Commissione parlamentare per l'infanzia

 

Risoluzione n. 7-00842 Pozza Tasca, Valpiana: mutilazioni genitali femminili

La Commissione bicamerale per l’infanzia,
premesso che:
le mutilazioni genitali femminili, ovvero la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili, praticate in più di quaranta Paesi del mondo, lungi dall’essere abbandonate come pratiche disumane, avrebbero negli ultimi anni subito un incremento;
alle mutilazioni vengono sottoposte adolescenti, bambine e neonate;
si stima che più di 130 milioni di donne nel mondo siano state sottoposte a qualche forma di mutilazione genitale e che almeno due milioni di bambine ogni anno siano a rischio;
in base alla Convenzione sull’eliminazione di ogni discriminazione contro le donne, approvata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1979, "gli Stati devono prendere tutte le misure idonee, inclusa l’adozione di una nuova legislazione, per modificare o abolire le leggi esistenti, i regolamenti, i costumi e le pratiche che costituiscono una discriminazione contro le donne" (articolo 2) e "ogni misura appropriata per modificare gli schemi di comportamento sociale e culturale degli uomini e delle donne, al fine di eliminare i pregiudizi e le pratiche consuetudinarie che sono basate sull’idea dell’inferiorità o superiorità di uno dei due sessi e sui ruoli stereotipati di uomini e donne";
la Dichiarazione di Vienna, approvata a conclusione della II Conferenza dell’Onu sui Diritti umani, al paragrafo 9, parte 11, afferma che i "diritti umani delle donne e delle bambine sono una parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali";
nel programma di azione approvato alla Quarta Conferenza dell’Onu sulle donne a Pechino nel settembre del 1995 tra gli obiettivi strategici, al punto C.2, "Rafforzare i programmi di prevenzione che migliorano la salute delle donne" si sancisce che tra le iniziative da assumere c’è quella di "rafforzare le leggi, riformare le istituzioni e promuovere norme e pratiche che eliminano la discriminazione contro le donne ed incoraggino le donne o gli uomini ad assumersi la responsabilità del loro comportamento sessuale e nella procreazione; assicurare il pieno rispetto per l’integrità fisica del corpo umano";
sempre sul piano d’azione di Pechino, al punto L.5 "Eliminare la discriminazione nei confronti delle bambine nei settori della salute e della nutrizione", tra le iniziative da assumere da parte dei Governi, Organizzazioni internazionali ed Ong, si dice che bisogna "prendere tutte le misure appropriate allo scopo di abolire le pratiche tradizionali pregiudiziali alle salute dei bambini";
la Convenzione dell’Onu sui diritti del fanciullo di New York, ratificata con legge italiana il 2 novembre 1989, protegge anzitutto i diritti della bambina all’uguaglianza di genere (articolo 2) stabilisce che "gli Stati parti adottano ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori" (articolo 24.3);
nella Carta Africana dei diritti e del benessere dei bambini, l’articolo 21 (1) afferma che "i Paesi che ratificano la Carta dovranno prendere tutte le misure appropriate per abolire le pratiche consuetudinarie dannose per il benessere, la crescita normale e lo sviluppo del/della bambino/a cd in particolare:
a) i costumi e le pratiche pregiudizievoli per la salute e la vita del bambino/a;
b) i costumi e le pratiche discriminatorie per il bambino/a sulla base del sesso o di altro status";
nella dichiarazione finale della Conferenza su Popolazione e sviluppo del Cairo, settembre 1994, si richiede ai Governi di abolire le mutilazioni genitali femminili dove esistano e di dare sostegno alle Ong ed alle istituzioni religiose che lottano per eliminare queste pratiche;
in una dichiarazione congiunta Oms/Unicef/Unfpa le mutilazioni genitali femminili sono state condannate come "violazione di diritti umani fondamentali quali il diritto ad ottenere il più alto livello possibile di salute fisica e mentale ed il diritto alla sicurezza della persona";
l’8 marzo 1997, nel corso della "Giornata internazionale della donna nel mondo", il Comitato Inter-Africano sulle pratiche tradizionali che incidono sulla salute delle donne e delle bambine, fondato nel 1994 ed operante in 23 Paesi, ha lanciato un appello affinché "vengano interrotte le pratiche, che violando i diritti alla salute ed all’integrità fisica, deformano il corpo femminile e lo rendono permanentemente mutilato" e perché "non vengano utilizzate giustificazioni religiose per perpetuare queste mutilazioni";
tali mutilazioni vengono praticate da svariati gruppi etnici, dalla Costa ovest a quella est dell’Africa, nel sud della Penisola Araba, lungo il Golfo Persico e fra alcuni emigranti in Europa, Australia e Nord America provenienti da queste aree;
in Italia vivono 38 mila donne infibulate o escisse e 20 mila bambine appartenenti a culture che prevedono tradizionalmente una o entrambe le mutilazioni;
la nostra Costituzione, all’articolo 32, "tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo" e sancisce il rispetto dell’integrità fisica della persona;
il codice penale, articolo 582, nel libro dedicato ai delitti contro la persona, punisce con la reclusione, chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale alla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente;
il 25 novembre scorso la quarta sezione del tribunale di Milano ha condannato per lesioni gravissime un padre egiziano per aver fatto praticare sul corpo della figlia di 9 anni l’escissione;

impegna il Governo:

a) a predisporre una indagine conoscitiva sulle mutilazioni genitali, avvalendosi dell’apporto dei leader delle associazioni di immigrati, al fine di monitorare la dimensione del fenomeno nel nostro Paese e di identificare le aree geografiche dove sono maggiormente concentrate le bambine a rischio di mutilazione;
b) a promuovere una campagna di informazione, prevenzione e sensibilizzazione, anche attraverso l’istituzione di un numero verde, nei confronti dei cittadini extracomunitari sulle norme e sulle sanzioni previste per chi provoca danni all’integrità fisica del fanciullo evidenziando i danni futuri sul benessere psico-fisico che tali pratiche comportano, sempre nel più assoluto rispetto delle integrazioni etnico-culturali;
c) a garantire assistenza psicologica e tutela giuridica alle bambine che sono state o che potrebbero essere oggetto di tali pratiche;
d) a sostenere le iniziative delle Ong che si adoperano in Africa ed in Europa per lo sradicamento delle mutilazioni.

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