Doc. IV, n. 4




All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Roma

Aosta, lì 21 agosto 1996.

Richiesta di autorizzazione a procedere ad accompagnamento coattivo
- artt. 68 Costituzione - 133 e 343 codice di procedura penale.

Nell'ambito dei procedimenti di cui all'oggetto, intimamente, allo stato, uniti, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, questo Ufficio del P.M. ha proceduto a citare, in qualità di persona informata sui fatti, l'onorevole Umberto Bossi nato a Cassano Magnago (Va) il 19 settembre 1941 e membro attuale della Camera dei Deputati, del gruppo parlamentare della «Lega Nord».
Le ragioni della citazione derivano da queste precise circostanze:
da atti acquisiti presso la Procura di Brescia, ed uniti a quelli di cui alle indagini all'oggetto, risultano dichiarazioni rese dall'onorevole Bossi in ordine a suoi contatti con tali Enzo De Chiara e Gianmario Ferramonti, sostanziatisi anche in alcuni incontri nei quali si sarebbe discussa la nomina del Ministro degli Interni, nel nascendo Governo Berlusconi.

Questi incontri sono avvenuti anche con l'allora capo della Polizia, Prefetto Vincenzo Parisi.
Come può ben leggersi nei relativi processi verbali di assunzione ad informazioni, l'onorevole Bossi asserisce che, nel corso di questi colloqui il De Chiara ed il Ferramonti, unitamente al Parisi, gli proposero, quale leader della Lega Nord, di rinunziare al Viminale, e di accettare per la Lega il Ministero della Difesa.
Secondo il Bossi, fu proprio il De Chiara che accompagnò queste proposte con forme di «allettamento», tramite possibili finanziamenti che egli poteva veicolare attraverso la Aermacchi di Varese, a favore della Lega Nord.
Questa azione di interferenza proseguì con altri episodi che il Bossi racconta.
Parimenti, l'onorevole Maroni Roberto, anche egli assunto ad informazioni, rende una versione che appare opposta a quella dell'onorevole Bossi, anche se egli non partecipò direttamente alla prima fase del colloquio.
Ma, soprattutto, versione diametralmente opposta rende il Gianmario Ferramonti, il quale, sia nel processo verbale di informazioni a Brescia, sia in quello di interrogatorio in qualità di persona sottoposta alle indagini presso questo Ufficio, nei procedimenti di cui all'oggetto, sostiene invece che lo scopo della azione sua e del De Chiara era proprio quello di accreditare e favorire la nomina del Maroni, quale titolare del Dicastero degli Interni.
La opposta diametralità di queste versioni viene ribadita anche in atto di confronto svoltosi avanti al P.M. di Brescia fra il Maroni ed il Ferramonti, anche esso regolarmente acquisito.
Questo Ufficio del P.M. per la corretta prosecuzione delle indagini preliminari a carico del Ferramonti e di altre persone (per diverse ipotesi di reato che vanno dalla associazione a delinquere, al riciclaggio di beni ed utilità proveniente da delitti dolosi, al delitto di associazione segreta) ha interesse a disporre, come è nelle sue facoltà ed anche dovere di legge, precisi atti di indagine quali la ulteriore assunzione ad informazioni ed anche, all'esito, un atto di confronto fra l'onorevole Bossi e il Ferramonti, atti che si appalesano utili ed indispensabili alle indagini, sussistendone i presupposti di legge ai sensi dell'articolo 211 c.p.p. e cioè il previo interrogatorio di più persone ed il disaccordo di esse su fatti e circostanze importanti.
In particolare per la ipotesi di associazione segreta, dato che gli episodi di cui in narrazione sono importantissimi per valutare correttamente il grado di intereferenza svolta dalle persone sottoposte alle indagini in importanti snodi istituzionali nella vita del nostro Paese, verosimilmente in contesto associativo occulto, di cui, per ragioni di tuziorismo di indagine non si possono riferire ulteriori particolari.
Facoltà ed obbligo che è in esclusiva disponibilità dell'Autorità giudiziaria inquirente, data la fase del procedimento, e che non è in alcun modo sindacabile.
È noto, che, nella fase delle indagini preliminari, contrariamente alla persona sottoposta alle indagini, il P.M. può autonomamente disporre ai sensi degli artt. 133 e 378 c.p.p. l'accompagnamento coattivo della persona informata sui fatti, non comparsa senza legittimo impedimento.
Appare molto evidente che l'onorevole Bossi non intende punto comparire, come suo obbligo, davanti a questa Autorità giudiziaria per permettere la espletazione dell'atto.
Difatti, egli si è sottratto, senza alcuna comunicazione ufficiale di legittimo impedimento, alla convocazione di questa Autorità giudiziaria.
Parimenti si è sottratto, con le stesse modalità e senza deduzione ufficiale e probante di legittimo impedimento, a convocazione del P.M. di Brescia per una data alla quale doveva essere presente anche questo Ufficio del P.M., in virtù di disposto collegamento investigativo, ai sensi dell'articolo 371 c.p.p come attestato dai verbali di vane notifiche che si allegano.
Da ampie notizie di stampa egli ha anche manifestato anche una certa «ideologicità programmata», per questa mancata comparizione, manifestando un comportamento obbiettivo che tende a disconoscere, anche con la mancata comparizione, la stessa legittimità della A.G. o delle A.g. che la dispongono.
Dovendosi quindi disporre suo accompagnamento coattivo, ai sensi dell'articolo 133 c.p.p., ampiamente giustificato dai fondanti presupposti della mancata comparizione, senza legittimo impedimento, forma che ricomprende quella «altrimenti privazione della libertà personale» di un membro del Parlamento di cui al 2 comma articolo 68 Costituzione della Repubblica Italiana questo Ufficio del P.M.

insta

La S.V Ill.ma perché, attivando le procedure di legge, permetta ed autorizzi previamente l'accompagnamento coattivo dell'onorevole Bossi Umberto perché egli venga portato al cospetto di questa Autorità giudiziaria, onde permettere la sua assunzione ad informazioni e la disposizione di atto di confronto con il sig. Ferramonti Gianmario.
Si permette di sottolineare che una deroga all'obbligo di comparire da parte di persona comunque citata legittimamente davanti alla Autorità giudiziaria, imposto a «chiunque», sarebbe uno scarto di legalità non concesso dal nostro Ordinamento legale e democratico, nonché una grave violazione del fondamentale principio di uguaglianza fra i cittadini di cui all'articolo 3 della Costituzione Repubblicana.

Con rispetto.

Si allegano i seguenti atti:
(si omette l'elenco degli atti).

Aosta lì 21 agosto 1996.

Il Procuratore della Repubblica
dott. David MONTI sost.


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