione è venuto dal partito socialista, in parte poi alcuni hanno ritenuto di rimborsare, altri invece non hanno rimborsato».
Se si verificano queste dichiarazioni di PREVITI con quelle rese dalla ARIOSTO si nota una piena coincidenza sul piano sostanziale, posto che effettivamente pagò PREVITI, ma le spese rimasero a carico del partito dell'On.le Craxi. Non ha importanza, ai fini di questo provvedimento, la ragione per la quale il partito dell'on.le Craxi ritenne di dover pagare un viaggio a dei magistrati, né vi è nulla da osservare in questa sede sull'intenzione dell'on.le Craxi riferita dalla Ariosto.
Quel che rileva in questo momento è che sul viaggio NIAF la ARIOSTO ha raccontato quello di cui era a conoscenza e che corrispondeva alla realtà degli accadimenti. La ARIOSTO non conosceva la realtà sottostante (rimborsi a PREVITI) e non l'ha quindi narrata.
Il suo racconto è quindi veritiero e riscontrato dallo stesso avv. PREVITI e ciò non può non essere preso in considerazione per valutare la complessiva attendibilità della donna.
Sulle cene a casa PREVITI, riscontri indiretti al racconto della ARIOSTO sono venuti dalle deposizioni di Giorgio Casoli (già sindaco di Perugia, Senatore della Repubblica, sottosegretario, oltre che, in precedenza, magistrato).
Sentito quale persona informata sui fatti (le sue generalità venivano indicate come DELTA nella richiesta di custodia cautelare nei riguardi di Squillante e Pacifico), in data 10 febbraio 1996, innanzitutto confermava di essere stato uno dei magistrati presenti in America alla manifestazione più volte citata, di non aver pagato la trasferta aerea così come pure di non aver pagato il soggiorno, di non ricordare a distanza di tempo chi si fosse fatto carico delle relative spese, che nel suo caso sarebbero state comunque pagate dalla NIAF.
Ammetteva, inoltre, di aver frequentato casa PREVITI, partecipando a cocktail serali.
Ricordava la presenza di altri magistrati tra cui indicava SQUILLANTE, e alla richiesta di confermare le dichiarazioni della ARIOSTO circa le due dazioni di denaro fatte a SQUILLANTE, circostanze che la teste gli aveva confidato in tempi non sospetti, escludeva inizialmente di essere stato messo a parte di simili confidenze.
In data 5 marzo 1996, alla contestazione, non solo ammetteva di essere stato informato dalla Ariosto della collaborazione con l'Autorità Giudiziaria milanese con particolare riferimento ai rapporti tra Cesare Previti ed alcuni magistrati romani ed in particolare con Renato Squillante, ma aggiungeva anche:
«La Ariosto effettivamente mi accennò ad una o più dazioni di denaro effettuate da Previti a Squillante. Ciò accadde in epoca che ho difficoltà a collocare con precisione, alcuni anni fa...».
Ma v'è di più: lo stesso Casoli ha dichiarato di aver conosciuto PREVITI nel 1983-1984 e di essere stato ospite della sua casa di via Cicerone constatando in più occasioni che era frequentata da magistrati, tra i quali citava SQUILLANTE e VERDE, ed altri; di aver avuto frequentazioni più intense nel periodo in cui era stato eletto senatore (e quindi, ricostruendo le dichiarazioni, dopo il 1987) e di aver diradato le sue frequentazioni intorno al 1989-1990. Proprio nell'epoca in cui era senatore, la Ariosto gli aveva riferito di più dazioni di denaro effettuate da PREVITI a SQUILLANTE.
Nuovamente sentito di recente (25 settembre 1997), Casoli ricorda di essere stato contattato dai difensori di CESARE PREVITI dopo l'arresto di Renato Squillante (i difensori gli chiesero se era disposto a rilasciare una dichiarazione ex articolo 38 sul numero delle volte che, insieme a lui, la ARIOSTO era andata a casa PREVITI) e di aver riferito che aveva memoria di almeno due occasioni in cui insieme a STEFANIA ARIOSTO era stato a casa di PREVITI (in una delle due occasioni erano stati poi a cena in un ristorante).
Ulteriore riscontro delle affermazioni rese dalla signora ARIOSTO è stato fornito da altra persona informata sui fatti indicata come SIGMA nella richiesta di misura cautelare del 9 marzo 1996 e poi svelata essere l'avvocato VITTORIO DOTTI.
Egli ha affermato di essere stato informato dalla signora alcuni anni orsono (e quindi in epoca assolutamente non sospetta) di corresponsione di denaro da PREVITI a SQUILLANTE e che la ARIOSTO (con la quale a partire dal settembre 1988 iniziò una frequentazione intensa) lo aveva altresì informato della sua decisione di rendere noti i fatti all'autorità giudiziaria. Precisava anche che i fatti segnalatigli erano comunque precedenti alla frequentazione con la donna (e quindi sono da ascrivere ad epoca antecedente al settembre 1988).
In tale occasione egli la ammoni sulla responsabilità che si assumeva, ma essa gli ribadì che quei fatti erano veri.
Sull'episodio riguardante la dazione di denaro nell'appartamento di via Cicerone, posto che una prova assolutamente inconfutabile è confinata nell'ambito personale delle posizioni PREVITI-SQUILLANTE-PACIFICO-ARIOSTO, e delle dichiarazioni da questi rese (non essendovi stati altri testimoni alla scena), non si può che prendere atto che a livello indiziario le affermazioni della ARIOSTO (la quale porta ben altra responsabilità delle proprie affermazioni rispetto alla responsabilità degli indagati per affermazioni contrarie) non sono contraddette dal quadro indiziario accertato nel corso delle indagini ed anzi una sua presenza a casa PREVITI è attestata, in almeno due occasioni, da Casoli.
Questo non rende spiegabile il motivo per cui la donna non riesca a ricordare alcun particolare di casa Previti, ma non conferma neppure l'affermazione radicalmente contraria secondo cui la signora non avrebbe mai messo piede nella casa.
Che casa PREVITI fosse frequentata da magistrati, tra i quali Squillante, è poi attestato da Casoli.
Altro punto in contestazione sono i rapporti con EFIBANCA.
Secondo la ARIOSTO nell'istituto di credito PREVITI aveva a disposizione somme illimitate per alimentare la corruzione di cui si parla.
La circostanza è contestata, facendosi rilevare che EFIBANCA è un istituto di credito a medio termine presso cui non esistono gli ordinari rapporti negoziali con privati, d'uso nelle altre banche.
Una frequentazione di EFIBANCA da parte di PREVITI non è contestata, ed anzi è lo stesso PREVITI a ricordare che egli era legale dell'istituto e quindi ben introdotto con la dirigenza: i rapporti con la dirigenza (dott. Lai, Bertini, Nardi) vengono confermati anche da dipendenti dell'istituto (si vedano le informazioni assunte il 22 maggio 1996) oltre che dagli stessi Lai, Bertini e Nardi, i quali ricordano anche che PREVITI presentò loro la ARIOSTO caldeggiando un finanziamento per la costruzione di un campo da golf, finanziamento che non venne accordato.
Dalle dichiarazioni del dott. Gigante si apprende che, per quanto a sua conoscenza, tra i sottoscrittori di certificati di deposito e di obbligazioni dell'istituto non vi erano magistrati.
Tutte le persone dell'ambiente di EFIBANCA hanno negato di aver conosciuto l'avv. Pacifico, o Squillante, o l'avv. Acampora.
Sono, per contro, accertati, rapporti negoziali tra EFIBANCA e società del gruppo imprenditoriale-finanziario milanese citato nel capo d'imputazione preliminare, risalenti nel tempo (anno 1982).
Conclusivamente sul punto non vi è né una totale conferma delle dichiarazioni della ARIOSTO, (non confermata è l'esistenza di un fondo presso EFIBANCA destinato alla corruzione di magistrati), né però una totale smentita.
In merito alla vicenda svoltasi alla Canottieri Lazio PREVITI si dice sicuro di poter dimostrare che la ARIOSTO non frequentò mai il circolo, neppure in una singola occasione, ed ha prodotto copiosissima documentazione con numerose dichiarazioni di persone legate al circolo a dimostrazione della sua affermazione.
La signora PREVITI nega altrettanto radicalmente di essere stata protagonista dell'episodio citato dalla Ariosto (lei stessa avrebbe tenuto tra le mani una busta contenente denaro destinato a magistrati).
Sul punto non rimane che registrare il divario tra le affermazioni dell'Ariosto e le tesi difensive.
Non si può però sottacere che le indagini hanno portato a trovare conferme del complessivo quadro descritto dalla donna.
In particolare va considerato di notevole significato l'introduzione nella vicenda di un personaggio del tutto sconosciuto alle cronache, l'avvocato ATTILIO PACIFICO.
Si può dire che il contributo più significativo recato dalla ARIOSTO, dopo lo svelamento della natura dei rapporti PREVITI-SQUILLANTE sia stato proprio il far emergere il ruolo dell'avvocato PACIFICO e la natura dei rapporti PACIFICO-SQUILLANTE-PREVITI.
Le indagini svolte dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato hanno permesso di accertare una quotidiana frequentazione tra Renato Squillante e Attilio Pacifico.
Numerosi servizi di pedinamento e di intercettazione (documentati in atti) hanno dimostrato la frequenza e il contenuto dei rapporti tra i due.
Se all'inizio delle indagini poteva ipotizzarsi una chiave di lettura di tali rapporti nella direzione di una lecita e non censurabile frequentazione (si rilevava anche che l'avv. Pacifico era un civilista, mentre il dott. Squillante si occupava esclusivamente del settore penale prima all'Ufficio Istruzione e poi all'Ufficio G.I.P. di Roma), così che la chiave privilegiata di lettura alternativa era costituita dalle dichiarazioni della Ariosto, le successive indagini hanno portato ad una lettura tutt'altro che lecita dei rapporti tra Pacifico e Squillante e quindi ad una conferma integrale del quadro delineato dalla ARIOSTO.
Vengono in particolare rilievo gli esiti delle rogatorie estere sui conti correnti (conti dei quali Squillante ha significativamente negato di aver la disponibilità nel corso del suo primo interrogatorio).
Per ciò che riguarda l'ipotesi di reato in contestazione, sarà sufficiente osservare che nel periodo in considerazione SQUILLANTE ha ricevuto, tramite bonifici, quasi 200.000 franchi svizzeri (tutti provenienti da conti di PACIFICO) e 150.000 dollari sui conti accesi presso la Società Bancaria Ticinese, per un totale in controvalore di circa 380 milioni di lire.
Le affermazioni della ARIOSTO riguardanti PACIFICO sono state tutte riscontrate: frequentazioni con PREVITI, frequentazioni con SQUILLANTE, frequentazioni dei casinò, presenza al viaggio NIAF.
Ciò che la ARIOSTO non poteva sapere: esistenza, consistenza, e movimentazione dei conti esteri di PACIFICO non ha raccontato e questo rende da una parte credibile il suo racconto, dall'altra porta ad escludere un quadro calunniatorio architettato da lei stessa o da terzi.
Gli autonomi accertamenti compiuti dal Pubblico Ministero su SQUILLANTE RENATO hanno portato ad accertare ingenti disponibilità finanziarie all'estero ammontanti a circa 9 miliardi di lire come disponibilità liquide alla data del 7 febbraio 1996 presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (Resinelli): somma precipitosamente liquidata ed asseritamente prelevata dalla banca dopo la scoperta di una miscrospia al bar Tombini di Roma il 21 gennaio 1996 (fatto notorio).
A tali disponibilità liquide (al momento sono note solo quelle esistenti presso la S.B.T. di Bellinzona) vanno aggiunti gli investimenti immobiliari e le disponibilità liquide in Italia (si richiamano, sul punto, il provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Squillante Mariano, Squillante Fabio e Olga Savtchenko e il provvedimento di sequestro preventivo in atti).
È accertato che vi sono stati degli accrediti diretti di CESARE PREVITI a SQUILLANTE (il 6 marzo 1991 poco più di 434.000 dollari) e che altro denaro è affluito sui conti correnti di Squillante proveniente da CESARE PREVITI, attraverso Attilio Pacifico.
Tutto ciò, se non costituisce diretto riscontro delle dichiarazioni della ARIOSTO (i dati riferiti, infatti, riguardano un'epoca successiva a quella nella quale si sono svolti i fatti in contestazione) è tuttavia confermativo del quadro indiziario emergente dalle dichiarazioni della signora.
Per il periodo in contestazione (che, va ricordato, si arresta temporalmente all'anno 1989) gli accertamenti compiuti su SQUILLANTE hanno fatto emergere una serie di episodi che sul piano indiziario aggiungono elementi a sostegno dell'ipotesi di accusa.
(Accertamenti svolti presso ALOISIO DE GASPARI Giorgio).
Immediatamente dopo l'esecuzione dell'ordinanza emessa nei confronti di SQUILLANTE è stata compiuta ulteriore attività investigativa, anche sulla scorta delle dichiarazioni rese dagli indagati in sede di interrogatorio, tra cui l'assunzione di informazioni dell'agente di borsa ALOISIO DE GASPARI Giorgio. A carico di quest'ultimo è stata disposta altresì una perquisizione locale.
Tra i documenti sequestrati vi sono annotazioni nelle quali comparivano, tra l'altro, riferimenti alla famiglia SQUILLANTE e a tale «DIDI», identificato poi in Dionigi RESINELLI.
Risentito in ordine ai predetti documenti, ALOISIO DE GASPARI Giorgio, rendeva dichiarazioni.
In sintesi ALOISIO DE GASPARI Giorgio ha dichiarato:
(Verbale del 18 marzo 1996).
«Come ho già detto, ho conosciuto il giudice SQUILLANTE alla fine degli anni 70, quando quest'ultimo era membro della CONSOB. Mi diede da amministrare dei fondi nell'ordine di poche decine di milioni che investii in borsa. Faccio presente che in quel periodo, soprattutto nel 1981, grazie al buon andamento della borsa e alle buone notizie che riusciva ad ottenere SQUILLANTE, in virtù del suo lavoro presso la CONSOB, quest'ultimo riuscì ad aumentare sensibilmente il suo patrimonio, ritengo, per quello che posso ricordare, nell'ordine di due trecento milioni. Intorno agli anni 1984/85, sulla data non riesco ad essere più preciso, SQUILLANTE mi disse che voleva aprire un conto estero, in particolare in Svizzera, chiedendomi se potevo indicargli una banca. Poiché il mio studio era in rapporto da anni con la SOCIETA' BANCARIA TICINESE di Bellinzona gli consigliai tale istituto, precisando che avrei potuto parlare personalmente con il dr. RESINELLI, uno dei dirigenti della citata banca. In occasione dei miei frequenti incontri con il dr. RESINELLI, in quanto la SOCIETA' BANCARIA TICINESE era nostra cliente, gli parlai del giudice SQUILLANTE e del fatto che quest'ultimo aveva intenzione di aprire un conto estero.
[omissis]
RISPOSTA: Intorno agli anni 86/87 il giudice SQUILLANTE mi chiese come poteva fare per avere delle disponibilità in lire prelevandole dal suo conto in Svizzera. Mi spiego meglio: il problema del giudice SQUILLANTE era quello di giustificare l'afflusso di denaro sul conto della moglie e/o del figlio MAURIZIO, nel senso che mi chiese delle operazioni di copertura, pertanto misi in atto delle operazioni fittizie di borsa finalizzate a far guadagnare i conti di SQUILLANTE; mentre la perdita che risultava a carico del mio studio mi veniva rimborsata dal dr. RESINELLI mediante lire italiane o con franchi svizzeri che mi consegnava brevi manu di solito in Svizzera. Faccio presente che in quel periodo mi recavo ogni fine settimana in Svizzera perché avevo una casa a Gordola, vicino a Bellinzona. Le operazioni di copertura poste in essere dal mio studio consistevano in compravendita di azioni».
[omissis]
(Verbale del 19 marzo 1996).
«DOMANDA: Può riferire come e da chi è stata costituita la provvista per acquistare 175 milioni in CCT nel novembre del 1989 a favore di uno dei figli di SQUILLANTE?
RISPOSTA: La provvista è stata fornita senz'altro dal padre perché i figli mi risulta avessero modeste disponibilità finanziarie.
RISPOSTA: Non ricordo se tale provvista lo SQUILLANTE la conservasse nel suo conto presso di me (cosa che ritengo più probabile) ovvero me l'abbia fatta avere in altro modo. Escludo comunque di aver ricevuto il denaro dalla Svizzera».
(Verbale del 13 maggio 1996).
«Devo premettere che il mio conto (omissis) presso la Società bancaria Ticinese è stato interessato ad operazioni con Squillante in due modi:
da un lato, ha ricevuto delle rimesse direttamente da un conto in essere presso la Società Bancaria Ticinese;
dall'altro, ha ricevuto delle rimesse da conti bancari in essere presso altri istituti svizzeri.
In alcuni casi, soprattutto nel momento iniziale di questo rapporto di compensazione che ho già descritto nel corso dei miei precedenti interrogatori, si è trattato di accrediti disposti da Squillante sul mio conto, affinché, poi, io gli riconoscessi in Italia il relativo controvalore.
Successivamente, io gli anticipavo delle somme, anche a mezzo di consegna di titoli di stato, e, poi, lui provvedeva alla copertura degli anticipi, recandosi in Svizzera, ed operando direttamente con il Resinelli. In questi casi, poteva anche capitare che lo Squillante, oltre a coprire l'esposizione nei miei confronti, disponeva ulteriori accrediti sul mio conto (...) affinché io provvedessi, successivamente, ad ulteriori riconoscimenti in Italia.
Esaminando la documentazione bancaria del mio conto svizzero, ho rilevato che lo Squillante ha provveduto alla citata copertura ovvero anche ai successivi bonifici, con versamenti da conti svizzeri in essere presso altre banche della confederazione. In particolare, ho rilevato che del denaro è pervenuto dalla Società di Banche Svizzere sia di Ginevra che di Lugano.
omissis
ADR: quando Squillante disponeva degli accrediti sul mio conto (...), mi contattava il Resinelli il quale mi diceva: "Il Giudice ti ha versato tot" con ciò volendo dire che lo Squillante aveva rimesso del denaro che rivoleva in Italia.
Invece, quando lo Squillante copriva, in Svizzera, le sue esposizioni e magari trasferiva ulteriori importi che rivoleva in Italia, mi chiamava dicendo: "Sono andato da Didi ed ho sistemato le cose".
Al riguardo, faccio presente che di solito Squillante chiedeva degli accreditamenti in Italia in conto anticipo ed andava a debito del mio studio. Di tanto in tanto, poi, dopo il rendiconto che gli trasmettevo, si recava in Svizzera per effettuare la copertura».
Sul conto dell'attività svolta da ALOISIO DE GASPARI Giorgio, nell'interesse di SQUILLANTE, venivano disposti specifici accertamenti eseguiti dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza che confermavano l'esistenza di operazioni di borsa nelle quali «guadagnava» il cliente SQUILLANTE (ivi compresi i familiari) e «perdeva» l'agente di borsa. L'utile delle predette operazioni è stato in molti casi bonificato da ALOISIO DE GASPARI Giorgio su conti correnti della famiglia SQUILLANTE (ivi compresi i figli). Nel corso dell'ultimo interrogatorio l'agente di borsa ha altresì fornito documenti bancari della Società Bancaria Ticinese e di altre banche elvetiche con le quali venivano rimesse somme di denaro a favore dei suoi conti correnti per compensare le «perdite» subite.
Queste dichiarazioni, che non riguardano direttamente CESARE PREVITI, sono tuttavia utili poiché dimostrano che nel periodo in cui secondo la ARIOSTO, Squillante svolgeva la funzione di «collettore» sopra descritta egli aveva disponibilità finanziarie delle quali era preoccupato di occultare la provenienza e che non derivavano da favorevoli investimenti di borsa.
Per ciò che invece riguarda direttamente CESARE PREVITI, si deve osservare che nei periodi indicati dalla ARIOSTO - come poi in altri periodi - risultano numerose operazioni bancarie: Rileva sul punto il Pubblico Ministero:
- nei periodi indicati dall'ARIOSTO - come in altri periodi - risultano numerose operazioni bancarie da cui è possibile evidenziare rilevanti disponibilità di contanti in capo a Cesare PREVITI: in particolare su conti correnti presso B.N.L., Banca Commerciale Italiana e Rolo Banca di Roma intestati a Cesare PREVITI nel periodo 1o gennaio 1986-13 maggio 1992 risultano versamenti per contanti per complessive lire 17.804.030.500 (1), e prelevamenti mediante assegni a favore di se stesso per vari miliardi (per l'esattezza, oltre quattro miliardi e mezzo, con punte di quasi un miliardo e duecento milioni nel 1988 e quasi due miliardi e trecento milioni nel 1989) - (cfr. allegato nr. 7);
(1) Complessivamente sui conti correnti in questione, nel periodo considerato, affluiscono versamenti provenienti da terzi per 31 miliardi 996.000.616. Di questi, 17 miliardi 804.030.500 sono in contanti, gli altri in assegni bancari o circolari e in bonifici.
- per numerose operazioni risulta aver operato Marco JANNILLI, impiegato, assistente addetto alla segreteria dello studio dell'on. Cesare PREVITI dal 1977, menzionato frequentemente nelle agende di Attilio PACIFICO in periodi nei quali si verificano altri fatti di rilievo per la vicenda di cui al capo successivo (cfr. allegato nr. 8).
Infine, sulla conferma a livello indiziario di un collegamento tra SQUILLANTE e il gruppo imprenditoriale milanese di cui si parla nel capo d'imputazione preliminare si deve ricordare - a conferma dell'esistenza di una continuità di rapporti - che dal contesto delle telefonate effettuate dall'utenza nella disponibilità di Squillante risulta che in data 31 dicembre 1995 (ore 23.42) venivano composti numeri telefonici riconducibili alle persone indagate o a persone ad esse vicine (ancorché per nulla coinvolte nelle indagini), (si veda elenco nella richiesta del P.M.): è significativo che tali telefonate avvengano in un momento in cui solitamente si fanno auguri alle persone con cui si è in maggiore confidenza (familiari, amici stretti).
Concludendo sinteticamente in merito al primo capo d'imputazione si deve rilevare che gravi indizi di colpevolezza a carico di CESARE PREVITI per le ipotesi di corruzione in contestazione si ricavano in parte dalle dichiarazioni di ARIOSTO STEFANIA che ha inizialmente descritto il quadro corruttivo.
Successive autonome indagini hanno portato ad una conferma degli originari elementi indiziari, come sopra descritto.
Gli elementi non direttamente riscontrati del racconto della ARIOSTO e contestati da PREVITI (materiali dazioni di denaro al Circolo Canottieri Lazio e in via Cicerone, esistenza di fondi presso EFIBANCA) hanno trovato (con l'eccezione del Circolo canottieri Lazio) indiretti elementi indizianti di conferma, ed allo stato attuale non eliminano la valenza indiziaria degli altri elementi autonomamente raccolti dal pubblico ministero direttamente o attraverso la polizia giudiziaria.
Una verifica della validità delle tesi accusatorie è stata compiuta sia dal Tribunale del Riesame di Milano, sia dalla Corte di Cassazione nei confronti di SQUILLANTE RENATO e PACIFICO ATTILIO, pienamente confermativi dei provvedimenti cautelari adottati (si vedano i provvedimenti collegiali in atti).
Sul piano generale, la vicenda di cui si parlerà in seguito, contestata al capo B) è una verifica ulteriore del quadro delineato dalla ARIOSTO.
B) SECONDO CAPO D'IMPUTAZIONE PRELIMINARE
B) reato previsto e punito dagli articoli 81-110, 112 n. 1, 321 in relazione agli articoli 319 e 319-ter c.p. perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni, PACIFICO Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità indicata al capo precedente), VERDE Filippo - nella sua qualità prima di magistrato con funzioni giudicanti presso le sezioni civili del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia - ROVELLI Nino e con i suoi eredi BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice nonché in concorso con altri magistrati appartenenti al distretto di Corte d'Appello di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio appartenenti all'amministrazione giudiziaria, intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE - tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed i pubblici ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i loro doveri di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi di giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. - procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e passato in giudicato a seguito della dichiarazione d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
In particolare, tra gli altri:
VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della controversia IMI/Rovelli, in data 31 ottobre 1986, decideva ed induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr. MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma, componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno - di partecipare al predetto giudizio ed in particolare all'udienza del 4 aprile 1989, organizzava per lo stesso giorno pretestuosamente una inutile riunione presso il Ministero di Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni di edilizia giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione ed imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione, violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto occuparsi della questione della improcedibilità - che il Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un appunto, indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e che nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità del ricorso IMI;
SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv. Francesco BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a 500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio giudicante della Corte di Cassazione, per indurlo a violare l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
a) Pacifico FRS 28.850.000 presso:
1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire 11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21 marzo 1994;
2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta 31 marzo 1994;
3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.812.040.000), S.B.S. Lugano; a favore di Veteri Anstalt, valuta 7 aprile 1994;
4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire 6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di CODAVA Est., valuta 13 maggio 1994;
5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto Pavone, valuta del 24 giugno 1994;
b) Previti, FRS 18.000.000 (pari a lire 21.019.140.000), SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif. Filippo, valuta del 21 marzo 1994;
c) Acampora FRS 10.850.000:
1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), B.IL. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta 24 giugno 1994;
2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto SWLAMA, valuta 24 giugno 1994;
3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto BLAWOR, valuta 24 giugno 1994;
4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.085.04, valuta 24 giugno 1994;
5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vadur, a favore del conto 396.088.09, valuta 24 maggio 1994;
e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire 66.789.541.000.
Reato aggravato dal numero delle persone superiore a cinque.
Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal 1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo, Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno fino al 1994.
Il secondo reato addebitato a CESARE PREVITI è la corruzione in atti giudiziari contestata al capo B) ed attiene alla controversia civilistica tra l'I.M.I., Istituto Mobiliare Italiano e NINO ROVELLI e la FIND dapprima e gli eredi ROVELLI dopo la morte di quello.
La vicenda è stata descritta nelle ordinanze di custodia cautelare del 15 maggio 1996 nei confronti di Giovanni ACAMPORA e ATTILIO PACIFICO e del 13 febbraio 1997 nei confronti di ROVELLI FELICE e BATTISTELLA PRIMAROSA vedova ROVELLI.
Un richiamo di tali ordinanze si impone, poiché la posizione di PREVITI è identica a quella di ACAMPORA e PACIFICO.
a) la notitia criminis.
1. Pagamento della somma di frs. 57.700.000 agli avvocati Pacifico- Acampora-Previti.
Il procedimento ha origine il giorno 8 maggio 1996.
In quella data, il Procuratore Generale della Confederazione Elvetica avv. Carla Del Ponte procede, in Berna, all'interrogatorio di BATTISTELLA PRIMAROSA ROVELLI e di ROVELLI FELICE, eredi dell'ing. Nino ROVELLI, e all'interrogatorio dell'avvocato MENSCH RUBINO, legale dell'ing. Rovelli e della Famiglia Rovelli e, in tale veste, amministratore fiduciario di una Stiftung a Vaduz (Liechtenstein) denominata PITARA TRUST.
L'interrogatorio viene eseguito nello svolgimento di una commissione rogatoria del Procuratore della Repubblica di Milano, richiesta nel procedimento a carico, tra gli altri, dell'avv. Attilio PACIFICO, dell'avv. Cesare PREVITI e del dottor SQUILLANTE (commissioni rogatorie 14 e 19 marzo 1996).
La signora PRIMAROSA BATTISTELLA è stata chiamata come testimone solo per spiegare la causale di un versamento, da lei effettuato, di lire 241.600.530.
L'importo risulta bonificato in data 29 marzo 1994 dalla Banca Commerciale di Lugano sul conto corrente n. 34131/0 acceso dall'avv. PACIFICO presso la filiale 25 della Rolo Banca 1473 spa succursale di Roma, su richiesta dello stesso avv. Pacifico (lettera 8 marzo 1994 e fattura n. 1/1994 in pari data).
Una traccia documentale del versamento era stata trovata in precedenza, nel corso della perquisizione domiciliare eseguita nei confronti dell'avv. Attilio Pacifico dopo il suo arresto, avvenuto il 12 marzo 1996, per il reato di corruzione esaminato al capo a).
Nel chiarire il motivo del pagamento, la donna dichiara che l'importo non è stato l'unico bonificato all'avv. Pacifico, ma corrisponde ad uno dei tanti pagamenti effettuati in favore di lui, e ricostruisce la vicenda nei termini che seguono.
Il 28 dicembre 1990 il marito, ing. Nino Rovelli era stato sottoposto a Zurigo ad un operazione chirurgica particolarmente delicata: egli era stato informato dai medici sui gravi rischi connessi all'intervento.
Il giorno prima dell'operazione le aveva detto di avere un debito con l'avv. PACIFICO e l'aveva pregata - nel caso in cui non fosse sopravvissuto - di provvedere al suo pagamento, senza precisarle la causale e nemmeno l'importo e limitandosi a dirle che si sarebbe a lei rivolto l'avv. PACIFICO per avere il denaro che gli spettava.
Dopo la morte del marito essa aveva dato incarico al figlio FELICE di adempiere al mandato.
FELICE ROVELLI, presentatosi spontaneamente lo stesso giorno 8 maggio 1996 rende dichiarazioni dalle quali si apprende che dopo la morte del padre si era presentato l'avv. PACIFICO preoccupandosi se la famiglia intendesse o meno rispettare l'impegno che l'ing. Rovelli aveva preso con lui.
Aveva quantificato la cifra in circa 30 miliardi di lire, senza dire nulla sui motivi per i quali tale importo era dovuto.
I familiari, peraltro, non avevano chiesto spiegazioni sui motivi del debito perché consapevoli che l'alternativa era non onorare il debito oppure accettare qualsiasi spiegazione venisse data dall'avv. Pacifico.
L'avvocato aveva chiesto la disponibilità di un pronto pagamento, ma poiché gli eredi non avevano la somma sufficiente, gli chiesero di attendere la liquidazione dell'importo della causa intentata contro l'IMI e conclusasi favorevolmente, dopo una lunga e tormentata vicenda processuale, dagli sviluppi imprevisti.
Pacifico acconsentì.
Dopo che l'IMI ebbe liquidato gli eredi Rovelli, PACIFICO si incontrò con Felice Rovelli a Lugano e consegnò un elenco di conti bancari sui quali far pervenire il denaro.
Per la precisione, nel primo incontro PACIFICO gli aveva chiesto di accreditare dieci milioni di franchi svizzeri alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore di ALVANEU-Anstalt. In momenti successivi, per fax o per telefono o anche di persona, ma sicuramente non in Italia, PACIFICO aveva chiesto di provvedere ad altri accrediti:
6 milioni di franchi svizzeri alla SBS di Lugano, a favore di EMCO AG;
6 milioni di franchi svizzeri ancora alla SBS di Lugano a favore di VETERI ANSTALT;
6 milioni di franchi svizzeri alla Verwaltungs und Privatbank Vaduz a favore CODAVA ANSTALT;
850.000 Fr.Sv. alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore di Pavone.
2. Mancanza di una legittima causa negoziale verificabile.
Quanto alla causale dei pretesi pagamenti, così ricorda Rovelli:
«il Pacifico mi disse che la somma che mi richiedeva riguardava i suoi rapporti con mio padre, mi aggiunse che mio padre aveva dei debiti anche nei confronti dell'Acampora e dell'avv. Cesare Previti.
Aggiunse che lui richiedeva a me il pagamento del suo credito, mentre Acampora e Previti mi avrebbero contattato ciascuno per il credito proprio.
In effetti, pochi mesi dopo, anche ACAMPORA e PREVITI si sono fatti vivi con me, sicuramente separatamente: mi sono incontrato con ACAMPORA due o tre volte, una volta senz'altro a Roma nel suo studio, le altre volte forse a Lugano o forse a Milano, non ricordo esattamente in quali circostanze... Fin dalla prima volta che l'ho visto, Acampora mi ha chiesto una somma dell'ordine di una dozzina di miliardi senza specificare i motivi, ma dicendo che mio padre glie li aveva promessi.
Anche con ACAMPORA ho pattuito un rinvio del pagamento al momento che mia madre fosse entrata in possesso della sufficiente liquidità.
Finché, dopo che la sentenza IMI era stata eseguita, ACAMPORA venne a New York da solo e... mi diede un bigliettino scritto a macchina sul quale compariva l'indicazione di bonificare le somme (precisamente tutte le somme indicate nel capo d'imputazione, n.d.r.)... L'iniziativa dell'incontro era partita da ACAMPORA che mi ha preannunziato la sua visita per telefono.
Anche PREVITI l'ho visto qualche mese dopo la morte di mio padre... Nel primo incontro Previti mi disse che il debito di mio padre nei suoi confronti era di circa 20 miliardi. Anche a Previti non ho mai chiesto spiegazioni, perché anche lì si trattava di pagare tutti gli impegni che mi venivano prospettati come assunti da mio padre, oppure di rifiutarli.
Anche PREVITI pochi giorni dopo la disponibilità liquida del denaro da parte della mia famiglia mi comunicò vedendomi a Lugano gli estremi del bonifico:
18 Mio di Fr.Sv. alla SBS Ginevra, rif. Filippo.
In ordine alle modalità di pagamento la famiglia ROVELLI incaricò l'avvocato MENSCH, fiduciario a Lugano, di costituire una Stiftung nel Liechtenstein per provvedere a tutti i pagamenti derivanti dalla vicenda IMI (oneri fiscali italiani ed elvetici, onorari degli avvocati che avevano patrocinato nella causa, importi richiesti da Pacifico, Acampora, Previti). Dal patrimonio della Stiftung l'avv. Mensch diede istruzione che fossero prelevati gli importi bonificati su istruzione di Felice Rovelli in esecuzione delle indicazioni date da Pacifico, Acampora e Previti.
Nello stesso interrogatorio dell'8 maggio, l'avvocato MENSCH, legale dell'ing. Rovelli prima e della famiglia, poi, conferma di aver ricevuto mandato da Felice Rovelli di mettere a disposizione una società attraverso la quale effettuare dei pagamenti. In esecuzione di istruzioni ricevute egli aveva effettuato i bonifici richiesti, sul conto della costituita PITARA TRUST.
Di tutti i pagamenti effettuati l'avv. MENSCH ha fornito documentazione, allegata al verbale reso davanti all'autorità giudiziaria elvetica.
Una prima certezza nella ricostruzione del fatto, è quindi raggiunta: il racconto degli eredi Rovelli e dell'avv. Mensch è documentalmente riscontrato e documentalmente verificabile.
La documentazione attesta la formazione della provvista del conto della PITARA TRUST ad opera della signora BATTISTELLA PRIMAROSA, i vari bonifici effettuati, gli ordini ricevuti da Felice Rovelli.
È da ritenere pertanto incontrovertibile la verifica di quanto asserito dagli eredi Rovelli in merito alle movimentazioni dei bonifici bancari della Pitara Trust, corrispondenti a quanto indicato nel capo d'imputazione (si veda prospetto riassuntivo depositato dall'avv. MENSCH).
Sotto il profilo indiziario ciò costituisce un indiscutibile elemento materiale di valutazione ed un dato di partenza certo.
Battistella Primarosa (la quale è stata nuovamente interrogata, questa volta nella veste formale di indagata lo stesso giorno 8 maggio alle ore 19,15) e Felice Rovelli rendono ulteriori dichiarazioni il giorno 14 settembre 1996 (entrambi nella posizione di indagati), dopo che le indagini hanno registrato significativi sviluppi.
Le dichiarazioni del 14 settembre sono sostanzialmente confermative di quelle rese l'8 maggio, in particolare sui seguenti punti:
le somme richieste furono pagate a PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI «senza chiedere loro i motivi di tale credito che vantavano a loro dire nei confronti dell'ing. Rovelli» (Primarosa, 14.9 ore 17,45); «ribadisco che non sono al corrente della causale dei versamenti» (Primarosa, 8.5, ore 9.55, foglio 4);
l'ing. Rovelli (padre) diede indicazioni alla moglie di pagare, ma facendo solamente il nome dell'avv. PACIFICO e senza specificare la causale del debito, e neppure l'importo dovuto: «mio marito non mi ha precisato la causale del debito e non mi ha nemmeno indicato l'importo. Si è limitato a dirmi che si sarebbe rivolto a me l'avv. Pacifico per avere il denaro che gli spettava» (Battistella, 8.5). «Mio marito non mi aveva parlato né di ACAMPORA, né di PREVITI. Mio marito non mi parlò prima della morte dei crediti che vantavano ACAMPORA e PREVITI» (Battistella, 14.9, foglio 2);
fu l'avvocato PACIFICO ad «introdurre» quali creditori di Nino Rovelli anche l'avvocato ACAMPORA e l'avvocato PREVITI, senza comunque indicare i motivi per i quali i soldi erano dovuti: le dichiarazioni di Felice Rovelli trovano conferma nella madre («Felice, dopo aver parlato con Pacifico, mi ha detto che si sarebbero presentati anche Previti e Acampora. Io con Previti e Acampora di questo argomento non ne ho mai parlato e con Pacifico nemmeno», Battistella, 14.9, foglio 2);
il debito nei confronti di PACIFICO fu pagato per esaudire le ultime volontà di Nino Rovelli, mentre PREVITI e ACAMPORA furono pagati, nonostante nessuna indicazione di queste persone fosse stata data da Nino Rovelli, «perché si trattava di insigni avvocati di Roma» (Battistella, 14.9, foglio 3). In ogni caso l'alternativa era quella di dover accettare qualsiasi spiegazione fosse stata data;
la richiesta di onorare il debito di Nino Rovelli venne fatta nei primi mesi del 1991, ma data la mancanza di liquidità da parte dei Rovelli (per lo meno di una liquidità di tale consistenza) il materiale pagamento delle somme richieste dai tre professionisti avvenne dopo che l'IMI provvide a versare le somme dovute a seguito della definizione della vertenza giudiziaria con gli stessi Rovelli, e cioè dopo tre anni dal primo contatto con Pacifico.
Per meglio inquadrare e interpretare queste dichiarazioni si deve tener presente che gli unici professionisti incaricati formalmente della difesa degli interessi di parte Rovelli (ing. Nino e FIND srl, dapprima, FIND srl, Battistella e Felice Rovelli, in seguito) sono i professori ARE e GIORGIANNI, oltre al prof. Mezzanotte officiato per il giudizio davanti alla Corte Costituzionale.
Si deve ricordare che a seguito dell'esito favorevole della causa, che consentì agli eredi ROVELLI di ricevere una somma, detratte le tasse, pari a circa 650 miliardi di lire, nel 1994 si era proceduto, su indicazione dei beneficiari, ai seguenti pagamenti:
a) quanto a PACIFICO:
FRS 10.000.000 (pari a lire 11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore di ALVANEU ANSTALT, bonifico con valuta 21 marzo 1994;
FRS 6.000.000 (pari a lire 6.854.100.000), SBS Lugano, a favore di EMCO AG, bonifico con valuta 31 marzo 1994;
FRS 6.000.000 (pari a lire 6.812.040.000), SBS Lugano, a favore di Veteri Anstalt, bonifico con valuta 7 aprile 1994;
FRS 6.000.000 (pari a lire 6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di CODAVA est., bonifico con valuta 13 maggio 1994;
FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto Pavone, bonifico con valuta 24 giugno 94
b) quanto a PREVITI:
FRS 18.000.000 (pari a lire 21.019.140.000), SBS Ginevra, a favore del conto 136183 rif. FILIPPO, bonifico con valuta 21 marzo 1994;
c) quanto ad ACAMPORA:
FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500), B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, bonifico con valuta 24 giugno 1994;
FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del conto SWLAMA, bonifico con valuta 24 giugno 1994;
FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Royal Bank of Scotland. Londra, a favore del conto BLAWOR, bonifico con valuta 24 giugno 1994;
FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinsche Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.085.04, bonifico con valuta 24 giugno 1994;
FRS 2.500.000 (pari a lire 2.927.825.000), Liechtensteinsche Landesbank, Vaduz, a favore del conto 396.088.09, bonifico con valuta 24 giugno 94.
3. Vicende relative all'accreditamento di una parte della somma e modalità di introduzione in Italia del denaro.
Il valore indiziario del pagamento di un'ingente somma di denaro a tre professionisti, senza una causale verificabile, meglio si comprende se si considerano le vicende relative al trasferimento di una parte di tali somme.
Si deve ricordare che l'avv. Pacifico, al momento dell'interrogatorio dopo il suo arresto per il reato di corruzione negò radicalmente di possedere conti correnti o depositi bancari in Svizzera.
La circostanza è stata smentita documentalmente, ma è sin d'ora rilevante considerare il timore che aveva l'avv. Pacifico che si scoprissero sue disponibilità all'estero.
Le indagini successivamente sviluppate hanno consentito di accertare, attraverso rogatorie, che una parte delle somme nella disponibilità di Pacifico sono rientrate in Italia negli anni 1994 e 1995: nel 1994 lire 4 miliardi e 492 milioni; nel 1995 lire 6 miliardi e 650 milioni.
La vicenda è descritta da BOSSERT ALFREDO, titolare di un ufficio cambi a Lugano (INTERCAMBI S.A.), nell'audizione del 19 luglio 1996 davanti al Procuratore Generale della Confederazione Elvetica.
BOSSERT ricorda di aver compiuto con Pacifico delle operazioni così strutturate.
Pacifico faceva accreditare somme dalla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (prevalentemente) o dalla Società di Banca Svizzera in favore di conti correnti di proprietà di Bossert presso Allgemeine Bank, conto OKAPI, Panama, Chiasso, oppure presso la SBS di Lugano e due volte sulla Corner Banca di Lugano, conto Intercambi.
Le somme pervenivano in lira/divisa (sistema di pagamento da banca a banca tramite telex o swift); Bossert provvedeva al cambio in lira/contante e tramite corriere consegnava il denaro direttamente a Pacifico a Roma, esclusivamente a mani di lui, previ accordi telefonici.
Bossert ha dimostrato documentalmente le operazioni effettuate: si registrano 18 trasferimenti nel 1994 e 23 trasferimenti nel 1995 (si veda il prospetto consegnato dal legale di Bossert il 23 settembre 1996).
Dalla rogatoria effettuata nei confronti di Abeltino Ettore si apprende, poi, dell'urgenza di Pacifico di avere a disposizione, agli inizi del 1994, una società per far confluire rilevanti importi, urgenza soddisfatta attraverso l'acquisizione della EMCO ai primi di marzo 1994 (il 31 marzo 1994 vennero accreditati i 6 milioni provenienti da Pitara Trust) e la costituzione della CODAVA il 29 marzo 1994.
Questi dati assumono valore indiziario poiché dimostrano, innanzitutto la volontà di Pacifico di evitare la riconducibilità alla sua persona di disponibilità patrimoniali all'estero; in secondo luogo è significativo che dalla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona venga prelevata la quasi totalità delle somme in contanti (Bossert ricorda che si trattava sempre di banconote da lire 100.000 già usate che egli stesso prelevava dalle proprie casse di Intercambi) rientrate in ITALIA attraverso il meccanismo Bossert/spalloni.
Per quanto riguarda gli altri coindagati, si rileva che i fondi accreditati ad Acampora sono rimasti depositati presso conti correnti di società di comodo all'uopo costituite e fino al mese di marzo 1996.
Sono, poi, rientrate in Italia a pagamento dell'operazione di condono tributario chiesto dall'Acampora per la mancata fatturazione delle prestazioni asseritamente rese nella causa.
Cesare PREVITI riceve il bonifico di 18.000.000 Frs. dal conto corrente Pitara Trust sul conto 136.183 ML - rif. Filippo con valuta 25 marzo 1994: lo stesso giorno risulta accreditata sul conto MERCIER presso la Darier Hentsch di Ginevra, il cui beneficiario economico è lo stesso PREVITI, la somma di 17.999.000 Frs proveniente dalla S.B.S. di Ginevra, rif. Filippo (si veda annotazione di P.G. n. 9 del 1o settembre 1997 sulle movimentazioni successive).
4. La vicenda negoziale e processuale Rovelli (SIR)/I.M.I.
Nella prospettazione della Pubblica accusa il pagamento della complessiva somma di 57.700.000 franchi svizzeri, pari - al giorno di accreditamento - a 66.789.541.000 di lire italiane è da collegarsi alla vicenda processuale che nel corso degli anni ha visto contrapporsi l'IMI-ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO da una parte e l'ing. NINO ROVELLI, e dopo la sua morte, gli eredi, dall'altra.
Per verificare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria occorre descrivere il complesso iter processuale che ha condotto alle decisioni in favore dei Rovelli.
Prima, però, di ripercorrere le fasi procedimentali delle cause IMI/Rovelli si deve far cenno, sulla scorta degli atti ulteriormente acquisiti nel corso delle indagini, alle conoscenze della vicenda sostanziale che ha originato la vicenda processuale.
a) la vicenda negoziale.
I rapporti contrattuali con la SIR e l'ing. Nino Rovelli, e la loro rilevanza non solo privatistica ma anche pubblicistica vengono descritti da uno dei protagonisti della vicenda, il prof. Piero Schlesinger, nelle sommarie informazioni rese, su delega del P.M., alla sezione di Polizia giudiziaria della Guardia di Finanza il 28 ottobre 1996.
Così racconta la vicenda il prof. Schlesinger:
«Agli inizi del 1979 il Ministro del tesoro, on. Pandolfi, convocò una riunione delle banche che erano maggiormente esposte nei confronti del gruppo Sir, tra cui il San Paolo di Torino, dr. Arcuti, la Comit, dr. Cingano, il Crediop, prof. Piga, l'Imi, dott. Cappon, il Banco di Napoli ed altri. Per la Banca d'Italia erano presenti il Governatore e il dott. Ciampi, quale Direttore Generale.
In questa riunione il Ministro fece presente l'opportunità di un intervento a sostegno del gruppo SIR, sottolineando che la legge 787/1978 aveva previsto la possibilità di un intervento delle banche tramite la costituzione di un Consorzio bancario, e che l'Imi aveva già predisposto un piano per l'attuazione di questo strumento per la SIR. L'ing. Cappon, in quell'occasione, mise in luce che era indispensabile, nel frattempo che si attivava il Consorzio, mettere della finanza fresca a disposizione delle casse smunte del Gruppo e, quindi, tutto il dibattito si concentrò subito su questo punto, stante il fatto che le banche erano restie a rischiare altro denaro. Si raggiunse un compromesso in base al quale le banche avrebbero dato qualcosa, ma chiedevano che il piano facesse rapidamente dei passi avanti e precisamente da un lato ottenesse l'approvazione formale del Governo (tramite il CIPI) e, dall'altro, che l'imprenditore mettesse a disposizione le azioni del Gruppo. Da allora iniziò un lungo periodo di trattative sul punto con le banche che centellinavano i loro interventi, mentre si spingeva per avere l'approvazione del CIPI e il trasferimento delle azioni. Il ministro Pandolfi, preso atto del mio interessamento alla vicenda e considerato che la Popolare di Milano, da me rappresentata, era la banca privata più esposta nei confronti del Gruppo Sir, pregò l'Imi e la Popolare di Milano - quindi Cappon e me - di coordinare l'intervento di tutte le banche.
Tra marzo e aprile 1979, l'allora Ministro del Bilancio, prof. Visentini, nella sua qualità di Presidente del CIPI, ci comunicò che il piano IMI era stato approvato con alcune condizioni, tra cui quella, tassativa, che all'imprenditore (Rovelli) non dovesse essere data neanche una lira.
Tra aprile e luglio 1979, Cappon ed io, ma soprattutto io, trattammo con l'ing. Rovelli, che era assistito dal Prof. ARE, il trasferimento, per una lira simbolica, dell'intero Gruppo. Rovelli insisteva nel dire che la crisi del Gruppo era dovuta solo ad una carenza di liquidità determinata da colpa delle banche che avevano ristretto i fidi, mentre dal punto di vista economico rivendicava un rilevante perdurante valore del Gruppo, confermato, a suo dire, dalla pregressa stima che su incarico dell'Imi aveva condotto la Kellog (omissis).
Rappresentai la situazione al Ministro del Tesoro e con la sua approvazione elaborai un compromesso: il Gruppo doveva essere trasferito immediatamente senza alcun corrispettivo, ma si sarebbe fatto luogo successivamente ad una perizia da affidare ad una società di revisione di prestigio internazionale, per la valutazione dell'intero complesso. Il riconoscimento che avrebbe quindi potuto successivamente avere luogo a favore del cedente non poteva però essere rappresentato da denaro, per non eludere la direttiva del CIPI, e perciò sarebbe stato riconosciuto al cedente, subordinatamente al successo dell'intervento di risanamento, esclusivamente mediante l'attribuzione di azioni del Consorzio e in nessun caso in misura superiore al 10 per cento.
Rovelli non voleva firmare, ma ricordo un drammatico pomeriggio (17 luglio 1979) in cui da Milano, mentre era in corso la nostra riunione, i dirigenti gli comunicarono la decisione di scendere tutto il Gruppo in sciopero e bloccare completamente l'azienda se non si decideva a firmare.
L'Ing. Rovelli, piangendo, firmò.
Il 18 luglio, Rovelli - o chi per lui - firmò per girata tutte le azioni della capogruppo, sebbene non si potesse fare ancora il trasferimento perché il Consorzio non era ancora costituito. Le azioni erano già, in pegno, presso l'IMI. Sempre durante il 18 luglio, mi viene prospettato, all'IMI, un dubbio e cioè che la scrittura firmata potesse esporre a costi fiscali (di circa 100 miliardi) in quanto conteneva l'impegno di manlevare l'ing. Rovelli da tutte le fideiussioni che lui aveva dato alle Banche. Allora, in fretta e furia, si decise di stralciare dalla convenzione già firmata la sola clausola relativa alla manleva e di inserirla in una scrittura unilaterale separata. Richiamammo Rovelli, e il 19 luglio firmò la seconda convenzione in tutto identica alla prima con la sola eccezione della manleva che fu inserita in una dichiarazione separata che firmammo soltanto Cappon ed io. Anche i firmatari della seconda convenzione erano gli stessi e, cioè Rovelli, la Findus (FIND, n.d.r.), Cappon ed io.
A settembre si è costituito il Consorzio, al quale aderirono quasi tutte le banche creditrici, alle quali ovviamente era stato ben spiegato quali erano gli accordi con la SIR. L'intervento del Consorzio si dimostrò rapidamente insufficiente: il piano SIR per un verso si era basato sui dati di bilancio delle società del Gruppo che non erano affidabili e, per altro verso, era stato troppo ottimistico, anche perché era stato steso qualche mese prima e quindi prima del peggioramento, che avvenne nel corso del 1979, del mercato petrolifero.
Io assunsi la presidenza del Consorzio bancario e portai al Consiglio d'amministrazione del Consorzio la convenzione con Rovelli per sottoporla a ratifica. In quella sede furono sollevate molte obiezioni, in quanto in sostanza si disse che il gruppo ceduto era in condizioni peggiori di quanto appariva e quindi venne rinviata ogni decisione sulla ratifica. Nel 1980, continuando a peggiorare le condizioni del gruppo, nonostante gli interventi di finanza fresca fatta dal Consorzio, sollecitati il ministro Pandolfi a studiare un ulteriore intervento. Nel corso del 1980, il parlamento approvò una legge per un intervento straordinario che dotò di 250 miliardi circa un apposito Comitato d'intervento di cui fu nominato Presidente il Consigliere di Stato, dott. Ruoppolo che è ancora in funzione. Di fatto, da quella data in poi, il Comitato sostituì ed assorbì il Consorzio, riuscendo nel compito di lentamente risanare il Gruppo, sia pure con delle importanti cessioni all'Eni. Peraltro, questo Comitato stipulò nel 1985 una transazione con il Rovelli, con la quale mentre si rinunciava a qualsiasi iniziativa contro gli esponenti del Gruppo SIR compreso ogni eventuale falso in bilancio, si lasciò libero Rovelli di proseguire qualsiasi iniziativa giudiziaria contro l'IMI. Nel frattempo, peraltro, io, diventato nel gennaio 1980, Presidente dell'IMI nel luglio dello stesso anno 1980 mi sono dimesso sia dall'IMI che dal Consorzio e quindi non ho più avuto alcuna posizione ufficiale in tutta la vicenda».
D. In tali trattative da chi era affiancato?
R. Formalmente l'unico con cui io dovevo concordare le mosse era l'ing. Cappon, quale presidente dell'IMI.
D. Cappon, in quale veste agiva?
R. Cappon, formalmente, come me, era una persona fisica che aveva avuto l'incarico di negoziare con Rovelli. Sostanzialmente, so che sottopose sempre al CdA dell'IMI tutti i passaggi della trattativa, ricevendone sempre integrale approvazione (omissis).
D. Quali erano le premesse del piano di risanamento?
R. Le premesse erano date dai bilanci del Gruppo SIR e dalla stima della Kellog, eseguita su mandato dell'IMI a cavallo dei lavori preparatori della legge 787.
D. In queste «premesse» era ricompresa anche la possibilità di sollevare il Rovelli dalle responsabilità per le fideiussioni rilasciate?
R. Non se ne parlava proprio. Il piano era semplicemente l'enunciazione degli interventi finanziari e industriali necessari per arrivare al risanamento del Gruppo.
D. Quale periodo abbracciava il piano di risanamento?
R. Mi pare di ricordare almeno un quinquennio.
D. A chi si riferisce quando dice che tali premesse erano note a «tutti» e da «tutti» approvate?
R. Mi riferisco ai soggetti che ho innanzi citato, perché in questa vicenda, per la parte che mi riguarda, non è mai esistito alcunché di riservato e non esiste un dato o un elemento di cui le persone che ho citato non siano state a perfetta conoscenza.
D. Per quale ragione l'opera di salvataggio non riuscì?
R. Come ho già ricordato, le cause dell'insuccesso del Consorzio sono state costituite, a mio avviso, da un lato dalla sottostima del fabbisogno, con specifico riferimento ai bilanci, e dall'altro dal peggioramento delle situazioni di mercato.
D. Una volta che la situazione SIR è emersa in tutta la sua gravità, quali provvedimenti furono adottati?
R. Sollecitai, sempre verbalmente, al ministro Pandolfi iniziative per la Sir da un lato e per l'IMI e il Crediop dall'altro. Il ministro Pandolfi se ne fece carico e riuscì a fare approvare dal Parlamento le misure necessarie, per entrambi i versanti, nel corso del 1980.
D. Come era composto questo Comitato di intervento SIR e quali erano i poteri attribuitigli?
R. Il Comitato d'intervento rispondeva solo al Governo ed era composto da tre membri, il cui Presidente era ed è il dott. Ruoppolo.
D. Per quale motivo non fu effettuata la «stima» del complesso ceduto dal Rovelli, previsto dagli accordi?
R. In un primo tempo, il CdA del Consorzio - in cui erano rappresentate sostanzialmente tutte le banche - prese tempo stante l'aggravarsi della situazione. Successivamente mi dimisi e quindi non so più perché.
D. Chi prese il suo posto al Consorzio?
R. Non me lo ricordo, ma è facile da accertare perché anche il Consorzio esiste tuttora.
D. Da chi fu accertata la falsità dei bilanci che avevano ingannato il Consorzio?
R. Da nessuno, perché non fu mai presentata da nessuno una denuncia per accertare che i bilanci erano falsi e quando l'IMI si è difesa, in giudizio, sostenendo la falsità dei bilanci, i giudici hanno risposto che questa falsità non risultava da nessuna parte.
D. Perché non fu fatta regolare denuncia?
R. Andai via molto presto. Se fossi rimasto certamente avrei chiesto accertamenti sui bilanci relativi agli anni precedenti di tutto il Gruppo SIR. Ignoro perché poi la denuncia non sia stata fatta successivamente.
(omissis)
La convenzione di cui si parla (in realtà si parla di due convenzioni stipulate in data 17 e 19 luglio 1979) fu stipulata tra il prof. SCHLESINGER e l'ing. CAPPON, da un lato, e l'ing. ROVELLI e la PLENIT SpA, dall'altro. Il prof. SCHLESINGER e l'ing. CAPPON avevano sottoscritto la convenzione nelle rispettive qualità di presidente del costituendo Consorzio per la SIR e di presidente dell'IMI, precisando che entrambi «agiscono per conto e nell'interesse del costituendo Consorzio per il risanamento del Gruppo SIR-Rumianca», mentre l'ing. ROVELLI agiva «in proprio ed in qualità di Amministratore unico della FIND SpA».
Per la parte che qui interessa, così recita:
«Premesso che il Costituendo Consorzio intende intervenire nel Gruppo SIR-Rumianca, ai sensi della legge 5 dicembre 1978, n. 787, per l'attuazione del piano già predisposto per conto del detto Consorzio dall'Istituto Mobiliare Italiano... si conviene e si stabilisce...:
4) Gli Azionisti (intendendosi per tali l'ing. Rovelli, la FIND SpA e la PLENIT SpA), unitariamente rappresentati da FIND SpA o suo designato, cui gli interessati hanno attribuito il ruolo di unico soggetto legittimato a rappresentare l'intero Gruppo, concorreranno con la Holding ad affidare a primaria Società internazionale di revisione, che sarà designata dalla Società consortile nella rosa dei seguenti quattro nomi..., un mandato congiunto irrevocabile, da svolgersi in contraddittorio tra le due parti, che potranno perciò farsi assistere da tecnici di loro fiducia, con il compito: a) di provvedere alla revisione dei bilanci di tutte le società del Gruppo in modo da giungere a determinare il patrimonio netto contabile positivo o negativo di ciascuna Società alla data dell'intervento della Società consortile o a quella più prossima; b) di provvedere alla erezione di un bilancio consolidato del Gruppo, evidenziando il patrimonio netto contabile positivo o negativo) dell'intero Gruppo; c) di accertare... l'esistenza di eventuali plusvalenze, rispetto ai valori di libro post-revisione, negli immobilizzi tecnici del Gruppo, esclusi gli impianti che il piano di risanamento prevede debbano essere sospesi e che tali in effetti siano rimasti.
L'accertamento dovrà essere condotto tenendo conto non solo dell'astratto valore patrimoniale degli impianti da valutare, ma anche delle effettive possibilità di reddito desumibili dalle prospettive di evoluzione dei mercati e dell'efficienza (tecnologica, organizzativa e commerciale) dell'impresa, evitando peraltro di uniformarsi all'attuale situazione di crisi e riferendosi a situazioni di normalità...; d) di comunicare alle parti, come momento finale del suo mandato, il risultato della somma algebrica del patrimonio netto consolidato contabile e delle plusvalenze o minusvalenze accertate ai sensi della precedente lettera c)... Le conclusioni cui perverrà la Società mandataria saranno vincolanti per le parti ed insuscettibili di contestazione per qualsivoglia causa o ragione.
5) Qualora il risultato finale dei calcoli di cui sub 4) sia positivo, il relativo valore sarà accreditato agli "Azionisti" in proporzione al valore nominale dei titoli da essi rispettivamente ceduti. Tale credito non potrà essere utilizzato che per sottoscrivere aumenti di capitale della Holding per corrispondente ammontare, che la Holding sarà tenuta a deliberare.
Il valore finale di cui sopra non potrà essere accreditato a favore degli "Azionisti" se non entro il limite massimo del 10 per cento del capitale della Holding di 700 miliardi maggiorato dell'aumento di cui al comma precedente, qualora tale capitale fosse diminuito per perdite, il limite massimo del 10 per cento verrà calcolato sul capitale residuo maggiorato delle plusvalenze accertate dalla mandataria sempre fermo il limite massimo di cui sopra. Qualora invece il capitale di 700 miliardi fosse stato ridotto mediante rimborsi, il limite massimo del 10 per cento verrà calcolato ugualmente su un capitale di 700 miliardi con le maggiorazioni di cui sopra.
6) Nel caso che il risultato di cui al mandato descritto al precedente articolo 4) fosse superiore al tetto massimo di cui sopra, il relativo valore sarà riconosciuto agli "Azionisti" alla condizione e nel momento in cui, a giudizio della stessa Società mandataria di cui al precedente articolo 4), l'intervento consortile risulti giunto comunque a termine senza perdite sul capitale apportato e sui crediti con i relativi interessi per gli Istituti e per le Aziende di credito intervenute. In tal caso si procederà, alternativamente a scelta del Consorzio, mediante aumento di capitale a norma dell'articolo 5), comma 1, o soluzione in denaro come previsto all'articolo 8).
7)...
8) Il Consorzio potrà procedere ad alienazione totale o parziale delle azioni della Holding anche prima che sia conclusa la valutazione di cui al precedente articolo 4), senza che agli «Azionisti» competa facoltà alcuna di intervenire, sia per quanto riguarda l'opportunità della cessione, che per quanto concerne la congruità del prezzo. Tuttavia in tal caso il Consorzio sarà obbligato o a far subentrare l'acquirente negli impegni derivanti dai presenti accordi, ovvero, a sua insindacabile scelta, a versare in denaro l'eventuale somma che il mandatario di cui all'articolo 4 dovesse dichiarare dovuta, sempre entro i limiti fissati dall'articolo 5 e 6.
..........
14) Il Consorzio, una volta costituito, ratificherà la presente convenzione».
b) la vicenda processuale.
La vicenda contrattuale ha dato origine ad una lunga e complessa vicenda processuale, ampiamente ripercorsa nella nota della sezione di P.G. della Guardia di Finanza di data 9 dicembre 1996, allegata in atti, e sinteticamente esposta nella sentenza n. 7802/93 con la quale la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dall'I.M.I.
Si legge in questa sentenza:
«Con atto di citazione notificato il dì 11 marzo 1982 l'Ing. Nino Rovelli conveniva davanti al Tribunale di Roma l'Istituto Mobiliare Italiano (I.M.I.) e, precisato:
che il 17 luglio 1979 era stata stipulata una convenzione tra le società per azioni Find e Plenit nonché l'Ing. Nino Rovelli (a titolo personale a seguito di convenzione ripetitiva e parzialmente integrativa in data 19 luglio 1979), da una parte, e dall'altra parte il prof. Piero Schlesinger, nella veste dichiarata di presidente designato di un costituendo consorzio bancario ai sensi della legge n. 787/78, nonché l'Istituto Mobiliare Italiano in persona del suo presidente Ing. Giorgio Cappon, entrambi agenti per conto e nell'interesse del costituendo consorzio, con le modalità previste dalla citata Legge n. 787/78 e per il conseguimento dello scopo di risanamento delle società del Gruppo SIR-Rumianca, scopo coerente col fine indicato dalla legge stessa;
che l'attore e le società Find e Plenit avevano partecipato all'accordo al fine dichiarato di agevolare l'attuazione di un piano di risanamento delle società del Gruppo SIR-Rumianca, piano già predisposto dallo I.M.I. ed approvato dal C.I.P.I.;
che esso attore e le società Find e Plenit avevano dato immediata e completa attuazione agli impegni assunti mentre il consorzio, una volta costituito, non aveva ratificato la convenzione e si era rifiutato di sollevare l'Ing. Nino Rovelli dalle iniziative giudiziarie di terzi (a fronte di fideiussioni che egli aveva dato a favore delle banche creditrici delle società del Gruppo SIR-Rumianca), ed inoltre non aveva dato corso all'ulteriore impegno, assunto per il consorzio in allora non ancora costituito, dallo IMI e dal Prof. Schlesinger, di accertare con l'ausilio di organizzazioni di analisi contabili la consistenza patrimoniale del Gruppo SIR-Rumianca;
tanto premesso, l'attore formulava le seguenti domande:
I) dichiarare la responsabilità dello IMI ai sensi dell'articolo 2331 c.c. per le obbligazioni assunte nelle convenzioni 17 e 19 luglio 1979, come sopra indicate;
II) dichiarare lo IMI tenuto a sollevarlo da ogni richiesta già proposta, o proponibile in seguito, da un qualsiasi terzo garantito in conseguenza delle fideiussioni che l'Ing. Rovelli aveva rilasciato per le esposizioni verso banche delle società del Gruppo SIR-Rumianca;
III) condannare lo IMI, siccome inadempiente alle citate convenzioni, al risarcimento dei danni per ciò provocati;
IV) riconoscere il diritto dell'Ing. Rovelli all'accertamento dell'eventuale valore positivo delle azioni cedute, in coerenza con l'articolo 4 della convenzione, e la condanna conseguente dello IMI al pagamento del valore accertato in base all'articolo 5 della medesima convenzione, attesa l'impossibilità di utilizzo delle azioni stesse per la destinazione prevista nella convenzione o, in via di subordine, la condanna al pagamento della medesima somma a titolo di risarcimento, con interessi e rivalutazione monetaria.
All'atto della precisazione delle conclusioni veniva chiesto che la liquidazione avvenisse in corso di causa e non in separato giudizio (come inizialmente domandato).
Instaurato il contraddittorio e contestata la lite, l'Istituto Mobiliare Italiano chiedeva il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi confronti, previa eccezione della propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che l'Ing. Cappon aveva agito a titolo personale e non quale presidente della IMI (tesi respinta nella sentenza di primo e di II grado e non più riproposta in prosieguo).
All'udienza del 24 gennaio 1983 interveniva in causa la s.r.l. (già s.p.a.) Find, assumendo posizione adesiva alle domande dell'ing. Nino Rovelli e chiedendo l'estensione nei suoi confronti degli effetti della pronuncia.
Il Tribunale di Roma emetteva in data 31 ottobre 1986 sentenza non definitiva limitatamente allo «an debeatur», nella quale, ritenuto ammissibile l'intervento della s.r.l. Find (qualificato intervento adesivo autonomo), e rigettata l'eccezione di carenza di legittimazione da parte dello I.M.I., condannava lo I.M.I. stesso al risarcimento dei danni subiti dall'Ing. Rovelli per l'inadempimento all'impegno della lettera 19 luglio 1979 (liberazione dalle esecuzioni per garanzie concesse dal Rovelli), nonché al risarcimento dei danni subiti e dall'Ing. Rovelli e dalla soc. Find per l'inadempimento della clausola n. 4 della convenzione (impegno di accertare la consistenza patrimoniale del Gruppo Sir-Rumianca, secondo modalità espressamente previste), danni da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, disposto con separata ordinanza.
Sull'appello proposto dallo IMI con citazione notificata il 7 aprile 1987 e nel contraddittorio dell'Ing. Nino Rovelli e della Find, la Corte d'appello di Roma pronunciava con sentenza 26 aprile 1988 con cui dava integrale conferma alla decisione di I grado.
Avverso detta sentenza propose ricorso per Cassazione lo I.M.I. deducendo sei mezzi; nella resistenza dell'Ing. Nino Rovelli e della Find, la Corte di Cassazione, pronunciando con sentenza n. 3228/89, dava accoglimento al primo motivo di ricorso e dichiarava assorbiti gli altri, cassando l'impugnata decisione e rinviando ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.
Contemporaneamente allo svolgersi della vicenda processuale ora delineata, dopo la sentenza non definitiva di primo grado il procedimento era continuato sul quantum, avendo come presupposto la linea logica già tracciata dalla sentenza non definitiva del Tribunale di Roma, così che, con sentenza 13 maggio 1989, il Tribunale di Roma condannava lo IMI al pagamento in favore dell'Ing. Nino Rovelli della somma di lire 750 miliardi a titolo di risarcimento dei danni per inadempimento delle clausole economiche della convenzione (somma comprensiva della rivalutazione dal luglio 1980), oltre agli interessi al tasso legale sull'intera somma rivalutata, con decorrenza dal luglio 1979; condannava, inoltre, lo IMI a pagare all'Ing. Nino Rovelli la somma ulteriore di lire 21,1 miliardi, con gli interessi legali dal 9 gennaio 1985, quale risarcimento del danno nella cessione dei titoli obbligazionari al portatore effettuato dall'Ing. Rovelli al Comitato di Intervento nella SIR a seguito di accordo transattivo stipulato nel 1985.
Avverso detta sentenza proponeva appello l'Ing. Rovelli e la Find; proponeva anche appello incidentale lo I.M.I. il quale sosteneva la nullità della sentenza del Tribunale a seguito e per effetto della cassazione di quella sullo «an debeatur» da parte di questa Corte; in subordine chiedeva la riforma della sentenza impugnata ed il rigetto di tutte le domande proposte dall'Ing. Nino Rovelli; in ogni caso sosteneva l'inammissibilità dell'appello proposto dall'Ing. Rovelli e dalla Find.
Le due cause (il giudizio rescissorio e la procedura di appello contro la sentenza del Tribunale di Roma sul «quantum debeatur»), assegnate alla stessa sezione della Corte d'appello di Roma ed allo stesso istruttore, procedevano separatamente, ma parallelamente, tanto che all'udienza del 30 maggio 1990 venivano precisate separate conclusioni contestuali.
Con la sentenza 4809/90 (oggetto dell'odierno ricorso) in data 26 novembre 1990, la Corte d 'Appello di Roma riuniva i due procedimenti e pronunciando su di essi unica sentenza sullo «an» e sul «quantum debeatur», rigettava l'appello contro la sentenza non definitiva del 31 ottobre 1986; dava accoglimento per quanto di ragione all'appello principale dell'Ing. Rovelli e della s.r.l. Find avverso la sentenza 13 maggio 1989; dava accoglimento, altresì, per quanto di ragione all'appello incidentale dello IMI;
inoltre, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava lo I.M.I. al pagamento, a favore dello Ing. Rovelli e della s.r.l. Find, in via tra di loro solidale, della somma di lire 500 miliardi (già rivalutata), con gli interessi al tasso legale dal luglio 1980 fino all'effettivo soddisfo, nonché al pagamento in favore dello stesso Ing. Rovelli dell'ulteriore somma di lire 28.485.000.000 con gli interessi al tasso legale dal 9 gennaio 1985 fino all'effettivo soddisfo; condannava, infine, lo I.M.I. al pagamento delle spese processuali, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione lo I.M.I. deducendo otto motivi, integrati da memoria; si costituivano con controricorso, integrato da memoria, la s.r.l (già s.p.a.) FIND, nonché la sig.ra Primarosa Battistella, quale erede dell'Ing. Nino Rovelli; si costituiva, inoltre, con autonomo controricorso l'Ing. Felice Rovelli, figlio dell'Ing. Nino Rovelli.
All'udienza del giorno 29 gennaio 1992, la difesa degli eredi Rovelli (Avv. Michele Giorgianni, cui si è associato l'Avv. Mario Are), a discussione aperta, sollevava eccezione di improcedibilità del ricorso, per essersi verificata l'ipotesi prevista dall'articolo 3692 n. 3 c.p.c. che sanziona di improcedibilità il ricorso per cassazione al cui deposito non acceda nel termine di legge (venti giorni dalla notificazione del ricorso) quello della procura speciale, quando sia conferita con atto separato, come nel caso di specie, secondo le indicazioni esistenti nell'epigrafe del ricorso per cassazione.
Parte ricorrente, presentava note sottoscritte dai tre avvocati presenti all'udienza, nelle quali si affermava, tra l'altro, che la procura indicata nell'epigrafe del ricorso era stata regolarmente rilasciata per autentica notar Mario Lupi di Roma in data 6 dicembre 1990 (anteriore alla prima notifica del ricorso) ed era stata regolarmente depositata insieme al ricorso, alla copia della sentenza impugnata ed ai fascicoli dei precedenti gradi di giudizio.
La Corte, con ordinanza in data 30 gennaio 1992, depositata il successivo giorno 12 febbraio 1992, sospendeva il giudizio rimettendo alla Corte Costituzionale la questione della legittimità dell'articolo 3692 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione della Repubblica, questione che sollevava d'ufficio ritenendola non manifestamente infondata, dopo avere inoltre ritenuto rilevante in causa la questione, dipendendo dalla sua soluzione, alternativamente, l'applicazione della sanzione dell'improcedibilità per la mancata prova del rituale deposito della procura speciale, ovvero l'esame del merito del ricorso previa regolarizzazione della situazione ad opera della parte spontaneamente ex articolo 372 c.p.c., ovvero previa concessione di termine ex articolo 182 c.p.c.
La Corte Costituzionale, con sentenza 10 novembre-24 novembre 1992, dichiarava l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta.
Cessata la causa di sospensione, veniva fissata nuova udienza per il giorno 25 marzo 1993, poi differita al giorno 27 maggio 1993 in cui si svolgeva trattazione sia sulle questioni pregiudiziali, sia sul merito del ricorso.
In occasione delle predette udienze entrambe le parti avevano presentato memorie (due memorie per parte).
Nelle forme dell'articolo 372 c.p.c., inoltre, entrambe le parti avevano depositato documenti prima dell'udienza del 27 maggio 93.
In particolare, parte ricorrente aveva depositato:
1) procura speciale per autentica Notar Mario Lupi di Roma, datata 4 dicembre 1990, concernente ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d'appello di Roma tra le stesse parti, sentenza avente la stessa data di quella oggetto del presente ricorso, ma con un numero diverso;
2) fotocopia di procura speciale con fotocopia di autentica del Notaio Mario Lupi in data 6 dicembre 1990 in cui appariva il numero di repertorio 24368 unitamente ad attestazione in originale del notaio il quale dichiarava di riconoscere nella fotocopia la propria firma di autentica;
3) fotocopia autenticata del foglio di repertorio del notaio Mario Lupi contenente il numero 24368;
4) copie della denuncia datata 30 gennaio 1992 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma proposta dal presidente dello I.M.I., della richiesta di archiviazione; della requisitoria del Sostituto Procuratore Generale datata 31 ottobre 1992; di certificazione relativa alla pronuncia della Corte di cassazione in sede penale, contro il decreto del G.I.P.
Per parte eredi Rovelli, sempre nella forme dell'articolo 372 c.p.c., veniva prodotta copia della sentenza di cassazione in sede penale.
Nelle more della stesura della sentenza, con anonimo diretto al Presidente della Corte Suprema di Cassazione (trasmesso tramite il Presidente di Sezione al presidente del Collegio), era pervenuta in originale la procura 6 dicembre 1990 per autentica Notar Mario Lupi. Di detta procura, di cui il collegio convocato ad hoc prendeva visione (costituita da due sole facciate, in parte strappate e tagliate ai margini), veniva disposto l'invio in fotocopia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, mentre il collegio con provvedimento in data 8 giugno 1993 non estraneo all'ordinamento giuridico, ancorché non singolarmente previsto nel giudizio di cassazione (articolo 197 c.p.c.), ritenuta l'opportunità che le parte fossero informate della nuova situazione e potessero dare chiarimenti ed esprimere la loro opinione, convocava i difensori delle parti stesse in camera di consiglio per il giorno 8 luglio 1993».
L'IMI ha ancora agito nei confronti del Consorzio Bancario SIR in liquidazione spa «a titolo di rivalsa, regresso e garanzia»:
con sentenza n. 13411 del 22 maggio 1996 (depositata in cancelleria in data 21 settembre 1996), il Tribunale Civile di Roma, Sezione Seconda - ha rigettato la domanda.
Da ultimo l'IMI ha proposto ricorso per revocazione contro la sentenza n. 7802/93 della Corte di Cassazione e per l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 4809/90 del 26 novembre 1990 (si veda copia del ricorso trasmesso dall'avv. Chiaraviglio al P.M. e pervenuto a questo G.I.P. con lettera del 20 gennaio 1997, dal quale ricorso si apprende che altro ricorso per revocazione è stato presentato in precedenza e rubricato sotto il numero 11193/93).
Alla vicenda processualcivilistica si è accompagnata, dopo il 29 gennaio 1992 altra vicenda in sede penale.
Infatti, la mancanza, nel fascicolo di parte dell'I.M.I., della procura speciale ad litem, dedotta dalla difesa ROVELLI nell'udienza del 29 gennaio 1992, originava un procedimento penale.
La vicenda è compiutamente descritta nell'ordinanza del G.I.P. Tribunale di Roma 13 maggio 1996, allegata dal P.M. ed alla quale si rinvia, riportando di seguito solo una breve sintesi.
In data 30 gennaio 1992, Luigi ARCUTI, presidente dell'I.M.I., presentava querela contro ignoti, per il reato di cui all'articolo 490 c.p.
In data 24 aprile 1992, il P.M., all'esito delle indagini, chiedeva al G.I.P. l'archiviazione del procedimento, per essere ignoti gli autori del fatto. Il G.I.P., con ordinanza del 13 luglio 1992, disponeva l'archiviazione per infondatezza della notizia di reato.
In data 15 gennaio 1994 (1o aprile 1993), la Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, annullava con rinvio il provvedimento d'archiviazione del G.I.P. Tribunale di Roma.
In data 1o giugno 1993 perveniva, con anonimo, al Primo Presidente della Corte di Cassazione, in originale, la procura speciale IMI. Gli atti venivano trasmessi alla Procura della Repubblica in data 8 giugno 1993 e, a seguito di altra denuncia/querela presentata da Luigi ARCUTI, il 10 giugno 1993, venivano riuniti agli atti del procedimento penale già in corso.
L'1 dicembre 1993 Luigi ARCUTI proponeva al P.M. istanza per «una azione cautelativa» sulla somma di lire 972.144.103.320 intimata all'I.M.I. con atto di precetto 19 novembre 1993 notificato assieme alla sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 4809/96, divenuta esecutiva. Con provvedimento del 22 dicembre 1993 l'istanza veniva respinta.
Quindi, con ordinanza GIP del Tribunale di Roma del 31 gennaio 1994 a seguito di udienza camerale in contraddittorio con l'I.M.I., opponente, gli atti venivano restituiti al P.M. per ulteriori indagini.
Il 20 luglio 1994 il PM, all'esito delle indagini, reiterava la richiesta di archiviazione per essere ignoti gli autori del fatto in relazione al falso per soppressione denunciato dall'I.M.I., ed ex articolo 408 c.p.p. nei confronti dei difensori nel processo civile dell'I.M.I., per le ipotesi di reato, medio tempore, loro rubricate. Con ordinanza GIP Tribunale di Roma del 19 gennaio 1995 in contraddittorio con l'opponente I.M.I., veniva disposta l'archiviazione delle ipotesi di reato rubricate a carico dei difensori nella causa civile dell'I.M.I. e restituiti gli atti al P.M. per il completamento delle indagini già disposte, non interamente effettuate, in ordine al falso per soppressione a carico di ignoti.
In data 8 maggio 1995 il PM, all'esito delle indagini, reiterava la richiesta di archiviazione per l'ipotesi del falso per soppressione per essere rimasti ignoti gli autori del fatto.
Il GIP in data 13 maggio 1996, disponeva l'archiviazione del procedimento relativo al falso per soppressione.
Neppure questa vicenda, però può dirsi conclusa: il 15 gennaio 1997 la Corte di Cassazione, sezione I, pronunciandosi sul ricorso (n. 23124/96 R.G.) proposto da Arcuti Luigi in data 21 giugno 1996 avverso il decreto di archiviazione del G.I.P. del Tribunale di Roma di data 13 maggio 1996 (n. 7267/94) cosi ha deliberato: «annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al G.I.P. del Tribunale di Roma per nuova deliberazione» (si veda copia del tabulato della Corte di Cassazione prodotta dall'avv. Chiaraviglio in data 17 gennaio 1997 e trasmessa a questo G.I.P. in data 20 gennaio.
Gli atti relativi a tale vicenda sono stati nel frattempo trasmessi alla Procura della Repubblica di Milano.
Si è fornito ampio resoconto della vicenda processuale per mettere in evidenza la problematica sottostante alle ipotesi di reato contestate e la progressione nel tempo delle vicende che hanno portato alla liquidazione del risarcimento a favore della parte Rovelli.
La cronologia degli avvenimenti assume particolare rilievo, nella prospettiva accusatoria, se posta in relazione con la frequenza di contatti tra gli indagati.
5. Rapporti e contatti fra gli indagati.
Le indagini sviluppate dal Pubblico Ministero e dagli organi di Polizia Giudiziaria mettono, infatti, in evidenza una serie di contatti telefonici e di incontri che assume valore indiziario grave in ragione dei seguenti indici:
numero;
frequenza;
coincidenza con gli avvenimenti di causa;
natura dei rapporti tra gli indagati.
In occasione della perquisizione svolta nei confronti di PACIFICO ATTILIO il 12 marzo 1996 sono state sequestrate agende e block notes contenenti appunti vari: appuntamenti, annotazioni riguardanti chiamate per l'avv. Pacifico, annotazioni varie.
Elaborando tutti questi dati alla luce delle conoscenze progressivamente acquisite è stato possibile individuare, attraverso l'identificazione delle utenze telefoniche in uso agli indagati, una serie di contatti di cui si dà conto nel prosieguo.
Prima di indicare i dati elaborati nel corso delle indagini è necessario chiarire la natura dei rapporti tra gli indagati, cosi da poter procedere ad una lettura critica degli stessi dati.
Natura dei rapporti tra gli indagati.
I contatti intercorsi tra Felice ROVELLI e gli avvocati PREVITI, ACAMPORA e PACIFICO, se considerati per sé soli, sarebbero suscettibili di più spiegazioni, quali per esempio l'esistenza di rapporti di amicizia ovvero rapporti di tipo professionale.
Viceversa tali contatti assumono una particolare connotazione qualora vengano messi in relazione con altri elementi di fatto quali, ad esempio, i passaggi salienti relativi allo svolgimento della controversia IMI I SIR.
Esclusione di rapporti di amicizia.
Si può escludere che i rapporti tra Felice ROVELLI e gli indagati fossero di natura amicale.
Un rapporto di amicizia è escluso dallo stesso ROVELLI che ha dichiarato di aver conosciuto PREVITI ed ACAMPORA dopo la morte del padre e solo in relazione al pagamento delle somme sopra specificate, senza peraltro ricondurle alla vicenda giudiziaria in esame.
Altrettanto ha dichiarato in relazione al rapporto con PACIFICO circoscrivendolo, nel primo interrogatorio, ad incontri finalizzati soltanto a conoscere lo stato della causa giudiziaria in vista del pagamento delle somme dovute all'avvocato, attesa la dilazione richiesta dai ROVELLI. Nel secondo interrogatorio, a seguito delle contestazioni dell'Ufficio del P.M. ed a giustificazione dei numerosi contratti con PACIFICO, ROVELLI dichiarava che gli stessi erano dovuti a mere «consultazioni» per la vicenda IMI/SIR, escludendo comunque in modo categorico che la somma di trenta miliardi fosse dovuta a PACIFICO per l'interessamento a qualsiasi titolo nella controversia giudiziaria né, tanto meno, di aver corrisposto denaro per la mera attività di consultazione.
Osservazioni sull'esistenza di un mandato professionale.
Contatti tra i Rovelli e i coindagati Pacifico-Acampora-Previti potrebbero trovare ragione in un mandato professionale conferito dai primi ai secondi. In merito si osserva quanto segue.
In relazione alla vicenda IMI/SIR gli indagati PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI non hanno mai avuto incarichi formali.
Tale circostanza è fuori discussione con riguardo allo specifico mandato ad lites, che, se esistente, deve risultare dalla procura alle liti.
È certo, invece, che i legali a cui era stato affidato mandato per la controversia giudiziaria erano i prof. Michele GIORGIANNI e Mario ARE, affiancati in talune circostanze da altri professionisti quali il prof. MEZZANOTTE (cfr. verbali di assunzione di informazioni rese dai proff. ARE e GIORGIANNI).
Al riguardo, in particolare, possono utilizzarsi i verbali di assunzione di informazioni resi dal prof. Mario ARE il 28 ottobre 1996 e il 13 settembre 1996. In quest1ultimo si legge:
pagina 3:
«Devo categoricamente escludere che altri si siano occupati della vicenda in sede giudiziale».
pagina 4:
«Domanda: L'ing. ROVELLI le ha mai parlato degli avvocati ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI in relazione alla vicenda IMI/SIR?
Risposta: Non me ne ha mai parlato.
Domanda: Dopo la morte dell'ing. ROVELLI del dicembre 1991, dalla vedova o dai figli dell'ing. ha mai saputo che della causa si erano occupati ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO?
Risposta: Lo escludo nella maniera più categorica. Ho appreso dai giornali il coinvolgimento di questi avvocati».
Si vedano altresì le dichiarazioni rese dal prof. Michele GIORGIANNI in data 16 giugno 1996 innanzi alla A.G. di Milano:
pagina 2:
«Per quello che mi consta escludo nella maniera più assoluta che in tutte le fasi della lunga controversia IMI/SIR gli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, si siano occupati della controversia.
Domanda: È mai capitato su richiesta prima dell'Ing. Nino ROVELLI e poi da parte degli eredi che lei abbia mai mandato delle memorie o comunque documentazione riguardante la controversia agli avvocati PREVITI, ACAMPORA, PACIFICO?
Risposta: Mai.
Domanda: È a conoscenza che Felice ROVELLI o la madre o gli altri eredi ROVELLI abbiano contattato gli avvocati ACAMPORA, PREVITI, PACIFICO per la questione IMI-SIR?
Risposta: Mai».
Infine, l'esclusione di ogni rapporto di tipo professionale tra gli indagati, risulta anche dalle dichiarazioni rese dalla signora BATTISTELLA:
[interrogatorio 8 maggio 1996 - pagina 4]
«Domanda: L'avv. PACIFICO, per quel che le risulta, si è mai occupato degli affari legali della sua famiglia?
Risposta: No, per quel che ne so io il PACIFICO aveva nei confronti di mio marito quel credito di cui ho parlato, ma non aveva altri rapporti».
Ed inoltre, in relazione alla fattura 1/94 del 9 marzo 1994 di 242 milioni di lire - emessa da PACIFICO per prestazioni professionali inerenti la vicenda IMI/SIR, la signora ha precisato:
«In ogni caso io confermo di aver dato al PACIFICO la somma corrispondente a questa fattura, ma escludo categoricamente, per quanto a mia conoscenza, che le prestazioni indicate nella fattura siano state effettuate da PACIFICO» (pag. 4).
Anche Felice ROVELLI, nell'interrogatorio 14 settembre 1996, ha dichiarato che la famiglia non aveva conferito alcun mandato agli avvocati PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, per curarne gli interessi in Italia od all'estero (pag. 2), confermando, inoltre, di non aver mai affidato a PACIFICO alcun incarico, nemmeno stragiudiziale per una eventuale transazione con l'IMI (pag. 3) e che tali colloqui erano tutti posteriori alla quantificazione del credito fatta dal primo (pag. 3) e quindi ad esso relativi.
Va però affrontato il problema se gli avvocati PACIFICO-ACAMPORA-PREVITI abbiano ricevuto un mandato (che non deve risultare necessariamente da formale procura come accade per la difesa in giudizio) di seguire la vicenda IMI/SIR o comunque di curare gli interessi di parte Rovelli, senza una veste ufficiale visibile all'esterno.
Sul punto ACAMPORA ha affermato di aver svolto attività professionale per conto di Nino ROVELLI nel periodo settembre 1989 - dicembre 1990 legata alla vicenda IML/SIR e che di questa attività era informato anche il figlio Felice, tant'è che la inchiesta della «parcella» sarebbe stata formulata direttamente dal professionista al cliente senza la «mediazione» di PACIFICO.
Per quanto riguarda PACIFICO, lo stesso ha asserito di aver svolto genericamente consulenze per conto di Nino ROVELLI, senza peraltro precisarne la natura, escludendo di essersi interessato della vicenda IMI/SIR. Affermazioni queste in aperto contrasto con il contenuto della fattura 1/94, e dai documenti sequestrati presso lo studio del professionista tra i quali figurano altresì appunti riservati predisposti dall'avvocato ARE e da questi consegnati a Nino ROVELLI (vds. sommarie inf. prof. avv. Mario ARE).
Gli eredi negano di essere a conoscenza di attività professionale nella causa IMI/SIR da parte dei tre citati ed anzi Battistella lo esclude.
La problematica dovrà essere ulteriormente affrontata. Attese le molteplici e contraddittorie versioni, l'unica giustificazione dei versamenti eseguiti, in concordanza con tutti gli elementi di fatto noti, è quella posta a fondamento della tesi accusatoria.
A conferma della tesi accusatoria, è di notevole significato che neppure il prof. Schlesinger che seguì la vicenda contrattuale con Nino Rovelli ha mai sentito nominare gli avvocati ACAMPORA-PREVITI-PACIFICO.
Esclude di aver mai sentito parlare di altri legali, oltre al prof. Are e al prof. Giorgianni anche il dottor Ruoppolo, presidente del Consorzio SIR dopo le dimissioni del prof. Schlesinger e ciò per tutto il periodo compreso tra il 1982 e le notizie di stampa sull'attuale indagine.
Il prof. Schlesinger:
D. Nelle sue vesti formali di Presidente del Consorzio e in quelle successive informali, ha mai avuto sentore di una partecipazione dell'avvocato PACIFICO, dell'avvocato ACAMPORA o dell'avvocato PREVITI, quali consulenti del Rovelli o comunque quali interessati alla vicenda?
R. Assolutamente mai. Sapevo che l'ing. Rovelli era assistito dai professori Are e Giorgianni che, se non sbaglio, mi hanno inviato anche formalmente degli atti di messa in mora rivolgendosi a me come persona fisica firmataria degli accordi con il Rovelli, ma mai ho avuto sentore che avessero qualche ruolo gli avvocati da Lei cittadini.
Il dott. Ruoppolo:
Domanda: Ha avuto rapporti con l'ing. Rovelli o con suoi legali?
Risposta. Ho visto personalmente così l'ing. Rovelli, come il suo avvocato prof. ARE nel corso del 1984 quando gli stessi mi prospettarono le conseguenze negative che stavano subendo per via delle fideiussioni personalmente rilasciate dal Rovelli a garanzia di debiti di società del gruppo SIR.
Domanda: Ha mai parlato o conosciuto altri legali dell'ing. Rovelli? In particolare ha mai conosciuto, quali legali del Rovelli, gli avvocati Acampora, Pacifico e Previti?
Risposta: L'unico altro legale dell'ing. Rovelli che ha avuto rapporti con me, e per altro in anni precedenti il 1984, è stato il prof. Michele GIORGIANNI. Non ho conosciuto altri legali, né ho mai sentito parlare di altri legali dell'ing. Rovelli nel periodo considerato, cioè dal 1982 al momento in cui sono state diffuse notizie stampa sull'indagine in corso. Tanto valga, ovviamente, anche per gli avvocati sopra citati.
Contatti tra indagati in relazione alle vicende processuali IMI/SIR.
Tenuto conto della natura dei rapporti tra gli indagati che non può essere ricondotta a frequentazioni di natura amicale o professionale ufficiale legata alla vicenda IMI/SIR, verranno rappresentati di seguito i contatti accertati tra i medesimi procedendo con lo stesso ordine prospettato dal Pubblico Ministero e mettendosi in evidenza i passaggi processuali fondamentali:
ricostruzione generale dei rapporti dal 1991 al 1995;
esame dettagliato del periodo gennaio marzo 1992;
esame dettagliato del periodo aprile luglio 1992.
Va tenuto conto che la ricostruzione dei rapporti, in un primo momento, poggia sugli appunti rinvenuti nelle agende di Pacifico e sul traffico telefonico intercorso con un'utenza cellulare rinvenuta nel corso delle indagini. Infatti, è stata individuata l'utenza cellulare n. 0337-27.75.19, intestato alla società LA FULVIA SPA in uso alla famiglia ROVELLI. Circa l'identificazione del soggetto che aveva la disponibilità di quest'ultimo cellulare è opportuno precisare che:
1) la società LA FULVIA SPA appartiene alla famiglia ROVELLI;
2) è stato accertato che l'utenza, nel periodo di tempo 21 gennaio 1992-03 novembre 1993, era utilizzata da Felice ROVELLI, così come confermato dallo stesso nel corso dell'interrogatorio del 14 settembre 1996.
Elemento di riscontro è costituito dai diversi «MSC» impiegati per le telecomunicazioni, prima e dopo il novembre 1993 (MSC = Mobile Switch Center: centro di commutazione automatico al quale si rivolge il telefono cellulare per poter effettuare la chiamata, indicato nei tabulati con la sigla della provincia ove è localizzato, nonché da un numero progressivo che lo identifica da tutti gli altri MSC posti nella stessa provincia. Consente di individuare il luogo ove si trova chi effettua la chiamata).
Nel periodo precedente al novembre 1993, allorquando venivano impiegati MSC siti in Roma «006», si è accertata + quasi sempre + la presenza di Felice ROVELLI presso l'Hotel Hassler di Piazza Trinità De Monti in Roma.
In data successiva al novembre 93 il cellulare «passava di mano 91, così come risulta dagli MSC impegnati e dai numeri chiamanti e chiamati; dovendosi concludere che, verosimilmente, l'apparato cellulare sia stato utilizzato da dipendenti della società in ragione dell'attività svolta.
RICOSTRUZIONE GENERALE DEI RAPPORTI DAL 1991 AL 1995
26 novembre 1990:
sentenza n. 4809 della Corte d'Appello di Roma che condanna l'IMI al pagamento di 528 miliardi a favore, dei ROVELLI.
30 dicembre 1990:
decesso dell'ing. Nino Rovelli.
3 gennaio 1991:
L'IMI notifica alla difesa ROVELLI il ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 4809/90.
22 gennaio 1991:
Viene depositato il ricorso IMI avverso sentenza n.4809/90.
8 marzo 1991:
L'avv. ARE, legale dei Rovelli, si fa rilasciare copia dell'intero fascicolo IMI, compresa la copertina del fascicolo da cui risulta la dicitura relativa alla mancanza di procura speciale ad litem.
Contatti tra gli indagati
16 gennaio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO è annotato:
«ORE 11,05 ROVELLI RICHIAMA TRA MEZZ'ORA»;
«ORE 11,30 ROVELLI»;
«ORE 12,15 ROVELLI»;
21 gennaio 1992
Ore 22,23: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama
PACIFICO Attilio.
22 gennaio 1992
Ore 08,54: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
24 gennaio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«ORE 17.30 FELICE (x 1 ORA È IN UFFICIO)».
25 gennaio 1992
Ore 18,19: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio.
28 gennaio 1992
Ore 14,31: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio;
Ore 17,01: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato;
Ore 17,34: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
«ORE 17,35 FELICE».
29 gennaio 1992
all'udienza, la difesa ROVELLI solleva eccezione di improcedibilità del ricorso IMI per mancato deposito della procura speciale.
Ore 08,50: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama ACAMPORA Giovanni;
Ore 21,10: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama ACAMPORA Giovanni;
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
«ORDINE CAUSE E PRESUMIBILE ORARIO CAUSA FELICE».
30 gennaio 1992
La Corte di Cassazione solleva d'ufficio questione di legittimità costituzionale in merito all'articolo 369 n. 3 c.p.c.
ARCUTI presenta querela contro ignoti per la scomparsa della procura speciale IMI.
Ore 18,39: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«ORE 17,35 ROVELLI RICHIAMARE AL TELEFONINO».
31 gennaio 1992
Ore 08,26: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio.
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«ORE 11,15 ROVELLI-RICHIAMARE AL TELEFONINO È URGENTE».
Denuncia Arcuti e ordinanza Cassazione.
5 febbraio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «ORE 17,35 SEGRETERIA FELICE 00141 (omissis)».
7 febbraio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: ORE 17,15 ROVELLI (N. YORK) (omissis)».
10 febbraio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «ORE 10-10 FELICE».
11 febbraio 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «ORE 11,40 FELICE 0337-723535»;
Ore 19,51: l'utenza mobile 0337/723535 intestata a Mario ARE Mario in uso a Felice ROVELLI viene chiamato SQUILLANTE Renato.
12 febbraio 1992
La Corte di Cassazione deposita l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Ore 18,54: l'utenza 0337/(...) intestata a Mario ARE Mario in uso a ROVELLI viene chiamato SQUILLANTE Renato.
17 febbraio 1992
Ore 12,30: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama ACAMPORA Giovanni
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«ORE 16,45 ROVELLI O QUI 0337/277519 OPPURE ALL'HASSLER».
18 febbraio 1992
Ore 14,35: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
24 aprile 1992
Il PM chiede al GIP l'archiviazione per essere ignoti gli autori della soppressione della procura speciale IMI.
Contatti diversi in pendenza della richiesta di archiviazione al GIP
7 marzo 1992
Ore 12,46: l'utenza mobile 0337/ (omissis), PREVETI Cesare, chiama SQUILLANTE Renato.
26 marzo 1992
Ore 15,26: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato;
Ore 17,55: l'utenza (omissis), PREVITI Cesare, chiama SQUILLANTE Renato.
28 aprile 1992
Ore 13,12: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio;
Ore 13,25: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio;
Ore 15,05: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio.
1 maggio 1992
Ore 08,35: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato;
Ore 09,49: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
9 giugno 1992
Ore 17,46: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
10 giugno 1992
Ore 17,46: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
29 giugno 1992
Ore 19,05: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama PACIFICO Attilio.
13 luglio 1992
Il GIP dispone l'archiviazione per infondatezza della notizia criminis.
Vicenda Corte Costituzionale
23 settembre 1992
Ore 17,09: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
23 ottobre 1992
Sull'agenda sequestrata PACIFICO risulta annotato:
«16,20 ROVELLI (RICHIAMARE AL SUO STUDIO 001 212 (omissis)».
10 novembre 1992
La Corte Costituzionale dichiara inammissibile la questione di legittimità proposta.
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«17,10 ROVELLI DA RICHIAMARE ALL'UFFICIO DI LUGANO».
16 novembre 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
«X LA SIG.RA ROVELLI: L'AVV. È A CASA DALLE 21,00 IN POI».
24 novembre 1992
La Corte Costituzionale deposita la sentenza del 10 novembre 1992.
25 novembre 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «17,05 ROVELLI».
26 novembre 1992
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «FAX ROVELLI (omissis)».
Udienza di rinvio per improcedibilità ricorso.
15 marzo 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: « 17,55 ROVELLI».
19 marzo 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta:
17,55 ROVELLI (URGENTE BISOGNO DI PARLARE).
22 marzo 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «11,20 ROVELLI».
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «18,10 ROVELLI».
Ore 19,30: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama Studio Avv. PREVITI C.
Ore 19,52: l'utenza in uso a ROVELLI Felice chiama studio Avv. PREVITI C.
23 marzo 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: « 11,05 ROVELLI».
24 marzo 1993
Ore 12,37: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama Studio Avv. PREVITI C.
Ore 17,26: l'utenza 0337-277519 in uso a ROVELLI Felice chiama SQUILLANTE Renato.
25 marzo 1993
Udienza di rinvio innanzi alla Corte di Cassazione per il ricorso IMI.
Annullamento archiviazione.
30 marzo 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «17,40 ROVELLI».
1 aprile 1993
La Corte di Cassazione, in sede penale, annulla con rinvio il provvedimento di archiviazione del GIP.
2 aprile 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «16,45 ROVELLI - RICHIAMAVA A CASA»
Sentenza Cassazione decisiva della causa.
12 maggio 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «17,15 ROVELLI A NEW YORK IN UFFICIO».
14 maggio 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «10,40 ROVELLI».
25 maggio 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «10,30 ROVELLI A LUGANO».
27 maggio 1993
La Corte di Cassazione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, dichiara improcedibile il ricorso IMI. Si esaurisce la vicenda in sede civile.
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «11,20 ROVELLI (TRA MEZZ'ORA)».
Ritrovamento in anonimo della procura IMI.
1 giugno 1993
Perviene Corte di Cassazione, in anonimo, l'originale della procura speciale IMI.
2 giugno 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
«MESSAGG. = SEGRETERIA DELL'ING. ROVELLI-RICHIAMERA».
8 giugno 1993
la Corte di Cassazione trasmette alla Procura della Repubblica la procura speciale IMI.
9 giugno 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: « 16,00 ROVELLI (CHIAMARE A NEW YORK IN UFFICIO).
Azione cautelare dell'IMI.
1 dicembre 1993
Arcuti chiede al P.M. azione cautelativa sulle somme dovute dall'IMI.
7 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «FELICE».
9 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato:
«ROVELLI (IN UFFICIO A NEW YORK; 18,20 ROVELLI».
10 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «16,10 ROVELLI (RICH. IN UFF.)».
13 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: « 17,40 ROVELLI (CHIAMARE IN UFFICIO A NEW YORK)».
20 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «16,50 ROVELLI».
22 dicembre 1993
L'istanza cautela viene rigettata.
28 dicembre 1993
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «18,35 ROVELLI».
Archiviazione procedimento procura IMI.
18 gennaio 1995
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta annotato: «16,45 ROVELLI (A NEW YORK)».
19 gennaio 1995
Il GIP pronuncia sulla richiesta di archiviazione.
20 gennaio 1995
Sull'agenda sequestrata a PACIFICO risulta: «16,15 ROVELLI (RICH. A NEW YORK)».
ANALISI DEL PERIODO GENNAIO MARZO 1992.
Come si può constatare i contatti tra Felice ROVELLI e gli altri coindagati sono frequenti e costanti per tutti il periodo che abbraccia l'iter della controversia giudiziaria. La vera natura dei loro rapporti e del perché dovessero essere in contatto tra di loro si ricava, ad avviso del Pubblico Ministero, dall'analisi del periodo a ridosso delle giornate del 29 e 30 gennaio 1992.
Di seguito si riporta la tabella (con l'avvertenza che essa ricomprende anche persone - ovvero società riferibili a persone - non indagate) da cui si evidenzia che:
Felice ROVELLI aveva la disponibilità materiale del cellulare intestato alla società LA FULVIA SPA;
era a Roma dove alloggiava presso l'Hotel Hassler di Piazza Trinità dei Monti;
aveva la disponibilità materiale nei giorni 10 - 11 - 12 e 13 febbraio 1992 del cellulare nr. 0337/ (...) del prof. Mario ARE (si veda in proposito il verbale di sommarie informazioni testimoniali del 28 ottobre 1996 ed altresì il prog. 125 annotazione: ore 11.40 Felice 0337/(...));
Il Pubblico ministero mette poi in evidenza che alcuni cellulari intestati a EDICOGI Srl e PESCHIERA EDILIZIA Srl (del gruppo CALTAGIRONE) erano nella materiale disponibilità di Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e della moglie ROVELLI Rita, così come emerge dalle dichiarazioni e dalla documentazione prodotta dall'amministratore delle società - sig. Maurizio PENNESI.
Ad avviso di questo giudice, però la circostanza non assume inequivoco valore indiziario. Vero è che risultano contatti tra queste utenze cellulari e lo studio dell'avv. Acampora; vero è però che l'avv. Acampora era ed è tuttora legale dei Caltagirone e pertanto i contatti telefonici ben possono trovare spiegazione in questo rapporto professionale.
In ogni caso anche questi contatti vengono citati (dovendosi osservare che in determinati periodi figurano contatti con l'abitazione privata di Squillante), al pari di altri con persone non indagate per i fatti in contestazione, per consentire all'accusa di sviluppare le propria tesi e alla difesa di formulare rilievi, dai differenti punti di vista.
Questo il tabulato dei rapporti significativi ( secondo lo sviluppo delle tesi accusatorie) riguardanti gli indagati, con la precisazione che - a tutela della riservatezza - si omette l'indicazione del numero di utenza poiché alcune utenze sono ancora nella disponibilità dei soggetti richiamati nello schema (identica avvertenza vale per i numeri citati in precedenza): per una verifica dell'esattezza dei richiami si rimanda alla documentazione in atti , con la precisazione che quando compare il nome di Pompili Silvana, il riferimento è a Previti, atteso che la signora è moglie dell'avv. Previti, ed è ragionevolmente ipotizzabile, visti i destinatari delle telefonate, che fosse proprio Previti a telefonare.
Di seguito verranno evidenziati i contatti ritenuti, dal Pubblico Ministero rilevanti per l'individuazione del quadro indiziario.
In data 21 gennaio 1992, (progr. 15 e 16) ROVELLI Felice contatta dall'utenza 0337/(...) (La Fulvia Srl) le utenze di PACIFICO: alle ore 22.22 dapprima l'ufficio (06/...) e poi alle ore 22.23 l'abitazione (06/...).
In data 22 gennaio 1992 (progr. nr. 18) ROVELLI Felice contatta alle ore 08.54 l'abitazione di SQUILLANTE Renato (06/...). La conversazione dura 68 secondi.
In data 25 gennaio 1992 (progr. 28) ROVELLI chiama, impegnando la cellula di Milano (002), l'abitazione di PACIFICO Attilio (06/...).
In data 28 gennaio 1992 (progr. 31) ROVELLI è a Roma, così come risulta dalle presenze rilevate presso l'Hotel Hassler e dalla cellula (MSC) impegnata dall'utenza radiomobile per le telefonate in partenza. Alle ore 10.49 ROVELLI chiama l'ufficio di PACIFICO (143 secondi di conversazione).
In data 28 gennaio 1992 (progr. 33) alle ore 14.16 dall'utenza cellulare 0337/... intestato a PESCHIERA EDILIZIA Srl, in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e alla moglie ROVELLI Rita, parte una telefonata diretta all'utenza nr. 06/... installata presso l'abitazione di SQUILLANTE Renato. Durata della conversazione 128 secondi.
In data 28 gennaio 1992 ROVELLI contatta le seguenti utenze:
prog. 34 - alle ore 14.31 (224 secondi) chiama l'abitazione di PACIFICO;
prog. 37 - alle ore 17.01 (16 secondi) chiama l'abitazione di SQUILLANTE;
prog. 39 - alle ore 17.34 (35 secondi) chiama l'abitazione di SQUILLANTE;
prog. 40 - alle ore 17.35 (19 secondi) chiama l'ufficio di PACIFICO (si evidenzia che nei block notes sequestrati a PACIFICO vi è l'annotazione «ore 17.35 FELICE» - vds. prog. 41 - che trova perfetta coincidenza che le risultanze del traffico telefonico acquisito).
prog. 42 - alle ore 18.28 (95 secondi) chiama l'ufficio di PACIFICO;
prog. 43 - alle ore 18.49 (240 secondi) chiama l'utenza dell'avv. ARE;
prog. 44 - alle ore 18.54 (48 secondi) chiama l'utenza di tale LUPI Paolo (si evidenzia che la medesima utenza è annotata anche su una rubrica di PACIFICO Attilio con la specificazione «autista»);
prog. 45 - alle ore 19.39 (38 secondi) chiama l'utenza dell'avv. ARE;
prog. 53 - alle ore 23.37 (87 secondi) chiama l'utenza dell'avv. ARE;
In 29 gennaio 1992, si l'udienza presso la Suprema Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile. In questa sede verrà sollevato il problema della mancanza della procura speciale.
Sulle agende sequestrate a PACIFICO si legge. «ordine cause e presumibile orario causa Felice» annotato proprio il 29 gennaio 1992 (prog. 58)
Il 29 gennaio 1992 si registrano le seguenti telefonate:
prog. 59 - l'utenza 0337/... intestata ad ACAMPORA Giovanni contatta l'utenza di ROVELLI Felice (0337/...). La conversazione è delle ore 08.50 e dura 57 secondi.
prog. 62 - dall'utenza nr.0333/... (EDICOGI Srl) installata sull'autovettura alfa 164 in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita, alle ore 13.10, parte una telefonata (da Milano) diretta ad ACAMPORA Giovanni (utenza 06/...).
prog. 65 - dall'utenza nr. 0337/... (EDICOGI Srl) in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita, alle ore 15.16 parte una telefonata (da Milano) diretta a SQUILLANTE Renato della durata di 32 secondi. Si evidenzia che già in precedenza erano state rilevate telefonate tra utenze della EDICOGI Srl e della PESCHIERA EDILIZIA Srl (entrambe riconducibili a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE coniugato con ROVELLI Rita) che contattavano utenze di ACAMPORA Giovanni, in questo caso però il contatto avviene con il numero dell'abitazione di SQUILLANTE Renato. In merito alle due società e all'utilizzo degli apparati telefonici si richiama il contenuto delle sommarie informazioni rese da PENNESI Maurizio - amministratore di entrambe le società.
prog. 66 - (ore 15.49 - 65 secondi). ROVELLI contatta l'avv. ARE.
prog. 67 - (ore 15.57 - 162 secondi). L'avv. ARE contatta ROVELLI.
prog. 69 - (ore 16.51 - 119 secondi). L'avv. ARE contatta ROVELLI.
prog. 70 - (ore 17.42 - 52 secondi). Dal cellulare intestato a MIDOLO Serenella (moglie di PACIFICO) viene contattato SQUILLANTE.
prog. 71 - (ore 18.01 - 16 secondi). Dal cellulare intestato a MIDOLO Serenella (moglie di PACIFICO) viene contattata nuovamente l'abitazione di SQUILLANTE.
prog. 72 - (ore 18.09 - 103 secondi). Dal cellulare intestato a POMPILI Silvana (moglie di PREVITI) viene contattato SQUILLANTE Renato.
prog. 73 (ore 18.26 - 93 secondi). L'avv. ARE contatta ROVELLI
prog. 74 (ore 18.37 - 48 secondi). L'avv. ARE contatta ROVELLI
prog. 76 (ore 19.34 - 20 secondi). ROVELLI contatta PACIFICO in ufficio.
prog. 78 (ore 21.10 - 28 secondi). ACAMPORA chiama ROVELLI.
prog. 79 (ore 22.00 - 48 secondi). ROVELLI contatta l'avv. ARE.
prog. 81 (ore 22.13 - 103 secondi). L'avv. ARE contatta ROVELLI
prog. 82 (ore 22.23 - 11 secondi). ROVELLI contatta l'avv. ARE.
Il 30 gennaio 1992 si registrano le seguenti telefonate:
prog. 85 e 86 (ore 09.31 e 09.32). ARE contatta ROVELLI.
prog. 90 (ore 17.32 - 23 secondi). ROVELLI contatta l'ufficio di PACIFICO (la segretaria annotata sul block notes prog. 92): «ore 17.35 ROVELLI richiamare al telefonino»);
prog. 91 (ore 17.34 - 267 secondi). Dall'utenza della PESCHIERA EDILIZIA (0337/...) in uso a CALTAGIRONE e ROVELLI Rita parte una telefonata diretta all'abitazione di SQUILLANTE.
prog. 93 (ore 17.35 - 120 secondi). ROVELLI contatta l'avv. ARE. Pochi minuti prima (17.32) ROVELLI aveva contattato PACIFICO (prog. 91).
prog. 94 (ore 18.39 - 46 secondi). ROVELLI contatta l'abitazione di SQUILLANTE.
prog. 97 (ore 00.11 del 31 gennaio 1992 - 66 secondi). ROVELLI contatta l'avv. ARE.
prog. 98 (ore 00.13 del 31 gennaio 1992 - 33 secondi). ROVELLI contatta l'Hotel Hassler.
prog. 99 (ore 01.02 del 31 gennaio 1992 - 30 secondi). ROVELLI chiama un taxi. Pare verosimile ritenere che non fosse in albergo così come testimoniato dalla telefonata allo stesso e alla richiesta di un taxi. Significativo appare altresì il fatto che alle ore 00.11 venga chiamato l'avvocato ARE, si può quindi presumibilmente ritenere che fosse in corso un incontro il cui oggetto era proprio la vicenda giudiziaria.
Il 31 gennaio 1992 si registrano le seguenti telefonate:
Oltre alle tre telefonate effettuate poco dopo la mezzanotte del 30 gennaio 1992, di cui si è fatto cenno sopra costituendo un naturale prolungamento della giornata del 30 gennaio 1992, si evidenziano le seguenti:
prog. 101 (ore 08.26 del 31 gennaio 1992 - 107 secondi). ROVELLI chiama l'abitazione di PACIFICO. Si evidenzia che nella stessa mattinata sono state contattate una utenza elvetica di Lugano ed il nr. 06/.. (verosimilmente una società di taxi). La prima chiamata quindi della mattina del 31 gennaio 1992 è diretta a PACIFICO
prog. 104 (ore 08.35 - 46 secondi). ARE contatta ROVELLI.
prog. 106 (ore 10.21 - 21 secondi). Dall'utenza della PESCHIERA EDILIZIA (0337/...) in uso a CALTAGIRONE e ROVELLI Rita parte una diretta all'avv. ACAMPORA. Telefonata in partenza da Milano.
prog. 107 (ore 10.50 - 54 secondi). ARE contatta ROVELLI
prog. 109 (ore 11.16 - 25 secondi). ROVELLI chiama lo studio PACIFICO (si evidenzia che - prog. 108 - la segretaria di PACIFICO annota con estrema precisione: ore 11.15 - ROVELLI - Richiamare al telefonino è urgente»)
prog. 112 (ore 15.34 - 85 secondi). ARE contatta ROVELLI (prog. 116 (ore 16.53 - 7 secondi). Dall'utenza della PESCHIERA (CALTAGIRONE/ROVELLI Rita) da Milano, parte una chiamata diretta all'avvocato ACAMPORA.
31 gennaio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler. Telefonate del 5 febbraio 1992 e 7 febbraio 1996 rilevate dalle annotazioni sulle agende e block notes di PACIFICO prog. 118 e 119) si evince che lo stesso era a New York.
Il 10 febbraio 1992: ROVELLI alloggia nuovamente all'Hassler e si registrano le seguenti telefonate:
prog. 122 e 123 (ore 09.46 - 2 secondi e 09.50 - 18 secondi): dall'utenza EDICOGI (0333/...) installata sull'alfa 164 in uso a Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e ROVELLI Rita (vds. sommarie informazioni testimoniali di PENNESI Maurizio - amministratore EDICOGI e PESCHIERA EDILIZIA), partono due chiamate da Milano dirette all'avv. ACAMPORA
prog. 124 e 125 (ore 11.31 - 12 secondi e 11.40 - 36 secondi). Dall'utenza telefonica dell'avv. ARE (0337/...) viene chiamato due volte l'ufficio di PACIFICO. Il cellulare in questione era nella disponibilità di ROVELLI Felice, così come emerge dalle dichiarazioni rese dall'avv. ARE (vds. assunzione di informazioni) e dalla annotazione riportata dalla segretaria di PACIFICO che scrive «ore 11.40 FELICE 0337-...» (prog. 125). Considerate le dichiarazioni rese dall'avv. ARE e soprattutto dal contenuto dell'annotazione richiamata, tutte le telefonate del 10 e 11 febbraio 92 in entrata ed in uscita da quel cellulare saranno ricondotte all'indagato FELICE ROVELLI.
prog. 127 (ore 11.52 - 52 secondi), come già detto per i progressivi 122 e 123, dall'utenza EDICOGI (CALTAGIRONE/ROVELLI) parte una chiamata diretta all'avvocato ACAMPORA. Telefonata in partenza da Milano (cellula 002)
prog. 128 (ore 13.48 - 8 secondi). ROVELLI (dal cellulare ARE) chiama lo studio PACIFICO
prog. 129 (ore 19.51 - 14 secondi). ROVELLI (dal cellulare ARE) chiama l'abitazione di SQUILLANTE
12 febbraio 1992. Viene depositata l'ordinanza relativa all'udienza del 29 gennaio 1992.
prog. 133 (ore 09.19 - 27 secondi). Dall'utenza della PESCHIERA EDILIZIA (0337...) - impegnando la cellula di Milano, viene chiamato ACAMPORA.
prog. 134 (ore 10.26 - 68 secondi). ROVELLI (dal cellulare ARE) chiama ACAMPORA
prog. 135 (ore 11.01 - 160 secondi), da Milano e da una utenza della PESCHIERA EDILIZIA viene contattata l'utenza di ACAMPORA
prog. 136 (ore 18.54 - 43 secondi). ROVELLI (dal cellulare ARE) chiama l'abitazione di SQUILLANTE
prog. 137 e 138 (ore 11.21 - 176 secondi e ore 12.19 - 244 secondi), da Milano e da una utenza della PESCHIERA EDILIZIA vengono fatte due telefonate dirette ad ACAMPORA.
13 febbraio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
17 febbraio 1992 ROVELLI rientra in Italia ed alloggia all'Hassler. Si registrano le seguenti telefonate:
prog. 144 (ore 12.30 - 121 secondi), ROVELLI chiama ACAMPORA.
prog. 145 (ore 16.38 - 103 secondi), ARE contatta ROVELLI.
prog. 146 (ore 16.41 - 30 secondi), immediatamente dopo la telefonata di cui al prog. 145, ROVELLI chiama lo studio di PACIFICO. Diligentemente la segretaria annota: «ore 16.45 ROVELLI o qui 0337... oppure all'Hassler» (prog. 147).
18 febbraio 1992
prog. 153 (14.35 - 147 secondi) - ROVELLI chiama SQUILLANTE a casa.
prog. 154 (15.55 - 471 secondi ) - ROVELLI chiama ARE.
18 febbraio 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
25 marzo 1992 ROVELLI alloggia all'Hotel Hassler. Si registrano le seguenti telefonate:
prog. 170 e 171 (ore 11.26 - 20 secondi e 11.27 - 67 secondi) ROVELLI Felice contatta il nr. 06/...intestato al Tribunale di Roma - piazzale Clodio.
Dalla rubrica sequestrata all'indagato PACIFICO si rileva che tale utenza, unitamente alla nr. ..., è riportata a fianco del nominativo «RENATO», che deve a questo punto intendersi come RENATO SQUILLANTE.
prog. 172 (ore 11.33 - 36 secondi) ROVELLI chiama tale LUPI (vds. altresì prog. 44), taxista il cui nome - come già evidenziato - compare anche su una rubrica di PACIFICO
prog. 175 (ore 12.59 - 58 secondi) ROVELLI contatta l'utenza del Tribunale di Roma di Piazzale Clodio in uso a «Renato» (così come già detto per i progressivi 170 e 171).
26 marzo 1992
prog. 180 (ore 15.12 - 45 secondi) ROVELLI chiama l'avv. ARE;
prog. 181 (ore 15.25 - 23 secondi) ROVELLI richiama l'avv. ARE;
prog. 182 (ore 15.26 - 33 secondi) ROVELLI chiama SQUILLANTE a casa (immediatamente dopo la telefonata con l'avv. ARE - prog 181).
26 marzo 1992 ROVELLI lascia l'Hotel Hassler.
Con riferimento al traffico telefonico sopra descritto e sviluppato dal Pubblico Ministero, lo stesso Pubblico Ministero fa presente che i dati acquisiti sono quelli attinenti ai contatti tra cellulari (in entrata ed in uscita) e tra cellulari chiamanti e utenze «fisse» riceventi, non essendo possibile acquisire dati sul traffico telefonico tra utenze fisse e tra utenze fisse (chiamanti) e cellulari (riceventi). Nonostante tale limitazione, appare comunque significativo il notevole numero di contatti tra gli indagati.
Non si può fare a meno di sottolineare che l'ing. Felice ROVELLI nelle sue brevi visite romane, tutte concomitanti alle fasi salienti della controversia giudiziaria, ha avuto quasi esclusivamente contatti da un lato con i legali a cui aveva dato mandato e dall'altro con i coindagati. Al riguardo si rinvia ad un esame comparato dello schema sopra riportato con il tabulato del cellulare intestato a LA FULVIA: dal raffronto si può rilevare che ben poche sono le telefonate dirette a terzi e pertanto non menzionate nella presente ricostruzione.
Di non minore interesse sono altresì i contatti di Felice ROVELLI con recapiti telefonici svizzeri riferibili alla sua famiglia ivi residente, ed invero Felice ROVELLI telefona a Lugano subito dopo aver avuto contatti con i coindagati, ed è legittimo ritenere che ROVELLI comunichi alla madre l'evolversi dei fatti.
ANALISI DEL PERIODO APRILE LUGLIO 1992.
Altro periodo sottoposto a particolare analisi dal pubblico ministero è quello relativo ai mesi aprile-luglio 1992 (13 luglio 1992) data della prima archiviazione del procedimento penale relativo alla scomparsa della procura speciale: si evidenziano i seguenti contatti:
ULTERIORI SVILUPPI DEL TRAFFICO TELEFONICO.
Una conferma della significatività indiziaria dei contatti tra gli indagati si ritrova nelle ulteriori acquisizioni di tabulati relativi al traffico telefonico sulle utenze 0337-... intestata a MIDOLO (moglie di Pacifico Attilio) 0337-... , intestata a PACIFICO ATTILIO, 06-... parimenti intestata a PACIFICO (si veda la documentazione prodotta dal P.M. ad integrazione degli atti in data 5 dicembre 1996, della richiesta Battistella - Rovellli). Particolare importanza assume anche il fatto che le telefonate annotate sull'utenza n. 0337-... intestata al prof. Are, sono da ascriversi a Felice Rovelli poiché il cellulare era stato concesso in uso a Felice Rovelli durante il suo soggiorno a Roma tra il 10 e il 14 febbraio 1992 (si veda lettera dell'avv. Are in data 22 novembre 1996 con allegato tabulato delle telefonate e si ricordi che tra l'11 e il 12 febbraio 1992, data in cui avviene il deposito dell'ordinanza della Corte, tale utenza chiama Pacifico, Acampora, Squillante).
Assumono importanza non solo i frequenti contatti con alcuni dei coindagati in coincidenza con gli eventi significativi del processo, ma anche l'assenza o comunque la notevole riduzione di contatti nei periodi in cui non vi erano movimenti processuali importanti.
Si vedano, a titolo di esempio, e rimandando all'integrale lettura dei tabulati depositati:
20 novembre 1990 ore 8,32 l'utenza 0337-...chiama l'utenza intestata a Felice Rovelli in Lugano; durata della conversazione 314";
21 gennaio 1992 con l'utenza 06-... avvengono i seguenti contatti:
ore 13,30 chiama Acampora per 13"
ore 22,22 chiama La Fulvia per 22"
27 gennaio 1992 con la stessa utenza avvengono i seguenti contatti:
ore 18,39 con l'utenza cellulare 0337-... intestata a Pompili Silvana ( moglie di Previti), via Cicerone 60, Roma: durata 247"
Ore 18,44, come sopra per 30"
Ore 19,19 con utenza cellulare intestata ad Acampora per 60"
28 gennaio 1992 stessa utenza
ore 10,05 con cellulare Acampora per 7"
ore 10,13 come sopra per 6"
ore 10,49 con La Fulvia per 143"
ore 17,35 come sopra per 19"
ore 18,28 come sopra per 95"
29 gennaio 1992 stessa utenza;
ore 18,12 con cellulare Pompili Silvana per 17"
ore 19,20 con Acampora per 36"
ore 19,34 con La Fulvia per 20"
Dal tabulato dell'utenza n. 0337-... emergono i seguenti contatti
29 gennaio 1992:
ore 17,42 chiama Squillante Renato: durata della conversazione, 52»
ore 17,44 chiama lo studio Acampora: durata 79"
ore 18,01 chiama Squillante Renato: durata 16".
I contatti nei giorni vicini all'udienza del 29 gennaio 1992 sono particolarmente significativi poiché non va dimenticato che fin dall'8 marzo 1991 il prof. Me era già a conoscenza della mancanza in atti della procura speciale alle liti IMI e ne aveva informato Felice Rovelli, invitandolo a tenere la notizia riservata poiché la circostanza sarebbe stata decisiva per la vittoria nella causa.
Non vi era, quindi, per Felice Rovelli, plausibile motivo per tenere contatti con altre persone per informarsi su questioni attinenti la causa, a meno di non pensare che egli diffidasse delle capacità professionali del prof. Are; in tal caso, però sarebbe stato ragionevole aspettarsi una revoca del mandato difensivo e non la conferma della piena fiducia in lui e nel prof. Giorgianni.
ULTERIORI ACQUISIZIONI INDIZIARIE
Si deve ancora prendere atto di un'annotazione contenuta nella agenda 1993 di PACIFICO riferibile alla giornata del 7 dicembre 1993: «11.10 CASTELLO: il terzo del collegio è il Cons. APICE e non MARZIALE».
Effettivamente in quella data vi è stata una udienza collegiale innanzi alla Prima - Sezione Civile della Corte d'Appello di Roma ed uno dei membri del collegio era proprio il Consigliere Dr. Umberto APICE.
Sul merito dell'ordinanza si fa rinvio alle dichiarazioni rese sul punto dal prof. ARE in data 28 ottobre 1996 ove a pagina 3 dichiara: «si tratta appunto dell'ordinanza collegiale con la quale è stata respinta l'istanza di sospensione della sentenza della Corte d'Appello di Roma».
Appare chiaro che PACIFICO riceve la notizia dal dr. CASTELLO, dirigente (come è stato accertato nel corso delle indagini) della Cancelleria della Seconda Corte d'Appello di Roma. (cfr. informativa SCO n. 123G/843752/100B/II-3 del 10 maggio 1996).
Non si può sfuggire alla conclusione che tale interessamento da parte di PACIFICO sta ancora una volta a dimostrare, a livello gravemente indiziante, il vero ruolo svolto da quest'ultimo nella vicenda IMI/SIR.
Va considerato che se CASTELLO comunica la notizia il giorno 7 dicembre sta a significare che PACIFICO si era rivolto a lui in un momento antecedente all'udienza fissata per quella data.
Alla luce di questa ulteriore risultanza appaiono ancor più inverosimili le affermazioni di ROVELLI rispetto ai suoi contatti con PACIFICO: informarsi addirittura sulla composizione del collegio non può rientrare nelle «mere consultazioni» asserite da ROVELLI e nemmeno in un ruolo extra giudiziario legato alla vicenda, bensì in una «attività» così come descritta nel capo di imputazione.
6. DICHIARAZIONI RESE DAI COINDAGATI
Il quadro indiziario sopra indicato si arricchisce con la verifica delle dichiarazioni rese dai coindagati PACIFICO ed ACAMPORA
Pacifico nel primo interrogatorio ha scelto di non rispondere alle contestazioni.
Successivamente ha decisamente negato di aver mai svolto attività professionale in relazione alla causa IMI/ROVELLI: nell'interrogatorio del 16 luglio 1996 afferma che le somme percepite non sono legate alla vicenda giudiziaria IMI/SIR, ma sono dovute per prestazioni professionali in favore di Nino Rovelli a partire dall'anno 1979, attività che nulla hanno a che vedere con i fatti in contestazione e non fatturate perché rese all'estero (attività legali e consulenze finanziarie).
Acampora ha parimenti scelto di non rispondere nel corso del primo interrogatorio. Successivamente ha affermato di avere svolto attività professionali in favore di Nino Rovelli dal luglio - agosto 1989 fino alla fine del 1990 e di aver seguito la causa con l'IMI pur se non formalmente officiato, per non urtare la sensibilità dei colleghi incaricati di difendere in giudizio Rovelli, ed anche al fine di tentare di risolvere la vertenza con una definizione transattiva.
Ha affermato di non aver fatturato le prestazioni retribuitegli nel 1994 dagli eredi Rovelli ma di aver regolarizzato il relativo illecito tributario mediante il condono fiscale, dimostrando di aver pagato la corrispondente somma.
Ha anche affermato che Felice Rovelli era pienamente a conoscenza della sua opera professionale in favore del padre.
Ha asserito, infine, che i rapporti con Felice Rovelli erano assolutamente banali; di averlo conosciuto dopo la morte del padre, 5 o 6 mesi dopo, di aver discusso con lui delle sue aspettative; di averlo rivisto il giorno precedente o quello successivo alla sentenza della Cassazione, ove era stato informato della mancanza della procura; di averlo rivisto successivamente poche volte ( 5 o 6), una delle quali al matrimonio della sorella.
Sia PACIFICO che ACAMPORA negano la versione dei Rovelli sulle modalità di richiesta delle somme, contestando che Pacifico abbia «introdotto» ACAMPORA e PREVITI.
Tutte queste dichiarazioni sono in evidente contrasto non solo con le dichiarazioni degli eredi Rovelli, ma anche con la verifica del traffico telefonico e degli incontri intrattenuti tra i coindagati, oltre che con l'assoluta negazione di aver mai sentito parlare di Acampora-Pacifico-Previti da parte di tuffi coloro che seguirono la vicenda IMI/SIR-ROVELLI, sia in sede negoziale, sia in sede processuale.
Il contrasto assume innegabilmente valore indiziario.
È rilevante anche la considerazione che Ingrid Annemarie Eismann, segretaria di Nino Rovelli e della famiglia, dichiari di aver solo sporadicamente sentito il nome di Acampora (uno sola volta) di aver visto qualche volta Pacifico e di non aver mai visto Previti e soprattutto di non aver mai sentito di telefonate tra costoro e Nino Rovelli.
7. Gli sviluppi delle indagini dopo l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Rovelli Felice e Battistella Primarosa.
Le indagini ulteriormente sviluppate hanno fatto emergere ulteriori anomalie, significativamente gravi a livello indiziario, nell'iter procedimentale della controversia civilistica IMI-ROVELLI, ed elementi di responsabilità nei confronti di altri indagati. Ricorda il Pubblico Ministero nella richiesta che, dopo che il Tribunale di Roma - collegio presieduto da Filippo VERDE - con sentenza 31 ottobre 1986 aveva accolto la domanda proposta dagli eredi ROVELLI limitatamente all'an debeatur, disponendo la separazione e la prosecuzione del giudizio sul quantum, con sentenza 13 maggio 1989, il Tribunale di Roma determinò il quantum, e cioè l'importo che IMI doveva corrispondere agli eredi ROVELLI.
La formazione del nuovo collegio giudicante ebbe a subire un'improvvisa modificazione a causa di una singolare circostanza. Infatti, il Presidente del Tribunale di Roma - dr. Carlo Minniti - (cfr. allegato n. 32), che avrebbe dovuto presiedere il collegio - attesa la delicatezza della causa - aveva preventivamente studiato l'incarto processuale formandosi l'idea di dover disporre una nuova perizia per la determinazione del quantum. Di tale circostanza aveva avuto modo di parlare con il dr. Sammarco (Presidente della Corte d'Appello di Roma) precedentemente all'udienza fissata per il 4 aprile 1989. Proprio quel giorno ricevette invece una convocazione telefonica dal Ministero di Grazia e Giustizia (dall'ufficio del Capo di Gabinetto - dr. VERDE o da altro ufficio dello stesso Ministero) per una riunione relativa «all'edilizia giudiziaria». Considerato che proprio quel giorno era in programma la causa IMI SIR tentò di rinviare la convocazione al Ministero ricevendo quale risposta l'improrogabilità della stessa. A questo punto designò la d.ssa Campolongo quale presidente del collegio con l'intesa che ella avrebbe disposto un rinvio per permettere al dr. Minniti di presiedere la causa.
La riunione al Ministero durò circa un'ora, vi prese parte il dr. SAMMARCO e si fece vedere anche il dr. VERDE, e non portò ad alcuna decisione definitiva. Accertamenti svolti dall'ufficio del P.M. hanno permesso di accertare che presso il Ministero non vi è traccia documentale di tale convocazione e della relativa riunione (cfr. allegato n. 33).
È da tener presente che il dott. Minniti era già nel suo ufficio in Tribunale quando gli giunse la convocazione telefonica del Ministero: fece telefonare per avvertire che aveva udienza. Gli fu risposto che la riunione era inderogabile.
Al rientro in Tribunale il dr. MINNITI apprese dalla d.ssa CAMPOLONGO che «la causa era stata ritenuta in decisione» in quanto «gli avvocati avevano insistito e lei era stata costretta a mandarla in decisione».
Premesso ciò si evidenzia che il collegio presieduto da Filippo VERDE emise la sentenza favorevole agli eredi ROVELLI il 31 ottobre 1986, (data di deposito) e appena due mesi dopo, come emerge dalla documentazione acquisita in Svizzera attinente le presenze degli indagati presso l'Hotel Splendide di Lugano, Filippo VERDE si trovò appunto in tale località dal 27 dicembre 1986 al 2 gennaio 1987 occupando più camere. Il soggiorno venne pagato dall'avvocato PACIFICO come risulta dalle annotazioni apposte dall'Hotel sulle ricevute (cfr. allegato nr. 34), anch'egli presente per tutto il periodo.
Una nuova anomalia riguarda l'astensione del presidente di uno dei collegi della Corte di Cassazione che avrebbe dovuto decidere sulla causa.
Nel 1993, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, fu fissata una nuova udienza dalla Suprema Corte di Cassazione per il 18 marzo 1993, e quale Presidente fu designato il dr. Mario CORDA (cfr. allegato n. 36). Attesa la rilevanza della causa il Presidente provvide per tempo, come da prassi, a studiare l'incarto predisponendo un «appunto manoscritto» (cfr. allegato n. 37) nel quale si evidenziavano i punti sui quali la Corte era chiamata a decidere invitando i colleghi a presentarsi «preparati» sui punti in discussione, affrontando la questione della improcedibilità anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, e manifestando tra l'altro la possibilità di modificare la giurisprudenza con il dichiarare ammissibile il ricorso dell'IMI.
L'appunto in questione venne fotocopiato con l'ausilio di una collaboratrice di cancelleria (cfr. allegato nr. 38), inserito in buste chiuse dallo stesso Presidente ed inserito nella casella della posta di ciascun membro del collegio.
Nei primi di marzo del 1993 pervenne un esposto anonimo indirizzato al Presidente dalla Corte di Cassazione nonché al dr. CORDA nel quale, in sintesi, si diceva che quest'ultimo aveva già anticipato il giudizio sulla causa e che copia del manoscritto era a mani dell'anonimo autore (cfr. allegato n. 39).
A seguito ditale missiva il dr. CORDA, con l'animo di continuare a presiedere il collegio, predispose la bozza di una istanza di astensione al Presidente della Cassazione, nella convinzione che sarebbe stata rigettata. Presentò tale minuta al dr. BRANCACCIO che seduta stante e sulla stessa bozza dell'istanza di astensione dispose la sostituzione del dr. CORDA con altro membro del collegio (vds. allegato n. 40). L'udienza venne spostata dal 18 al 25 marzo 1993 e quindi al 27 maggio 93 con l'ulteriore sostituzione del Presidente del collegio.
Non si può dubitare che il manoscritto sia stato consegnato (o comunque letto ad estranei all'amministrazione della Giustizia) da un appartenente all'ordine giudiziario od al Ministero di Grazia e Giustizia (magistrato o collaboratore di cancelleria), con evidente violazione del segreto d'ufficio.
La circostanza è emersa in momento successivo allorquando con un altro anonimo è stata recapitata (1 gennaio 1993) al Presidente della Cassazione la procura speciale privata del margine sinistro e del lembo superiore destro (ove potevano o dovevano essere apposti i timbri del deposito) - (cfr. allegato n. 41). Tale ultima lettera indirizzata ai dr. Brancaccio: Sgroi e Corda recita: «ringrazio per la sensibilità dimostrata per i flitti da me denunciati e per l'astensione che ha permesso di chiudere la partita 3 a 2. Per evitare fastidi a cancellieri e avvocati accusati dai servi dell'IMI restituisco l'originale del documento che ha fatto punire definitivamente il palazzo e tangentopoli».
L'astensione di cui parla l'anonimo era appunto quella del dr. CORDA. Non a caso destinatario della lettera era anche il dr. CORDA che alla data del 1 giugno 1993, (data in cui è stata protocollata in Cassazione) non aveva più nulla a che vedere con la causa IMI I SIR.
Appare evidente dal contenuto dell'anonimo che accompagnava la procura speciale mutilata, che esso proveniva dallo stesso autore o comunque dallo stesso «centro di interessi» che aveva inviato il precedente anonimo che provocò l'astensione del Presidente Corda. Ne segue che la procura speciale era in possesso della persona o delle persone che inviando quel primo anonimo avevano inteso favorire la «parte ROVELLI» nel procedimento in Cassazione. Ciò rende improbabile che la procura speciale non sia stata depositata per mera negligenza (cfr. allegato n. 42 deposizioni dr. Bibolini e dr. Morelli).
L'approfondimento delle indagini ha fatto emergere un altro aspetto, che dimostra generale quale fossero i criteri delle gestione della vicenda processuale da parte di ROVELLI.
Dall'analisi dei tabulati sopra riportati è emerso che la persona che usava il cellulare intestato alla TECHSO (il nome della società risulta nella tabella), l'avv. Francesco BERLINGUER, ha intrattenuto vari contatti telefonici con Renato SQUILLANTE e Felice ROVELLI nei primi mesi del 1992, proprio nel periodo in cui la Corte di Cassazione si riuniva (29 gennaio 1992) e decideva (30 gennaio 1992, ordinanza depositata il 12 febbraio 1992) di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale. Intercorrono ben 16 telefonate in poco più di un mese. Sentito più volte in ordine al contenuto ditali rapporti, l'avv. BERLINGUER (cfr. allegato n. 49), dopo alcune incertezze, rispose che nel corso del 1992 Renato SQUILLANTE gli chiese di incontrarlo e, avuto il contatto, gli chiese di avere un colloquio con Felice ROVELLI. Egli aderì all'invito di SQUILLANTE ed incontrò effettivamente ROVELLI in almeno due o tre occasione, sempre all'hotel Hassler dove alloggiava ROVELLI, in una delle circostanze alla presenza dello SQUILLANTE. BERLINGUER ha riferito: «ROVELLI mi chiese se io potevo avvicinare un membro del collegio della Suprema Corte - la d.ssa Simonetta Sotgiu - per avere notizie da quest'ultima circa l'andamento della causa, ossia quali decisioni avevano in mente di prendere rispetto al ricorso che era stato presentato» ...«Tenga presente che sia SQUILLANTE che ROVELLI hanno insistito a che io avvicinassi la d.ssa Sotgiu». Alla domanda se gli fosse stato promesso qualche cosa da ROVELLI, l'avv. BERLINGUER risponde: «Si, una buona parcella, queste sono le parole usate da ROVELLI, senza peraltro quantificare la cifra» (nella deposizione successiva la cifra viene indicata, salvo errori della memoria, in 500 milioni). «Non ricordo se quando mi ha fatto il discorso della parcella era presente anche SQUILLANTE, ma il fatto che mi erano stati proposti dei soldi da parte di ROVELLI era un fatto conosciuto anche dal magistrato...».
Tra Francesco BERLINGUER e la d.ssa SOTGIU intercorrevano rapporti di amicizia. L'esistenza di tali rapporti è stata confermata dalla stessa d.ssa SOTGIU nel corso della deposizione resa in data 11 giugno 1997, nonché dallo sviluppo del traffico telefonico del cellulare in uso a Francesco BERLINGUER relativamente al periodo che qui interessa (cfr. allegato n. 50)
Dall'utenza in uso all'avv. BERLINGUER viene chiamato, in più occasioni, anche il numero telefonico dello studio professionale di Cesare PREVITI (cfr. allegato n. 51).
Commenta il Pubblico Ministero che «l'intervento di SQUILLANTE, in funzione chiaramente corruttiva e di intermediazione verso magistrati, o comunque persone ad essi vicine, per piegare il contenuto dell'attività giurisdizionale di costoro alla illecita realizzazione di interessi privati, a fronte della promessa e del versamento di somme di denaro, dimostra ulteriormente l'attendibilità delle dichiarazioni dell'ARIOSTO, nella parte in cui costei indica l'alto magistrato come persona che, insieme a Cesare PREVITI ed a PACIFICO, non casualmente coinvolti nella vicenda in esame, svolge una attività corruttiva anche nel senso della intermediazione, nell'interesse di privati, verso altri magistrati del distretto romano, con la conseguenza che la pregnanza accusatoria delle dichiarazioni dell'ARIOSTO nei confronti di Cesare PREVITI viene ulteriormente corroborata e costituisce altro elemento di prova a carico dell'indagato in relazione alla vicenda in esame».
Ad ulteriore conferma ditale assunto il pubblico ministero, nella sua richiesta richiama la vicenda relativa ad un altro magistrato citato dalla ARIOSTO come presente al viaggio NIAF e in casa PREVITI (la sua presenza in casa Previti è attestata anche da Giorgio Casoli), il dott. FILIPPO VERDE.
Senza riprendere la narrazione delle vicende processuali davanti all'autorità giudiziaria di Perugia richiamate dal pubblico ministero (pagg. 21 e 55 richiesta), già descritte anche nella richiesta inviata al Parlamento il 3 settembre 1997, rileva, in questa sede, la scoperta del conto corrente denominato «MASTER 811» acceso da Filippo VERDE presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona.
Dall'esame dei documenti relativi conto svizzero risulta che:
1) il n. di conto è 11606.00», denominato «MASTER 811»;
2) è stato acceso in data 30 aprile 1991;
3) i beneficiari sono VERDE Filippo e la moglie CAPPETTA Anna Maria;
4) PACIFICO Affilio era delegato ad operarvi.
I movimenti di rilievo del conto corrente sono i seguenti (cfr. allegato n. 56).
Accrediti.
il conto, aperto in data 30 aprile 1991, ha registrato in data 2 maggio 1991 un accredito di 500.000.000 di lire (valuta 6 maggio 1991)
un versamento di 246.000 franchi svizzeri (pari a circa 280 milioni di lire) è stato è eseguito in data 31 maggio 1994, verosimilmente per contante.
Addebiti.
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - dc OKAPI pari a lire 50.400.000;
bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - dc OKAPI pari a lire 50.500.000.
Versamento di 500.000.000 di lire (2 maggio 1991).
Il conto corrente è stato aperto con il versamento di 500.000.000 di lire. La contabile trasmessa dalla Società Bancaria Ticinese in relazione a questo conto corrente non riporta alcuna indicazione in ordine alla provenienza della somma.
Dall'esame della documentazione bancaria pervenuta a seguito di rogatoria si è potuto ricostruire, almeno in parte, l'articolata operazione finanziaria che si è conclusa, tra l'altro, con il versamento di 500.000.000 di lire sul conto di VERDE. L'operazione bancaria in questione, pur apparendo allo stato prescindere dai movimenti bancari dei quali è stata riscontrata attinenza con la vicenda IMI/ROVELLI, è tuttavia dimostrativa di collegamenti tra VERDE e Cesare PREVITI.
Schematicamente l'operazione in questione può così riassumersi (2).
(2) Per ragioni espositive i fatti verranno elencati in progressione cronologica:
in data 16 aprile 1991 (valuta 18 aprile) sul conto corrente «Mercier» di PREVITI Cesare (acceso presso la Darier Hentsch di Ginevra) viene accreditata la somma di Lit. 1.800.000.000 proveniente dalla Società di Banca Svizzera di Lugano;
in data 23 aprile 1991 (val. 26 aprile) dal conto «Mercier» viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c «pavoncella» di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 24 aprile 1991 (val. 26 aprile). In data 30 aprile 1991 (val. 30 aprile) PACIFICO preleva la somma di Lit. 500.000.000;
con ordine datato 19 aprile 1991 (val. 19 aprile) dal conto «Mercier» viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore del conto «771 Pavone» di PACIFICO Attilio. Su questo ultimo conto l'importo viene accreditato in data 22 aprile 1991 (val. 22 aprile) nel sottoconto in lire italiane, che in precedenza aveva un saldo pari a zero.
1. Dalle disposizioni impartite da PACIFICO alla banca risulta chiaramente che il bonifico era stato preannunciato telefonicamente e che la somma doveva essere investita a «48h». In pari data (con valuta 24 aprile) la banca investiva l'intera somma in un «deposito fiduciario call 48 ore».
2. In data 30 aprile 1991 PACIFICO dava disposizione alla banca di trasferire Lit. 500.000.000 al conto «811 master» di VERDE con valuta 6 maggio 1991.
3. In data 2 maggio 1991 la banca provvedeva in primo luogo a rimborsare il deposito fiduciario (val. 6 maggio) e quindi a bonificare la somma a favore del conto «811 master» con valuta 6 maggio 1991 come da disposizioni impartite da PACIFICO.
A margine si evidenzia che l'apertura del conto di VERDE è del 30 aprile 1991, data dell'ordine impartito da PACIFICO la cui esecuzione è stata differita di qualche giorno per poter liquidare il deposito fiduciario.
in data 8 maggio 1991 (val. 6 maggio) dal conto «Mercier» viene registrato un ulteriore bonifico di Lit. 250.000.000 diretto alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c «pavoncella» di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 7 maggio 1991 (val. 10 maggio). In data 8 maggio 1991 questa somma è stata trasferita da PACIFICO a favore del conto «Quasar Business» acceso presso la Società di Banca Svizzera di Lugano, verosimilmente dello stesso PACIFICO.
Addebiti di 100.000.000 di lire (settembre-ottobre '93).
Significativi sono i bonifici a favore del dc OKAPI presso la ABN AMRO BANK di Chiasso rispettivamente di 50.400.000 (29 settembre 1993) e 50.500.000 di lire (12 ottobre 1993).
Sul punto si richiamano gli interrogatori ed i documenti prodotti da BOSSERT Alfredo titolare della società «OKAPI» (utilizzata anche in questo caso per le attività di spallonaggio), ed in particolare il verbale del 29 luglio 1997 nel corso del quale ha dichiarato di non conoscere VERDE e di aver eseguito le due operazioni su richiesta dell'avvocato PACIFICO al quale ha poi consegnato l'equivalente in contanti a Lugano (cfr. allegato n. 31).
Le predette operazioni sono di estremo interesse alla luce di quanto specificato nell'ordinanza di custodia cautelare della AG di Perugia a carico di VERDE pagina 7 della richiesta di ordinanza di custodia cautelare, richiamata integralmente dalla conseguente ordinanza): «appena fu notiziato delle indagini del SECIT, Filippo Verde pagò spontaneamente l'importo delle imposte evase e delle soprattasse, che ammontava a 288 milioni di lire. Il versamento fu effettuato il 23 ottobre 1993 presso l'ag. 90 della Banca di Roma, con denaro contante, in mazzette fascettate, estratto da una valigetta. Non v'é traccia della relativa provvista in alcuno dei conti correnti riferibili al Verde che sono stati individuati nel corso delle indagini, all'esito di richieste rivolte a tutti gli istituti di credito operanti sul territorio nazionale».
Per pagare le imposte e le pene pecuniarie VERDE ha fatto rientrare in Italia somme depositate all'estero pari a 100 milioni di lire previo un parziale disinvestimento), per il tramite di PACIFICO e BOSSERT.
Dell'ulteriore somma di 188 milioni di contante nulla si conosce. Il fatto che non sia stata individuata la fonte ditale disponibilità giustifica il sospetto che VERDE fosse titolare di altri rapporti bancari all'estero.
Seconda operazione di versamento.
A distanza di soli sette mesi (31 maggio 1994) dal prelievo di cui al paragrafo precedente, sul conto «Master 811» viene eseguito un versamento di 246.000 FrS (circa 280 milioni di lire).
Il pubblico ministero, nel descrivere gli sviluppi investigativi evidenzia, preliminarmente, che non sono stati accertati redditi o comunque altri proventi tra la fine dell'ottobre 93 (data in cui Verde ha «dato fondo» a tutte le sue disponibilità finanziarie in Italia, facendo rientrare anche somme dall'estero) ed il maggio 94 (data del versamento). In particolare dall'ordinanza di custodia cautelare di Perugia si rileva che l'ultima operazione immobiliare ricondotta a VERDE risale al 30 gennaio 1992, (vendita dell'immobile di via Albimonti in Roma).
Nello stesso periodo del versamento sul conto «Master 811», PACIFICO Affilio ha ricevuto i seguenti bonifici disposti da Felice ROVELLI per il tramite dell'avv. Rubino MENSCH, in relazione alla vicenda IMI/ROVELLI:
A seguito di rogatorie internazionali venivano acquisiti i documenti bancari relativi ai movimenti dei sottonotati conti «Emco AG» - «Codava» e «Alvaneu Anstalt», così schematizzabili:
Immediatamente dopo l'accredito dei bonifici di ROVELLI, Attilio PACIFICO ha provveduto a prelevare pari importi per contanti.
Contemporaneamente a queste operazioni PACIFICO ne ha eseguito altre sugli altri conti correnti provvedendo ad esempio a bonificare a favore di BOSSERT l'equivalente di 300 milioni (13.04 e 14 aprile 1994, rispettivamente per 100 e 200 milioni) per il successivo trasferimento del contante in Italia (cfr. allegato n. 31 - deposizione BOSSERT).
In conclusione all'epoca del versamento sul conto «Master 811», PACIFICO stava «distribuendo» le somme provenienti da ROVELLI, eseguendo tutte le operazioni con estrema accortezza, ossia prelevando contante dai suoi conti svizzeri oppure disponendo il trasferimento di contante m Italia per il tramite di Bossert.
Interrogato su queste movimentazioni PACIFICO non ha mai inteso fornire alcuna spiegazione, soprattutto con riferimento alle persone destinatarie delle somme.
In data 31 maggio 1994 si è accertato che PACIFICO Attilio:
soggiornava presso l'Hotel Splendide di Lugano: dalla ricevuta dell'albergo si rileva che ha occupato le stanze 653 e 656 dal 29 maggio 1994 al 31 maggio 1994 (cfr. allegato n. 59);
accedeva ai locali del casinò in data 29 maggio 1994 e 30 maggio 1994 (cfr. allegato n. 60);
si presentava presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona in data 31 maggio 1994, ove dava disposizione per l'investimento di 243.844,25 FrS in «SBC Money Market Fund» proprio sul conto «MASTER 811» - cfr. allegato n. 54 relativa contabile con specifico riferimento alle disposizioni d'acquisto - operazione contabilizzata dalla banca solo il successivo 3 giugno 1994;
eseguiva presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona un versamento di 128.000 FrS accreditandoli sul dc «771 Pavone», di cui era beneficiario economico lo stesso PACIFICO (contabile rif. n. 36579) - (cfr. allegato n. 61);
verosimilmente, eseguiva anche il versamento di 246.000 FrS sul conto «Master 811» (contabile rif. n. 36589: ossia solo dieci operazioni dopo il versamento di 128.000 FrS sul conto di PACIFICO). La ricevuta bancaria non reca la firma di chi ha eseguito l'operazione.
Tutto ciò premesso il pubblico ministero sviluppa le seguenti conclusioni:
VERDE non disponeva di 280 milioni in contanti in Italia;
PACIFICO non ha provveduto al trasferimento di questa somma verso la Svizzera. Anche ammettendo che le dichiarazioni degli indagati siano vere, mai avrebbe svolto una simile operazione perché nello stesso periodo stava riportando somme in Italia e quindi avrebbe eseguito una «compensazione» trattenendo per sé il contante ricevuto in Italia, bonificando una pari somma da uno dei suoi conti svizzeri a favore di quello di VERDE: evitando il movimento dalla Svizzera all'Italia del contante di sua pertinenza e quello dall'Italia alla Svizzera del contante di VERDE avrebbe ottenuto altresì un doppio risparmio sulle provvigioni dei «corrieri»;
PACIFICO in quel periodo stava «distribuendo» la somma proveniente dai ROVELLI.
A tali elementi si aggiunga poi che il conto di Filippo VERDE viene «creato» con una provvista proveniente dal conto di Cesare PREVITI.
Sulla scorta dei dati disponibili la deduzione del pubblico ministero si presenta fornita di un elevato grado di probabilità.
Nella stessa prospettiva motivazionale, e a riprova della validità dell'ipotesi accusatoria elaborata sulle dichiarazioni della teste ARIOSTO, va ricordata la posizione di RENATO SQUILLANTE.
Va ricordato, in generale, che egli disponeva della somma di lire 9 miliardi circa alla data del 7 febbraio 1996, prelevata precipitosamente in contanti dal figlio e dalla nuora dopo la scoperta di una microspia in un bar di Roma frequentato dal dott. Squillante. Vanno ricordati gli acquisti immobiliari (si veda provvedimento di sequestro in atti).
Vanno, più specificamente evidenziati i seguenti dati di fatto, richiamati dal P.M. nella sua richiesta.
In primo luogo dalla documentazione bancaria risulta un rapporto di conto corrente acceso dal predetto presso la Banca Commerciale di Lugano in data 20 gennaio 1987. La titolarità del conto è adeguatamente mascherata: esso è intestato a IBERICA DEVELOPMENT SA, l'amministratore della società e del conto è tale avv. Rubino MENSCH, e soltanto da un fogliettino manoscritto, intitolato «Promemoria interno» e datato 18 febbraio 1987, si apprende che avente diritto economico del conto «è il signor Renato SQUILLANTE, magistrato a Roma» (cfr. allegato n. 63). La circostanza non avrebbe particolare rilievo se della Banca Commerciale di Lugano non fosse azionista la famiglia ROVELLI e se l'avv. MENSCR non fosse colui che dagli inizi degli anni ottanta cura gli interessi della famiglia ROVELLI.
In secondo luogo risulta che nel periodo immediatamente successivo ai versamenti da parte dei ROVELLI ad ACAMPORA, PACIFICO e Cesare PREVITI degli oltre sessantasei miliardi di cui si tratta costituenti il compenso per la complessiva attività di corruzione (e relative mediazioni), Renato SQUILLANTE ha ricevuto bonifici o versamenti in contante per complessivi FrS 780.000 sui suoi conti correnti aperti presso la Società Bancaria Ticinese per l'esattezza sono stati versati 100.000 FrS il 20 di giugno, 425.000 FrS il 29 di luglio, 127.500 FrS il 2 e 127.500 FrS il 3 di agosto). Il controvalore in lire ammonta a più di 920 milioni. Nulla si è acquisito documentalmente, al momento, in ordine alla provenienza e alle modalità del versamento, ma è significativa la circostanza che Pacifico riceve, in data 24 giungo 1994 850.000, FrS dai ROVELLI, e preleva o bonifica rispettivamente il corrispondente di 530.000 franchi il 5 di luglio e 127.050 franchi l'8 di luglio. (cfr. allegato n. 64).
b) l'interrogatorio di CESARE PREVITI.
La vicenda processuale in esame presenta una particolarità non abitualmente riscontrabile in altri procedimenti.
La presentazione al Parlamento della richiesta di autorizzazione a procedere, ritenuta irricevibile dalla Camera dei Deputati, ha messo in condizione l'indagato di conoscere integralmente il contenuto delle accuse nei suoi confronti e quindi di predisporre le proprie complete difese.
L'esistenza di un procedimento a proprio carico, gran parte del contenuto delle accuse e delle fonti indiziarie, l'esperimento di rogatorie e il loro parziale esito, erano già note allo stesso indagato, per avere egli tramite i suoi difensori) partecipato all'incidente probatorio per l'escussione della teste Ariosto, per avere proposto opposizione alle stesse rogatorie e per la pubblicità esterna data dapprima all'arresto del dott. Squillante e dell'avv. Pacifico il 12 marzo 1996 (vicenda contestata al capo a), e, successivamente, all'arresto degli avvocati ACAMPORA e PACIFICO il 17 maggio 1996 e di FELICE ROVELLI (vicenda contestata al capo b), nonché di alcuni dei familiari di Renato Squillante per il reato di favoreggiamento reale.
Notevole è stato il rilievo pubblico delle vicende in esame, come lo stesso PREVITI fa presente (esponendo, al riguardo, le sue critiche) nella memoria depositata il 18 settembre.
Si può quindi affermare che , seppure parzialmente in una forma impropria, un contraddittorio era già esistente prima dello svolgimento dell'interrogatorio del 23 settembre davanti ai pubblici ministeri Dott. Boccassini e Colombo.
Puntuali difese, inoltre, l'indagato aveva potuto svolgere tramite i propri difensori in sede di opposizione alle richieste di proroga delle indagini preliminari notificategli.
Con l'interrogatorio del 23 settembre 1997 il contraddittorio con l'accusa si è potuto pienamente e direttamente esercitare.
Nell'interrogatorio l'on.le PREVITI ha prima di tutto eccepito la mancanza di contestazioni specifiche e la pretesa dell'accusa di operare un'inversione dell'onere della prova.
Nel merito ha sostanzialmente sostenuto le seguenti tesi.
A) quanto al capo a) si è prestata fede cieca alle dichiarazioni della ARIOSTO platealmente smentite dall'incidente probatorio e dalle attività difensive svolte ai sensi dell'articolo 38 disp. att. e documentate sia nel corso dell'incidente probatorio, sia nell'immediato seguito, sia attraverso denunce per calunnia, falso e diffamazione nei confronti della stessa ARIOSTO, presentate anche da altre persone chiamate in causa a vario titolo dalla donna. Di questa attività PREVITI lamenta che non vi è stata, da parte dell'organo di accusa, piena rispondenza e adeguato seguito.
Non spetta a questo giudice rispondere a quest'ultima accusa di PREVITI.
Nell'esposizione relativa al capo A) si è dato conto dei contrasti esistenti tra le affermazioni della teste e le contrarie risultanze difensive e si è esposto il complessivo valore indiziario degli elementi posti a fondamento delle considerazioni finali sull'esistenza di gravi indizi di colpevolezza.
B) Quanto al capo B) l'on.le PREVITI sostiene, in sintesi quanto segue:
1) di aver conosciuto l'ing. Nino Rovelli negli anni '70;
2) di aver avuto approfondita conoscenza delle vicende della SIR, avendo curato per EFIBANCA la difesa legale atta a dimostrare l'iter di un finanziamento alla società chimica che vedeva la banca nel ruolo di «capofila».
3) di aver ricevuto dallo stesso NINO ROVELLI nel 1990 un mandato professionale teso ad eseguire una serie di pagamenti per suo conto con l'accordo che nell'ambito di questo mandato avrebbe potuto trattenere l'importo di una parcella dovuta a prestazioni professionali svolte negli anni precedenti.
4) Di aver utilizzato il conto della HENTSCH da lui aperto già dal 1959, ed utilizzato in genere in relazione ad incarichi fiduciari
5) Previti ha poi risposto di conoscere i destinatari finali delle somme, indicandoli genericamente come professionisti italiani e stranieri, ed escludendo categoricamente che si trattasse di pubblici ufficiali e magistrati («...seppi che queste somme dovevano andare in direzione di fatti personali, non soltanto italiani, non... diciamo che non mi balenò nemmeno il sospetto o l'ipotesi in alcun modo anche perché in qualche modo l'avrei saputo o intuito che potessero servire per pubblici ufficiali o addirittura magistrati, era un'ipotesi che nemmeno si poteva affacciare - pag 6 della trascrizione dell'interrogatorio del 23 settembre 1997»; Domanda: «Lei conosceva il nome dei destinatari di queste somme oppure no?» Risposta: «si, però vede, io credo che gli inquirenti il nome lo possano ricavare da questi, dai documenti che sono in loro possesso o con l'esercizio delle rogatorie o in altro modo, io...» ... «non voglio avere nemmeno la responsabilità morale oltreché giuridica di diffusione di nomi che a mio giudizio non hanno niente a che fare con l'inchiesta in corso...» - ibid., pag 7);
6. di essere stato contraffatto, dopo la morte dell'ing. Nino ROVELLI (dicembre '90), dal figlio di quest'ultimo, FELICE, che lo aveva informato da un lato di essere al corrente del mandato professionale; dall'altro di voler mantenere gli impegni assunti dal padre all'esito della vicenda giudiziaria;
7. a tal fine, di aver ricevuto nel 1994, la somma dii 8.000.000 di FrS dagli eredi ROVELLI e di aver provveduto a dare esecuzione al mandato, sulla scorta delle indicazioni fornitegli nel 1990 da Nino ROVELLI.
Secondo il prospetto del P.M. (ogni singola posta è stata contestata nel corso dell'interrogatorio), PREVITI ha poi destinato altrove questa somma, eseguendo i seguenti bonifici:
in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto 841399 (04677);
in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto 841402 (04680);
in data 18 aprile 94 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 5.572.000 alla Verwaltungs & Privat Bank di Vaduz a favore del conto Codava Anstalt per Frs 5.571.000 (tramite la SBS di Ginevra conto nr. 136183 M.L.). Si fa presente che la contabile riporta la seguente specifica: «via la SBS: destinataire final (Chf 5.571.000,-): Verwaultungs & Privat Bank Vaduz att. M. Frick - pour le cpte de Codava Anstalt»;
in data 14 luglio 1994 (val. 14.07) bonifico di Frs 5.570.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore del conto Osuna Trading Corp. conto n. 00143100;
in data 14 luglio 1994 (val. 9 agosto) bonifico di Frs 860.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore della Osuna Trading Corp. - senza alcuna indicazione di causale e/o riferimento;
8. A seguito dell'osservazione dell'ufficio del P.M. che dalla data del «mandato» asserito da PREVITI alla data del pagamento sono passati quasi quattro anni, e che in tale lasso di tempo potevano essere intervenute variazioni circa i conti correnti dei destinatari, l'on. PREVITI ha precisato: «Queste sono un po' le verifiche che ho fatto ma le ho fatte fare a mezzo banca, cioè praticamente ho cercato di sapere se esistevano quei destinatari e così ho eseguito...», «credo di aver usato il canale interbancario per sapere se la banca era giusta se il destinatario esisteva ancora nei termini in cui mi è stato indicato» (ibid., pag 19).
Contesta il Pubblico Ministero che nonostante queste precisissime affermazioni, l'onorevole PREVITI ha però sostenuto, di non sapere che i quasi 6 milioni di franchi svizzeri indirizzati alla società CODAVA erano destinati ad Attilio PACIFICO (ROVELLI «...mi ha detto questi vanno a tale banca con questo riferimento... esatto... nel 1990» - ibid., pag. 21 - allegato nr. 73) - (cfr. altresì allegato nr. 29).
A seguito dell'osservazione dell'Ufficio del P.M. che la società CODAVA è stata costituita nel 1994, l'onorevole PREVITI sostiene: «...il mandato era versare a tale banca riferimento tizio, essendo passati tre anni e mezzo io ho verificato se il tizio aveva questa aspettativa... il tizio è il dirigente diciamo indicato della banca... ho verificato questo e ho avuto le successive indicazioni cioè riferimento CODAVA» - ibid., pag. 22 - allegato nr. 73.
Obietta il P.M. che la società CODAVA è stata costituita nel 1994, per conto e nell'interesse di Attilio PACIFICO, da tale Ettore ABELTINO (cfr. verbale in data 1o giugno 1996 (3) - cfr. allegato nr. 27), che conosceva PREVITI da tempo che ha tra l'altro dichiarato di aver conosciuto il PACIFICO nel febbraio 1994. La società doveva servire, secondo quanto riferito da PACIFICO ad ABELTINO, per farvi confluire i propri risparmi e per ricevere un grosso importo, in ordine al quale il PACIFICO aveva urgenza di avere a disposizione la società. Una prima tranche, infatti doveva pervenire in tempi molto brevi. Quando è pervenuto l'importo bonificato su disposizione di PREVITI, ABELTINO ha chiesto a PACIFICO la causale del versamento, e PACIFICO gli ha risposto che si trattava di risparmi personali.
(3) Interrogatorio reso - per rogatoria - da ABELTINO Ettore in data 1o giugno 1996: «Ho conosciuto Attilio Pacifico nel febbraio del 1994, presentatomi da un mio precedente cliente tale Mauro Siccardi di Roma. Il SICCARDI mi aveva detto di aver un amico, il PACIFICO appunto, che doveva fare delle operazioni e che quindi me lo avrebbe presentato. Dopo qualche giorno il Siccardi mi ha portato presso il mio ufficio di Milano, insieme a loro c'era un altro amico di Siccardi, di cui non ricordo il nome anche se mi pare che mi fu presentato quale avv. CELESTI. ...Il PACIFICO mi disse che intendeva darmi l'incarico di costituire una società sulla quale far confluire i propri risparmi nonché un grosso importo, in ordine al quale aveva urgenza di avere a disposizione la società... aggiunse che il grosso importo doveva arrivare per una prima tranche in tempi molto brevi. Io accettai l'incarico e feci presente al PACIFICO che per costituire una società erano necessari tempi tecnici piuttosto lunghi e cioè 2 o 3 settimane, tempi che non rispondevano alla fretta di PACIFICO. Poiché avevo a disposizione una società che un cliente mi aveva incaricato di vendere, la EMCO, proposi al PACIFICO di operare tramite la EMCO in attesa che fosse pronta la società che dovevo costituire per lui (la CODAVA)... Consultando le mie agende posso dire che il PACIFICO è stato da me il 4 e il 18 marzo 1994... In data 29 marzo 1994 è stata costituita con il nome CODAVA la società richiestami da PACIFICO... Il 21 aprile 1994 sono stati accreditati sul conto della CODAVA 5.571.000 di FrS provenienti dalla SBS di Ginevra. Quando sono arrivati sul conto questi soldi il mio corrispondente di Vaduz mi ha fatto sapere che la banca presso cui era stato acceso il conto della CODAVA voleva conoscere la causale del versamento. Io mi sono messo in contatto con PACIFICO e questi mi ha risposto che si trattava di sui risparmi personali. Ho informato in tal senso il mio corrispondente che ha informato il direttore della banca. Non ricordo se l'accredito della SBS era stato preceduto da un incontro o da una telefonata di PACIFICO con cui lo stesso mi preannunciava l'arrivo dell'importo. Il 16 maggio 1994 è stato effettuato sul conto CODAVA un ulteriore accredito di 6.000.000 FrS disposto dalla PITARA TRUST (provvista ROVELLI).
Secondo il Pubblico ministero da tali circostanze di fatto deriva che:
Nino ROVELLI non può aver dato indicazione a PREVITI del conto CODAVA, né indicato in Ettore ABELTINO il fiduciario cui rivolgersi perché la società ancora non esisteva e ABELTINO non conosceva PACIFICO;
essendo la società di nuova costituzione, ed essendo ignoto ad ABELTINO che sulla stessa dovesse confluire un bonifico di PREVITI, non si capisce chi, se non lo stesso PACIFICO, abbia potuto informare il fantomatico dirigente di banca che era CODAVA il riferimento che avrebbe permesso a PREVITI di individuare il destinatario del bonifico;ma, stando alle dichiarazioni di PREVITI, PACIFICO non poteva sapere che stava per arrivare il denaro, non avendoglielo lui detto;
non risulta che PACIFICO fosse titolare di ulteriori rapporti presso la stessa banca ma, se ne avesse avuti, il denaro sarebbe stato bonificato su quei rapporti e non sul conto della CODAVA perché nessuno, se non lo stesso PACIFICO o ABELTINO, che però stando a PREVITI non potevano sapere del prossimo accredito del bonifico, avrebbe potuto rivelare alla banca che destinatario del bonifico dovesse essere tale ultimo conto):
PACIFICO, contrariamente a quanto discende dalle dichiarazioni di PREVITI, era consapevole dell'arrivo del bonifico, ed ha fornito ad ABELTINO una giustificazione non veritiera sull'origine dei relativi fondi.
Prosegue il P.M. nella sua confutazione delle risposte di PREVITI: «peraltro, se fosse vera la ricostruzione fornita da PREVITI, ci si troverebbe di fronte a due singolarità: che, avendo già un "debito" verso PACIFICO di 30 milioni di Frs (oltre 30 miliardi di lire), l'ing. Nino ROVELLI abbia inteso far giungere al medesimo la meno rilevante somma di 5.570.000 Frs per una strada separata, estremamente tortuosa, per il tramite dell'avv. PREVITI senza informarlo che l'effettivo destinatario era l'avv. PACIFICO; che Nino ROVELLI avrebbe comunicato a PREVITI i nominativi dei "professionisti" destinatari del denaro, omettendo però di fargli quello di PACIFICO».
Questa considerazione appare condivisibile, tenuto conto della narrazione degli eredi Rovelli in merito alle modalità con cui sono state avanzate le richieste di Pacifico alla morte dell'ing. Rovelli e delle successive modalità di «presentazione» di Acampora e Previti e tenuto conto che PREVITI esclude che NINO ROVELLI gli abbia mai fatto il nome di PACIFICO (pag. 24 trascr.).
Il Pubblico Ministero confuta, poi, un altro aspetto della ricostruzione di PREVITI:
«Quanto al bonifici disposti alla OSUNA TRADING CORP alla Neue Bank di Vaduz, l'intervallo tra la data in cui sono state ricevute le somme (25 marzo 1994) e la data del loro invio al destinatario (14 luglio 1994) è stata giustificata da PREVITI con la necessità di accertare l'attualità delle informazioni ricevute nel 1990 da Nino ROVELLI. Accertata la correttezza dei dati, egli ha provveduto a bonificare 5.572.000 Frs e 860.000 Frs alla società OSUNA. Tuttavia, a tale società vengono, però, accreditate ulteriori somme nella medesima giornata (14 luglio 1994) pari ad oltre 4 miliardi di lire tratte dal proprio conto personale (il che fa presumere che PREVITI conoscesse già il destinatario finale e non avesse quindi bisogno di verificare le indicazioni fornite da Nino ROVELLI); da tale società vengono poi restituiti a Cesare PREVITI 700.000 Frs accreditati sul conto Mercier nel novembre dello stesso anno (cfr. allegato nr. 79 - annotazione di p.g. rir. 25) - il che conferma l'esistenza di rapporti diretti tra PREVITI e soc. OSUNA).
La ricostruzione fornita da Cesare PREVITI è in netto contrasto con la versione addotta dagli eredi ROVELLI, i quali sostengono:
che l'ing. ROVELLI poco prima di morire ha riferito alla moglie del solo credito vantato da Attilio PACIFICO;
che dopo la morte dell'ingegnere, è stato Attilio PACIFICO a far presente agli eredi che anche Cesare PREVITI e Giovanni ACAMPORA vantavano dei crediti (la circostanza rende ancor più inverosimile la spiegazione fornita da PREVITI del bonifico alla CODAVA)».
A queste osservazioni del p.m. va aggiunto che il contrasto tra le dichiarazioni di PREVITI e quelle degli eredi ROVELLI è ancor più accentuato, ed assolutamente insanabile, laddove ROVELLI nega di aver contattato direttamente e di propria iniziativa PREVITI e di essere stato a conoscenza della fonte della pretesa avanzata da PREVITI.
Sul punto PREVITI ha spiegato non esservi contrasto poiché è probabile che sia stato l'avv. PACIFICO a informare ROVELLI del mandato conferito da suo padre all'avv. Previti.
Tale spiegazioni non si presenta, allo stato, sostenibile: né PACIFICO né ROVELLI hanno mai lasciato intendere una possibilità simile: se fosse veritiera non si vede per quale motivo dovrebbe essere taciuta: esonererebbe l'uno e gli altri da responsabilità e quindi gioverebbe all'uno senza danneggiare processualmente gli altri.
È poi, scarsamente credibile che in presenza di un mandato, seppure fiduciario, né Previti abbia avvertito la necessità di dare un rendiconto, né FELICE ROVELLI di chiederlo: i destinatari delle pretese avrebbero, infatti potuto avanzare ragioni da Rovelli e questi non avrebbe minimamente saputo cosa rispondere.
Ma vi è un altro insanabile contrasto tra le dichiarazioni di Rovelli e quelle di Previti.
Si è visto che Rovelli ha sempre parlato di un debito nei confronti di Previti e di un credito che questi vantava (si verifichino le dichiarazioni di Felice Rovelli all'origine di questo processo). Le prime dichiarazioni di Previti agli organi di informazione erano coerenti con questa impostazione poiché parlavano di «parcelle di una vita di lavoro». Il cambio di spiegazione nell'interrogatorio del 23 settembre fa risaltare l'inconciliabilità con le dichiarazioni di Rovelli, posto che un mandato fiduciario non può essere paragonato ad un debito di Nino Rovelli nei riguardi di Previti.
Rapporti fra PREVITI - PACIFICO - SQUILLANTE
Nel corso dello stesso interrogatorio del 23 settembre il Pubblico Ministero ha chiesto a PREVITI la ragione di un'altra operazione finanziaria emersa all'esito delle rogatorie estere (domanda del P.M. dott.ssa Boccassini): «dal conto Mercier escono in data 5 marzo 1991 434.000 dollari diretti alla Società Bancaria Ticinese con un bonifico telegrafico e con disposizione che la valuta sia del 7 marzo 1991, la somma che perviene presso la Società Bancaria Ticinese viene contabilizzata in accredito sul conto ROVENA di SQUILLANTE Renato in data 6 marzo 1991 con valuta 7 marzo 1991 con la seguente causale: "bonifico HENTSCH Ginevra un loro cliente". Prima di questo trasferimento ...della somma di 434.404 dal conto Mercier alla S.B. T, questa stessa somma viene accreditata sul suo conto svizzero di Chiasso».
Nella risposta l'on.le PREVITI ha collocato questa operazione a tutto l'insieme dei rapporti da lui intrattenuti con PACIFICO: nel corso degli anni, infatti egli aveva compiuto numerosissime rimesse in favore di PACIFICO, inviando denaro a PACIFICO presso la S.B.T. all'attenzione di Resinelli ed attendendo la rimessa in contante in Italia. Presume quindi che la somma accreditata sul conto ROVENA di SQUILLANTE sia stata dirottata da PACIFICO, ignorando del tutto che Squillante avesse un conto presso quella banca.
Obietta il P.M.:
a) dal conto Mercier della Darier Hentsch viene disposto un bonifico telegrafico di 434.404 USD a favore della Società Bancaria Ticinese di Bellinzona;
b) sui conti correnti di PACIFICO accesi presso la S.B.T. di Bellinzona non figura alcun accredito ditale somma o di somma equipollente ancorché espressa in altre monete;
c) l'importo proveniente dalla Darier Hentsch viene accreditato sul conto Rowena di Squillante Renato ove viene contabilizzato con la causale «bonifico Darier Hentsch + Co - d'ordine un loro cliente».
Il bonifico telegrafico di 434.404 USD del 5 marzo 1991 non transita sui conti di PACIFICO, ed è documentale che in quel periodo quest'ultimo non esegue operazioni di prelievo di contante personalmente o per il tramite di BOSSERT Alfredo, operazioni queste che avvenivano sempre nell'arco di pochissimi giorni (cfr. allegato nr. 80):
1. PACIFICO ha prelevato dai propri conti correnti svizzeri la somma di 8.004,00 franchi francesi in data 4 gennaio 1991 (operazione precedente) e la somma di 500.000.000 lire in data 30 aprile 1991 (operazione successiva - peraltro verosimilmente correlata ad bonifico di pari importo e moneta ricevuto da PACIFICO in data 24 aprile 1996 - cfr. allegato nr. 81 e nr. 57);
2. PACIFICO ha svolto operazioni con BOSSERT in data 18 aprile 1990 per USD 520.000 (operazione precedente) e in data 6 novembre 1991 per lire 298.800.000 (operazione successiva).
Nel corso dell'interrogatorio è stata contestata un'ulteriore operazione, che al momento in cui veniva evidenziata all'onorevole PREVITI non era ben definita in tutti i suoi aspetti e che invece è stata approfondita successivamente. Il chiarimento è rilevante, come si vedrà, poiché è stato accertato quale fosse la provenienza originaria della somma.
P.M. (dott.ssa Boccassini): «sul conto di Pacifico risulta che vi pervenne un bonifico di 1 miliardo di lire e questo in data 24 giugno 1991; una volta arrivata la tranche, la somma viene divisa in due tranche da 500 milioni; una prima Pacifico la investe in un deposito fiduciario per... giorni e alla scadenza preleva contanti; la seconda tranche viene trasferita su un conto di PACIFICO che poi dispone nel giro di pochissimi giorni due bonifici, di 133.000.000 cadauno, il primo a favore del conto di SQUILLANTE, conto ROVENA, e l'altro il 2 luglio 1991 a favore del conto Mercier di PREVITI, lei ricorda questa operazione, può dire per quale motivo Pacifico...
ON.LE PREVITI: «no, questo accredito da parte di PACIFICO... effettivamente è anomalo... completamente anomalo... (..) è possibile che per quanto mi riguarda sia la compensazione di un qualche cosa che io gli avevo dato in più di un'altra occasione.
Le indagini successive all'interrogatorio dell'on.le CESARE PREVITI e quelle successive al deposito della richiesta di misura cautelare.
Nel passaggio precedente si è vista la difficoltà dell'on.le PREVITI nello spiegare per quale motivo sul proprio conto MERCIER presso la DARRIER HENTSCH che a suo dire veniva utilizzato per depositi fiduciari e sul quale confluirono il 21 marzo 1994 i 21 miliardi dei ROVELLI, confluiscono 133 milioni bonificati da PACIFICO, cioè dalla persona che PREVITI utilizzava, a suo dire, per far rientrare in Italia il denaro depositato in Svizzera.
Tale circostanza, che potrebbe essere neutrale nella prospettiva di un'accusa che sino ad ora faceva leva su pagamenti avvenuti nel 1994, acquista invece un grave valore indiziante a seguito degli ulteriori sviluppi delle indagini.
Dopo il deposito della richiesta di misura cautelare che qui si esamina si è potuto scoprire che la provvista originaria di un miliardo che confluisce sul conto Pavoncella di Pacifico presso la Banca del Sempione e da qui, attraverso il conto PAVONE della Società Bancaria Ticinese di Resinelli, giunge a PREVITI, proviene - significativamente - da FELICE ROVELLI e precisamente dal conto acceso presso la BANK LIPS BURKARDT di Zurigo (si veda verbale di interrogatorio di Rovelli in data 25 ottobre 1997 , trasmesso dal P.M. ad integrazione degli atti).
Alla significativa novità peraltro si aggiunge un altro particolare.
Il bonifico di lire 133.000.000 al conto ROWENA (SQUILLANTE) è del 26 giugno 1991 mentre l'altro bonifico di pari importo viene inviato al conto Mercier presso la Darier Hentsch di Cesare Previti in data 2 luglio 1991.
Dall'esame della documentazione bancaria interna trasmessa dalla S.B.T. si evince che già in data 24 giugno 1991 (ore 11.00) Renato SQUILLANTE aveva preannunciato alla banca l'arrivo di 133.000.000 di lire dando - contestualmente - disposizioni alla banca di investire la somma in un investimento fiduciario a sei mesi.
Sempre dalla documentazione interna della banca risulta che Attilio PACIFICO aveva dato disposizioni alla banca di bonificare i 133.000.000 sul conto ROWENA in data 25 giugno 1991 e cioè il giorno dopo la comunicazione fatta dallo stesso SQUILLANTE alla S.B.T. di Bellinzona.
PACIFICO, oltre ai due bonifici sopra specificati, ha altresì prelevato la somma di 450.000.000 (costituente parte del miliardo di lire accreditato qualche giorno prima) in data 1 luglio 1991 presso la Banca del Sempione.
Alla richiesta di precisare:
1. quando sono stati accesi i conti presso la Bank Lips Burkardt (...);
2. chi sono i titolari, i beneficiari economici e le persone delegate ad operarvi;
3. come è stato alimentato il conto corrente in relazione a due pagamenti menzionati nella memoria difensiva del 14 ottobre 1997;
4. le ragioni per le quali ha accreditato la somma di 1.000.000.000 di lire e ad Affilio PACIFICO;
5. posto che PACIFICO ha bonificato contestualmente 133.000.000 a Renato SQUILLANTE ed altrettanti a Cesare PREVITI ed altresi provveduto a prelevare la somma di 450.000.000 di lire, se voglia indicare chi erano i reali destinatari delle somme bonificate a PACIFICO;
6. se vi siano stati altri bonifici disposti a favore di altri coindagati nell'ambito della presente vicenda.
Rovelli non ha inteso rispondere.
Identica linea processuale ha tenuto ROVELLI nel recente (27 novembre 1997) interrogatorio nel quale gli sono stati contestati gli ulteriori sviluppi delle indagini.
È infatti emersa una nuova linea telefonica nella disponibilità di ATTILIO PACIFICO.
Dall'utenza cellulare vengono effettuate una serie di chiamate, significative del permanere di contatti tra PACIFICO e i ROVELLI nel periodo dal 21 novembre 1990-2.8.1993 (da ricordare che la decisione della corte d'appello di Roma reca la data del 26 novembre 1990).
Dalla stessa utenza cellulare vengono più volte chiamati anche altri indagati nel presente procedimento (si veda tabella riassuntiva allegata al verbale di interrogatorio del 27 novembre 1997 trasmesso ad integrazione degli atti).
Altro elemento indiziante, significativo sul piano generale, è relativo alle annotazioni sull'agenda di PACIFICO che riguardano un assistente giudiziario in servizio presso la Corte di cassazione, ufficio movimento ricorsi del massimario civile; tra le tante menzioni ditale persona, significativa è quella del 22 gennaio 1993 ore 9,55; accanto al nome dell'impiegato appare l'annotazione «CORDA-MORELLI-BIBBOLINI-MILANO-BORRE», significativa se posta in relazione alla vicenda Corda, oltre ad annotazioni riguardanti il 27 maggio 1993 data di discussione del ricorso (si veda il verbale di assunzione di informazioni della persona informata sui fatti del 18 giugno 1997, trasmesso in data 1 ottobre 1997, con gli allegati).
Pur non prospettandosi elementi indiziari univoci, ci si chiede per quale motivo PACIFICO, che non è officiato per la difesa ROVELLI, e che ha dichiarato di non essersi mai occupato della causa Rovelli, si preoccupi della composizione di un collegio, il cui presidente diverrà, suo malgrado, protagonista della vicenda già descritta.
Per ciò che attiene più specificatamente alla posizione di PREVITI si devono annotare due documenti di integrazione degli atti, pervenuti dopo la presentazione della richiesta di misura cautelare:
quello del 10 ottobre 1997 da cui emerge che la OSUNA TRADING CORP. di PANAMA è stata costituita il 26 gennaio 1994;
quello del 15 ottobre 1997 che riguarda gli accertamenti eseguiti presso la fiduciaria «SURVEILLANCE ET GESTION FINANCIERE SA» da cui risulta che CESARE PREVITI aveva aperto un rapporto con la fiduciaria e che alla fine dell'anno 1996 ha ricuperato tutta la documentazione di sua pertinenza che si trovava nei locali della predetta società (Risposta alla rogatoria in data 13 ottobre 1997).
In via di schematizzazione esemplificativa possono, alla conclusione dell'esposizione degli elementi indiziari raccolti, riprodursi le tabelle indicanti i rapporti bancari e i trasferimenti di denaro, utili per l'approfondimento della vicenda, elaborati dalla Sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza - (si riportano le annotazioni di servizio nn. 3, 9, 11, 24, 25 degli Ufficiali di P.G. M.c. Daniele SPELLO, M.c: Giuseppe MANISCALCO e M.c. Emilio DIODATI e M.o. Andrea SACCO sull'esame della documentazione bancaria pervenuta dall'A.G. Elvetica concernente i conti di PACIFICO Attilio, PREVITI Cesare e SQUILLANTE Renato).
1) Trasferimento della somma di Usd 434.404.
Persona sconosciuta dà ordine al Credito Svizzero di Chiasso di trasferire la somma di 434.404 Usd al conto MERCIER di PREVITI Cesare, con riferimento «Lit. 500.000.000».
L'accredito sul conto MERCIER presso la Darier Hentsch di Ginevra avveniva in data 05.03.1991 (val. 7 marzo).
In pari data viene conferito ordine alla Banca di bonificare la medesima somma di denaro su di un conto della Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (la contabile non porta l'indicazione del conto destinatario).
In data 6 marzo 1991 (val. 7 marzo) sul conto ROWENA di SQUILLANTE Renato, presso la SBT di Bellinzona, risulta un accredito, a mezzo bonifico proveniente dalla DARIER HENTSCH di Ginevra, della somma di Usd 434.404.
In data 7 marzo 1991, come si evince da un documento trasmesso dalla SBT, persona indicata con la sigla «Sq» dava disposizione telefonica alla propria banca di frazionare l'importo in Usd appena pervenuto dalla DARIER HENTSCH in cinque parti' dando alle stesse le seguenti destinazioni:
due parti, pari a Usd 173.761, 60 al conto ROBY;
una parte, pari a Usd 86,880,80 al conto 761;
due parti, pari a Usd 173.761,60 da investire a tre mesi.
Effettivamente la Banca provvedeva nei termini che seguono:
in data 20 marzo 1991 bonificava la somma di Usd 173.761,60 al conto interno 1414 ROBY (riferibile all'agente di cambio di Milano ALOISIO);
in data 7 marzo 1991 bonificava l'importo di Usd 86.880,80 al conto interno 761 il cui beneficiario economico risulta essere SQUILLANTE Fabio;
in data 7 marzo 1991 investiva la somma di Usd 175.000 in un deposito fiduciario dall'11 marzo 1991 all'11 giugno 1991 (alla scadenza tale deposito è stato rinnovato nel tempo, almeno fino al giugno del 1992).
Antecedentemente all'operazioni di accredito di Usd 434.404 il conto ROWENA USD presentava un saldo di 5.486,20.
Schematicamente l'operazione si può cosi riassumere:
2) Somma di Frs 17.999.000 - Conto Mercier presso Darier Hentsch.
1. In data 25 marzo 1994 (val. 25 marzo) risulta accreditata sui conto MERCIER presso la Darier Hentsch di Ginevra, il cui beneficiario economico è PREVITI Cesare, la somma di 17.999.000 Frs provenienti dalla S.B.S. di Ginevra - Rif Filipo -.
Dal 25 marzo 1994 al 15 aprile 1994 la somma di Frs appena accreditata viene investita per tre volte in operazioni fiduciarie, quindi viene in parte impiegata come segue:
in data 13 aprile 1989 (val. 15 aprile) bonifico di Frs. 178.810,10 (pari a lit. 200.000.000) alla TDB - Unione Bancaire Privee di Ginevra a favore del conto n. 4 17023 L.L - Rif. Monsieur Bergamin;
in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto 841399 (04677);
in data 15 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 2.147.000 alla Darier Hentsch di Nassau a favore del conto 841402 (04680);
in data 18 aprile 1994 (val. 19 aprile) bonifico di Frs 5.572.000 alla Verwaitungs & Privat Bank di Vaduz a favore del conto Codava Anstalt per Frs 5.571.000 (tramite la SBS di Ginevra conto nr. 136183 M.L.);
in data 3 maggio 1994 prelevamento di Frs. 143.920;
in data 16 giugno 1994 (val. 20 giugno) bonifico di Frs 173.410 (pari a lire 200.000.000) alla TDB - Unione Bancaire Privee di Ginevra a favore del conto n. 417023 L.L - Rif. Monsietir Bergamin;
in data 14 luglio 1994 (val. 14 luglio) bonifico di Frs 5.570.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore del conto Osuna Trading Corp. conto n. 00143100;
in data 14 luglio 1994 (val. 9 agosto) bonifico di Frs 860.000 alla Neue Bank di Vaduz a favore della Osuna Trading Corp.
Si evidenzia che, come risulta dal verbale di interrogatorio reso per rogatoria all'A.G. dall'Avv. Rubino Mensch (fiduciario della famiglia Rovelli), questi ha disposto in data 17 marzo 1994 (val. 25 marzo) un bonifico dai conto corrente Pitara Trust di Vaduz presso la Bank In Liechtestein di Frs. 18.000.000 a favore della SBS di Ginevra conto 136.183 ML - Rif. Filippo.
3) Trasferimento della somma di Frs. 5.571.000 da Mercier a CODAVA.
Come riferito nell'annotazione di P.G. n. 09 datata 1 settembre 1997, parte della Somma di Frs 17.999.000 che PREVITI riceve sul proprio conto MERCIER presso la Darier Hentsch di Ginevra in data 25 marzo 1994, quanto a Frs. 5.571.000 (+ 1.000 Frs di spese bancarie) viene dallo stesso trasferita in data 18 aprile 1994 (val. 19 aprile) alla Verwaltungs & Privat Bank di Vaduz a favore del conto CODAVA ANSTALT; operazione effettuata tramite la SBS di Ginevra.
Come dichiarato nel corso del verbale di interrogatorio reso su rogatoria all'A.G. Elvetica da ABELTINO Ettore in data 1 giugno 1996 (che si allega), la CODAVA ANSTALT è soggetto economico riferibile a PACIFICO Attillo.
Tale società, costituita in data 29 marzo 1994, aveva aperto un rapporto bancario in data 31 marzo 1994 presso la Verwaltungs & Privat Bank di Vaduz, in quanto, come dichiarato dal PACIFICO all'ALBELTINO, su tale conto avrebbe dovuto essere accreditata una forte somma di denaro.
In data 21 aprile 1994, intatti, è stata accreditate sui conto della CODAVA ANSTALT la somma di Frs 5.571.000 provenienti dalla S.B.S. di Ginevra.
La somma di Frs. 5.571.000 uscita in data 18 aprile 1994, dal conto MERCIER di Previti Cesare, risulta, quindi, accreditata sul conto della CODAVA nella disponibilltà economica di PACIFICO Attilio.
4) somme di denaro bonificate a Bossert.
Dall'analisi dei conti bancari svizzeri, si è potuto accertare che ad Alfredo Bossert sono state bonificate complessivamente le seguenti somme di denaro provenienti dai conti specificati; importi successivamente dallo stesso monetizzati e consegnati in banconote a Pacifico Attilio, secondo le modalità descritte nel corso degli interrogatori resi per rogatoria all'A.G. Elvetica.
1. dal conto PAVONCELLA di Pacifico Attilio presso la Banca del Sempione:
Lit. 207.000.000;
Usd 2.359.000
dall'11 ottobre 1988 al 18 aprile 1990.
2. dal conto 771 PAVONE di Pacifico Attilio presso la SBT di Bellinzona:
Lit.8.716.250.000;
Frs. 501.618,80
dal 15 aprile 1993 all'11 ottobre 1994.
3. dal conto 851 GIOVANNI di Pacifico Attilio presso la SBT di Bellinzona:
Lit. 200.000.000;
il 17 ottobre 1994.
4. dal conto 904 COCK di Pacifico Attilio presso la SBT di Bellinzona:
Lit. 5.727.510.000;
Frs. 100.567,30
dal 28 novembre 1994 al 15 dicembre 1995.
5. dal conto TEMPELHOF di Pacifico presso la SBT di Bellinzona:
Frs. 161.581,60
il 31 gennaio 1995.
6. dal conto FORELIA - Rubrica Principale - presso SBT di Bellinzona:
Lit. 454.500.000
dal 20 giugno 1995 al 26 giugno 1995.
per un totale complessivo di:
Lit. 15.305.260.000
Usd 2.359.000
Frs. 763.767,70
In particolare, analizzando analiticamente le singole operazioni, si è potuto accertare quanto segue.
1.1 somme di denaro bonificate dal conto PAVONCELLA ai conti di Bossert (lire 207.000.000 - Usd 2.359.000).
Nella seguente tabella vengono analiticamente specificati gli importi che dal conto PAVONCELLA sono stati bonificati ai conti di BOSSERT.
Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in corrispondenza di ciaseuna operazione, viene indicata 'a provvista sul conto PAVONCELLA necessaria per eseguire i bonifici indicati nella tabella precedente, con indicazione della data del relativo accredito:
Dal raffronto dei dati riportati nella due tabelle si nota che, a fronte delle somme bonificate al Bossert, nel conto PAVONCELLA vi sono delle entrate di pari importo nello stesso giorno o il giorno successivo. Appare, quindi evidente che le stesse somme che entrano immediatamente escono.
2.1 somme di denaro bonificate dal conto 771 PAVONE ai conti di Bossert (Lire 8.716.250.000 - Frs. 501.618,80).
Nella seguente tabella vengono analiticamente specificate gli importi che da tale conto sono stati bonificati ai conti di BOSSERT.
Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in corsispondenza numerica di ciascuna operazione, viene indicata la provvista della somma nel conto PAVONE necessaria per eseguire i bonifici indicati nella tabella precedente, con indicazione della data dell'accredito.
(4) Dall'analisi dell'estratto conto si nota come a fronte dell'uscita di Lit. 302.100.000 in data 15 aprile 1993, vi sono due accrediti possibili (quelli specificati in tabella in corrispondenza delle operazioni segnate con i numeri d'ordine 1) che hanno formato la provvista per il bonifico a Bossert e per altre due operazioni. Il saldo contabile del conto prima delle Citate operazioni era di lire 4.122.004; successivamente alle due operazioni di accredito ed alle tre di addebito ritorna a lire 4.112.724.
3.1 somme di denaro bonificate dal codito 851 GIOVANNI ai conti di Bossert (Lire 200.000.000)
L'importo di lire 200.000.000 bonificato in data 17 ottobre 1994 al conto OKAPI perviene sul conto 851 GIOVANNI in data 14 ottobre 1994 dal conto MERCIER (Cft. all. nr. 6).
4.1 somme di denaro bonificate dal conto 904 COCK ai conti di Bossert (Lire 5.727.510.000 - Frs. 100.490).
Nella seguente tabella vengono analiticamente specificati gli importi che da tale conto sono stati bonificati al conti di BOSSERT.
Nella tabella seguente, invece, quando possibile, in corrispondenza numerica di ciascuna operazione, viene indicata la provvista nel conto COCK necessaria per eseguire i bonifici sopra riportati, con indicazione della data dell'accredito.
(5) L'uscita dal Conto MERCIER è per Frs. 165.210,10.
(6) Il bonifico di lire 30.250.000 del 18 gennaio 1995 è stato effettuato «allo scoperto». Il Conto, infatti con questa operazione presenta un saldo negativo di lire 23.601.171 che verrà «coperto» con l'operazione di versamento di cui ai successivi nn. 4/5/6/7.
(7) L'uscita dal Conto MERCIER è per Frs. 162.200
(8) I versamenti di Frs. 138.000 e 70.000 servono quale provvista anche per il giroconto di Lit. 79.000.000. In con i versamenti in Frs. predetti, viene alimentato il giroconto per un controvalore di 79.000.000 ed il Bossert n. 8.
(9) Sul documento interno della Banca è riportato che tale giro è per pareggiare il conto a seguito dell'ultimo bonifiCo di 404.000.000 (n. 11 della tabella).
Dall'analisi effettuata, si è notato che il sottoconto in lire del conto COCK è stato utilizzato, quasi esclusivamente per compiere le operazioni descritte nel presente paragrafo.
5.1 somme di denaro bonificate dal conto TEMPELHOF ai conti di Bossert (Frs. 161.481.60 per un controvalore di lire 201.600.000).
All'atto di tale bonifico eseguito in data 31.01.95 per un controvalore di Lit.201.600.000 a favore del conto OKAPI presso l'ABN di Chiasso, il conto presentava un saldo negativo di Frs. 146.193,60 che verrà coperto il successivo giorno 7 febbraio con un versarnento di Frs. 162.000.000).
6.1 somme di denaro bonificate dal conto FORELIA - Rubrica Principale - ai conti di Bossert (Lire 454.500.000).
Nella seguente tabella vengono analiticantente specificati gli importi che da tale conto sono stati bonificati ai conti di BOSSERT.
Per eseguire i tre bonifici indicati, in data 14 dicembre 1994 viene «girata» dal sottoconto in Usd la somma di 300.000 Usd che viene accreditata nel sottoconto in lire per un controvalore di 485.700.000 che, nel tempo, vengono in parte utilizzati come indicato.
7. Si è proceduto a riscontrare i dati sopra riportati con i dati forniti dal Bossert in sede di interrogatorio.
Da tale riscontro è emerso quanto segue:
lire 207.000.000 bonificati in data 11 ottobre 1988 dal conto PAVONCELLA presso la SBT al conto EVEREST, presso la Banca del Sempione di Claasso (tale bonifico non è stato segnalato dal Bossert).
Bossert segnala inoltre due operazioni di monetizzazione, rispettivamente:
in data 6 novembre 1991 di Lit. 298.800.000 consegnati al PACIFICO a fronte di Frs 352.000 ricevuti;
in data 15 settembre 1992 di Lit. 50.310.000 consegnati al PACIFICO a fronte di 43.000Usd ricevuti;
che non trovano riscontro nella documentazione bancaria allo stato acquisita.
5. rapporti tra il conto Mercier di Previti ed il conto Osuna presso la Neue Bank di Vaduz.
Dall'analisi delle movimentazioni registrate sui conto MERCIER di Previti presso la banca Darier Hentsch di Ginevra si è potuto riscontrare che il 14 luglio 1994, PREVITI ha disposto i seguenti bonifici a favore della OSUNA TRADINO Corp. Panama, presso la Neue Bank AG di Vaduz:
(10) I cambi sono stati calcolati in modo approssimativo (e comunque per difetto) prendendo a paragone operazioni in valuta effettuate sul conto in quel periodo.
La provvista sui conto MERCIER per effettuare i trasferimenti alla OSUNA, in particolare per i due bonifici in Frs. (5.570.000 + 860.000), come già riferito con l'annotazione nr. 9, è quella derivante dall'accredito di Frs 17.999.000 Frs da parte di Rovelli.
La provvista per le altre valute deriva, per la maggior parte, dallo smobilizzo di titoli che in precedenza erano stati acquistati.
Si è potuto altresi riscontrare che in data 22.11.1994 al conto MERCIER perviene un bonifico di Frs. 700.000 dalla SBS di Zurigo ordine e conto OSUNA JRADING Corp., Panama (per un controvalore di circa lire 840.000.000).
VALUTAZIONE DEGLI INDIZI E DELLE CIRCOSTANZE A FAVORE
Cesare PREVITI, nelle sue difese, eccepisce di non aver mai avuto una dei reati addebitatigli, poiché non gli è mai stato indicato in specifico processo, a quale specifico pubblico ufficiale e segnatamente magistrato, a quale contesto temporale vadano riferite le accuse, con la conseguenza dell'impossibilità, da parte sua, di esercitare idonee difese.
In relazione alla vicenda IMI/Rovelli egli asserisce che l'accusa opera un inversione dell'onere della prova poiché pretende la spiegazione di rapporti patritnoniali che sono stati invece giustificati da PREVITI con la necessità di dover adempiere ad un mandato di pagamento a vari professionisti, italiani e stranieri conferitogli dall'ing. Nino ROVELLI, ed asserisce, inoltre che dalla documentazione bancaria acquisita dagli inquirenti risultano i destinatari di tali somme.
Anche per questa vicenda egli lamenta di essere nell'impossibilità di fornire una prova contraria in relazione a fatti di reato che l'accusa non ha ipotizzato nelle dovute connotazioni essenziali, l'individuazione dei corrotti, atto, luogo e tempo della corruzione.
Lamenta, ancora, che nella vicenda contestata al capo A) si è prestata cieca fede ad una persona le cui dichiarazioni sono caratterizzate da evidenti elementi di calunnia.
Si deve ricordare che nella dimostrazione del thema probandum la prova critica ha non minore valenza della prova rappresentativa (Cass., I penale, 21 ottobre 1991, Foto It., 1993, II, 247).
I parametri giurisprudenziali che governano il procedimento logico- giuridico in tema di valutazione degli indizi idonei a fondare un giudizio di probabilità per l'applicazione di una misura cautelare ex articolo 273 cpp, impongono la verifica dei seguenti requisiti della circostanza indiziante:
certezza della circostanza indiziante nella sua storicità;
gravità dell'indizio, da intendersi come capacità di resistenza alle obiezioni (Cass., 24 giugno 1992, id. 30 gennaio 1991), ovvero come pertinenza rispetto al thema probandum (Cass., 25 gennaio 1993), o come «rilevante continuità logica» rispetto al fatto ignoto da provare.
Per il reato descritto al capo A) si richiamano le osservazioni già svolte in precedenza sulla portata degli elementi indizianti.
A fronte di lacune o mancanza di riscontri nel racconto della ARIOSTO (descrizione del circolo Canottieri Lazio, descrizione della casa di via Cicerone, affermazione dell'esistenza di una disponibilità illimitata di somme presso EFIBANCA per alimentare la corruzione dei magistrati) vi sono conferme di molte e significative affermazioni: emergere della figura dell'avvocato Pacifico, rapporto Squillante-Pacifico, disponibilità finanziarie di Squillante proprio nel periodo descritto dalla Ariosto (dichiarazioni Aloisio) non spiegabili con i leciti proventi da attività lavorativa dipendente, conferma delle frequentazione tra Previti e magistrati (Casoli) e della presenza in almeno due occasioni della Ariosto in casa Previti (Casoli), narrazione delle vicende corruttive da parte della Ariosto a Casoli e Dotti in anni di molto precedenti la decisione di presentarsi alla Procura della Repubblica di Milano (che porta ad escludere un intento calunniatorio), conferma documentale (fotografica) di talune affermazioni della Ariosto.
Tutto ciò, se non rende inattaccabile la testimonianza Ariosto, rende però altamente probabile la veridicità del suo racconto, sulla scorta degli autonomi accertamenti compiuti dagli organi di investigazione.
Vi è da tener presente che la Ariosto riferisce due ordini di circostanze:
quelle apprese direttamente, sulle quali vi è stata una rilevante serie di conferme (frequentazioni Previti-magistrati; viaggio NIAF);
quelle apprese per il racconto di altri, in particolare di Previti, sulle quali vi sono conferme significative (ruolo dell'avv. Pacifico, contatti con Squillante, natura economica dei rapporti tra i due); i rapporti con EFIBANCA appartengono a questa seconda categoria: la mancata conferma delle circostanze riferite dalla Ariosto sul punto, sicuramente valutabile quale elemento a favore della difesa, non fa per ciò stesso scomparire il valore indiziante degli altri elementi raccolti, poiché essi attestano la veridicità del complessivo racconto della donna.
Non vi è contraddizione tra queste conclusioni e i provvedimenti di archiviazione adottati nei confronti di alcuni magistrati citati nelle dichiarazioni della signora Ariosto, in particolare del dott. MELE.
Nell'archiviare la posizione di tale magistrato si prese atto che non vi erano addebiti specifici sul suo ruolo e che vi erano plurime circostanze valutabili in senso a lui favorevole, emergenti dalle dichiarazioni della stessa Ariosto; si prese atto anche del mancato riscontro di una circostanza (il possesso di un quadro di valore all'interno del proprio ufficio di Procuratore della Repubblica di Roma e che il Procuratore dimostrò appartenere legittimamente all'Aniministrazione) in merito alla quale la stessa Ariosto ammise il proprio errore, spiegandone l'origine, già prima dell'incidente probatorio.
Sulla sussistenza del reato, va richiamata la decisione della Corte di Cassazione 16 aprile 1996 (depositata il 23 maggio 1996) sul ricorso proposto da Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza li marzo 1996 emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano:
«La condotta offensiva, attribuita allo Squillante, come dirigente dell'ufficio giudiziario, consiste nella trasgressione sistematica del dovere di garantire a scopi istituzionall quella vigilanza che a lui competeva a presidio della legalità dell'organizzazione e dell'azione corretta dei componenti della medesima».
«Ed ancora, la condotta antidoverosa ipotizzata è stata identificata nel piegare l'organizzazione dell'ufficio e la gestione del medesimo a vantaggio di un gruppo economico ("in quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche funzionial servizio degli interessi degli erogatori... società aventi sede a Milano..."), in modo da far risultare l'ufficio stesso in un rapporto strumentale rispetto ad interessi estranei all'amministrazione della giustizia, e far apparire il proprio ruolo e quello di alcuni componenti dell'organizzazione giudiziaria in stretto collegamento con persone esponenziali del gruppo imprenditoriale».
«In violazione dei doveri... tipici della funzione giudiziaria, in tutti i procedimenti e in ogni altra attività in cui ne fosse richiesto...», «avrebbe procurato al gruppo il favore di componenti della amministrazione della giustizia, ("impegnandosi ad intervenire su appartenenti agli uffici giudiziari... in modo da favorire le società predette ...)", nonché determinato una credibilità diffusa di influenza di detto gruppo sull'andamento della giustizia in settori di interesse delle società».
«Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione di una strumentalità inquinante da costui posta in essere in favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè in Milano».
«Ciò posto, come risulta dal testo stesso dell'ordinanza impugnata, attraverso la stigmatizzazione indiziaria degli elementi utilizzati per la ricostruzione dell'intera vicenda (rapporti costanti e frequentazioni tra Squillante, Previti, Pacifico, intreccio di interessi finanziari riferibili all'attività delle società milanesi nonché dei su nominati, modalità e circostanze inerenti alle intense comunicazioni e motivazioni delle medesime, aderenza di un determinato ambiente giudiziario rispetto agli interessi del gruppo rappresentati da personaggi di significativo rilievo, interferenza nell'attività giudiziaria in corso, giacenze finanziarie all'estero) -, la condotta corruttiva contestata allo Squillante, ed ai compartecipi, va oltre alla individualizzazione di singoli atti formali, ed attiene al substrato dell'attività complessiva inerente al suo ufficio, caratterizzata illecitamente dalla deviazione rispetto ai doveri fondamentali della struttura giudiziaria».
«Ed allora, identificato nella suddetta condotta il veicolo dell'offesa dell'interesse tutelato i due episodi di materiale dazione del denaro, indicati dal "teste" costituiscono solo momenti della complessiva vicenda corruttiva, ed assumono il più riduttivo ruolo di momenti satisfattivi dell'apio disegno corruttivo dello Squillante, d'intesa con gli esponenti del gruppo economico di Milano».
«Al fine di definire più puntualmente l'addebito corruttivo dello Squillante, questo Collegio non può trascurare di considerare come l'inquinamento di un'organizzazione, di natura professionale, quale quella giudiziaria, possa manifestarsi in un lento e progressivo condizionamento delle sue scelte rispetto a gruppi economici attraverso la creazione di collegamenti anomali con i suoi componenti verso i quali si viene a determinare un rapporto di "simpatia" ovvero di condivisione dei subvalori a costoro riferibili, sulla base di procurate occasioni di incontri, di regalie, di mondanità, di soddisfacimento di esigenze di gratificazione individuali di ogni specie. E ciò non può non risultare di più agevole ed incisivo risultato ove l'attività possa giovarsi di un esponente, qualificato e quindi di vertice, dell'organizzazione stessa, potendo non solo "intervenire sugli altri appartenenti" dell'ufficio, non solo garantire una copertura di complicità, ma determinare motivazioni per la rimozione di ogni remora psicologica a livello individuale di slealtà verso l'organizzazione, nella commistione che il capo dell'ufficio determina tra potere formale, che distorce, e potere informale indirizzato alla cura di interessi antinomici, che nell 'ésercizio di quello dissimula».
«Da quanto sopra, s'impone una più approfondita rilettura normativa delle ipotesi criminose di corruzione, tutte le volte che abbiamo come riferimento fatti non solo di mercimonio dei doveri dell'ufficio in relazione ad atti squisitamente formali, ma coinvolgenti la condotta in genere del pubblico ufficiale di favoritismo e quindi antidoverosa (Cass. sez. 6, 29 ottobre 1992, P.m. inproc. Riso, CED Cass. 193821, 19382Z idem, 14 marzo 1996, Varvarito); e ciò soprattutto quando, come nel caso in esame, la corruzione, investendo i doveri di base di un'organizzazione ("professionale", in quanto sono ad essa affidate scelte di valore, come le decisioni giudiziarie), comporta la sistematica abdicazione delle sue finalità legali, e la formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio dell'ufficio».
«Ed il suddetto inquinamento costituiva la ragione, come risulta dall'ordinanza impugnata, dell'inserimento dello Squillante nell'assetto degli interessi del gruppo economico di Milano, dal quale il medesimo risultava destinatario di denaro ed utilità patrimoniali».
Per il reato ascritto al capo B) sono storicamente documentati i seguenti fatti specifici:
1. pagamento di una somma di denaro da parte degli eredi Rovelli;
2. insanabile contrasto tra le dichiarazioni degli eredi Rovelli e quelle degli indagati in merito alla causa negoziale legittimante la dazione;
3. uso del fondo Pitara Trust per effettuare il pagamento;
4. contatti telefonici tra indagati ed annotazioni in periodi rilevanti per la vicenda processuale sottostante;
5. vicenda negoziale e processuale con rilevanti anomalie (Minniti, Corda, procura speciale);
6. accertamento di pagamenti e di passaggi di denaro.
Prima di esaminare questi elementi, già esposti nella parte descrittiva, occorre dare risposta ad un'obiezione della difesa di PREVITI nella memoria depositata il 18 settembre (pag. 16 e pagg. 19-27).
Afferma, esattamente, la difesa che il pubblico ministero non censura il merito delle sentenza IMII ROVELLI, «il che significa che tali sentenze sono giuste» (così la difesa), con la conseguenza che «se l'atto o gli atti d'ufficio sono giusti, cioè conformi al dovere d'ufficio, non si comprende come su tale base si possa costruire un indizio di corruzione» (pag. 16 memoria cit.)
Ad avviso di questo giudice la problematica deve essere esaminata in una prospettiva diversa.
Innanzitutto l'atteggiamento del P.M. è corretto: il processo penale non può (perché non lo consente il sistema nel suo complesso) diventare la sede di impropria «revisione» di decisioni giudiziarie, così che ad ogni vicenda processuale (civile, penale, amministrativa, tributaria) possa corrispondere una parallela «verifica» penale (coeva o posteriore).
In secondo luogo, ed anche se non si volesse accettare il rilievo ora formulato, per ipotizzare una corruzione non è necessario dimostrare l'ingiustizia della decisione. È invece sufficiente che vi sia una incertezza obiettiva o soggettiva in relazione alla decisione stessa, incertezza che può riguardare tanto l'aspetto sostanziale dedotto in giudizio quanto gli aspetti processuali del giudizio stesso, e per rimuovere la quale ci si determina all'atto corruttivo.
Nel caso in esame il processo presentava molteplici caratteri di incertezza:
a) sull'an vale ricordare quanto dichiarato dal prof. Schlesinger che fornisce una rappresentazione efficace quanto meno dell'incertezza nell'accertamento del dirìtto dell'una o dell'altra parte;
b) sul quantum va ricordato che il presidente Minniti si era determinato a far effettuare una nuova perizia estimativa, segno che la precente non veniva ritenuta sufficiente. Anche in questo caso non è necessario dimostrare che la successiva perizia avrebbe smentito la prima; di fatto non potè essere effettuata perché il presidente Minniti dovette recarsi alla «improrogabile» riunione sull'edilizia giudiziaria.
c) sotto il profilo processuale il clima di incertezza è dimostrato dalla stessa investitura della corte costituzionale e dalla frenetica attività di FELICE ROVELLI nei giorni in cui si doveva discutere la causa in Cassazione. L'attività mal si spiega se si tiene presente che fin dal marzo 1991 il prof ARE aveva comunicato al Rovelli di aver scoperto la mancanza della procura speciale nel fascicolo e lo aveva invitato a non divulgare la notizia che rappresentava la certa vittoria nella causa.
Se ciononostante ROVELLI si attiva è il segno di un'incertezza quanto meno psicologica sul risultato della discussione, tale da rendere concretamente ipotizzabile un intervento corruttivo.
Si spiegano così i contatti con Squillante, che come emerge dal tabulato delle telefonate sono continuati anche dopo i giorni 29 e 30 gennaio 1992.
La successiva vicenda del presidente Corda dimostra come, rimuovere l'incertezza, si facesse ricorso ad ogni possibile mezzo.
Un'altra circostanza sulla quale si accentrano le difese di PREVITI riguarda la vicenda della mancanza o sparizione (secondo i differenti punti di vista) dell'ormai nota procura speciale.
La difesa di PREVITI coglie l'esattezza del dato iniziale; nella nota di deposito del ricorso per Cassazione dell'IMI non è elencata la procura speciale (se lo fosse stata il problema sarebbe risolto in radice poiché tutto si ridurrebbe ad ipotizzare un incolpevole sparizione per le più varie ragioni - disordine della cancelleria, erroneo inserimento in altro fascicolo, ecc - indipendenti da volontarie condotte umane).
La deduzione che tale procura non è mai stata depositata per negligenza dei difensori dell'IMI è una delle ipotesi che si affacciano e che PREVITI fa propria.
Tuttavia le vicende successive, descritte nella parte narrativa, lasciano aperta la possibilità di interpretazioni alternative fornite di grave valore indiziante.
Non solo è singolare l'improvvisa ricomparsa delle procura nelle more tra la deliberazione in camera di consiglio (fatto già citato nell'ordinanza ACAMPORA-PACIFICO), e il deposito delle motivazioni della sentenza ma il collegamento con la vicenda CORDA conferisce maggior valore indiziante a tale fatto.
Si ricordi che la procura viene «restituita» assieme ai ringraziamenti al presidente Corda per l'astensione «che ha consentito di chiudere la partita 3 a 2». È quindi evidente che il soggetto (o centro di interessi) che ha restituito la procura speciale è lo stesso che ha indotto il presidente CORDA ad astenersi.
Per rendere incontrovertibile la tesi di PREVITI occorre ipotizzare che l'IMI (e/o i suoi legali) pur consapevole di non aver depositato la procura, venuta a conoscenza che il presidente CORDA aveva intenzione di proporre un ripensamento dell'orientamento giurisprudenziale, e quindi di ritenere ugualmente procedibile il ricorso dell'IMI, abbia voluto vanificare questo indubbio vantaggio eliminando dal collegio giudicante il presidente CORDA.
L'enigmaticità della vicenda lascia spazio anche a tale ipotesi; ma sul piano del calcolo delle probabilità essa appare una autentica fantasia (a meno di non pensare che l'IMI volesse così pervicacemente perdere la causa da non depositare la procura speciale, eliminare dal collegio una persona orientata ad una decisione oggettivamente favorevole a se stessa e far ricomparire la procura prima del deposito della decisione finale, inneggiando alla sconfitta dei «servi dell'IMI»).
Gli elementi riportati nella parte descrittiva rappresentano un quadro indiziario grave della sussistenza del reato ipotizzato.
Plurimi indizi, infatti, gravano sull'indagato.
In primo luogo la corresponsione da parte degli eredi Rovelli di un importo assai rilevante senza una causa negoziale verificabile porta a ritenere che la causa del pagamento sia dovuta ad una prestazione illecita.
Se, infatti, la somma fosse stata dovuta per prestazioni legittime non vi sarebbe stata necessità per l'ing. Rovelli di raccomandare alla moglie il pagamento dell'avvocato Pacifico: questi avrebbe reclamato il proprio credito e in caso d'inadempimento avrebbe attivato le procedure giudiziarie dimostrando il suo legittimo titolo.
È significativo che l'ing. Rovelli non raccomandi alla moglie di pagare gli avvocati che lo assistettero nelle varie procedure, a cui pure doveva del denaro (come è dimostrato dal fatto che il Trust di Vaduz venne utilizzato anche per pagare i difensori muniti di procura): di tutti i possibili creditori l'ing Rovelli ricorda alla donna proprio Pacifico.
È significativo che gli eredi Rovelli non chiedano alcuna spiegazione a PACIFICO sul motivo per cui egli viene a richiedere una somma tanto rilevante e neppure facciano rimostranze alla, imprevista, entrata in scena dell'avv. ACAMPORA e dell'avv. PREVITI, essi pure portatori di una pretesa creditoria parimenti rilevante, sulla sola base dell'indicazione di PACIFICO («il Pacifico mi disse che la somma che mi richiedeva riguardava i suoi rapporti con mio padre, mi aggiunse che mio padre aveva dei debiti anche nei confronti dell'avv. Acampora e dell'avv. Cesare Previti.
Aggiunse che lui richiedeva a me il pagamento del suo credito, mentre Acampora e Previti mi avrebbero contattato ciascuno per il credito proprio Fin dalla prima volta che l'ho visto Acampora mi ha chiesto una somma dell'ordine di una dozzina di miliardi senza specificare i motivi, ma dicendo che mio padre glieli aveva promessi... Nel primo incontro Previti mi disse che il debito di mio padre nei suoi confronti era di circa 20 miliardi. Anche a Previti non ho mai chiesto spiegazioni, perché anche lì si trattava di pagare tutti gli impegni che mi venivano prospettati come assunti da mio padre, oppure di rifiutarli» - dich. Felice Rovelli 8 maggio 1996).
Sulla mancanza di titolo legittimo per pretendere le somme si deve rilevare che nessuno dei tre avvocati beneficiari risulta investito della procura per difendere i Rovelli nelle procedure IMI; il solo avvocato Pacifico ha svolto un ruolo, definito come marginale da Felice Rovelli, che parla di «limitata attività di consulenza» ed attribuisce a tale limitata attività il pagamento della parcella da 200.000.000 rinvenuta nella perquisizione a carico di PACIFICO.
Si deve poi osservare che Pacifico, nell'interrogatorio del 19 marzo 1996, accettando di parlare della vicenda Battistella Rovelli si limita a precisare di aver effettuato una consulenza fiscale relativa al pagamento della tassa di successione, sia in Italia che in Svizzera, senza fare alcun accenno a pregresse intese con l'ing. Rovelli.
Si è già messo in evidenza il contrasto tra le motivazioni portate da Pacifico e Acampora e da PREVITI quelle degli eredi Rovelli sulla causale del pagamento.
In particolare le difese svolte da Cesare PREVITI nell'interrogatorio del 23 settembre 1997 e l'affermazione che egli ebbe conferito un mandato da Nino Rovelli, non hanno trovato alcuna conferma, neppure indiretta, dagli eredi ROVELLI.
Di tale mandato (che non necessariamente deve derivare da atto scritto, potendosi certamente ipotizzare che nel mondo dei commerci e della finanza vi siano mandati fiduciari) non vi è traccia neppure indiretta.
È del tutto inverosimile che si versino 67 miliardi di lire senza minimamente conoscere il motivo per il quale si paga.
Ciò vale non solo per la Battistella che dichiara espressamente di escludere che le prestazioni riportate da Pacifico nella fattura siano mai state realmente effettuate (dimostrando così di benessere consapevole della fittizietà del documento), ma ancor più per Felice Rovelli il cui curriculum (si veda memoria avv. Mensch,) è tale da far presumere una sua particolare attenzione a problemi finanziari e una particolare padronanza dei mezzi di gestione finanziaria è pressoché impossibile credere che una persona con il livello di studi e di esperienze professionali dell'ing. Rovelli versi 67 miliardi senza neppure chiedere, immediatamente o in un momento successivo, a quale titolo debba pagare.
È invece difficilmente dubitabile che la causa del pagamento fosse perfettamente nota all'ing. Rovelli e a sua madre; proprio l'illiceità della causa spiega il silenzio dei due.
È significativo che per il pagamento venga utilizzato lo stesso fondo destinato agli impegni della procedura IMI e che il pagamento avvenga solo dopo la materiale percezione della somma netta attribuita all'esito del giudizio.
Si è anche dimostrato che una considerevole quota della somma versata a PACIFICO è rientrata in Italia con modalità tipiche del rientro di capitali illeciti.
Il secondo elemento indiziante fondamentale è costituito dal singolare svolgimento della procedura Rovelli/IMI.
Attenta riflessione, sotto il profilo indiziante, merita la circostanza della ricomparsa m scena della procura alle liti (seppure incompleta) in un momento processuale del tutto anomalo, nel periodo di tempo intercorrente tra lo svolgimento della camera di consiglio e il deposito dei motivi della decisione.
Si sono messe in risalto le vicende Minniti e Corda, che pur lontane tra loro nel tempo mostrano un disegno lineare volto all'eliminazione degli elementi di possibile interferenza con il risultato da raggiungere.
Tra questi due fondamentali momenti della vicenda si inseriscono i contatti telefonici rilevati sull'utenza de LA FULVIA e tra gli indagati proprio in coincidenza i passaggi processuali decisivi e con le scadenze dei pagamenti ed altresi i contatti rilevati sull'agenda sequestrata a Pacifico relativi agli anni 1990-1996, che contengono, tra gli altri richiami a Felice Rovelli, all'ing. Rovelli, all'avv. Mensch (25 giugno 1992 ore 11,30, agenda 92 rep. 5), ad Acampora e Previti.
L'intreccio tra i contatti telefonici e i momenti significativi della procedura IMI/ROVELLI non è irrilevante nella valutazione degli indizi; di fronte alle dichiarazioni dei Rovelli, alla mancanza di opera professionale nella causa, alle spiegazioni degli indagati sulla ragione per cui ricevettero il denaro, questi contatti si attagliano con precisione all'ipotesi accusatoria, ulteriormente confermati dalla vicenda Rovelli- Berlinguer Squillante, indicativa del metodo di approccio di Rovelli ai vari passaggi processuali.
Le annotazioni sull'agenda di Pacifico, inoltre, non riguardano solo Previti o Rovelli, ma anche personale di cancelleria degli uffici giudiziari davanti ai quali si svolgevano le vicende processuali.
Grave valore indiziante assumono le vicende significative del passaggio di parte delle somme da conto a conto, da banca a banca, da indagato a indagato, che sono state descritte nella parte espositiva e sintetizzate nelle tabelle: emblematica la più recente acquisizione probatoria, relativa al passaggio di denaro dalla banca LIPS BURKARDT a PACIFICO e SQUILLANTE tramite PREVITI.
Essa dimostra la contraddittorietà delle tesi difensive di PREVITI: non si comprende, infatti , per quale ragione egli, che era incaricato da NINO ROVELLI di bonificare somme a terzi, bene individuati, debba ricevere da Felice Rovelli, tramite Pacifico Somme di denaro.
Tutti gli elementi descritti, sia nella loro lettura specifica, sia nella lettura complessiva, rappresentano gravi indizi di sussistenza del reato poiché conducono ad una interpretazione inequivoca della vicenda; dal primo dato indiziante - il pagamento - si sviluppa una continuità logica degli elementi indizianti che non si interrompe di fronte all'astratta possibilità di letture alternative di singoli aspetti della vicenda, in realtà ancor più ridotte dopo le acquisizioni probatorie nuove, successive alla conferma in sede di merito (Tribunale del riesame) e di legittimità dell'ipotesi accusatoria.
INSUSSISTENZA DI CONDIZIONI NEGATIVE
(ex articolo 273, comma 3).
I reati contestati non risultano compiuti in presenza di una causa di giustificazione, nè di quelle codificate, nè di quelle cosiddette non codificate, o di non punibilità, nè risulta sussistere una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.
In particolare i reati ascrivibili agli anni 1988-1989, non sono prescritti: la pena edittale massima, è infatti, quella di cinque anni ed è pertanto applicabile l'articolo 157, 1o comma numero 3 codice penale con prescrizione ordinaria di dieci anni.
Per gli stessi reati vale l'esclusione oggettiva dall'amnistia introdotta con decreto del Presidente della Repubblica 75/1990.
Per ciò che concerne l'indulto (decreto del Presidente della Repubblica 394/90) occorre fare una previsione sull'eventuale pena irrogabile: tenuto conto della gravità obiettiva dei fatti, della reiterazione, del complessivo contesto in cui i fatti sono maturati , è altamente probabile che la pena non verrà contenuta all'interno dei due anni. Per le medesime ragioni, anticipando la valutazione ex articolo 275, 2-bis cpp, non si ritiene che potrà essere concessa la sospensione condizionale della pena eventualmente irroganda.
La reiterazione nel tempo delle condotte ascritte, con l'emergere della vicenda contestata al capo B), e la rilevante gravità oggettiva delle stesse vicende, costituirà ulteriore elemento di valutazione negativa sulla possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena.
ESIGENZE CAUTELARI
Si deve premettere, in linea generale, che il giudizio di probabilità su una condotta futura, se non si vuol ridurre ad un mero vaticinio, deve essere fondato su concreti elementi di fatto, e in particolare sulla valutazione di condotte antecedenti atte a dimostrare l'esistenza di comportamenti e di volontà proiettive di comportamenti futuri.
Il Pubblico Ministero ha ravvisato le esigenze cautelari nei seguenti termini:
«Ad avviso di questo Ufficio sussistono le esigenze cautelari di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 274 c.p.p..
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "a" dell'articolo 274 c.p.p. il concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, si può desumere dalle seguenti circostanze di fatto:
dalla natura dei fatti contestati, vale a dire un quadro sistematico di corruttela di appartenenti ad Uffici giudiziari, cosi da sviare il corso dei procedimenti, falsando le decisioni giudiziarie;
dalla vicenda della "sparizione" della procura speciale I.M.I., indicativa della disponibilità, da parte degli indagati, di soggetti in grado di operare, su loro disposizione, l'occultamento di importanti fonti di prova a loro carico;
dalla conoscenza da parte sua e dei coindagati di notizie segrete o riservate sull'attività degli organi giudiziari;
dalla dimostrata capacità di interferire non solo sul funzionamento ma persino sulla formazione dei collegi giudicanti.
Peraltro risulta con chiarezza dalle indagini svolte in questo come in altri procedimenti che l'on. Cesare PREVITI si era posto da tempo in condizione di poter inquinare le prove. Infatti:
dopo la scoperta della microspia all'interno del bar Tombini in Roma SQUILLANTE, PACIFICO e PREVITI hanno acquisito notizie riservate in ordine alle presenti indagini come risulta anche dalle conversazioni telefoniche intercettate in data 19 febbraio 1996 ore 17,50 e 17,58 tra Renato SQUILLANTE e Attilio PACIFICO nonché dalla relazione di servizio da cui emerge che mezz'ora prima delle due telefonate, Attilio PACIFICO si era recato presso lo studio di Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 65). D'altro canto il fatto che fosse stato Cesare PREVITI a riferire a PACIFICO di "Stefania ARIOSTO" è stato confermato da quest'ultimo in sede di interrogatorio reso in data 16 marzo 1996 al P.M (cfr. allegato nr. 25);
SQUILLANTE in data 12 febbraio 1996 - ore 09,52 - utilizzando una cabina telefonica pubblica - si è messo in contatto con il Consigliere di Stato Sergio Berlinguer con il quale - esprimendosi cripticamente - ha fissato un appuntamento. Sergio BERLINGUER, sentito quale persona informata sui fatti, anche all'esito del riascolto della conversazione intercettata, ammetteva di essere stato sollecitato da Renat6 SQUILLANTE ad acquisire notizie negli ambienti giudiziari milanesi (cfr. allegato nr. 66);
Francesco PACINI BATTAGLIA (int. 13 febbraio 1997) - (cfr. allegato nr. 67), persona per la quale èstato chiesto il rinvio a giudizio, in altro procedimento (e persona con la quale Cesare PREVITI ha intrattenuto rapporti di natura finanziaria) ha dichiarato di avere appreso dallo stesso Cesare PREVITI, intorno alla metà del febbraio dell 996 (quando la notizia era ancora coperta da segreto) che Stefania ARIOSTO aveva reso dichiarazioni a magistrati di questo ufficio;
l'on. Cesare PREVITI ha utilizzato una o due schede telefoniche GSM svizzere, fornitegli da PACINI BATTAGLIA (int. 30 luglio 1997) "per essere più tranquillo sulle telefonate che faceva" (cfr. allegato nr. 67);
il 9 e 11 luglio del corrente anno PACINI BATTAGLIA è stato notato intrattenersi nello stabile sito in Roma, via Cicerone, 60, ove tra l'altro ha sede lo studio legale dell'on. Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 68).
Appare evidente che se lasciato in libertà Cesare PREVITI ben potrà ancora gravemente interferire sul procedimento a carico suo e dei coindagati, al fine di impedire il corretto accertamento dei fatti, soprattutto se si considera che, secondo quanto può univocamente desumersi dalla entità dei versamenti con finalità corruttiva e dalla descrizione degli atti contrari ai doveri d'ufficio - allo stato esattamente identificati solo in parte - devono ancora essere individuati numerosi correi i quali hanno tutto l'interesse ad inquffiare ulteriormente il quadro probatorio.
Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "b", il concreto pericolo di fuga risulta dai seguenti elementi di fatto:
dalla esistenza di ingenti disponibilità finanziarie all'estero e da una rete di rapporti con soggetti operanti all'estero che potranno permettergli di sottrarsi all'esecuzione di una eventuale sentenza di condanna;
dalla estrema gravità - anzi ben può dirsi dalla inaudita gravità - dei fatti oggetto di contestazione, con particolare riguardo al capo B: non è dato rinvenire nella storia italiana (ma forse neppure in quella di altri Stati) un cosi grave episodio di corruzione in atti giudiziari, sia per l'entità delle somme oggetto di giudizi, sia per quelle versate dai ROVELLI, sia per gli organi giudicanti coinvolti.
Quanto alla esigenza di cui alla lettera c) la stessa è desumibile:
dall'inserimento di Cesare PREVITI in un ampio contesto di corruttela e come tale crinunoso e criminogeno, con manifestazioni delinquenziali durate almeno dal 1988 al 1994 e riguardanti anche magistrati al vertice di uffici giudiziari;
dal perdurare di legami originati o caratterizzati anche da rapporti illeciti con pubblici ufficiali e dalla conoscenza di altrui illeciti con conseguente grave possibilità di ricatto;
dalla possibilità di perpetrare per tali motivi ed ai fini di inquinamento probatorio ulteriori reati della stessa specie.
Non risulta ed anzi va all'evidenza escluso che il fatto sia stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione, di non punibilità, e che sussistano cause di estinzione del reato o della pena irrogabili. In considerazione della particolare gravità dei fatti e della pena edittale stabilita per il reato di cui al capo d'incolpazione, si ritiene non possa essere concessa dal giudice la sospensione condizionale della pena.
Le predette esigenze cautelari, in considerazione della loro particolare natura ed intensità, non possono essere adeguatamente soddisfatte da una misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, poiché tali diverse misure presuppongono tutte la previsione della leale e spontanea sottomissione alle prescrizioni imposte agli indagati dall'Autorità giudiziaria, ma ciò appare da escludere nel caso concreto, stante il giudizio negativo sulla personalità, caratterizzato dal reiterato ricorso alla corruzione nei confronti di appartenenti ad uffici giudiziari, con violazione di ogni regola deontologica ancor prima che penale» (si veda originaria richiesta presentata alla Camera dei Deputati).
Successivamente il P.M. ha svolto le seguenti ulteriori considerazioni.
Oltre agli argomenti sviluppati nella richiesta indirizzata alla Camera dei Deputati, rafforzati dal contenuto degli ulteriori atti di indagine compiuti (in proposito appare particolarmente significativo quanto riferito da Giorgio CASOLI - cfr. allegato nr. 77), si fa notare ulteriormente quanto segue.
Sono stati già evidenziati i rapporti tra Cesare PREVITI e Pierfrancesco PACINI BATTAGLIA, fornendo prova documentale di loro recentissimi incontri avvenuto del luglio 1997 (cfr. allegato nr. 68).
Cesare PREVITI, nel corso dell'interrogatorio, ha dichiarato di conoscere da anni PACINI BATTAGLIA e che la loro frequentazione derivava soprattutto dal fatto che erano vicini di casa sull'Argentario.
Ha ammesso di essersi incontrato anche di recente con PACINI BATTAGLIA ma solo ed esclusivamente per ragioni che riguardavano la salute dello stesso PACINI BATTAGLIA.
Quest'ultimo infatti lamentava preoccupazioni per una operazione che doveva subire da lì a poco.
Da quanto sin qui acquisito ed in particolare dai contenuti di alcune conversazioni intercettate nell'ufficio di PACINI BATTAGLIA nel gennaio 1996 dal GICO di Firenze su disposizione della A.G. della Spezia e qui trasmesse al sensi dell'articolo 371 c.p.p., emerge invece uno scenario molto più ampio di quello rappresentato da PREVITI. Da alcuni brani di tali intercettazioni ambientali, contestati a PACINI BATTAGLIA nel corso degli interrogatori resi il 14 febbraio 1994 e l'11 marzo 1997 risulta che (cfr. allegato nr. 83)
1) anche in quel periodo i contatti con PREVITI sono frequenti;
2) con diversi interlocutori Emo DANESI nella giornata del 24 gennaio 1996, persona non identificata il 9 febbraio 1996) PACINI BATTAGLIA parla di un impenditore di Taranto, senza fame il nome, facendo riferimento a raccomandazioni chieste a PREVITI perché costui ottenesse appalti;
3) PACINI BATTAGLIA ammette di aver raccomandato l'imprenditore a Cesare PREVITI, cui si era indirizzato perché era un esponente politico del movimento politico «Forza Italia» (cfr. allegato nr. 83 - interrogatorio 11 marzo 1997).
Dal contesto delle ambientali sin qui menzionate nonché dalle circostanze già evidenziate nella richiesta si rileva come nel 1995 PREVITI si sia avvalso di PACINI BATTAGLIA per riportare in Italia somme di denaro contante, in epoca in cui lo stesso risultava universalmente già indagato dalla A.G. milanese (nei suoi confronti era stata emessa ordinza di custodia cautelare in carcere nell'ambito delle indagini ENI, e la vicenda ebbe un clamore tale sulla stampa e sugli altri strumenti di informazione da non poter essere sfilggita all'attenzione di Cesare PREVITI), ed abbia utilizzato due schede telefoniche GSM acquistate in Svizzera sempre da PACINI BATTAGLIA. I contatti sono continuati nel 1996 e 1997, anche dopo che PACINI BATTAGLIA è stato arrestato per ulteriori fatti reato su disposizione del giudice di La Spezia. Aver mantenuto rapporti con PACINI BATTAGLIA ed essere addirittura ricorso a lui per far rientrare capitali in Italia dimostra come PREVITI abbia inteso mantenere e alimentare i contatti con ambienti criminosi e criminogeni particolarmente idonei allo svilupparsi di ulterion attivita illecite dello stesso tipo di quelle per le quali si sta procedendo.
Analoghi argomenti possono essere sviluppati per quanto riguarda le frequentazioni tra PREVITI e Giancarlo ROSSI, intervenute anche dopo che quest'ultimo venne tratto in arresto nel 1994 su disposizione del giudice di Milano e di quello di Roma in quanto coinvolto nelle vicende ENIMONT. Le frequentazioni tra i due sono ampiamente documentate dalle relazioni di servizio redatte dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che si allegano (cfr. allegato nr. 84). Si richiama in particolare anche il contenuto della annotazione di servizio nr. 18 (cfr, allegato nr. 85), nella quale si evidenziano i rapporti finanziari tra PREVITI e ROSSI a partire dall'agosto 1993. Quest'ultimo sentito in data 28 maggio 1996 e 8 giugno 1996 ha riferito di (cfr. allegato nr 86):
aver prestato lire 975.000.000 nell'agosto 1993 a PREVITI;
aver ricevuto da PREVITI, in più riprese, a mezzo di una serie di bonifici l'importo complessivo di lire 2.600.000.000, imputando la differenza quale rimesse relative ad operazioni finanziarie ancora in corso alla data dell'interrogatorio (1996) dal 1994.
Si fa presente per ultimo, in ordine al contenuto della memoria difensiva presentata dalla difesa PREVITI e relativi - voluminosi - allegati, che le rare argomentazioni pertinenti sono già confutate in fatto o disattese in diritto dalle risultanze rassegnate e dalle pronunzie dei giudici di merito e legittimità intervenute sulle posizioni SQUILLANTE, PACIFICO, ACAMPORA e ROVELLI.
I difensori di Previti hanno radicalmente contestato questa impostazione e queste conclusioni (pagg. 27 e ss. memoria del 18 settembre 1997) peraltro con riferimento all'originaria richiesta presentata al Parlamento (non conoscendo, per ovvie ragioni il contenuto delle successive integrazioni, né dovendo conoscerlo, allo stato della legislazione in vigore). All'esito della lettura di tale memoria, questo giudice non concorda pienamente con il Pubblico Ministero nella prospettazione delle esigenze cautelari; in particolare, con riguardo all'esigenza prevista dall'articolo 274 lettera b) CPP si deve osservare che il pericolo di fuga, nella previsione della norma deve essere concreto e cioè basato su indici fattuali specifici da cui sia ricavabile un giudizio di probabilità su comportamenti futuri.
Nel caso in esame si osserva che PREVITI ha una stabile attività professionale in Italia, una fimzione di altissimo rilievo (è Parlamentare ed esponente di uno di maggiori movimenti politici rappresentati in Parlamento, è stato Ministro della Repubblica), un significativo radicamento nell'ambiente di appartenenza: la probabilità che tali elementi neutralizzino quelli esposti dal P.M. per dimostrare l'esigenze cautelare in discussione porta a non ritenere sussistente il requisito della «concretezza» del pericolo di fuga.
Vi sono, invece, consistenti elementi per ritenere elevata la probabilità di condotte dirette ad influire sulla formazione e sulla genuinità della prova, e di ripetizione di condotte criminose.
Vanno qui richiamati gli indici fattuali descritti dal Pubblico Ministero, documentati negli atti; va anche tenuto conto, in relazione alle obiezioni della difesa PREVITI sull'inconferenza dei rapporti con Pacini Battaglia, di quanto evidenziato nell'aggiornamento dell'originaria richiesta al Parlamento. Vanno poi tenuti in considerazione altri indici fattuali che emergono dall'attività compiuta dal P.M.
a) si deve ricordare che nell'interrogatorio del 23 settembre PREVITI ha dichiarato di aver saputo da Giorgio Casoli che Stefania Ariosto stava rendendo dichiarazioni all'autorità giudiziaria, in un'epoca in cui il segreto sulle indagini era assoluto. Casoli, sentito immediatamente dopo dal pubblico ministero ha dichiarato la circostanza «totalmente falsa», ricordando di aver effettivamente parlato con Previti nei mesi precedenti l'incontro con Stefania Ariosto, ma solo per ottenere appoggio politico per una sua candidatura a membro della Corte Costituzionale.
La dichiarazione di Casoli è rilevante sotto più di un profilo.
In primo luogo dimostra che è tuttora ignota la fonte che megittimamente comunicò a PREVITI dell'esistenza di indagini.
Sotto il profilo della genuinità delle fonti di prova e delle possibilità della loro alterazione l'importanza non è neppure da porre in discussione.
In secondo luogo, se PREVITI cita Casoli come propria fonte significa che - quanto meno - non lo ritiene ostile né personalmente né processualmente; se poi Casoli smentisce PREVITI ed aggiunge di essere stato almeno due volte a casa sua con Stefania Ariosto (né si dimentichi quanto Casoli ha dichiarato in merito alle sue frequentazioni con PREVITI negli anni 1987-1989), la conclusione che si può trarre è che l'ipotesi di una complessiva costruzione calunniatoria in danno di PREVITI perde un consistente fondamento: Casoli soggettivamente non viene ritenuto da PREVITI un calunniatore (non sarebbe stato portato come teste a discarico); le affermazioni di Casoli devono ritenersi veritiere con quel che ne segue in ordine alla ricostruzione della vicenda.
b) Dal verbale di assunzione di informazioni di Marco Iannilli, dipendente dello studio PREVITI con funzioni di segreteria, si apprende:
IANNILLI teneva una cassetta di sicurezza presso la B.N.L. (fino a circa tre o quattro anni addietro) che non aveva mai utilizzato (avendo egli peraltro modeste disponibilità economiche); l'avv. Cesare Previti aveva però la procura bancaria ed utilizzava questa cassetta, anche se egli non sapeva a quale scopo (ciò avveniva negli anni 1984-85); una volta acceso il contratto con la banca egli aveva consegnato la chiave a PREVITI;
IANNILLI ha inizialmente negato di aver operato tramite procura su cassette di sicurezza di terzi; a specifica contestazione del P.M. interrogante che rilevava l'esistenza di una procura ad operare su una cassetta di sicurezza presso la Banca Commerciale Italiana, ag. 15 di Roma (cassetta di sicurezza n. 41 aperta il 12 aprile 1990) ed intestata a ISTITUTO ITALIANO DI FINANZIAMENTO E INVESTIMENTO spa (ISTIFI) e osservava che proprio lo IANNILLI aveva chiuso il contratto il 29 marzo 1991, lo stesso IANNILLI ha ammesso di avere la procura su tale cassetta ed ha spiegato quanto segue.
Era in atto la c.d. «guerra di Segrate» e l'avvocato PREVITI gli chiese se era disposto a fare l'amministratore della società AME o AMEF (ARNOLDO MONDADORI EDITORE e ARNOLDO MONDADORI FINANZIARIA).
Egli accettò pur senza compenso, se non un fondo spese per sostenere le spese per le trasferte in Italia e all'estero.
Come amministratore delegato di una delle società sopra indicate aveva il controllo di un pacchetto di azioni.
PREVITI gli disse che era opportuno che egli non fosse rintracciabile in Italia per un certo periodo di tempo affmché non gli venisse notificato l'atto con il quale la parte avversa chiedeva il sequestro di tutte le azioni.
Si rese immediatamente disponibile perché pur avendo accettato la carica di amministratore delegato, in realtà agiva per conto di Cesare PREVITI.
Per questa ragione rimase una settimana a Londra e poi una settimana a Parigi, spesato in tutto.
Durante i soggiorni all'estero egli non ricevette nessuna notifica.
Mentre si trovava a Parigi da circa una settimana, PREVITI gli telefonò dicendogli che doveva rientrare in Italia; doveva dare le dimissioni e restituire le azioni perchè si era arrivati ad un accordo e il suo compito finiva lì.
Le azioni erano custodite nella cassetta di sicurezza intestata alla ISTIFI, anche se egli, in realtà non ebbe mai accesso alla cassetta e quindi non era in grado di affermare con certezza che vi fossero custoditi i titoli (si veda verbale di assunzione di informazioni in data 17 settembre 1997, pagg. 6 e ss.).
IANNILLI conferma altre risultanze di indagine ed in particolare che PREVITI gli aveva consegnato un cellulare intestato a TIFI Paolo, con spese interamente a carico dello studio
dietro contestazione del P.M. interrogante IANNILLI aninietteva di aver effettuato plurime operazioni di deposito di contante, il più delle volte per la somma di L. 19.900.000 anche con versamenti progress ivi presso la stessa cassa. Così gli veniva ordinato di fare da CESARE PREVITI; gli venivano consegnate mazzette di denaro contante già suddivise in tranches ed eseguiva le operazioni in banca. Il 26 aprile 1988 risulta versata la somma di lire 500.000.000 in contanti sul conto intestato a PREVITI: nulla ha saputo dire IANNILLI sulla provenienza della somma;
a contestazione del P.M., IANNILLI, che aveva dichiarato di avere aperto presso la ROLO banca un solo conto corrente e di non avere procura su altri conti, ha dovuto ammettere che vi erano ventiquattro conti correnti a lui riferibili, sui quali cioè aveva la delega ad operare (elenco a foglio 24 del verbale richiamato);
sempre su incarico di Cesare PREVITI egli aveva intestata una cassetta di sicurezza aperta il 19 febbraio 1987 ed estinta il 26 settembre 1994, sulla quale non aveva compiuto alcuna operazione, mentre le chiavi erano in possesso di Previti e di un'altra persona (con la quale, a domanda precedente aveva dichiarato di non aver avuto nessun tipo di rapporto di nessun genere).
La deposizione di IANNILLI, in particolare la narrativa delle vicende relative all'assunzione della carica di amministratore delegato della AME o AMEF, assume, come quella di Casoli, un duplice significato.
Dimostra, infatti, che Previti ha spesso frapposto degli schermi tra se stesso e le operazioni che compiva, utilizzando persone del tutto ignare delle operazioni che si svolgevano (si ricordi anche l'intestazione di apparecchi telefonici a terzi); ciò rileva ai fIni della dimostrazione del pericolo di alterazione delle fonti di prova.
Dimostra però anche (vicenda AME/AMEF) l'esistenza di specifici comportamenti pregressi idonei ad una valutazione proiettiva di comportamenti futuri.
Nel verificare quale misura cautelare sia necessaria per tutelare le esigenze che qui si espongono, si deve tener conto che ogni misura alternativa alla detenzione presuppone un atteggiamento psicologico di lealtà verso chi è tenuto ad applicare, ad eseguire e a controllare le misure alternative.
La vicenda IANNILLI/AME (o AMEF) dimostra che già in passato sono mancati, in momenti processuali rilevanti, comportamenti processualmente ispirati a lealtà da parte dell'avv. PREVITI.
La c.d. «guerra di Segrate» (ci si limita al notorio) ha rappresentato una vicenda importante sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo degli assetti del mondo dell'editoria; purtuttavia non coinvolgeva la libertà personale di nessun individuo, valore sicuramente superiore sia a quelli economico-imprenditoriali, sia a quelli più generali del rilievo della libertà di stampa.
Se in una vicenda di valore sottordinato l'avv. PREVITI, che non difendeva un interesse proprio, ma di un proprio cliente, ha tenuto un comportamento come quello descritto da IANNILLI (nomina di un prestanome e strattagemmi per evitare notifiche di atti giudiziari), è arduo sfùggire alla previsione che atteggiamento di pari efficacia terrà lo stesso avv. PREVITI per difendere la propria posizione personale, stimabile assai maggiormente dell'esito della «guerra di Segrate».
c) Un ulteriore dato di fatto per formulare il giudizio di probabilità su condotte future è costituito dalla documentazione, pervenuta dopo il deposito della richiesta del P.M. (integrazione 15 ottobre 1997), riguardante la SURVEILLANCE ET GESTION FINANCIERE SA di Ginevra: risulta che alla fine del 1996 Cesare Previti ha ricuperato tutta la documentazione di sua pertinenza che si trovava nei locali delle società.
Si ignora il contenuto di tale documentazione; tuttavia desta sospetti il fatto che il ritiro della documentazione sia avvenuto nel vivo delle indagini sui conti esteri.
In termini di prognosi su condotte future il dato si presenta fortemente significativo.
Sull'esigenza cautelare indicata alla lettera a) dell'articolo 274 si deve rispondere ad un rilievo fatto da PREVITI nel suo interrogatorio del 23 settembre.
Egli sostiene che dalla documentazione bancaria acquisita dalla Procura delle repubblica si ricostruiscono i movimenti di denaro così da poter individuare i destinatari.
Simile affermazione porterebbe a concludere che le esigenze in esame sarebbero minimali.
Tale conclusione è errata.
In primo luogo l'affermazione è in contraddizione con quanto sostenuto dallo stesso PREVITI che afferma di non poter dire chi furono i destinatari delle somme bonificategli per adempiere all'asserito mandato fiduciario di Nino Rovelli.
Infatti, se dalla lettura degli atti emergesse ictu oculi la loro identità non vi sarebbe bisogno di mantenere un riserbo così pregnante e il P.M. si limiterebbe a chiedere quale fosse la natura dei rapporti sottostanti ai bonifici tra PREVITI e i destinatari compiutamente individuati.
Le tracce bancarie attestano invece che in molti casi il denaro proveniente dal bonifico PITARA TRUST è stato trasferito in altri conti correnti di cui sono ignoti i titolari (si vedano, in particolare i bonifici alla Darrier Hentsch di Nassau).
Vi è poi un'altra contraddizione.
Quando è stato possibile, l'ufficio del P.M. ha individuato i beneficiari di alcuni trasferimenti di denaro.
È però singolare che in questi casi però lo stesso PREVITI non abbia saputo identificare la controparte dell'operazione.
Questo vale per l'operazione CODAVA: PREVITI, che dice di conoscere i destinatari delle somme di NINO ROVELLI, non sa che uno di questi è PACIFICO.
Per un'operazione di segno contrario, PREVITI non sa spiegarsi il bonifico in suo favore della somma di lire 133.000.000 nel 1991: si apprenderà poi che il denaro proviene da Felice Rovelli che lo mette a disposizione di Pacifico tramite la LIPS. BURKARDT.
In sintesi: quando PREVITI sa chi sono i destinatari dei propri bonilici non lo dice, per ragioni di riservatezza professionale; quando gli viene detto chi sono i destinatari o i danti causa mostra di non aver avuto preventiva conoscenza della loro identità o di non sapersi spiegare l'operazione sottostante.
Tutto ciò ha un particolare significato in relazione alle esigenze cautelari, oltre in relazione agli indizi gravanti su PREVITI.
Infatti, il problema fondamentale del presente procedimento non è solo quello di acquisire documentazione bancaria attestante movimentazioni di denaro, perchè in tali termini è solo un problema temporale (rapidità della risposta alle rogatone estere) e non un'esigenza cautelare in senso stretto (non potendosi dubitare che le rogatorie restituiranno documentazione genuina).
Di fronte alle dichiarazioni dei vari indagati, insanabilmente in contrasto tra di loro, uno degli aspetti risolutori sarà invece costituito dall'interpretazione dei rapporti sottostanti ai molteplici movimenti bancari e proprio su tale interpretazione potranno compiersi le più varie operazioni di alterazione.
Non vi è dubbio che in tale campo la possibilità di inquinamento è elevatissima, posto che è sufficiente - ed estremamente facile - concordare versioni compiacenti sia tra gli indagati, sia con persone che con essi siano venuti a contatto e vanificare in brevissimo tempo minuziose acquisizioni documentali.
I dati messi in rilievo costituiscono concreti e specifici elementi dai quali dedurre l'attualità del pericolo di inquinamento delle fonti di prova, poiché sono dimostrativi di una reiterazione nel tempo di attività volte ad apprendere notizie riservate, ad eludere attività d'indagine, a sviare od eludere (IANNILLI/AME) i risultati di attività giurisdizionali.
In termini di giudizio di probabilità in proiezione di condotte future esse connotano, anche sul piano psicologico, l'attitudine a concretizzare attività di pregiudizio per l'acquisizione o la genuinità delle prove.
Al fine di tutelare queste esigenze il termine di scadenza della misura va fatto coincidere con quello di chiusura delle indagini preliminari.
In merito al pericolo di reiterazione di condotte criminose, si osserva che gli episodi in contestazione attraversano un lungo arco temporale e dimostrano una entratura particolarmente solida negli ambienti giudiziari, diretta o mediata da altri (Pacifico-Squillante).
I fatti contestati mettono poi in evidenza un metodo che supera le contingenze di un singolo processo.
Si può quindi convenire con il pubblico ministero nel ritenere attuale l'esigenza cautelare indicata all'articolo 274 lettera c) C.P.P.
SCELTA DELLA MISURA
Sulla scelta della misura specificamente idonea in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, tenuto conto dell'entità dei fatti contestati, della sanzione che si ritiene potrà essere irrogata, si ritiene di non poter fare ricorso se non alla custodia cautelare, pur nella consapevolezza che la persona a cui applicare la misura è un parlamentare.
Le indubbie resistenze psicologiche, derivante dall'alta rappresentatività della fimzione svolta, vanno però superate.
In primo luogo si deve ricordare che i fatti sono stati commessi al di filori dell'esercizio della funzione parlamentare.
La gravità dei fatti addebitati è un primo indice in base al quale può essere affermata l'eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari indicate nel paragrafo precedente, pur nella consapevolezza dell'assoluta residualità della custodia cautelare.
I dati esposti nell'indicare le esigenze cautelari , in particolare la vicenda IANNILLI/AME e l'utilizzazione di apparecchi cellulari intestati a terzi, anche di provenienza estera, dimostrano la particolare necessità di evitare qualsiasi contatto con l'esterno anche nell'attuale fase di indagine.
Va tenuto presente che sono ancora in corso di esecuzione importanti rogatorie per individuare i movimenti di denaro (si ricordino i bonifici effettuati dalla DARRIER HENTSCH verso Nassau e verso Vaduz, con la conseguenza che la documentazione già acquisita non è sufficiente ad eliniinare l'attualità e permanenza delle esigenze cautelari.
Il clamore pubblico suscitato dalle vicende giudiziarie e la stessa presentazione al Parlamento della richiesta di autorizzazione non vanificano il carattere di attualità delle esigenze cautelari.
Al riguardo va tenuto presente che occorre far riferimento alla proiezione delle esigenze nel filturo, in funzione dell'attività di indagine ancora in corso e delle ulteriori necessità istruttorie che potranno sorgere dall'esame della documentazione bancaria ancora da acquisire (esiti delle rogatorie).
Come sopra detto, che il problema fondamentale è impedire la creazione di interpretazioni compiacenti sui dati documentali cosi da alterare il quadro indiziario e vanificare le acquisizioni probatorie.
Per queste ragioni misure coercitive meno afflittive quali il solo divieto di espatrio o l'obbligo di presentazione all'autorità giudiziaria (articoli 281 e 282 c.p.p.), o, ancora, le misure previste dall'articolo 283 cpp sono da ritenere assolutamente inidonee, in quanto la loro caratteristica è quella di lasciare all'indagato una possibilità di movimento sufficientemente ampia cosi da non impedire incontri e contatti con altre persone e quindi intervenire sul processo di formazione della prova.
L'unica concreta alternativa è la scelta tra gli arresti domiciliari e la custodia in carcere, dovendosi ricordare la residualità di tale ultima misura.
Nel caso in esame è particolarmente intensa la necessità di evitare contatti con il mondo esterno, data l'elevata probabilità di alterazione delle fonti di prova.
Le vicende descritte nella parte narrativa dimostrano un ampio coinvolgimento di persone nella vicenda. L'interessamento e l'intervento di terzi potrebbe non venir meno anche nell'ipotesi di totale restrizione dell'indagato: si deve però tener presente che in regime di arresti domiciliari la possibilità di collegamento, anche indiretto, tra Previti e i vari protagonisti, non è evitabile con assolutezza - come invece richiede il caso in esame, per le ragioni indicate - proprio per la natura e le modalità applicative della misura alternativa.
Vero è che non sono in discussione fatti di violenza alla persona o di criminalità organizzata o diretti contro l'ordine costituzionale, fatti che anche nella coscienza sociale destano immediata ripugnanza, cosi che, per le ipotesi in esame sarebbe in ogni caso sproporzionata la misura cautelare.
Pur condividendosi la netta separazione che esiste tra le due categorie di fatti, si deve osservare che è lo stesso legislatore a consentire l'applicazione di misure cautelari anche per fatti della seconda specie, sia prevedendolo espressamente con il richiamo ai «delitti della stessa specie di quello per cui si procede», sia con la fissazione dei limiti edittali massimi di pena, dei quali il legislatore stesso non ignora le conseguenze processuali, ivi compresa l'applicabilità alle categorie indicate al comma 4 dell'articolo 275 cpp.
Nella corruzione del pubblico funzionario che si concretizza nel facilitare una parte e danneggiare un'altra in un procedimento giudiziario, non sempre si conoscono appieno le conseguenze per la parte danneggiata, cosi che la determinazione del legislatore non appare illogica. Ancor meno illogica si presenta la scelta di fondo del legislatore se si considera la complessiva rilevanza esterna (pubblica in senso lato) degli episodi corruttivi in contestazione (si ricordi l'importanza complessiva della vicenda SIR).
Unica misura applicabile è pertanto la custodia in carcere.
Sussiste la condizione indicata nell'articolo 280, comma 2, C.P.P (pena edittale nin inferiore nel massimo a quattro anni).
Allo stato delle conoscenze non si ravvisano motivi di salute ostativi.
SULLA COMPETENZA TERRITORIALE
Una discussione sulla competenza territoriale è - a questo punto della vicenda processuale - del tutto superata, poiché la Corte di Cassazione, investita dei ricorsi avverso i provvedimenti sulla custodia cautelare nei confronti dei coindagati Squillante, Pacifico ed Acampora ha reiteratamente affermato la competenza dell'autorità giudiziaria milanese.
1.) In ordine al capo a) va ricordato che la competenza territoriale è individuata sulla scorta della valutazione della elevata probabilità che l'accordo corruttivo (che, si deve ricordare, risale alla seconda metà degli anni '80), sia intervenuto in Milano. Ricordatosi che per costante giurisprudenza i reati di corruzione si consumano nel momento e nel luogo in cui interviene l'accordo tra le parti, nel caso ipotizzato al caso A), è ignoto il luogo in cui le intese sono intervenute. Stante la localizzazione territoriale in località diversa da Roma del centro di interessi indicato come mittente delle somme (società aventi sede nel circondario milanese) potrebbe ragionevolmente escludersi che in Roma sia stato consumato il reato. Sul punto concorda la Corte di Cassazione , (sent., sez. VI penale, pres. Troiano, est. Albamonte, 16 aprile 1996 (depositata il 23.5.1996) sul ricorso proposto da Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza 11 marzo 1996 emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo A (cfr. allegato n. 14):
«Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione di una strumentalità inquinante da Costui posta in essere in favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè in Milano».
«In considerazione di quanto sopra, allo stato procedimentale deve riconoscersi la competenza territoriale dell'autorità giudiziaria di Milano, luogo di intreccio degli illeciti interessi e dell'Accordo corruttivo».
2). In ordine al capo b) va richiamata la sentenza emessa il 26 giugno 1996 (depositata il 29 agosto 1996) sul ricorso proposto da Giovanni ACAMPORA avverso l'ordinanza 15 maggio 1996 del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo B (cfr. allegato n. 17):
«Esaminando i motivi dedotti in ordine di pregiudizialità logica, va anzitutto disattesa l'eccezione diretta a contestare la competenza territoriale dell'A.G. di Milano».
«Al riguardo l'impugnata ordinanza, partendo dall'incontestato assunto della non individualità allo stato del luogo di perfezionamento degli accordi corruttivi e della non utilità, per la dislocazione estera, del luogo di effettuazione dei versamenti a favore degli avvocati indagati (che comunque è bene aggiungere, non integrerebbe, per l'identità dei destinatari, la dazione consumativa della corruzione), e premessa quindi la necessità, per stabilire la competenza territoriale, di far ricorso alle regole suppletive di cui all 'art 9 c.p.p., rileva la non praticabilità dei criteri di cui al primo e al secondo comma del citato articolo, in base, da un lato, all'irrilevanza del luogo della condotta commissiva od omissiva del pubblico ufficiale, non facente parte della fattispecie della corruzione, e, dall'altro, alla presenza di indagati aventi residenza, dimora o domicilio in luoghi diversi, pervenendo così alla conclusione della necessaria applicazione del criterio residuale, di cui all'ultimo comma dell'articolo 9 c.p.p., della priorità di iscrizione nel registro previsto dall'articolo 335 c.p.p. conducente alla competenza dell'A.G. di Milano».
«Nel ricorso si contesta tale argomentazione in base al rilievo che tutti i sogetti corrotti (magistrati, funzionari e incaricati dello studio legale che patrocinò l'IMI nella causa civile con i Rovelli) hanno quantomeno il domicilio in Roma, onde potrebbe e dovrebbe trovare applicazione nella specie il criterio del forum rei, che identifica il foro competente in quello di Roma, da spostarsi poi ex articolo 11 c.p.p., per il prospettato coinvolgimento di magistrati appartenenti al distretto della Corte di appello di Roma, a quello di Perugia».
«Nei motivi aggiunti si richiama altresì, come ricordato in narrativa, il criterio del reato più grave, ex coord. disp. articoli 12 e 16 c.p.p., in relazione al falso per soppressione che sarebbe sostanzialmente contenuto nella contestazione e per il quale le indagini, già chiuse con archiviazione, risulterebbero riaperte».
«Le suesposte obiezioni sono destituite di fondamento».
«Quanto, invero all'invocata praticabilità del forum rei, rilevasi che il riferimento ai soggetti corrotti fatto nel ricorso, oltre ad essere contenutisticamente lacunoso e inidoneo, venendo prospettata con relativa attendibilità la comunanza in Roma solo del domicilio dei soggetti stessi, laddove, come emerge palesemente dal tenore del cpv. articolo 9 c.p.p., i criteri della residenza, della dimora o del domicilio vanno applicati in graduale successione fra di loro (v. in relazione alla medesima previsione del vecchio codice, Cass. 18 gennaio 1979, Sammartino), è soggettivamente parziale, ricavandosi chiaramente dalla contestazione il concorso anche di altri corruttori (fra i quali in primo luogo gli eredi Rovelli), per i quali la comunanza suddetta non è dedotta (nè, per quanto attiene agli eredi Rovelli, ravvisabile)».
«L'affermazione dell'ordinanza sulla diversità dei luoghi di residenza, dimora o domicilio dei vari soggetti sottoposti alle indagini, non può dunque ritenersi validamente confutata e superata dai rilievi del ricorrente».
«Circa poi l'argomentazione facente leva sul reato più grave, deve senz'altro respingersi la tesi che nella contestazione mossa all'indagato sia sostanzialmente contenuto anche il reato di falso per soppressione, in riferimento alla sparizione della procura speciale autenticata, posto che tale sparizione è messa nella contestazione in alternativa all'ipotesi minore dell'omesso deposito, risultando così priva, per definizione, della consistenza della gravità indiziaria.
(omissis).
«Deve pertanto ritenersi correttamente individuata nell'ordinanza impugnata, allo stato degli atti, la competenza territoriale del GIP del Tribunale di Milano».
Va ricordato, ad integrazione dei dati riguardanti il procedimento inerente la mancanza della procura speciale, che attualmente sulla vicenda indaga l'autorità giudiziaria milanese, a seguito di trasmissione degli atti da parte del P.M. di Roma, così confermandosi sotto questo profilo la competenza dell'autorità procedente.
Le residue contestazioni della difesa ed in particolare il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione del 13 agosto 1996 (che rinviò gli atti al Tribunale del Riesame di Milano), su ricorso di Pacifico in ordine al capo B), non sono più attuali, dopo che la stessa Corte di cassazione in data 24 giugno 1997, ha confermato la decisione del Tribunale del Riesame di Milano nella quale si è affermata la competenza di questa autorità giudiziaria in relazione al reato contestato al capo B).
LA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
La Camera dei Deputati, alla quale appartiene l'onorevole CESARE PREVITI, eletto al Parlamento nella XIII legislatura, nella seduta del 18 settembre 1997 ha ritenuto irricevibile la richiesta presentata dall'ufficio del Pubblico Ministero per l'autorizzazione a formulare al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale Ordinario di Milano richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere; per il Giudice per le Indagini Preliminari eventualmente ad emettere ordinanza di custodia cautelare in carcere o altra minore misura; per lo stesso Ufficio e gli organi di polizia giudiziaria che saranno delegati ad eseguire l'eventuale ordinanza applicativa della misura.
Si propone il problema dell'organo legittimato a richiedere al Parlamento l'autorizzazione a procedere all'applicazione di misura cautelare nei confronti dell' Onorevole PREVITI.
Nell'attuale formulazione l'articolo 68 della Costituzione, dopo le modifiche introdotte con legge costituzionale n. 3 del 29 ottobre 1993, statuisce: «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere ... arrestato o altrimenti privato della liberta personale».
Nessuna statuizione contiene la norma in merito a quale sia l'organo tenuto a chiedere la prevista autorizzazione così che si sono posti problemi di raccordo con la normativa esistente e precisamente con gli articoli 343 e seguenti del codice di procedura penale.
I decreti legge succedutisi dal 1993 al 1996 colmavano il vuoto normativo derivante dalla mancata previsione della fattispecie nell'articolo 343 cod. proc. pen., ma la loro caducazione ha lasciato inalterato il problema originario.
Va ricordato che l'articolo 343 c.p.p., introdotto nell'ordinamento dal 24 ottobre 1989, si innestava nella normativa costituzionale vigente in quel momento, la quale prevedeva che senza autorizzazione della Camera di appartenenza nessun membro del Parlamento potesse essere sottoposto a procedimento penale, né arrestato o altrimenti privato della libertà personale.
Coerentemente con questa normativa costituzionale l'articolo 344 cpp prevedeva l'obbligo di chiedere l'autorizzazione a procedere prima di procedere agli atti tipici del passaggio alla fase del processo, dopo la chiusura delle indagini preliminari, salvo l'obbligo di presentare la richiesta comunque entro trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato.
In questo quadro normativo si colloca la previsione dell'articolo 343 comma secondo CPP che fa divieto di disporre misure cautelari personali, fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione (salvi i casi di flagranza che qui non rilevano).
Con la riforma costituzionale del 1993 il quadro si presenta meno nitido ed ènecessario un lavoro interpretativo per colmare l'apparente lacuna normativa nel collegamento tra la norma costituzionale e la norma processuale.
La lacuna è solo apparente, se si utilizzano i comuni criteri interpretativi.
Le norme che disciplinano processualmente l'istituto dell'autorizzazione a procedere (articoli 343, 344, cod. proc. pen.; 111 disp. att.) attribuiscono la legittimazione a presentare la richiesta unicamente al pubblico ministero.
Nessuna norma attruibuisce al giudice pari legittimazione; se ne deve concludere, sul piano dell'interpretazione letterale che unico organo o ufficio investito dell'onere di richiedere l'autorizzazione è il pubblico ministero.
L'interpretazione estensiva dell'articolo 343 conduce a colmare l'apparente vuoto normativo dopo l'introduzione della novella dell'articolo 68 Cost., con l'attribuzione quindi al pubblico ministero dell'onere di richiedere l'autorizzazione a procedere in tutti i casi in cui l'autorizzazione sia prevista.
Questa conclusione è coerente con l'evoluzione storica della disciplina: nel codice di procedura penale previgente alla riforma (articolo 15 c.p.p. 1930) l'autorizzazione veniva richiesta dal pubblico ministero «prima che (fosse) emesso alcun mandato».
Anche nel sistema antecedente, quindi, la legiffimazione alla richiesta di autorizzazione era attribuita al P.M., ed il dato è ancor più significativo se si considera che l'emissione di un mandato era atto tipico del Giudice istruttore (articolo 251 c.p.p. 1930).
L'evoluzione storica della disciplina e il dato normativo vigente sono stati ben compresi dai parlamentari intervenuti nella seduta del 18 settembre 1997 per la discussione della presente vicenda.
Si legge infatti nell'intervento dell'on.le Carrara che «quando il Parlamento si è occupato dei decreti legge che hanno accompagnato l'entrata in vigore del nuovo articolo 68, ha esplicitamente previsto che l'autorizzazione a procedere per quanto riguarda gli atti cautelari, i provvedimenti restrittivi della libertà personale, non è più strutturata come un'autorizzazione a procedere al giudizio ma come una condizione di eseguibilità di un provvedimento coercitivo, di un provvedimento restrittivo della libertà personale che già deve essere formato in tutti quelli che sono i suoi essentialia».
Così si è espresso il primo relatore, onorevole Gitti, che ha affermato che non si configura più come una condizione di procedibilità, cioè come un'autorizzazione in ordine ad un intento della magistratura di perseguire un parlamentare, ma come un'autorizzazione ad eseguire un provvedimento coercitivo che già è stato emesso dal giudice. Sulla stessa falsariga si sono orientati i nuovi relatori Azzano Cantarutti nel 1994 e Siniscalchi nel 1996.
In ordine poi alla legittimazione a richiedere l'eseguibilità la Giunta si è orientata nel senso che, correttamente, questa individuazione va orientata nei confronti del pubblico ministero. Ciò non soltanto perché manca qualsiasi ulteriore modifica dopo che sono decaduti i decreti-legge che hanno accompagnato l'entrata in vigore del nuovo articolo 68, ma perché nel nuovo codice di procedura penale il pubblico ministero è visto come organo di esecuzione di tutti i provvedimenti del giudice e mai si è vista un'autorità giudiziaria (soprattutto un giudice) che abbia sollecitato l'esecuzione del provvedimento. Il problema, quindi, non è stato affrontato in relazione all'autorità che deve richiedere l'eseguibilità del provvedimento (perché essa va certamente individuata nel pubblico ministero), ma nella condizione di eseguibilità in cui è strutturata oggi l'autorizzazione a procedere di cui all'articolo 68 della Costituzione (intervento on.le Carrara, atti parlamentari, seduta del 18 settembre 1977 in G.U., n. 244).
Altrettanto inequivoca è l'interpretazione delle norme vigenti nell'intervento dell'on.le Marianna Li Calzi, la quale ha richiamato i decreti legge non convertiti, nei quali era chiaro che l'autorizzazione a sottoporre un parlamentare a misure coercitive e limitative della libertà fosse nella responsabilità dell'autorità giudiziaria procedente, e cioè del G.I.P. Ma in carenza di detti decreti non può che trovare applicazione l'articolo 343 del codice di procedura penale che prescrive che, qualora sia prevista l'autorizzazione a procedere, è il pubblico ministero che ne fa richiesta a norma dell'articolo 344» (atti, cit. pag. 73).
L'evoluzione legislativa ben si coglie anche negli interventi degli on.li Borrometi e Manzione (atti, cit.).
Conclusivamente, l'evoluzione normativa, comprensiva della mancata conversione dei decreti-legge che attribuivano al giudice l'onere di richiedere l'autorizzazione a procedere, la considerazione che anche la fase esecutiva è fase della procedura e quindi il «procedere» si rivolge anche ad essa, l'inequivoco risultato della discussione parlamentare portano a ritenere che debba essere sempre il pubblico ministero ad agire per richiedere l'autorizzazione a procedere per l'esecuzione di un provvedimento giurisdizionale di natura cautelare.
Il presente provvedimento pertanto viene trasmesso al pubblico ministero ai sensi dell'articolo 92 c.p.p. e potrà essere eseguito solo dopo che la Camera di appartenenza avrà concesso l'autorizzazione a procedere nei confronti del parlamentare interessato alla misura.
Visti gli articoli 272 e seguenti C.P.P.; 91 e seguenti disp. att. CPP; 343, 344 C.P.P, 111 disp. att. C.P.P. in relazione all'articolo 68 Cost.
accoglie la richiesta del Pubblico Ministero in data 29 settembre 1997.
agli Ufficiali ed agli agenti di PG. di procedere alla cattura di
PREVITI CESARE, nato a Reggio Calabria, il 21 ottobre 1934
in relazione ai reati contestati ai capi A) e B) della rubrica;
e di tradurre lo stesso indagato in un istituto di custodia per ivi rimanere a disposizione di quest'Ufficio.
alla cancelleria di trasmettere immediatamente la presente ordinanza in duplice copia al P.M che ha richiesto la misura, per la esecuzione, previa autorizzazione della Camera dei Deputati a cui appartiene l'on.le Cesare PREVITI nonché per gli ulteriori adempimenti di conseguenza.
agli Organi incaricati dell'esecuzione del presente provvedimento di comunicare immediatamente a questo giudice l'avvenuta esecuzione
che copia del presente provvedimento sia trasmessa, ad esecuzione avvenuta, a cura della polizia giudiziaria incaricata dell'esecuzione, al direttore dell'Istituto Penitenziario perchè provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis dell'articolo 94 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Milano, 11 dicembre 1997.
|